Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: ka_chan87    03/04/2006    13 recensioni
Tempi duri aspettano il Continente delle Tre Terre con un nuovo nemico a minacciare la sua stabilità. Cinque giovani per unire le Tre Terre a comabattere sotto un'unica bandiera l'odiato nemico... avventure, scontri tra la magica atmosfera di tre misteriosi paesi, ognuno con la propria storia e le proprie magie e la nascita di grandi amicizie e grandi amori... tutto questo è "La Guerra delle Tre Terre"
Genere: Romantico, Azione, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Naraku, Sango, Shippou
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Se lo volete, posso darvi il mio indirizzo di casa, così potete venire qua ad uccidermi.
Sono in ritardo… di un ritardo mostruosoooo!!! Davvero, sono assolutamente mortificata, lo dico tutte le volte, ma lo sono davvero ç____ç
Bè, l’importante è che io sia qui, adesso… meno male che poi, tra poco, ci saranno le vacanze di Pasqua, così avrò un po’ di tempo in più per scrivere.
Senza aspettare oltre, passerei ai ringraziamenti che questa volta, però, saranno molto veloci: grazie a Elly, Topomouse, Lorimhar, Elychan, raska81, lucy6, inukun, Makino e Hikari_Takahishi_87.
Sì, ci siete tutti ^____^
Bene, e ora ecco a voi il 22° capitolo!

22° CAPITOLO "TUTTO E NULLA"

“Seiishiro… Seiishiro si sposa!”.
Lacrime amare, lacrime che esprimevano tutto il suo senso di delusione e… tradimento.
Si accasciò a terra, la schiena sorretta dal letto dietro di lei, i drappeggi della coperta color bordeaux che le ricadevano intorno.
E dire che non vedevo l’ora di ricevere loro notizie, pensò amareggiata.
Non se l’era aspettato. E come avrebbe potuto?
‘…mi manchi molto. Ti aspetterò, ricordatelo.
Seiishiro ’.

Sorrise amara. Quelle parole, ora, le suonavano in modo così fastidiosamente falso.
Singhiozzò. Un forte senso di vergogna si insinuò in lei, era lì e le rendeva la notizia, così assurda e inaspettata, ancora più dolorosa.
Tutti quegli anni passati quasi a venerarlo, a rifiutare la corte di molti giovani solo perché il pensiero di lui, inevitabilmente, la invadeva.
Certo, la differenza di età era notevole… ma da un po’ di tempo a questa parte in lei si era fatta avanti la convinzione che suo padre, infine, avrebbe deciso di darla in sposa proprio a lui, a Seiishiro.
Che stupida!
E dire che, da qualche tempo, le era sorto il dubbio di essere attratta da… Miroku. E per questo si era sentita terribilmente in colpa, in colpa nei confronti di un uomo che l’aveva tradita.
Ghignò, il sorriso di scherno rivolto esclusivamente a lei stessa.
- Tradita, eh? Ma se non eravamo nemmeno fidanzati! Ti ha detto quelle parole senza alcuno scopo, cara Sango, e tu ci sei cascata come una bambina! – si disse, scoprendo dolorosamente quanto tutto ciò fosse vero.
Improvvisamente sentì un lieve formicolio.
Evidentemente Sieg aveva percepito il suo turbamento e il suo dolore e ora stava cercando di comunicare con lei.
Sango strinse gli occhi, innalzando un muro a proteggere la sua mente.
In quel momento aveva bisogno di stare sola.
Mai, mai in vita sua aveva provato un senso di tradimento così forte.
Era stata ingannata o era stata lei stessa, ad essersi illusa?
Ma allora perché, perché quelle parole, quegli atteggiamenti… quegli sguardi?
Le tornarono alla mente i momenti passati col sensei pochi giorni prima che partisse e quando lui lo aveva saputo… le era sembrato sincero….
Che fosse stata tutta una presa in giro?
- PERCHÉ?! – si domandò dolorosamente, mentre un gemito le usciva dalle labbra bagnate di lacrime salate.
Non si era mai sentita così male, con un peso così grande ad opprimerle il cuore.
Non si era mai sentita così tradita.
Il rumore secco della porta che si apriva bruscamente la ridestò, il suo sguardo sofferente e spaesato incontrò un paio di occhi blu mare, velati di apprensione e preoccupazione.
Miroku.
Involontariamente le sfuggì un singhiozzo più forte e le lacrime a scorrere ancora più copiose.
Lui, senza dire una parola, le si avvicinò mentre lei abbassava il capo.
Le si sedette accanto e l’attirò a sé, avvolgendola nel suo abbraccio protettivo.
Sango si aggrappò quasi disperatamente a quelle forti braccia, in quel momento la sua unica fonte di conforto, la sua unica ancora ad impedirle di affondare nell’abisso della sofferenza.

Era lì, con lei tra le braccia, aspettando paziente che le lacrime smettessero di scorrere sul quel volto che gli era piaciuto da sempre.
Era insieme a Varandir, a sorbirsi un’ennesima sfuriata per una delle sue stupidaggini, quando il ruggito preoccupato e ansioso di Sieg gli aveva invaso la mente, implorandolo di correre da Sango.
Non aveva voluto sapere i particolari, né tanto meno il motivo di una richiesta del genere, proprio da parte del Drago.
Il suo tono apprensivo gli era bastato per abbandonare velocemente gli appartamenti della dragonessa e raggiungere di volata la stanza della Cacciatrice.
Non si era nemmeno preoccupato di bussare, si era lanciato contro la porta e basta.
Aveva perso un battito quando l’aveva vista lì, accasciata per terra, gli occhi arrossati e grondanti di lacrime.
La sentiva chiaramente aggrapparsi a lui, disperata.
Si chiese cosa mai avesse potuto ridurla così. Poi si ricordò che quando erano tornati dal Lago della Dimenticanza un messaggero le aveva consegnato una busta.
Sicuramente la lettera proveniente da Mendeon.
Evidentemente, arguì, doveva essere successo qualcosa nella capitale del Nord.
Ma ora non gli importava sapere quello che era successo, semmai riuscire a placare quel pianto straziante, che lo lacerava.
Non riusciva a vederla così, lei, di solito sempre sicura e decisa.
Con un ultimo singulto la sentì muoversi leggermente nel suo abbraccio rassicurante.
Miroku abbassò il capo verso di lei e incontrò i suoi occhi marroni, arrossati e incerti.
Le sorrise dolcemente, asciugandole con i pollici le ultime lacrime rimaste sul suo volto arrossato.
Non aveva intenzione di lasciarla andare, e Sango, intuì, la pensava come lui.
A questo pensiero sorrise ancora di più, felice di sapere che la sua presenza era per lei motivo di conforto.
“Mi spiace, Miroku…” la sentì sussurrare, chiaramente a disagio. Il ragazzo le posò dolcemente una mano sul capo
“E di cosa? Sei bellissima anche quando piangi, non ti preoccupare” le rispose lui, un espressione dolcissima a illuminargli il volto. Sango rimase colpita dal suo atteggiamento così affettuoso, così… protettivo.
“… Grazie…” gli disse e lui intuì che non era per il complimento che lo ringraziava, ma perché era lì, al suo fianco.
Le sorrise, accarezzandole una guancia.
La ragazza era sicura che, dopo quel ringraziamento, si sarebbe alzato dicendole ‘Bene, allora adesso posso anche andare ’ o qualcosa di simile.
Invece… era ancora lì, e ancora la teneva stretta sé, trasmettendole quel calore che l’avviluppava rassicurante.
“… Non ho nemmeno bussato – lo sentì dire, poi, quasi titubante – Magari tu non volevi nemmeno. Se vuoi puoi prendermi a schiaffi, come al solito” ridacchiò, allegro.
Inevitabilmente, Sango si ritrovò a sorridere.
Lo fissò, poi, inaspettatamente, gli posò un leggero bacio sulla guancia, quella che quasi giornalmente veniva offesa da un suo schiaffo.
Miroku restò basito da quel gesto, e la Cacciatrice rimase soddisfatta nel vederlo, per la prima volta, arrossire leggermente per l’imbarazzo.
Restarono in silenzio alcuni istanti, gli sguardi che si evitavano.
“Non… non mi chiedi cos’è successo?” gli disse, poi, dopo un po’, la ragazza del Nord. Il Majutsushi alzò il suo sguardo color del mare su di lei, il volto serio.
“No, e non perché non mi interessi, semplicemente la mia unica preoccupazione, per adesso, è non vederti più piangere. Devi essere tu a decidere se me ne vuoi parlare o no, io non ti chiederò nulla, comunque”.
Lei lo fissò a sua volta, a stento riuscendo a nascondere la propria meraviglia.
Ogni giorno, ogni momento, quello strano e assurdo ragazzo sapeva sorprenderla.
Sospirò, abbassando lo sguardo.
“Oggi… mi è arrivata una lettera da Mendeon” gli disse
“Lo avevo immaginato, ho visto un messaggero consegnarti una busta. È successo qualcosa a tuo padre, tuo fratello?” le domandò a sua volta Miroku.
Lei scosse la testa, in segno di diniego, rimanendo in silenzio per qualche istante.
“Il… il senpai Seiishiro… si sposa…” sussurrò e il Majutsushi percepì chiaramente il tono sofferente con cui aveva detto quelle parole. Sorrise amaro. Ora era tutto più o meno chiaro.
“Mi… mi aveva detto che gli mancavo, che mi avrebbe aspettata e invece…” continuò Sango, a stento riuscendo a trattenere le lacrime.
“Ti senti tradita?” le chiese il Cavaliere dal codino. Lei fece di sì con la testa.
“… Ne sei innamorata?” le domandò, poi, la voce apparentemente atona.
“Non lo so. So solo che mi sento umiliata. Non posso negare di provare dell’affetto per lui, però… - sospirò, sconsolata, quasi esausta – Non lo so nemmeno io…”.
Miroku la guardò attentamente. Inevitabilmente si ritrovò a sorridere, vederla così fragile e incerta gli faceva tenerezza.
Le posò una mano sul capo, sorridendole rassicurante.
“I sentimenti sono sempre difficili da comprendere. Vedrai che riuscirai presto a capire quello che senti, ma devi farlo con calma. Rimuginarci sopra giorno e notte non ti aiuterà”.
Sango rimase a fissarlo, sempre più sorpresa.
“Oh! Guarda che ora abbiamo fatto!” esclamò poi il ragazzo, fissando le lancette d’ottone dell’orologio che segnavano le otto passate.
E in effetti, in quel momento, la Cacciatrice sentì il morso della fame farsi strada con sonori reclami.
“Kouga mi spellerà vivo, visto che ci eravamo dati appuntamento per le otto” continuò con tono affranto il Cavaliere, immaginandosi la sicura sfuriata da parte dello Youko.
“Tu, immagino voglia restare qui, per questa sera” concluse, infine, sorridendo alla ragazza
“No, vengo anche io, non voglio restare da sola… e poi voglio passare un po’ di tempo con Kagome” ribatté Sango, decisa. Miroku sorrise nel rivederla come al solito.
“Allora andiamo!” esclamò allegro il Majutsushi, alzandosi in piedi e aiutando la Cacciatrice nel fare altrettanto.
Stava già dirigendosi verso la porta quando la ragazza lo bloccò
“Miroku… grazie…” gli disse, il capo chino e le guance leggermente rosse.
“Non hai niente di cui ringraziarmi… è il minimo che posso fare” le rispose prontamente lui, lo sguardo sicuro illuminato da un sorriso sincero.
Pensando che la ragazza del Nord non avesse più niente da dirgli riprese a camminare
“Come hai fatto a sapere che… che stavo male?” lo fermò nuovamente lei
“Sieg… Sieg me lo ha detto” la informò lui e Sango rimase basita da quella notizia. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che proprio il suo Drago chiedesse aiuto a Miroku…. Probabilmente, Sieg aveva più fiducia in lui di quanto lei avesse immaginato. Evidentemente credeva – e a buon merito – che il Majutsushi sarebbe stato in grado di aiutarla. E così era stato.
“Gli devo delle scuse… gli ho chiuso la mente, non ho voluto parlare con lui… non posso immaginare come si sia sentito, io ne avrei sofferto tantissimo!” disse con la voce carica di rimorso verso la creatura a lei più cara.
“Vedrai che capirà, anzi, credo che già lo sappia… non temere, Sieg ti vuole bene, sa che se l’hai fatto ci dev’essere stato un buon motivo” cercò di rincuorarla Miroku, e, ancora una volta, ci era riuscito.
Ma come faceva, si domandò la ragazza, come faceva a trovare sempre le parole, i gesti, gli sguardi giusti, capaci di alleviare il suo cuore?
Lo stesso era successo prima della sua Cerimonia della Scelta, dove se non fosse stato per lui, molto probabilmente, ora non avrebbe avuto al suo fianco Sieg.
Gli si avvicinò con passo sicuro, lo sguardo serio.
Il Majutsushi la vide dirigersi verso di lui e la guardò con occhi curiosi, non capendo cosa volesse fare.
Poi, inaspettatamente, si ritrovò le sue calde e morbide labbra sulla sua guancia, ancora una volta in quel giorno.
“Grazie, grazie ancora… Miroku” gli sussurrò all’orecchio e lo sorpassò, uscendo dall’appartamento e lasciandolo sulla soglia rosso in volto, una mano sulla guancia dove lei aveva posato le sue labbra.

[...]

Il sorgere del sole, portava la nascita di un nuovo giorno, lo sbocciare dei fiori primaverili.
Eldoras si svegliava così, tutte le mattine, fresca e desiderosa di vedere le sue vie animate dai tranquilli cittadini che si prendevano cura di lei e che l’avevano resa splendida.
In ogni dove emergevano dal terreno, desiderosi e golosi dei raggi caldi del sole, fiori di ogni sorta, che dipingevano la città di mille e più colori.
Gli alberi erano tornati a nuova vita e raccoglievano, quasi golosamente, i fasci luminosi, rinnovandosi di nuova e fresca linfa vitale.
Un vento leggero accompagnava il loro ‘pasto giornaliero ’, facendo muovere giocoso e dispettoso le loro foglie e i drappeggi colorati appesi alle innumerevoli finestre delle case della capitale, ognuna una spaccato di vita di quell’unica realtà.
Ma in quell’atmosfera di serenità, ognuno pensava all’inevitabile battaglia che avrebbe, quasi sicuramente, spezzato la tranquillità di Eldoras. Violenta, sanguinosa e inevitabile, avrebbe cercato di piegarla, di recidere quei fragili ma allo stesso tempo testardi filamenti di pace e giustizia che la capitale aveva tessuto fin dopo la Grande Guerra.
Ciascuno degli abitanti era consapevole di questo, e avrebbe combattuto per preservare tutto quello che era stato costruito fino a quel momento.
La Milizia del Dragone, in particolare, era chiamata a difendere la capitale della Terra Centrale, perché se fosse caduta lei, tutto il Continente sarebbe scivolato inevitabilmente nell’oblio di sangue e morte professato ed esaltato da Naraku.
Anche per questo, ora, era ufficialmente risorto il Consiglio delle Tre Terre con a capo l’ultimo membro della prestigiosa dinastia degli Higurashi, affiancato dal leggendario Drago d’Oro.
“No, un momento… loro sarebbero i mie protettori?” una voce decisa ma anche dalle tonalità dolci si diffuse tra le mura della Sala del Parlamento, ora occupata da una piccola cerchia di persone le quali sembravano conoscersi bene a vicenda.
“Sì, Kagome”
“Ma, Takehiko, scusa… non credo di averne bisogno, so cavarmela benissimo da sola”.
Quella mattina si era tenuta la seduta che aveva visto il risorgere definitivo del Consiglio delle Tre Terre, i cui cinque membri erano il Cavaliere Supremo, il Principe del Regno del Sud, Inuyasha, la Principessa del Regno del Nord, Sango e il figlio del Governatore di Eldoras, Miroku. Shippo, invece, era stato nominato come stretto collaboratore dell’erede degli Higurashi, dal momento che la stirpe del clan dei kitsune, da sempre, si era occupato di riportare alla capitale varie notizie sui movimenti di eventuali nemici per il Continente. E per questo scopo, mesi prima, alcuni dei suoi migliori componenti erano stati eliminati e il figlio del capo della tribù aveva espresso la sua chiara intenzione di seguire le orme del padre.
“Lo so bene, Kagome, ma devo essere sicuro che la tua salvaguardia sia garantita e non conosco elementi migliori in grado di occuparsene” ribatté con tranquillità, ma anche decisione il Governatore, facendo innervosire leggermente la cugina che lo guardava accigliata.
Non le piaceva quella faccenda.
Era contenta di avere al sua fianco i tre Cavalieri, ma non era necessario che le facessero da balia.
Se l’era cavata da sola fin dall’età di sei anni, diventando sacerdotessa, proteggendo lei stessa e l’intero villaggio di Kandem più gli altri sparsi per l’isola di Arlem.
In un certo senso si sentiva ‘oltraggiata ’.
Si stupì quasi per quel sentimento di orgoglio che si era fatto avanti così prepotente.
Ma… era solo semplice orgoglio?
“Rimango dell’opinione che tutto questo non sia necessario. Me la sono sempre cavata da sola e sempre sarà così. Non è per offendere loro – disse indicando i ragazzi vicino a lei – ma credo che le mie forze siano sufficienti per badare a me stessa”
“Feh!” un esclamazione chiaramente beffarda sfuggì dalle labbra di Inuyasha, le braccia incrociate sull’addome, il suo solito ghigno stampato in faccia.
“Hai qualcosa da dire, Inuyasha?” gli domandò con tono gelido la miko, guardandolo bieca
“Io? No, affatto” le rispose indisponente l’Hanyou, irritandola
“Ah no? Allora evita di fare i tuoi soliti versi, se non hai nulla da dire. Mi infastidisci” lo ammonì, tagliente, la ragazza, che poté leggere chiaramente il lampo d’ira passare veloce negli occhi ambrati del mezzo- demone.
Inuyasha rimase a guardarla silente, bollente di rabbia. Come si permetteva di trattarlo a quel modo, davanti a tutti?
“Come osi dirmi una cosa del genere?! Chi ti credi di essere, dannata?!?” sbottò irato, gli occhi che fiammeggiavano
“Sei tu che dovresti evitare, ogni tanto, di uscirtene con le tue idiozie o i tuoi modi di fare così indisponenti! Sei un pallone gonfiato!” rispose a tono Kagome, lo sguardo carico di irritazione e rabbia
“Io sarò un pallone gonfiato, ma tu sei solo una mocciosa viziata e indisponente!”
“Non ti devi permettere di dirmi cose del genere!”
“E perché mai? Credi di potermelo impedire?!?” le sbraitò contro, un ghigno malefico dipinto sul volto. La vide tremare per la rabbia e un moto di soddisfazione lo pervase.
La sua gioia però svanì quando avvertì un cambiamento in lui, anche se non riusciva a capire cosa non andasse.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non udì la sua voce espandersi nell’aria mentre le sue labbra si stavano chiaramente muovendo.
Ecco, cosa non andava.
Immediatamente volse gli occhi verso Kagome e la vide sorridere trionfante.
Quella dannata doveva avergli fatto qualche incantesimo!
“Sì, credo proprio di poterti far stare zitto, mio caro!” gli disse soddisfatta, il ghigno che fino a poco prima aveva avuto lui sul volto, ora ce lo aveva lei sulle labbra.
“Kagome, accidenti, non ti sembra di aver esagerato?!” la rimproverò Miroku, o, almeno, quello voleva essere il suo intento mentre la sua voce era risultata chiaramente divertita.
Gli altri presenti sospirarono amareggiati.
“Come vedi, Takehiko – esordì poi il Cavaliere Supremo – so difendermi più che bene. Ora scusatemi, ma ho i miei allenamenti che mi aspettano” e schioccando un’altra occhiata di vittoria all’Hanyou, uscì dalla Sala del Parlamento, seguita da uno sguardo d’ambra carico d’ira.
- Quella maledetta strega – sbraitava fra sé, intanto, Inuyasha – Come si è permessa di trattarmi così?!? E io vorrei bene a una ragazzina del genere?!? Ma non scherziamo! Dovevo essere impazzito, quando l’ho pensato!!! – e mentre nella sua mente vorticavano pensieri rabbiosi, Miroku gli si era avvicinato e con alcune formule appena sussurrate riuscì a far estinguere l’incantesimo che la cugina aveva lanciato al mezzo- demone.
“Ecco fatto, Inuyasha! Adesso sei a posto!” lo avvertì il Majutsushi, sorridendogli divertito. L’Hanyou lo fulminò con lo sguardo per poi andarsene a passo spedito, sbattendo violentemente la porta dietro di sé.
“Quei due sono irrecuperabili!” sospirò il ragazzo dal codino, ridacchiando.
“Miroku” il Governatore lo richiamò “Anche se Kagome non è d’accordo, voglio comunque che voi vi occupiate della sua protezione, non possiamo permetterci errori, questa volta”
“Lo avrei fatto anche se non ne avessi ricevuto l’ordine” gli rispose il ragazzo, lo sguardo deciso.
“Non la abbandoneremo” si aggiunse Sango, un dolce sorriso a illuminarle il volto.
Anche Takehiko sorrise.
“Bene, direi che la seduta è terminata, potete andare anche voi” disse loro, e i due ragazzi, salutando il Governatore, abbandonarono la Sala del Parlamento.

Sango, una volta lasciato il Governatore, camminava a fianco di Miroku, guardandolo di sottecchi.
Ripensava alla sera precedente, quando l’aveva consolata e sostenuta.
Una volta che erano arrivati alla taverna un infuriato Kouga si era subito precipitato sul Majutsushi che, nonostante il tentativo di difendersi, aveva ricevuto la punizione per aver fatto aspettare lo Youko quasi un’ora.
E questo tutto per lei, perché - lasciandola piacevolmente sorpresa - il ragazzo dal codino non aveva fatto alcun accenno al fatto che fosse arrivato in ritardo per colpa sua, perché si era preoccupato di farla tranquillizzare.
Ma poi si erano stupiti nel vedere che anche Kagome era in ritardo, e, infatti, solo dopo un buon quarto d’ora, il Cavaliere Supremo si era presentato a loro con un comportamento decisamente strano, seppur sembrasse stare bene.
La serata era passata in modo tranquillo, con i soliti battibecchi tra Kouga e Miroku e le risate di Kagome e Sango come sottofondo.
L’assenza di Inuyasha aveva suscitato qualche perplessità, ma il Cavaliere Supremo aveva rassicurato la compagnia, riferendogli che aveva incontrato il mezzo- demone poco prima di raggiungerli e che quella sera preferiva stare con Harliem… in parte era anche vero, ma il motivo reale era che l’Hanyou era diventato temporaneamente umano.
La Cacciatrice rigettò un’altra occhiata al ragazzo al suo fianco, la solita espressione sbarazzina e furbetta dipinta sul volto.
Sorrise lievemente anche se, da una parte, aveva paura di quello che credeva di cominciare a sentire per Miroku.
E se anche lui, come Seiishiro, la stesse solo ingannando?
Non poteva permettersi di sbagliare ancora come una stupida.
“Sango?” la voce profonda e limpida del Majutsushi la fece trasalire dalle sue elucubrazioni
“Eh? Hai detto qualcosa? Scusa, ero sovrapensiero” si giustificò la ragazza, incontrando gli occhi blu mare di lui, in quel momento scrutatori e curiosi
“No, non ho detto niente, è che ti ho vista lì, così assorta… pensavo ci fosse qualcosa che non andasse”
“No, no, non ti preoccupare, sto benissimo!” lo rassicurò, sorridendogli.
Miroku la fissò per qualche istante, poi volse lo sguardo, sorridendo leggermente
“Forse sbaglierò, ma mi pare che tu stia leggermente meglio” le disse, senza guardarla.
Sango tacque qualche istante, per poi annuire lentamente
“In un certo senso… è che non so cosa pensare” rispose sincera e i due rimasero in silenzio, camminando fianco a fianco.
“Senti…” esordì poi il ragazzo, fermandosi, e attirando lo sguardo curioso della Cacciatrice che, davanti a lui di pochi passi, si bloccò a guardarlo
“Farò sicuramente una gran fatica a convincere mio padre… ma se vuoi gli posso chiedere di darti qualche giorno per andare a Mendeon, per chiarire la situazione…” le propose titubante quella modesta soluzione, il solo intento di poterle essere utile in qualche modo.
Sango rimase quasi commossa da quell’atteggiamento e non sapeva cosa pensare.
Perché faceva tutto questo per lei? Perché, fin dall’inizio, le era stato così vicino?
Perché… proprio lei?
“Sango?” la richiamò il Majutsushi con sguardo incerto nel vedere la sua espressione quasi scioccata.
Il dubbio di aver detto una cosa sbagliata o di essersi intromesso troppo in quella faccenda cominciò a farsi strada in lui, insieme alla sensazione di disagio.
E perché lo stava guardando in quel modo?
“Io… io non so cosa dire…” finalmente la sentì dire qualcosa, anche se quella non era la risposta che si era aspettato
“Non so come tu faccia, Miroku, ma ogni volta riesci a sorprendermi” e questa volta fu il turno di lui a rimanere sorpreso.
Sbagliava, o lei gli stava facendo dei complimenti?
Un moto di gioia, in modo impetuoso e istintivo, si fece strada in lui, facendolo restare ammutolito.
Sango, invece, lo guardava sorridendo.
Nessuno aveva mai fatto così tanto per lei. Lui si sarebbe ‘abbassato ’ a implorare proprio suo padre, con cui aveva così tanti problemi e difficoltà.
E questo solo per lei, solo per farla stare meglio.
Sospirò.
“Ti ringrazio davvero per tutte le tue premure, ma… non andrò a Mendeon”
“Come? Perché? Se è per me guarda che…”
“No – lo interruppe – Non è per te. È solo che non mi sembra il caso, in queste circostanze, sprecare tempo per i miei ‘capricci ’. Ci sono questioni molto più urgenti da affrontare e io sono venuta a Eldoras proprio per offrire il mio aiuto. Inoltre non posso andare via proprio adesso che ci è stata affidata la protezione di Kagome, non riuscirei a vivere se le succedesse qualcosa proprio nel momento in cui io non ci sono, mi sentirei assolutamente in colpa”
“Ma per questo ci siamo io e Inuyasha, e poi l’hai sentita anche tu, Kagome sa benissimo badare a lei e stessa e io, comunque, non permetterei mai che le accada qualcosa…” ribatté il Majutsushi, cercando di convincerla. Lei gli sorrise
“No, Miroku. Va bene così, resterò qui, a Eldoras, a compiere il mio dovere” replicò la ragazza, tranquillamente, ma senza accettare obiezioni.
Il Majutsushi sospirò quasi esasperato, mettendosi una mano nei capelli scuri.
“Come vuoi, ma comunque lo avrei fatto volentieri” borbottò, infine, il Cavaliere, quasi deluso nel non poter fare nulla per la ragazza.
Rimasero alcuni istanti in silenzio, poi Sango sollevò lo sguardo, decisa, verso il volto del ragazzo.
“Miroku – lo chiamò, con voce seria – Perché fai tutto questo per me?” gli domandò, a bruciapelo, con la chiara intenzione di ricevere una risposta.
Lui la guardò a sua volta, gli occhi ricolmi di decisione, anche se per un attimo furono attraversati da un leggero tremore.
“Ho promesso a tuo padre che mi sarei occupato di te” le disse e lei, senza capirne la ragione, rimase quasi delusa da quelle parole, aveva sentito in lei rompersi una speranza ignota, che stava covando da tempo.
Abbassò il capo, il volto attraversato da un veloce sorriso amaro.
“Ah, ho capito…” bisbigliò, un nodo alla gola che impediva alla sua voce solitamente forte e chiara di espandersi
“… Ma non è solo per questo” lo sentì poi aggiungere e risollevò di scatto lo sguardo verso il ragazzo, mentre invece lui si era girato, guardando davanti a sé
“Faccio questo per te perché ci tengo a te, Sango… pensavo che ormai lo avessi capito, ma mi rendo anche conto che i miei atteggiamenti possono essere facilmente fraintesi. Bè, comunque, adesso te l’ho detto…” Miroku si sentì quasi sollevato. Sollevato e, allo stesso tempo, spogliato di qualcosa.
Non era affatto sicuro di aver fatto la cosa giusta, anche perché era convinto che quelle parole l’avrebbero messa in imbarazzo, visto che sicuramente lei non provava ciò che sentiva lui.
Ma era stata lei a chiederglielo e, aveva capito, non sarebbe stata soddisfatta finché lui non le avesse dato una risposta soddisfacente.
E, infondo, perché avrebbe dovuto mentire?
Ormai da quando aveva parlato erano passati alcuni minuti, durante i quali Sango era rimasta nel silenzio più completo.
Miroku si ritrovò a sorridere sarcastico.
Si era dato la zappa sui piedi da solo. Praticamente lei gli aveva detto che era innamorata di un altro e lui le aveva fatto una specie di confessione.
Decisamente ironico.
Le schioccò un’occhiata, vedendola col capo chino, senza riuscire a vederle gli occhi.
Sorrise di nuovo per poi sospirare leggermente.
“Sicuramente sono riuscito a sorprenderti di nuovo – ridacchiò – Ma non volevo metterti in imbarazzo, ti chiedo scusa. Ora credo sia meglio che io vada, mi aspettano per alcune questioni. Ci vediamo più tardi, Sango” e senza aspettare che lei gli dicesse qualcosa, prese a camminare, allontanandosi da quello che era diventato, e se ne rendeva conto, il suo desiderio proibito e irraggiungibile.
___________________________________________________________

Tra le guglie del castello di Kaosu, il vento vorticava violento, creando una tetra melodia di morte.
La sabbia e i nugoli di polvere sollevati, fluttuavano e scorrevano fastidiosi e irrefrenabili tra le vie della città, seguendo il loro corso a spirale.
Nelle ultime settimane, la capitale del Sud fremeva più che mai, clangori e gemiti rabbiosi e ansiosi, continui, si sollevavano fino alle mura del castello, accompagnando le giornate e le notti del Signore che vi dimorava.
E quel giorno non faceva eccezione, anzi, l’agitazione dilagava tra la popolazione di Youkai.
Quella settimana, finalmente, era giunto dall’isola di Kadok l’imponente esercito di Orchi, capitanato dal re in persona, Kraeliux, con ancora gli occhi iniettati e ammaliati dal ricordo del color porpora che nel giorno dell’incontro con Naraku, aveva incantato lui e il suo popolo.
Il Signore di Kaosu sorrise eccitato e fremente sul suo trono.
Quel giorno, finalmente, si sarebbe dato il via al suo piano di distruzione e conquista.
Davanti a lui, Kumo, suo soldato fedele, gli stava riassumendo, ancora una volta, come, quel giorno, si sarebbe svolto ciò che aveva pianificato. Accanto a lui il sovrano di Kadok annuiva, il volto dall’espressione febbrile che quasi in continuazione andava a cercare gli occhi sanguigni di Naraku.
“Molto bene, Kumo – esordì il Signore del Sud – Se il nostro amico Kraeliux è d’accordo, io darei l’ordine di far partire le truppe”
“Sì, sì! Partire, partire subito!” esclamò fremente l’Orco, sotto lo sguardo quasi divertito del Majutsushi che fece un cenno al Demone che uscì subito dopo dalla sala.
La prima mossa escogitata dal sovrano del Regno del Sud era stata quella di spedire alcune delle truppe di Orchi mandati lì a Kaosu sull’isola di Arlem, in particolare al villaggio di Kandem, con il chiaro intento di distruggerlo una volta per tutte, per rimediare all’errore di dieci anni prima, quando i suoi soldati non erano riusciti a raderlo al suolo completamente, lasciando in vita proprio colei che sarebbe dovuta morire: Kagome Higurashi.
Naraku sorrise maligno. Quella sarebbe stata la giusta punizione per lei e per Eldoras, per aver osato sfidarlo per primi, liberando il Principe Inuyasha.
L’eccitazione e la già pregustata soddisfazione del sicuro e positivo esito di quella spedizione, vennero però minate da un senso di irritazione.
Da un po’ di tempo, le ricerche continue e incessanti della Shikon no Tama si erano letteralmente bloccate in un punto cieco che sembrava impossibile da risolvere.
Per i primi tempi si era seguita una pista che sembrava veritiera e attendibile, ma poi le tracce fino a quel momento scovate si erano dissolte così come erano state trovate, lasciando il Signore del Sud con l’amaro in bocca e il desiderio di soddisfacimento non esaudito.
Il Majutsushi digrignò i denti, la rabbia che gli ribolliva nelle vene.
Una violenta irritazione lo invadeva, l’idea del fallimento gli dava la nausea.
Si ritrovò a maledire Inu Taisho e la sua stupidità. Se il defunto sovrano del Sud non avesse avuto la ‘generosa ’ idea di far custodire a Eldoras maggior parte dei suoi più antichi e preziosi documenti ora non si sarebbe trovato in quelle condizioni.
Tutto ciò che riguardava il Continente delle Tre Terre era ora custodito nella capitale della Terra Centrale, e molti dei volumi contenenti la storia del Paese erano appartenuti a Kaosu.
E tra quei volumi, ovviamente, ce n’era uno in particolare riguardante la Shikon no Tama e la sua storia.
Con quello in mano, trovare il prezioso manufatto sarebbe stato sicuramente più facile.
L’odio da lui sempre covato, si incendiò di rinnovato vigore e intensità, visibile dai suoi occhi ricolmi di rabbiosa ira.
Kraeliux, che lo fissava, tremò nel guardarlo.
Naraku si alzò improvvisamente, scendendo dal trono e sorpassando, senza degnarlo di uno sguardo, l’Orco, e dirigendosi verso la grande balconata che dava sulla città, i cancelli aperti per far passare il fiume nero di Orchi che muovevano verso l’isola di Arlem, per macchiarla con il sangue dei suoi stessi abitanti.
A quel pensiero il Sovrano del Sud si ritrovò a sorridere gelido e maligno.
Quella era la sua occasione, finalmente avrebbe potuto portare a termine ciò che da troppo tempo aveva iniziato e che non aveva visto ancora una conclusione.
Finalmente avrebbe compiuto la volontà anche di Lui.
- Cadrai Eldoras, e con te la tua maledetta stirpe – e il suoi occhi colmi di un’ira antica si volsero al cielo, un cielo che avrebbe sempre voluto solcare… anche questo, ne era sicuro, sarebbe presto accaduto.
___________________________________________________________

Lo sentiva.
Non sapeva cos’era, ma lo sentiva.
Ormai da un mese, o forse anche più, avvertiva la Sua presenza, la presenza di quel qualcosa che sembrava arrivargli, toccarlo fino nell’anima.
E lo turbava.
Inizialmente ne era rimasto sorpreso, una sorte di gioia lo aveva investito. Ma poi da quella gioia si era passati all’irrequietezza, ad un senso di allarme.
E non sapeva cos’era.
Hirador sollevò le palpebre, mostrando i suoi magnifici occhi dorati.
Quella situazione lo innervosiva e, ormai, faceva fatica a nascondere la sua tensione. Soprattutto a Kagome, così perspicace e così vicina alla sua anima.
Per fortuna che c’era lei, lei che soltanto riusciva a leggergli dentro, lei che soltanto con la sua presenza o vicinanza lo faceva tremare… Lei. La sola per la quale sarebbe stato disposto a dare la vita.
Era così che doveva essere il legame fra Drago e Cavaliere, un sentimento così profondo e sconvolgente?
Non lo sapeva, ma il suo istinto gli diceva che andava bene così.
Sentì ancora quella specie di scossa che da un po’ di tempo a questa parte gli faceva capire, quasi come un avvertimento, che c’era Qualcosa, una presenza ignota e remota che gli era inevitabilmente legato.
Si stiracchiò, le possenti zampe squamate che strisciavano sul pavimento naturale di roccia del suo appartamento, la luce soffusa delle lampade e delle candele che si riflettevano sulla sua corazza, spezzandosi in mille riflessi e sfumature.
Erano passate ormai quasi due settimane da quando lui e il suo Cavaliere Supremo erano diventati una cosa sola.
Lo sentiva, non erano mai stai così vicini seppur, fin dall’inizio, tra loro si fosse instaurato un legame particolare, proprio per la sua profondità.
E proprio a causa di questo, ora riusciva meglio a comprendere quello che si poteva agitare nell’animo di Kagome, i suoi sentimenti, i suoi turbamenti, i suoi pensieri.
Da qualche tempo si era accorto in una sorta di cambiamento nell’animo della ragazza, un sentimento confuso, ma allo stesso tempo prepotente e turbolento per la sua forza, aveva cominciato a farsi strada… ed era rivolto a una persona in particolare.
L’unica a non essersene ancora resa conto, o almeno, che si imponeva di non accorgersene, era proprio la diretta interessata.
Il Drago sorrise divertito nel pensare a quanto il suo Cavaliere fosse, a volte, totalmente ingenuo.
Un formicolio familiare lo riscosse e un fremito lo percorse.
- Hirador… - la voce dolce del suo Cavaliere lo raggiunse
- Kagome… - la chiamò, quasi solo per provare il gusto di pronunciare il suo nome
- Ho finito con gli allenamenti, se mi vuoi passo a trovarti – ridacchiò divertita
- In effetti non so se ho voglia di vedere la tua faccia d’angelo… - rispose la creatura, stando al gioco
- Arrivo subito – gli rispose, ridendo, la ragazza e lui sentì la sua mente allontanarsi.
Anche lui era da poco tornato dai suoi allenamenti di volo e Magia e, a differenza dei primi tempi, si era abituato ad andare nei suoi appartamenti per aspettare la ragazza quando finiva dopo di lui. Inizialmente, proprio perché non voleva staccarsi dal Cavaliere nemmeno per un minuto, la raggiungeva sempre, anche se ancora si stava allenando. Ma ormai aveva imparato a controllarsi, a non lamentarsi per le cose più stupide – tutte riguardanti, ovviamente, la ragazza.
Dopo alcuni minuti vide la porta del passaggio che portava direttamente all’appartamento di Kagome aprirsi, e da lì fare capolino la testa bruna del Cavaliere Supremo.
Questo, nonappena posò i suoi occhi cioccolato su di lui, sorrise ampiamente, avvicinandoglisi con la sua naturale eleganza.
“Vedo che ci siamo già rilassati…” gli disse con tono ironico la miko
- Sono nel mio appartamento e faccio quello che voglio – ribatté, secco, lui, accoccolandosi meglio sul suo giaciglio fatto di morbidi e colorati cuscini, la ciotola che di solito conteneva il cibo, vuota.
“Cattivo, hai mangiato senza di me” osservò il Cavaliere, incrociando le braccia al petto e fingendosi offesa
- Era solo uno spuntino – la corresse il Drago schioccando la lingua. Lei non riuscì a trattenersi dal sorridere e gli si avvicinò ancora, sedendosi accanto a lui e prendendo ad accarezzargli il muso squamato, provocando i suoi borbottii di approvazione.
Ma proprio mentre si stava rilassando, Hirador avvertì di nuovo quella scossa colpirlo, e si scostò bruscamente dalla ragazza, chiudendo gli occhi innervosito, respirando profondamente.
“Hirador?” lo chiamò Kagome, perplessa dal suo atteggiamento. Lui riaprì gli occhi e lei rimase sorpresa nel vedervi una grande ansia.
“Che cos’hai?” gli domandò
- … Niente – le rispose lui dopo un attimo di incertezza, volgendo lo sguardo.
“Non mentirmi, lo vedo che c’è qualcosa che ti turba. E non l’ho notato solo ora, è da un po’ di tempo che ti comporti in modo strano, non ti sembra il caso di darmi delle spiegazioni?” Kagome gli parlò con voce dolce, ma anche con una nota di severità, come se quelle spiegazioni fossero pretese.
Lui la guardò di sottecchi, come un bambino che non sa se dire la verità alla madre dopo aver fatto un guaio.
Poi sbuffò e frustò l’aria con la lunga coda.
- C’è qualcosa che mi turba. Non so cos’è, ma avverto la presenza di Qualcosa, un qualcosa che mi dà un senso di familiarità e, allo stesso tempo, di completo mistero.
Kagome, c’è qualcosa, là fuori, ne sono sicuro… ho come il sentore che tra non molto succederà qualcosa di grave

Kagome lo guardò seriamente, era davvero preoccupato.
Chissà da quanto tempo sentiva quelle cose, e lei che non sapeva nulla.
Aveva notato uno strano atteggiamento da parte del Drago, negli ultimi tempi, ma aveva creduto che si trattasse di una sensazione.
“Non ho la minima idea di cosa si possa trattare. Perché non me lo hai detto prima?”
- All’inizio non ci ho dato molto peso, perciò non mi sono nemmeno preoccupato di dirtelo. Poi, però, notando che questa sensazione continuava a tormentarmi, un senso di tensione si è fatto avanti… ma non ero ancora del tutto sicuro perciò non volevo preoccuparti inutilmente -
“Ho capito, ma la prossima volta devi dirmi tutto comunque. Anche se non posso aiutarti, almeno posso ascoltarti, permettimi di farlo” il Cavaliere Supremo cercò gli occhi del Drago e quando li incrociò gli sorrise dolcemente.
- Scusami – le disse lui, rivolgendole un sguardo intenso che la face rabbrividire, come ogni volta.
Lei gli si accoccolò nuovamente vicino, accarezzandolo, sperando di smorzare quell’ansia che sentiva chiaramente pervadere l’animo del Drago.
Come lui aveva giurato di prendersi cura di lei e di difenderla, lei avrebbe fatto altrettanto, impiegando tutte le sue forze, tutte le sue energie pur di vederlo stare bene.
Questo era il significato della loro unione.


- Maledetta, maledetta, maledetta… - questa parola ormai rimbombava iraconda nella mente di Inuyasha da quasi tutta la giornata.
Dopo che si era ‘conclusa ’ la riunione nella Sala del Parlamento e dopo che Kagome lo aveva zittito nel vero senso della parola, l’Hanyou aveva passato il resto della mattinata e il primo pomeriggio a lanciare improperi e maledizioni contro la ragazza.
“Sei solo un pallone gonfiato!” borbottò stizzito, imitando la voce della miko, gli occhi ambra fiammeggianti d’ira.
“Tsk!” sbottò, innervosito al massimo.
Si sentiva umiliato, e il fatto che proprio Lei lo avesse trattato in quel modo lo mandava in bestia.
Non doveva permettersi di trattarlo così!
Senza prestare attenzione a dove andava, ma solamente a lanciare maledizioni contro Kagome, Inuyasha andò a sbattere contro qualcosa o, meglio, qualcuno.
“Stai attento, maledizione! Pensavo mi avessi visto, cagnolino!”
- No, no, no, NO ANCHE LUI!!! – sbraitò mentalmente il mezzo- demone, maledicendo la sua sfortuna
“Figurati se non avevo la fortuna di incontrare proprio te, Kouga! Bè, è stato un dispiacere, perciò me ne vado” gli disse l’Hanyou, riprendendo a camminare, ignorandolo completamente
“Se sei solo capace di litigare con Kagome, non è colpa mia. Vedi di non scaricarti sugli altri, Inuyasha” sbottò ironico e con tono altezzoso lo Youko, facendo bloccare il mezzo- demone che si voltò con sguardo furente.
“Non me ne frega niente di litigare con quella mocciosa, ma non si deve permettere di trattarmi a quel modo, e lo stesso vale per te”
“Non te ne frega niente, eh? Bè, meglio così…” disse Kouga con tono quasi soddisfatto
“Che vuoi dire?” gli chiese Inuyasha con un tono duro
“Voglio dire che è meglio se di Kagome non te ne importa più di tanto, se non per un puro interesse di dovere. Ultimamente le stavi un po’ troppo vicino…” e, dicendo quest’ultima cosa, lo guardò severo, quasi con rabbia e il mezzo- demone non poté non notarlo.
“E con questo? Ti dà forse fastidio?” gli domandò ghignando Inuyasha
“Sì, visto che ne sono innamorato” ribatté, sicuro e schietto, l’ookami Youkai, facendolo ammutolire.
L’Hanyou rimase a fissarlo sbalordito. Lui… lui era innamorato di Kagome?
Un moto di rabbia lo invase, senza capirne il motivo. E quel maledetto che addirittura gli aveva fatto osservare che, in effetti, negli ultimi tempi, lui aveva trascorso più tempo del solito con la ragazza, quasi come a volerlo rimproverare di una cosa che non avrebbe dovuto fare.
Lo guardò rabbioso, emettendo un basso ringhio.
Kouga lo guardò in modo altrettanto minaccioso.
Tra i due, senza il bisogno delle parole, era stata aperta una sfida, entrambi lo sapevano e avrebbero combattuto fino all’ultimo sangue pur di battere l’altro.
Fin da quando si erano incontrati, Inuyasha aveva provato nei confronti del Demone un sentimento di rivalità ed ora, finalmente, si erano dichiarati apertamente guerra.
Non gli sarebbe stato da meno in niente, soprattutto come Cavaliere.
Lo fissò ancora per qualche istante poi gli rivolse un sorriso di sfida e riprese a camminare, sorpassandolo.
L’incontro- scontro con lo Youkai lo aveva, in un certo senso, fatto scaricare di tutta la tensione accumulata in quel giorno e che nemmeno Harliem era riuscita a placare. Ma quando, nell’atrio del palazzo, aveva visto Kagome ridere e parlare con Miroku, Sango e con loro il Governatore e il Ministro Mendion, la rabbia aveva ripreso a ribollirgli nelle vene.
Vederla lì, tranquilla e felice dopo quello che gli aveva fatto, lo mandava in bestia.
E quando lei si accorse di lui e gli rivolse un sorrisetto divertito per un attimo l’avrebbe volentieri fatta fuori.
- Dannata mocciosa! – imprecò mentalmente, l’ira che si rifletteva nei suoi occhi dorati, facendoli diventare di una tonalità più scura.
“Inuyasha!” si sentì chiamare da Miroku che, con la sua solita faccia allegra, gli si avvicinò, dandogli una spacca sulle spalle.
“Finalmente, non ti sei fatto vedere per niente! Dove te ne sei andato?”
“Mi sono allenato per conto mio” gli rispose freddamente, avvicinandosi insieme a lui al resto del gruppo che lo salutò.
Lui e Kagome si lanciarono uno sguardo intenso e una atmosfera elettrica si diffuse tra di loro.
“Credi che parlerai ancora a sproposito, d’ora in poi, o hai capito di dover tacere, qualche volta, Inuyasha?” gli disse con tono di scherno la ragazza, facendolo tremare di rabbia.
Di nuovo, si stava prendendo gioco di lui davanti a tutti.
“Continuerò a parlare, che sia a sproposito o no, e di certo non smetterò di esprimere le mie opinioni solo perché una bambina mi dice di farlo, con incantesimi o senza” ribatté lui, con voce atona, rimanendo soddisfatto di lui stesso. Non doveva darle la soddisfazione di vederlo sbraitare per ogni sua parola. E infatti la vide arrossarsi leggermente e tremare di rabbia, sentendosi trionfatore.
Adesso era il suo turno di ridere.
“Governatore!” un richiamo ricolmo di agitazione e preoccupazione attirò la loro attenzione e videro avvicinarsi dalle porte dell’ingresso, trafelato, un soldato.
“Perché urli così, cos’è successo?” domandò il nobile Takehiko all’uomo che, piegato sulle ginocchia, cercava di riprendere fiato.
“Un… un messaggero, viene dall’isola di Arlem, è ferito” ancor prima che il soldato avesse finito di parlare, Kagome si lanciò fuori dal Palazzo, una terribile sensazione a invaderle l’animo.
Il Governatore fu subito dietro di lei seguito dal resto del gruppo.
Nell’ingresso ghiaioso del Palazzo videro steso a terra, attorniato da alcuni soldati che cercavano di curargli almeno le ferite superficiali, un uomo di mezza età, imperlato di sudore e dal viso contratto in un’espressione di dolore mentre il torace gli si alzava e abbassava in modo irregolare.
Kagome gli fu subito accanto, facendo allontanare le persone intorno e senza una parola, posò le sue mani sul corpo dell’uomo, chiudendo gli occhi e concentrandosi.
Dopo pochi istanti, dalle sue mani si diffuse una luce rosata che si propagò per il corpo dell’uomo ferito. In pochi secondi questo riprese a respirare in modo regolare, aprendo gli occhi e guardandosi intorno spaesato.
Il Cavaliere Supremo si tamponò la fronte imperlata da alcune gocce di sudore per l’energia impiegata a guarire, almeno in parte, le ferite dell’uomo.
Questo, una volta capito dove si trovava, si alzò di scatto, cercando ansioso lo sguardo del Governatore.
“Nobile Takehiko!” esclamò agitato nonappena lo vide. Il Governatore gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, accanto a Kagome, posandogli una mano sulla spalla
“Calmati e dicci cos’è successo”
“Vengo dall’isola di Arlem, sono un soldato del piccolo reggimento del villaggio di Gale, mi sono anche occupato dei tre Cavalieri che sono venuti qualche tempo fa”
“Sì, è vero, adesso mi ricordo di te, ci hai fatto stare nella tua casa durante la notte” intervenne Miroku mentre l’altro annuiva.
“Tutta l’isola è stata attaccata e i pochi soldati della nostra guarnigione sono stati divisi e mandati nei vari villaggi per prestare soccorso” li informò e il volto di Kagome impallidì vistosamente
“Kandem! Che mi sai dire di Kandem?!?” chiese agitata
“Raso al suolo”.
- No, non può essere – si disse, quasi in modo ironico. Non poteva essere vera una cosa del genere.
“Stai mentendo! Che significa raso al suolo?!? E gli abitanti? Che ne è di mia nonna Kaede?!?” urlò, ricolma di rabbia e terrore, il nobile Takehiko che cercava inutilmente di trattenerla
“In pochi si sono salvati e per quanto riguarda vostra nonna… è gravemente ferita, io stesso mi sono occupato di lei… non so se ce la farà…”
“Sta zitto! Come puoi dire una cosa del genere, come puoi saperlo?!? Perché non sei rimasto con lei invece di venire qua?!?”
“Kagome, calmati!” intervenne Inuyasha da lei poco distante, prendendola per le braccia, visto che la ragazza si stava avventando sul soldato, quasi sconvolto per quella reazione violenta.
Il Cavaliere Supremo si agitò rabbiosa tra le braccia dell’Hanyou, urlando disperata.
Quando riuscì a liberarsi, si voltò con l’intenzione di fuggire, ma venne nuovamente bloccata dalla presa ferrea del mezzo- demone.
“Lasciami” gli disse, gelida, gli occhi privi di qualsiasi sentimento.
Inuyasha rimase spiazzato da quello sguardo e se la lasciò sfuggire.
Niente, nemmeno la rabbia, la disperazione, la tristezza aveva visto nelle due iridi cioccolato della ragazza, e un brivido gli aveva percorso la schiena.
Quando si riprese dello ‘schok ’ era già troppo tardi, Kagome era sparita tra le mura del Palazzo e, comunque, sapeva che quella volta la sua presenza non sarebbe servita a nulla.
“Chi vi attaccato?” la voce del Governatore, greve e severa, lo fece trasalire e anche lui riportò l’attenzione verso il soldato ancora seduto a terra
“Orchi”
“Orchi?!” il nobile Takehiko non riuscì a trattenere la sorpresa per quella notizia e come lui, così gli altri intorno a lui.
Cosa ci facevano degli Orchi fuori da Kadok, e perché attaccare proprio l’isola di Arlem?
“Signore, la situazione è grave. Noi da soli non potremo resistere a lungo, quasi tutti i villaggi dell’isola sono caduti”
“Mendion, di questo occupatene tu” rispose prontamente il Governatore, guardando seriamente il Ministro che annuì e, aiutando il soldato, entrò insieme a lui nel Palazzo.
“Sinceramente, sono convinto che ci sia lo zampino di Naraku” esordì Miroku, che diede voce al pensiero di tutti.
“Lo penso anche io. Gli Orchi non avrebbero avuto motivo di attaccare proprio Arlem, piuttosto sarebbero venuti direttamente qui. Credo che ormai Naraku si sia accorto sia della presenza di Kagome che della liberazione di Inuyasha.
“L’attacco ad Arlem è un chiaro segnale di sfida e quel maledetto ha saputo bene dove andare a colpire… là dove Kagome cela il suo punto debole…. Ho paura che commetta qualche sciocchezza” rifletté preoccupato l’uomo
“Credi voglia andare a Kandem?” gli chiese il figlio, quasi leggendo i suoi pensieri
“Non me ne sorprenderei”.
“Allora dobbiamo trovarla!” sbottò agitata Sango in pensiero per l’amica
“Non credo ce ne sia bisogno” intervenne poi Inuyasha, la voce atona e lo sguardo apparentemente indifferente
“Che vorresti dire?!” gli domandò quasi incredula la Cacciatrice, innervosita per il suo atteggiamento
“Se vuole andare a Kandem, lo dovrà fare volando… ma non credo che Hirador si presterà a portarcela, non le permetterà mai di farsi del male con le sue stesse mani”
“Inuyasha ha ragione – intervenne il Governatore – L’unico che adesso può fare qualcosa è Hirador”.

Camminava spedita, quasi barcollando, verso l’appartamento del suo Drago che già da diversi minuti aveva cercato ripetutamente di raggiungere la sua mente, avendo captato il turbinio violento e disperato che si agitava in lei.
Ma non poteva parlare, in quel momento, non ne aveva il tempo.
Kagome scrutava frenetica i corridoi che le si aprivano davanti, negli occhi il tutto e il nulla.
Non si era soffermata su quello che doveva o avrebbe dovuto fare. Non ne aveva il tempo.
Avrebbe raggiunto Hirador, sarebbe partita da Eldoras e avrebbe raggiunto Kandem, sarebbe stata al fianco di sua nonna.
Arrivò davanti all’ingresso delle stanze del Drago e con uno scatto violento, spalancò la pesante porta in metallo e trovò ad aspettarla, con gli occhi dorati ricolmi di apprensione e anche nervosismo Hirador, a quattro zampe proprio vicino all’ingresso.
“Si parte” gli disse, senza preamboli, afferrando una sella appesa alla parete.
- Che vuol dire ‘si parte ’?! Cos’è successo, è da un pezzo che ti chiamo! – il Drago la guardò indispettito mentre la ragazza continuava a preparare il necessario per il volo, senza prestargli attenzione.
Stanco di quell’atteggiamento, stando attento a non farle male, con i denti affilati afferrò la maglia della ragazza per poi trattenerla vicino a sé.
“Lasciami, Hirador! Non possiamo perdere tempo, devo andare!!!” si ribellò lei nel suo ‘abbraccio ’
- No! Se non mi dici che diavolo sta succedendo non ci muoviamo di qui! – le tuonò contro la creatura, guardandola severamente.
“Devo andare ad Arlem, il mio villaggio è stato attaccato, mia nonna è in pericolo, forse sta morendo e io non sono con lei!” disse esasperata, riuscendo finalmente a sfuggire alla presa del Drago che la guardava con sguardo duro.
“Non posso rimanere un minuto di più, Hirador! Se tu non mi vuoi aiutare, in qualsiasi altro modo, giuro che raggiungerò Kandem!”
- Tu non ti muovi di qui – le ordinò, perentorio
“Mi accompagnerai?” gli domandò Kagome, con una nota di speranza nella voce tremante
- No, e nessun altro lo farà – la voce fredda e atona di Hirador fu per lei come una pugnalata al cuore. Come poteva dirle delle cose simili, perché le impediva di poter stare accanto a sua nonna nel momento del bisogno?
“Perché mi fai questo?!? Non posso abbandonarli, hanno bisogno di me!!!” sbottò infuriata e frustrata la miko, con gli occhi ricolmi di confusione e delusione per l’atteggiamento del Drago
- Ho parlato con il Governatore proprio in questo momento e mi ha detto che sono stati degli Orchi ad attaccare l’Isola – la informò con tono fermo la creatura, facendola zittire con quell’informazione sconcertante di cui lei, fino a quel momento, era stata ancora all’oscuro visto che se ne era andata prima che il soldato potesse riferire in modo dettagliato ciò che era successo.
Kagome abbassò gli occhi, sbarrati, riflettendo incredula su quella notizia. Degli Orchi… ad Arlem?, pensò, incredula.
“N- non mi importa da chi sono stati attaccati! – riprese nuovamente il Cavaliere – Non posso comunque ignorare il fatto che abbiano bisogno del mio aiuto! Li ho difesi per anni, non posso abbandonarli proprio ora!”
- Kagome!!!– la interruppe, con un violento ruggito, Hirador, facendola quasi tremare – Ti prego, cerca di ragionare! Per quale motivo credi che degli Orchi abbiano attaccato proprio un’isola piccola come Arlem? È stato Naraku a mandarceli, e il suo intento era di certo quello di fare in modo che tu accorressi là! Non capisci che è una trappola, farai il suo gioco se raggiungi Kandem! -
La ragazza rimase a fissare il Drago, silente. Era vero, non ci aveva minimamente pensato. Ora che ci rifletteva, era chiaro che quell’attacco fosse implicitamente indirizzato a lei.
Ancora sensi di colpa che si aggiungevano alla lista.
Ancora delle vite sulla coscienza.
Le mancò il fiato.
“Dovevo esserci io, al loro posto” sussurrò con voce spezzata prima di fuggire sotto lo sguardo ricolmo di dolore di Hirador che, affranto, percepiva lo strazio e l’oblio del dolore che stava risucchiando il suo Cavaliere.
Digrignò i denti sentendosi completamente inutile.

Le forze la stavano abbandonando.
Si sentiva svenire e solo un fastidioso senso di nausea le faceva mantenere un minimo di lucidità.
Correva, correva, le gambe che si muovevano grazie alla forza della disperazione.
Correva, ma dove stava andando?
Non le importava. Non voleva vedere, sentire, parlare, il nulla….
Nella sua corsa verso le porte oscure della disperazione, avvertì a malapena le gocce lente e pesanti del temporale che, inaspettatamente e indisponente, era sorto, oscurando di nubi minacciose il cielo poco prima limpido e sgombro.
Non sapeva come, ma si era ritrovata su una delle torri del Palazzo, la balconata che dava sulla città ora bagnata dalla pioggia battente, che riempiva l’aria con il suo scrosciare cadenzato e violento, insensibile ai disagi che aveva provocato la sua venuta così improvvisa.
Una coltre di nubi oscure sembrava essersi posata su Eldoras, quasi come a volerla minacciare e proteggere allo stesso tempo.
Lampi e saette illuminavano e baluginavano a intermittenza creando un gioco di luci e ombre quasi inquietanti, andandosi a riflettere anche sulla superficie liscia e lucida della statua del Drago d’Oro che si innalzava beffardo contro il cielo plumbeo e minaccioso.
Kagome respirò affannata mentre le gocce pesanti e cadenzate le percorrevano il corpo, facendola rabbrividire.
Ma non era per il freddo che tremava… era quello che sentiva dentro di lei, un demone oscuro e impetuoso si faceva strada, la stava carpendo e con la sua voce remota e assillante la trascinava con sé, nelle profondità del vortice dello strazio.
Si avvicinò al parapetto, la vista offuscata dalle gocce che le bagnavano il viso.
Guardò sotto di lei, gli occhi ricolmi di emozioni indefinite, il vento ruggente che faceva muovere in modo scomposto i suoi capelli appesantiti dalla pioggia.
Il senso del vuoto la pervase, facendole girare la testa.
Non aveva paura, no, anzi, quella sensazione l’affascinava, l’idea del nulla, dell’oblio, in quel momento, suscitava in lei un fascino tentatore e oscuro, un qualcosa che lei non avrebbe mai dovuto provare.
Ma l’idea di non dover più soffrire, di non dover avere più responsabilità… di non avere più sulla coscienza la vita di tante persone... era così rassicurante, così invitante che la portò ad arrampicarsi, fino a trovarsi in piedi sopra il parapetto, il vento e la pioggia che, in quella posizione, sembravano ancora più violenti, quasi come volessero spronarla nel fare quello che, fino a quel momento, non l’aveva mai sfiorata, neanche col pensiero.
Morire. Abbandonarsi al dolce oblio.
Deglutì guardando la foschia sotto di lei che si era alzata.
Un balzo, e poi tutto sarebbe finito.
Tutto.
Chiuse gli occhi mentre una lacrima sfociava dal suo occhio, mescolandosi con le gocce di pioggia….
Un balzo, poi più nulla.

FINE 22° CAPITOLO.
Lo so, sono cattiva.
Ma la suspance ci vuole e io, in un certo senso, mi diverto anche a farvi stare sulle spine XD. La soluzione migliore sarebbe che io pubblicassi al più presto, in modo tale da non accumulare troppi accidenti e maledizioni da parte vostra.
Vedrò cosa posso fare XD.
Bè, non ho molto da dire, questo capitolo è stato tutta una sorpresa, in modo particolare la parte finale… bò, sta a voi dire qualcosa, adesso.
Vi lascio, e vi auguro una buona settimana – la mia sarà un inferno ç___ç
Spero di tornare al più presto,
baci,
ka_chan ^_______^

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: ka_chan87