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Autore: Sarhita    09/08/2011    5 recensioni
Conquistare la meta che mi sono prefissato. Non posso farlo da solo. Anche se lo vorrei, con tutto me stesso.
Il passato mi ha reso ciò che sono, plasmandomi come se fossi stato creta nelle sue mani.
Il presente me lo prendo come viene, senza farmi troppe domande, cercando solo di ricostruire quelle rovine ormai perdute.E il futuro me lo prendo come dico io, perché mi sono fottutamente stufato di stare allo sporco gioco del destino, che sembra non aver ancora deciso cosa farne di me...
Genere: Erotico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Itachi, Suigetsu | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 13. È appena sotto la pelle, It’s just beneath the skin.

A questo mondo siamo come attori sciolti dalla catena per andare alla ricerca di un fantasma, alla ricerca interminabile dell'ombra semi dimenticata della nostra realtà perduta.

Yamato gli consigliò di sedersi, e forse fu proprio questo a renderlo un po’ più teso.
Aveva uno sgradevole presentimento. Non uno di quelli apocalittici, ma neanche uno di quelli allegri…
Il suo sesto senso questa volta non lo tradì. Yamato era convinto che fosse giunto il momento di andarsene. Non sapeva che Sasuke fosse vicino, o molto probabilmente da bravo investigatore qual’era lo sapeva ma non aveva informato né l’Uchiha né la donna… in ogni caso, era una decisione che andava comunque presa, prima o poi. Gli eventi ne avevano solo accelerato i tempi.
In realtà Itachi non aveva ascoltato più di tanto le motivazioni, le parole di conforto o le spiegazioni, si era soffermato sul concetto dell’intero discorso.
Sloggiare, andarsene, sparire, fuggire… ma mentre per Yamato significava soltanto traslocare e cambiare aria, per Itachi, in vista delle ultime scoperte, significava allontanarsi da Naruto, e dall’unica possibilità di rivedere suo fratello...
Cosa poteva fare? Accettare la situazione? Andarsene?
Nessuno gli aveva chiesto se lui fosse stato d’accordo, tutti si preoccupavano per lui, ma di scegliere qualcosa non se ne parlava.
Genma era stato come un fratello per lui. E gli era immensamente grato per essere andato contro la legge per aiutarlo, così come Yamato.
Shizune, che era stata messa in mezzo senza sapere né come né perché, più di tutti lo aveva amato. Di quell’amore così materno. Sapeva essere una madre per chiunque ne avesse bisogno. Era intrinseco nella sua natura. Forse perché non poteva avere figli.
Avevano un paio di giorni per preparare tutto e partire. Yamato lo aveva avvertito…

Dopo quel fatidico giorno in cui sua madre morì, Itachi era stato portato da Genma in giro per il Giappone. Lasciare il paese infatti è quasi più rischioso che restarci, quando la tua faccia è sulle prime pagine del giornale come, a seconda dell’opinione del giornalista di turno, ragazzo scomparso, o principale sospetto. Ad acque calme, lo avrebbero aiutato a iniziare una nuova vita. Genma lo aveva promesso alla dolce Mikoto.
“Questo uomo forse non troverò mai la forza di lasciarlo. Sono ancora innamorata del Fukaku di un tempo. Ma se mai questo uomo dovesse farci del male, ti prego aiutami a proteggere i miei figli. In nome dell’amicizia che ci lega…”
Genma gli aveva raccontato più volte di come Mikoto fosse divisa tra l’immenso amore per i suoi figli, e la testardaggine nel cercare di recuperare un amore che ormai era a senso unico, e di come lui avesse cercato in tutti i modi di convincerla a prendere la scelta giusta. Se solo ci fosse riuscito…
Quando Genma lo presentò a sua moglie, Shizune, non le raccontò mai la sua vera storia. Ma Itachi ritrovò in lei una persona amorevole come sua madre. Docile ma allo stesso tempo testarda. Era andata avanti per lui, come se fosse stato davvero suo figlio, quando Genma morì.
Yamato cercò di aiutarli in tutti i modi, ed era ancora lì, instancabile.

Il conoscere Naruto non era previsto…
 
Shizune lavorava all’OtoSound, come segretaria di Orochimaru. Un giorno una notizia che sconvolse tutti arrivò agli studi. Il batterista dei Red Seduction si era suicidato.
Shizune l’aveva visto di rado, ma era comunque molto dispiaciuta per l’accaduto. Quella sera all’uscita dal lavoro incontrò un ragazzo, che aveva appena saputo la notizia al telefono. Era talmente pallido che accese l’istinto materno della donna, che decise di portarlo a casa, nonostante Yamato le aveva raccomandato di non far entrare estranei in casa. Ma Shizune conosceva, seppur non molto, il ragazzo. Suonava nello stesso gruppo del batterista che si era ammazzato, non poteva lasciarlo per strada in quello stato.

Fu così che lo incontrò.

Era sceso non appena aveva sentito dei rumori frenetici in cucina.
Shizune stava preparando una camomilla mentre un ragazzo sconosciuto se ne stava seduto a tavola con la testa appoggiata sulle braccia, come se stesse dormendo.
Mentre scendeva gli ultimi gradini, questi lo sentì, alzando gli occhi su di lui.
-    Shu, scusami, ti ho svegliato?
Non rispose a Shizune, piuttosto le fece un’altra domanda.
-    Chi è?
-    Un ragazzo che ho conosciuto al lavoro. Sii gentile, soffre.
Nessun’altra spiegazione se non “soffre”. A lei bastava sapere questo per farlo entrare in casa sua e dargli tutto il conforto che poteva donargli.
Il ragazzo tornò dopo qualche tempo, insieme a un amico, per sapere come il perché lei si fosse licenziata, dato che non la vedevano più agli studi.
Fu così che lei lo presentò ai due venuti.

La discussione che ebbe con Yamato, quando lui lo venne a sapere, fu molto lunga, e le fu tassativamente vietato di farli rincontrare. Ma ogni volta che Naruto, il ragazzo che aveva ospitato la prima volta, e il suo amico Suigetsu bussavano alla porta, era come se lei si dimenticasse di ogni divieto e li faceva entrare.

-    Come mai ti sei affezionata a loro? – le chiese, un giorno.
-    In poco tempo hanno perso due loro amici, stanno soffrendo molto, e nessuno sembra capirli come dovrebbe. Se posso aiutarli lo farò, come faccio con te, Shu.
Si rese conto di essersi affezionato così tanto a quella donna in quel momento. Sua madre avrebbe detto le stesse esatte parole…

Fu proprio ricordando queste parole che prese la sua decisione. Non poteva partire. Perché suo fratello stava soffrendo, da molto tempo. E lui poteva aiutarlo. E l’avrebbe fatto… ormai non aveva più diciassette anni… non era più il ragazzo spaventato di dieci anni prima. le sue mani erano ancora sporche di sangue, ma ciò non lo fermava più.




- Shu? Shu, sei in camera? …Yamato! Non lo trovo da nessuna parte!




Alla fine quel palazzo non era poi cosi male. Per lo meno l’atrio era arredato con gusto. E l’ufficio di Orochimaru aveva un non so che di elegante. Certo, i corridoi erano spogli, e quel via vai di giovani musicisti gli aveva permesso di intravedere l’interno di alcune stanze. Chissà dov’era quella stanza disordinata dalle pareti arancioni… così si sarebbe tenuto alla larga da quella porta.
Il cellulare lo avvisò dell’arrivo di un messaggio.
-    Mh, Sakura. C’era da aspettarselo…
A quanto pare avevano saputo la notizia. Fottuta Anko, non poteva prendersi un imbianchino qualunque? O un gelataio? No, lei doveva far le cose in grande…
La sua stanza era al secondo piano. Se non ricordava male, l’ultima volta che era stato in quel palazzo, era finito al quarto…
Probabilmente avrebbe incrociato Kyuubi, prima o poi, ma non era poi così probabile.
Proprio mentre ci passava accanto, l’ascensore si aprì, e ne uscirono quattro ragazzi che riconobbe subito. I poster del loro prossimo concerto tappezzavano le strade di Tokyo. I Double-T.
Non lo degnarono di uno sguardo. Erano abituati a vedere sempre gente nuova, e continuarono tranquillamente la loro conversazione.
Sasuke non poté fare a meno di notare lo sguardo glaciale del ragazzo dai capelli rossi. Uno sguardo che ricordava mostruosamente quello che vedeva allo specchio ogni mattina.
-    Spero almeno che quella Anko sia una tipa apposto – stava dicendo l’altro ragazzo, il batterista, forse…
Ne approfittò per infilarsi nell’ascensore. Visto che era in una specie di palazzo-dormitorio per musicisti, perché non approfittarne per suonare?
L’ora di pranzo inoltre era passata da un pezzo e non aveva messo nulla sotto i denti.
Arrivato al piano incrociò quella ragazza… com’è che si chiamava? Katy… Katrine... Karin… si era Karin.
-    Salve, Sasuke. Dove vai?
-    A mangiare. – rispose laconico – non posso?
-    Sai questo palazzo era una specie di motel, prima che lo comprasse Orochimaru-sama. Ha una cucina e anche una sala da pranzo. Di solito tutti preferiscono mangiare fuori. Comunque quando Orochimaru mi manda a fare la spesa, rifornisco sempre la cucina. Seguimi…
Dopo avergli spiegato queste cose, che a lui non importavano gran che, gli fece strada.
Al pianoterra vi era una porta leggermente più grande delle altre, che, come aveva detto Karin, dava in una media cucina, dove vi erano anche due grandi tavole da una dozzina di posti.
-    La maggior parte delle persone che vivono qui preferiscono cucinare qualcosa in camera, con i fornelletti da campeggio. Ci sono molte rivalità come puoi immaginare, per poter mangiare tutti insieme . O anche perché non si ha tempo di cucinare. In ogni caso qui ci sono sempre cibi in scatola, e cibi che non scadono in fretta, e qualche conserva. – gli mostrò dov’erano le varie cose e lo lasciò lì ad arrangiarsi da solo.
Non che non sapesse cucinare, ma proprio non ne aveva voglia. Anche se in effetti di mangiar fuori non se ne parlava. Non dopo che la sua faccia era finita in televisione quella mattina stessa.
Dopo che ebbe mangiato, fece un giro del piano e incontrò Anko che lo avvertì che gli strumenti erano arrivati e che l’Inuzuka aveva già portato la batteria, ovviamente smontata, in camera a controllare che non si fosse danneggiato nulla nel trasporto. Il suo basso invece era nell’atrio.
-    Orochimaru mi ha anche detto che se vuoi suonare, quando è libera, c’è una stanza al terzo piano. La riconoscerai subito. È l’unica con la porta bianca da cui è stata smontata la serratura. È completamente insonorizzata ed è disponibile a qualsiasi ora…
Annuì. Ci avrebbe fatto un salto. Perché no?


Si guardò intorno. Doveva essersi addormentato.
La sua chitarra non era più tra le sue braccia ma era appoggiata sul divanetto.
Dopo una bella stiracchiata si sollevò da terra e prese la chitarra. Ora non faceva più paura. Sai aveva ragione. Doveva lasciarlo suonare nella sua testa.
Più volte mentre suonava gli era salito il forte impulso di smettere, ma era riuscito a cacciarlo via cantando.
Quei due anni passati ad autocommiserarsi sembravano svaniti nel nulla.
Suonò di nuovo quella canzone, suonò come se non avesse mai smesso veramente di farlo, e pianse.
A canzone finita imbracciò la chitarra e prese il cellulare. Accendendolo però si rese conto che l batteria era completamente scarica. Sbuffando, ma senza perdere un grammo della sua allegria, si incamminò nel corridoio.
L’ascensore, come spesso capitava, era occupato. Ma non avrebbe fatto le scale con la sua kitsune in braccio. Suigetsu lo prendeva sempre in giro per i nomignoli che rifilava agli oggetti, soprattutto alla sua chitarra. Ma non gli importava gran che…
Una volta aperte le porte si trovò davanti Gaara, che gli sembrava volesse fargli la radiografia dall’intensità del suo sguardo.
-    Naruto… hai suonato.
Uno splendido sorriso si illuminò alla non-domanda dell’altro e, dopo aver delicatamente posato la chitarra a terra, appoggiata al muro, di slancio abbracciò il rosso senza riuscire a trattenere qualche lacrima.
-    Si, Gaara… ce l’ho fatta.


…non sono in sintonia con i miei giorni e le mie notti.
Sono una nube, una nube che si confonde con gli oggetti, ma ad essi mai si unisce.
Sono una nube, e nella nube è la mia solitudine, la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube, la mia realtà, anela di udire qualcun’altro che dica:”Non sei solo in questo mondo ma siamo due, insieme, e io so chi sei tu. 





Non mi piace, non mi piace... ma meglio di così non riuscivo a fare. Quando avrò la mente un po' più lucida forse lo correggerò... Se mi segnalate qualche errore vi sarei davvero grata.


Un'altra cosa... mi direste la parte che vi piace di più da usare come introduzione? Si, insomma, la parte che secondo voi riassume meglio la storia. Non c'è bisogno che lo citate, farmi capire più o meno quale. Quella che c'è ora non la trovo adatta... boh...
Dovuti credits:
A questo mondo siamo come attori sciolti dalla catena per andare alla ricerca di un fantasma, alla ricerca interminabile dell'ombra semi dimenticata della nostra realtà perduta. (Jim Morrison)
L’ultima poesia invece: Kahlil Gibran

La poesia completa.

Ho trascorso i miei giorni scrivendo e dipingendo,
ma non sono in sintonia
con i miei giorni e le mie notti.
Sono una nube,
una nube che si confonde con gli oggetti,
ma ad essi mai si unisce.
Sono una nube,
e nella nube è la mia solitudine,
la mia fame e la mia sete.
La calamità è che la nube, la mia realtà,
anela di udire qualcun’altro che dica:
Non sei solo in questo mondo
ma siamo due, insieme,
e io so chi sei tu

Aggiornamento veloce come promesso!!! Per il prossimo capitolo dovrete pazientare un po’ di più (non arriverò a cinque mesi stavolta giuro!)
Grazie a tutti!




 




L'ho ripostato perché ieri modificando direttamente da qui ho fatto un casino con un tag html e non riuscivo a trovarlo con tutto quel casino... Ho provato a modificare il capitolo ma il mio browser non mi dava la pagina e ho dovuto fare così -.-
   
 
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