Salve
a
tutti!
Questa è la
prima fanfiction che scrivo nel fandom di Death Note.
I personaggi sono un
po’ inusuali, infatti i protagonisti
sono Reiji Namikawa – uno degli otto della Yostuba con cui
Light, con il nome
di Elle, prende accordi per la cattura di Higuchi – e Midori,
un personaggio di
mia invenzione.
Spero che
comunque leggerete numerosi e che la lettura risulti piacevole! ^^
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ANSWERS
La
grande
metropoli di Tokyo era particolare, di sera: aveva le luci brillanti e
fitte di
una capitale di stato ma
contemporaneamente conservava una certa sua malinconia, come se ognuno
di quei
punti luminosi, pur nel mezzo di una massa di elementi simili a
sé, si
mantenesse distante ed inerte rispetto agli altri.
Era così,
Tokyo: tutta grandiosità e solitudine.
Lo
spettacolo degli alti palazzi illuminati e delle vie tentacolari
percorse da
mille e mille auto era seguito con attenzione da una sagoma affacciata
ad una
finestra di un enorme grattacielo.
In realtà
definirla finestra sarebbe stato improprio, perché la
struttura esterna
dell’edificio si componeva interamente di spessi vetri
antisfondamento che
creavano l’effetto curioso – ma non raro
a Tokyo – di una costruzione interamente composta di vetro
trasparente.
A Reiji
Namikawa, che osservava la città dal suo ufficio al
trentaduesimo piano, non
piaceva quell’effetto: gli dava la sensazione di essere
perennemente sotto gli
occhi di chiunque alzasse lo sguardo da fuori; non aveva importanza che
ad
essere trasparenti fossero unicamente le pareti più esterne,
mentre tutte le
altre erano in comune muratura; gli risultava comunque una condizione
disagevole per lavorare, per quanto il suo operato fosse sempre stato
ineccepibile.
Sospirando, osservò
il proprio riflesso sul vetro, che gli restituì
l’immagine di un uomo alto e
proporzionato di circa trent’anni ben portati; i capelli
erano neri e setosi,
lunghi fino alle spalle, mentre il viso dalla pelle chiara era affilato
e
perfettamente sbarbato, con occhi grigi dal taglio allungato.
Nel
complesso Namikawa sapeva di essere un uomo attraente, e amava curare
il
proprio aspetto almeno quanto detestava servirsene per accattivarsi le
altre
persone.
In quel
momento, comunque, la serenità della sua espressione era
offuscata da una
maschera concentrata e preoccupata.
Dopo un altro
sospiro frustrato, Reiji guardò l’orologio e si
accorse che erano già le otto e
mezza.
Normalmente,
a quell’ora si sarebbe trovato nel proprio attico in uno dei
quartieri più
esclusivi della città a rilassarsi, ma quella sera era ben
lungi dal potersi
allontanare dalla Sede Centrale della Yotsuba, la ditta presso cui
lavorava da
quando aveva terminato i suoi studi alla prestigiosa
università di Harvard,
pochi anni prima.
Lo
aspettava, alle nove di quel venerdì sera, un meeting nella
sala riunioni con
sette altri suoi colleghi, meeting che avrebbe invariabilmente portato
alla
scelta del nome di una qualche persona da eliminare tramite il loro
contatto
con il terrificante e quasi mitologico personaggio denominato Kira.
Namikawa era
sempre stato un uomo ambizioso – fin dagli anni della sua
adolescenza, quando
non aveva permesso alla totale diversità del mondo americano
di ostacolare la
sua volontà di studiare in una delle strutture migliori al
mondo – ma non
immorale, e nemmeno pazzo.
L’unico
motivo per cui si lasciava ancora trascinare in quelle riunioni
dall’esito
orrendo era che ovviamente una qualunque assenza gli sarebbe costata la
vita seduta
stante, cosa che francamente preferiva evitare.
Allontanandosi
dalla parete vetrosa, Reiji si passò una mano sugli occhi e
la lasciò scorrere
sul profilo del naso dritto e sul contorno delle labbra sensuali.
Raccolse
l’agenda e le sue cartelle dalla scrivania, spense e richiuse
il computer
portatile e ripose tutto in bell’ordine nella sua
ventiquattrore, che prese con
sé uscendo dalla stanza.
Per tutto il
tragitto, in corridoio, nell’abitacolo
dell’ascensore e davanti alla soglia che
doveva varcare, un’agitazione sorda gli chiuse la gola in una
morsa opprimente,
serrandosi ancora di più quando lui, sospirando
un’ultima volta, entrò nella
sala riunioni.
La stanza
era grande ed aveva un soffitto alto su cui erano fissate le luci al
neon.
Al centro
era sistemato un ampio tavolo ottagonale, con un piccolo schermo ed una
comoda
poltrona per ciascun lato.
Quando
Namikawa entrò, trovò che gli altri sei
– il settimo era deceduto poco tempo
prima, dopo aver dichiarato la propria volontà di staccarsi
dal vincolo che li
legava a Kira – erano già seduti: Takeshi Ooi,
Suguru Shimura, Eiichi
Takahashi, Kyosuke Higuchi, Masahiko Kida e Shingo Mido erano infatti
seduti
ognuno al proprio posto, ed anche se Higuchi parve adocchiarlo con uno
sguardo
sgradevole, nessuno fece osservazioni sul fatto che Reiji fosse
arrivato per
ultimo, anche perché generalmente era sempre puntuale, se
non addirittura in
anticipo.
Mantenendo
un’espressione neutra, prese posto tra gli altri, e la
Riunione della Morte
ebbe inizio.
Erano
già le
dieci e mezza quando finalmente si accordarono sulla sorte di un ultimo
concorrente particolarmente ostile alla Yotsuba per poi finalmente
congedarsi,
lasciando la sala.
Reiji fu
molto sollevato che la riunione fosse finita, perché davvero
non credeva che
avrebbe potuto sopportare oltre; con un ultimo cenno a Mido, che era
sceso in
ascensore con lui, uscì dall’edificio che
costituiva la Sede Centrale.
Camminando
velocemente raggiunse il parcheggio, ed estrasse dalla tasca dei
pantaloni le
chiavi della sua auto, una maestosa Maserati nera – unico
sfizio, unico strappo
alla sua regola di non ostentare il proprio benessere economico.
Mise in moto
e si diresse a velocità sostenuta verso un quartiere
dall’altra parte della
città.
Quando
arrivò a destinazione, posteggiò l’auto
e si incamminò verso l’ingresso del
grande complesso condominiale che era la sua meta.
Senza
suonare il campanello, estrasse il cellulare e compose in fretta un
messaggio
che inviò subito, e pochi secondi dopo il portone del
comprensorio scattò,
aprendosi.
Guardandosi
intorno per essere certo che nessuno lo seguisse o facesse caso a lui,
Reiji
avanzò ed entrò nel palazzo, e prese
l’ascensore per salire al sesto piano.
Non appena
vi giunse trovò la porta del terzo appartamento a sinistra
già sbaciata, ed
entrò, richiudendosela alle spalle.
“Hai fatto
tardi, stasera.”
Una voce
femminile proveniente dalla stanza attigua lo accolse, risultando per
la verità
lievemente irritata.
“Ti avevo
avvisato che non sarei riuscito ad esserci per l’ora che
avevamo concordato. Mi
dispiace, c’è stato un imprevisto. Buonasera,
comunque.”
Sentì dei
passi risuonare dalla cucina dell’appartamento, e di
lì a poco la ragazza
comparve di persona in ingresso.
Reiji la
guardò, con un lieve sorriso teso.
Aveva
capelli biondi di media lunghezza, un
viso tondo e la pelle chiara, naso dritto e bocca carnosa.
Non era
molto alta, e la sua corporatura minuta annegava in una tuta di due
taglie più
grandi della sua – avevano discusso molte volte sulla
questione dei suoi
pigiami oversize, ma non era mai riuscito a spuntarla.
“Tanto per
sapere, cosa intendi per imprevisto?”
“Oh, nulla
di che, cinque minuti di svago alternativo con la segretaria.”
La guardò
con un sguardo ironico, ma vedendo che lei non rideva affatto ma al
contrario i
suoi occhi stavano assumendo una pericolosa sfumatura omicida
sbuffò,
condiscendente, per poi parlare di nuovo.
“È stata
solo una semplice riunione straordinaria, Midori, non
c’è bisogno di prenderla
così.”
L’espressione
di lei si addolcì un po’, pur senza ritornare del
tutto serena.
“Mettiti pure
comodo, e vieni a sederti.”
Grato di
potersi rilassare un po’ dopo una serata così
estenuante, Reiji si
tolse il cappotto e appoggiò in ingresso
la ventiquattrore – detestava lasciarla in macchina
– per poi accomodarsi nel
più spazioso salotto.
Si sedette
sul morbido divano e subito Midori comparve, portando un vassoio con due tazze di the
bollente.
“Hai cenato
o vuoi che ti prepari qualcosa?”
“Non ho cenato, ma non fa nulla. Non ho fame.”
Lei appoggiò
il vassoio sul tavolino di fronte al divano, quindi si sedette di
fianco a lui.
La lasciò
fare quando con gesti premurosi lo liberò dal fastidio della
cravatta e gli
sbottonò i primi due bottoni della camicia chiara.
Con una mano
le scostò una ciocca di capelli che le era ricaduta davanti
al viso,
riportandola dietro il suo orecchio, tuttavia si irrigidì
quando lei si sporse
per baciargli le labbra.
“Hai… Hai
chiuso i balconi, vero?”
“Nessuno può
vederci, se è di questo che hai paura. Ma vorrei parlare
della tua assurda
convinzione che l’unico modo per continuare a vederci sia
chiuderci in una
specie di bunker protetto.”
“Non è una
stupida convinzione, Midori. È solamente meglio
così per tutti, fidati di me.”
“Quella che
mi hai appena detto è la più grande cretinata
sulla faccia della terra. C’è
qualcosa che ti preoccupa, e tu non vuoi rendermene
partecipe.”
“Ho solo dei
problemi al lavoro.”
“Devono
essere problemi molto, ma molto gravi se ti costringono a comportarti
come un
criminale braccato. Quale problema lavorativo può essere
così insormontabile da
dover condizionare anche la tua vita privata?”
Reiji non
rispose, limitandosi a stringerla a sé.
Doveva
pensare a qualcosa da dirle.
Anche se
aveva un carattere difficile, estremamente scattoso e incredibilmente
lunatico,
Midori non era affatto stupida e avrebbe sicuramente trovato un modo,
lecito o
illecito che fosse, per fargli sputare il rospo.
E sperare
che si stancasse non sarebbe servito a niente: difficilmente si sarebbe
riusciti a trovare, al mondo, una persona più tenace
– o testarda –
di lei.
“Le ricordo
che sto ancora aspettando una sua risposta, signor Namikawa.”
proruppe ancora
la ragazza, la voce resa attutita dalla posizione del suo viso contro
il petto
di lui.
“La Yotsuba
potrebbe trovarsi in una situazione… Poco piacevole,
prossimamente. Preferisco
evitare che ti vedano insieme a me, dato che non voglio assolutamente
che tu
venga coinvolta.”
Dopotutto
non aveva detto nessuna bugia, pensò Reiji sorridendo
amaramente tra sé, aveva
solo omesso qualche piccolo
particolare, come ad esempio che
la situazione poco piacevole poteva essere dettata dai contatti suoi e
degli
altri sei con Kira, il quale poteva tranquillamente uccidere chiunque a
suo
piacimento, a patto di conoscerne volto e nome.
Ed era vero
anche che nessuno doveva vederli insieme, visto che L aveva palesato le
sue
mosse atte a smascherarli e sicuramente li teneva d’occhio
anche quando non
erano al lavoro, procurandosi ogni informazione disponibile sul loro
conto.
Reiji
sperava che nessuno fosse venuto a sapere che aveva una relazione
– non ne
aveva parlato nemmeno con i suoi genitori, quando li aveva sentiti al
telefono,
per scrupolo – perché davvero non credeva di poter
tollerare che venisse fatto
del male a lei, anche se stava sempre attento a non renderle troppo
accessibili
i propri pensieri: lo faceva sentire vulnerabile, e lui odiava essere
messo di
fronte ai propri punti deboli.
“Adesso mi
accontenterò di questo, Reiji, ma troverò il modo
di ricevere una notizia che
abbia un senso, prima o poi. Avrò la mia risposta.”
Reiji
sospirò di sollievo, felice che almeno per il momento lei
avesse smesso di fare
domande; non sarebbe durata a lungo, ma fu comunque intimamente grato
della
tregua per la serata.
Si
concessero un altro bacio, più lungo e più
profondo, e si strinsero più forte.
La mano di
lui scivolò sotto l’enorme felpa che Midori
indossava, accarezzandole la pelle
nuda della schiena, mentre quella di lei viaggiava sul suo collo e
sulla sua
nuca e gli accarezzava i capelli scuri e lucidi.
Quando,
qualche minuto dopo, sorseggiarono il the, ciascuno dalla propria
tazza,
ansimavano entrambi leggermente.
L’appartamento
era in penombra, e le persiane rimanevano abbassate, chiaro segno che
la luce
primaverile di Aprile non era la benvenuta, non quell’anno.
La
televisione era spenta, così come tutte le luci, e
l’unica cosa a rimanere
accesa era una piccola radio a batterie, che diffondeva in tono
smorzato e con
alcune interferenze la voce dell’annunciatore di un
notiziario radiofonico.
“Le azioni sono precipitate
vertiginosamente…
Yotsuba è ormai un’azienda in declino…
Morti sei dipendenti, Ooi, Mido,
Namikawa… Kida… Dopo la morte di Arayoshi Hatori,
l’anno scorso…. Probabili
contatti con Kira.”
Midori
singhiozzò sommessamente, rannicchiata sul divano,
premendosi un fazzoletto di
carta consumato sulle labbra tremanti e congestionate.
Non
piangeva, ma non perché non volesse farlo; semplicemente,
aveva finito le
lacrime almeno qualche ora prima.
…Hai avuto, ora, la tua risposta…?
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Grazie
mille
a tutti coloro che hanno letto. ^^
Sarò molto
grata a chi vorrà rendermi partecipe delle sue impressioni
tramite recensione! =D
Ciao ciao!
Panda