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Autore: Feel Good Inc    10/08/2011    2 recensioni
La macchina giunse a destinazione ed Aerith portò il piede sul freno così bruscamente che, non fosse stato per la cintura di sicurezza, sarebbe finita sul parabrezza a fare compagnia ai tergicristalli. Tirò il freno a mano e si fiondò fuori senza neppure spegnere il motore, subito imitata da Cloud, con la pistola pronta in pugno già da un pezzo.
Percorsero in fretta lo slargo costeggiato di siepi, e raggiunsero il cortile su cui si affacciava il portone principale dello stabile. Cloud imprecò ad alta voce.
«Merda...»
La sagoma massiccia dell’agente Lexaeus giaceva immobile davanti a loro, e il chiarore della luna inargentava il rosso del suo sangue mescolato all’erba verdissima del giardino da anni abbandonato a se stesso.

* * *
«Entra e fammi vedere.»
«Ma allora avevo ragione.» Axel sogghignò di nuovo, puntando il gomito destro sul davanzale e guardandolo con malizia. «Vuoi
davvero giocare al dottore.»
Roxas si sentì arrossire. «Sei proprio un idiota.»
«Grazie, bimbo, anche tu non sei male.»
Si tirò su ed entrò dalla finestra. Una volta posati i piedi a terra, si guardò intorno ostentando indifferenza – ma Roxas notò che il suo viso era decisamente pallido. Lasciò scivolare il cappotto sul pavimento.
Un tonfo metallico.
Roxas guardò interrogativamente prima il viso impassibile di Axel, poi il punto in cui l’indumento aveva toccato terra. Da una tasca sbucavano pochi centimetri di qualcosa di lucido e scuro.
La canna di una pistola.

* * *
Quando un adolescente in fuga dalla legge si nasconde in un condominio in cui vive un ragazzino che si ostina a fuggire dal suo passato, e quando le loro storie s'intrecciano a quella di una ragazza che torna da un posto che è lontano in tutti i sensi, ci si accorge che qualche volta bene e male non esistono. Esiste solo il destino.
{ AkuRoku; accenni SoKai, MaruDem, RokuNami, CloudAerith, Sorpresa }
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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40

Cose che non cambiano

 

 

 

Gli Hawk Runners al completo erano seduti nell’erba, a qualche metro dal chiosco dei gelati, ciascuno con un ghiacciolo in mano.

«Perché sorridi in quel modo, Roxas

Sfuggendo allo sguardo indagatore di Olette, il ragazzo scosse la testa e si cacciò a forza dalla mente il pensiero del ghiacciolo che gli aveva comprato Axel con i soldi del suo primo mese d’affitto.

«Niente, niente.» Diede un altro morso e si voltò a guardare Hayner. «Ehi, che fine ha fatto la SK-8? Gareggiano ancora?»

Hayner sbuffò, scrutando truce lo stecco del gelato.

«Figurati. Quelli sono esibizionisti, per loro gareggiare equivale al miglior palcoscenico. Dovresti vedere i loro allenamenti. Uno spettacolo di varietà, ecco cos’è. Con quella fila di ragazzine urlanti che delirano come oche... Seifer, Seifer! Guarda da questa parte! Sposami, Seifer!» Scosse la testa con commiserazione. «Una scena penosa. Cosa ci troveranno in quel tizio con la faccia da ebete, poi, devo ancora capirlo.»

«E tu che ne sai dei loro allenamenti? Non verranno qui al parco, adesso...»

Roxas si accorse che Olette lanciava a Hayner un’occhiata di fuoco. Lui alzò le spalle.

«Sono passato per caso accanto al ‘loro’ famoso campetto, e li ho visti.»

Roxas lo fissò, incerto se ridere o compatirlo. «Per caso, eh?»

«Sì.» Hayner lo guardò. Sbuffò di nuovo. «Uffa! E va bene. Non tanto per caso.»

Roxas optò per la prima scelta e sorrise, scuotendo la testa a sua volta. «Sono ancora bravi, almeno?»

«Beh, sì» intervenne Pence, con aria contrita. «Da quello che ci ha raccontato Hayner sono persino migliorati. C’è un ragazzo nuovo, un certo Vivi, che viene da non so dove e pare sia nato con la tavola incollata ai piedi.»

«E Seifer, con tutte le sue arie da pallone gonfiato, resta pur sempre un osso duro» aggiunse tristemente Olette.

«Razza di egocentrici boriosi e pieni di sé!» Hayner cominciò ad agitare in aria lo stecco, furioso. «È esibizionismo, vi dico! Non lo fanno perché gli piace, lo fanno per farsi guardare! Non hanno la minima passione per lo skate, non come noi quattro!»

«Non come voi tre» precisò Roxas.

Si pentì subito di averlo detto.

Era già stata dura. Aveva superato il terrore di riascoltare i discorsi sullo skateboard, e aveva chiamato a raccolta tutta la sua forza di volontà – ma per quanto potesse combattere, in fondo sentiva di non poter più essere quello di una volta. Riusciva a camminare, certo; poteva parlare dei suoi genitori senza ripiombare nell’abisso, d’accordo. Ma le cose erano cambiate, questo era innegabile. E il peggio era che non aveva la minima idea di come spiegarlo a Hayner e agli altri, perché non sapeva spiegarlo neppure a se stesso.

I tre amici lo guardarono, e per un attimo ci fu un pesante silenzio. Poi Olette gli sfiorò una mano con la sua.

«Rox...»

«Ma bene. Ecco i poveri piccioni spennati. Avete con voi quelle tavole per una cerimonia commemorativa?»

Era una voce che conosceva, anche se non l’aveva sentita per molto tempo, tra l’altro senza sentirne la mancanza. Roxas alzò lo sguardo e si ritrovò a guardare i suoi avversari storici, i componenti della SK-8, che in più di un’occasione avevano battuto gli Hawk Runners a un soffio dalle finali.

Hayner s’irrigidì al suo fianco. Pence e Olette mantennero un dignitoso silenzio. Roxas vide Seifer Almasy, leader indiscusso della SK-8, immutato nella sua tenuta hip hop, concentrare l’attenzione su di lui.

«Ehi, guardate. Non è il nostro vecchio amico? Il nanerottolo tanto decantato dai sostenitori dei piccioni, l’angioletto biondo?»

Detto da uno che probabilmente si platinava i capelli con l’acqua ossigenata – e che nascondeva l’atroce risultato sotto un immancabile berretto di lana, anche in piena estate – era un appellativo piuttosto stupido. Roxas non batté ciglio, ma ritenne saggio mettere una mano sulla spalla di Hayner, che aveva cominciato ad emettere un sordo ringhio.

«Bada a come parli» sbottò Olette.

«Che ci fai qui, Seif?» domandò Pence, piatto. «Non mi pare che la SK-8 si sia mai fatta vedere da queste parti.»

«Acuta osservazione, Ciccio.» Seifer sogghignò. «Ma dal momento che il tuo amichetto, qui» aggiunse indicando Hayner, «ha potuto spiarci indisturbato – e non provate a negarlo, perché ho i miei informatori – non ci è sembrato disdicevole riservare a voi lo stesso trattamento... Sebbene non ci sia poi molto da spiare, s’intende.»

Gli altri componenti della SK-8 – Fujin, Rajin e un ragazzino di colore che Roxas immaginò essere Vivi – ridacchiarono forte. Hayner digrignò i denti.

Roxas abbandonò nell’erba lo stecco del ghiacciolo e si alzò in piedi.

«Nessuno vuole negare niente. Ma la strada è di tutti, così come il parco è di tutti. Se pensi che Hayner vi abbia spiati intenzionalmente, magari vuoi solo nascondere che hai paura di lui.»

Dietro di lui, Hayner rimase in uno stupefatto silenzio.

Seifer lo guardava dall’alto in basso. Era decisamente più alto di come se lo ricordava; Roxas calcolò che ormai doveva avere quasi diciassette anni. Fantastico: adesso andava anche a cercarsi grane con quella sottospecie di figurino.

Quello gli rivolse un sorriso strafottente. «A quanto pare il periodo di isolamento forzato ti ha affilato la lingua, angioletto.»

Hayner scattò in piedi con una rapidità sorprendente, ma Olette fu ancora più veloce.

«Ti ho detto» strillò, parandosi di fronte al capo supremo della SK-8, «bada a come parli

Rajin fece schioccare minacciosamente le nocche. Roxas trattenne Hayner per i vestiti, aiutato da Pence, e si voltò di nuovo verso Seifer.

«Evidentemente sì. Non puoi nemmeno immaginare quante cose sono cambiate.»

Altre, però, non cambiavano mai. Seifer esibì un nuovo sorriso sprezzante, e infine fece cenno alla sua degna squadra di seguirlo. I quattro voltarono le spalle e sparirono alla vista.

Roxas e Pence lasciarono andare Hayner, mentre Olette si voltava verso di loro, ansante e paonazza.

«Io lo disintegroHayner stava facendo a pezzi il suo stecco; Roxas ebbe la seria paura di vedergli uscire fumo e fiamme dalla bocca. «Lo ammazzo, lo distruggo, lo cancello dal creato...»

«Come osa...» gemeva Olette. «Come osa... Come ha osato...»

Sconsolato, Roxas incontrò lo sguardo di Pence. Lui scosse la testa.

«Non fare quella faccia, Roxas. Hanno ragione loro. È stato veramente un bastardo.»

«Ma non ne vale la pena» fece Roxas, tornando a guardare i due amici. «Dai, ragazzi. Va tutto bene.»

Olette si calmò, ma Hayner non sembrava disposto a cedere tanto presto.

«Fa così perché ha paura di te, Roxas, ecco tutto. Lui sa che adesso puoi tornare a gareggiare e a farlo nero. Se la fa sotto, fidati.»

«Tornare a gareggiare?» Il ragazzo lo fissò, attonito. «Hayner, tu sogni.»

Finalmente la furia di Hayner lasciò il posto a qualcos’altro: confusione.

«Ma perché, scusa? Non hai intenzione di riprendere ad allenarti?»

Silenzio.

«Roxas, adesso non farmi incavolare anche tu. È impensabile che lasci perdere tutto, chiaro? Non puoi mollare. Non adesso che hai dimostrato a tutti di potercela fare!»

Ancora silenzio.

«Roxas...»

«Non lo so, accidenti!» Roxas si prese la testa tra le mani. «Sta succedendo tutto così in fretta. Un’altra volta. Io non so se... Cercate di capirmi. Ancora non riesco a credere nemmeno di essere qui

Hayner tacque. Olette, con aria mortificata, si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.

«Noi vorremmo solo che tu ritrovassi te stesso, Rox» mormorò.

Lui sospirò e abbassò le mani e lo sguardo.

È proprio questo il difficile, si disse.

 

 

* * *

 

 

Axel si fissava le scarpe disastrate, per non alzare gli occhi sul posto infame che stava attraversando. Avrebbe volentieri fatto a meno di quell’infelice passeggiata, ma sfortunatamente il parco cittadino non era solo sulla strada per il condominio, ma costituiva la strada più breve per arrivarci – partendo dal posto ancora più infame in cui si trovava ora il più meschino degli esseri umani che avesse incontrato negli ultimi diciotto anni e mezzo.

Sentì l’esigenza di fermarsi, ma ancora non sollevò gli occhi.

Quante cose erano successe là, proprio là, in quel posto in cui la gente veniva a rilassarsi e a divertirsi? Quante e quanto orribili? Pensò a Roxas, un ragazzino che aveva perso troppo, troppo in fretta. Pensò a tutto quel che aveva vissuto in quella distesa d’erba delimitata da cancelli. Una rinuncia. Uno sparo. Un incidente...

E dietro c’era sempre stato lo stesso viscido essere, uno che in quello stesso parco probabilmente aveva incrociato e spezzato altre cento storie.

Per un lungo, improvviso istante si sentì sopraffare dal bisogno di tornare sui suoi passi e andare a spezzare invece quel collo bianco come la neve. Forse non era così diverso da lui, dopotutto; forse anche Axel avrebbe potuto essere capace di uccidere.

Un’esplosione di voci, da qualche parte davanti a lui, lo scosse dal suo istinto omicida e lo indusse ad alzare la testa.

A qualche metro di distanza, sul ciglio del sentiero, si fronteggiavano due gruppi di persone. Una ragazza dai lunghi capelli castani stava urlando in faccia a un bellimbusto alto due spanne più di lei. Axel riconobbe con stupore Olette, e a quel punto spostò lo sguardo sui tre ragazzi appena dietro di lei: un Hayner visibilmente infuriato trattenuto a stento da Pence e Roxas.

Solo allora si ricordò delle parole che si erano scambiati il giorno precedente.

 

 

«Domani? In realtà dovrei andare... a trovare una persona. Non so ancora quanto ci vorrà.»

«Capisco.» Roxas si era chinato per allacciarsi le scarpe. Era ancora presto quando Axel si era affacciato alla sua finestra, come ogni mattina; sembrava che non avesse dormito molto. Aveva il viso un po’ segnato. «Volevo chiederti una cosa, ma non c’è problema. Penso di poterlo fare da solo. Anzi... forse è meglio così.»

Axel aveva scavalcato il davanzale, atterrando nel 2A col solito sogghigno.

«Possiamo sempre rimandare l’appuntamento a domani, bimbo.»

Il ragazzo lo aveva fulminato con gli occhi, arrossendo. Poi si era alzato in piedi e aveva cominciato a rifare il letto, girandoci intorno con naturalezza e passando davanti alla sedia a rotelle inutilizzata come se non la vedesse. Gli faceva sempre uno strano effetto, vederlo camminare. Vederlo così sicuro. Era... sì, in un certo senso, appagante.

«Smettila di chiamarmi ‘bimbo’.»

Sorridendo, lui lo aveva raggiunto e gli aveva posato una mano sulla guancia, costringendolo a voltarsi.

«Scusa, bimbo» aveva bisbigliato sulla sua bocca.

 

 

Non fu la consapevolezza della ‘cosa’ che Roxas avrebbe voluto chiedergli a riscuoterlo, ma il modo in cui lo vide rivolgersi al tizio palestrato. La distanza gli impedì di capire le sue parole, e la posizione di leggergli le labbra – l’esperienza gli aveva insegnato col tempo l’utilità di quell’espediente – ma il messaggio nello sguardo era inequivocabile. Il signorino si voltò verso i suoi compari, uno dei quali aveva un atteggiamento e una corporatura più che minacciosi, e con un cenno si allontanò insieme a loro.

Axel li seguì con lo sguardo, esaminandoli: un griffato dalla testa ai piedi, un gorilla dalle fattezze umane, una ragazza con la puzza sotto il naso e un tipo più basso e minuto dalla pelle nera. Vide il capo della combriccola gesticolare stizzito, mentre tutti e quattro sparivano tra gli alberi del parco.

Chi l’avrebbe mai detto? Si ritrovò a sorridere. Alla faccia del povero piccolo Roxas.

Ma quando si voltò di nuovo, vide che Roxas non era affatto soddisfatto di sé, dopo essersi liberato dei quattro soggetti impettiti. Al contrario, sbottò contro Hayner e si affondò le mani nei capelli. Rimase con lo sguardo basso anche quando Olette, ancora rossa in viso, gli sfiorò una spalla.

Era chiaro che l’apparizione dei quattro aveva scatenato qualcosa di imprevisto.

Una parte di lui avrebbe preferito proseguire per la sua strada e tornare al condominio: Roxas non aveva tutti i torti, c’erano cose che avrebbe fatto meglio ad affrontare da solo. Ma vederlo all’improvviso così smarrito e rattristato, con l’aria di essere distante anni luce dagli amici che lo circondavano – che aveva ritrovato da così poco tempo, spinse Axel a prendere una decisione.

Si mosse verso la squadra degli Hawk Runners, finalmente dimentico di Marluxia.

Nella durata di quei venti passi, si rese conto che c’era ancora una cosa che poteva fare per lui.

 

 

 

 

 

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Aggiornamento lampo perché sono di fretta ^^’

C’è ancora bisogno di ringraziarvi? <3

Aya ~

   
 
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