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Cose che non cambiano
Gli Hawk Runners al completo erano seduti nell’erba, a qualche
metro dal chiosco dei gelati, ciascuno con un ghiacciolo in mano.
«Perché
sorridi in quel modo, Roxas?»
Sfuggendo allo sguardo
indagatore di Olette, il ragazzo scosse la testa e si
cacciò a forza dalla mente il pensiero del ghiacciolo che gli aveva
comprato Axel con i soldi del suo primo mese
d’affitto.
«Niente,
niente.» Diede un altro morso e si voltò a guardare Hayner. «Ehi, che fine ha fatto la SK-8? Gareggiano
ancora?»
Hayner sbuffò,
scrutando truce lo stecco del gelato.
«Figurati. Quelli
sono esibizionisti, per loro gareggiare equivale al miglior palcoscenico.
Dovresti vedere i loro allenamenti. Uno spettacolo di varietà, ecco
cos’è. Con quella fila di ragazzine urlanti che delirano come
oche... Seifer, Seifer! Guarda
da questa parte! Sposami, Seifer!» Scosse
la testa con commiserazione. «Una scena penosa. Cosa ci troveranno in
quel tizio con la faccia da ebete, poi, devo ancora capirlo.»
«E tu che ne sai
dei loro allenamenti? Non verranno qui al parco, adesso...»
Roxas si accorse che Olette lanciava a Hayner
un’occhiata di fuoco. Lui alzò le spalle.
«Sono passato per
caso accanto al ‘loro’ famoso campetto, e li ho visti.»
Roxas lo fissò,
incerto se ridere o compatirlo. «Per caso, eh?»
«Sì.»
Hayner lo guardò. Sbuffò di nuovo.
«Uffa! E va bene. Non tanto per caso.»
Roxas optò per la
prima scelta e sorrise, scuotendo la testa a sua volta. «Sono ancora
bravi, almeno?»
«Beh,
sì» intervenne Pence, con aria contrita.
«Da quello che ci ha raccontato Hayner sono
persino migliorati. C’è un ragazzo nuovo, un certo Vivi, che viene
da non so dove e pare sia nato con la tavola incollata ai piedi.»
«E Seifer, con tutte le sue arie da pallone gonfiato, resta
pur sempre un osso duro» aggiunse tristemente Olette.
«Razza di
egocentrici boriosi e pieni di sé!» Hayner
cominciò ad agitare in aria lo stecco, furioso. «È
esibizionismo, vi dico! Non lo fanno perché gli piace, lo fanno per
farsi guardare! Non hanno la minima
passione per lo skate, non come noi quattro!»
«Non come voi
tre» precisò Roxas.
Si pentì subito
di averlo detto.
Era già stata
dura. Aveva superato il terrore di riascoltare i discorsi sullo skateboard, e
aveva chiamato a raccolta tutta la sua forza di volontà – ma per
quanto potesse combattere, in fondo sentiva di non poter più essere
quello di una volta. Riusciva a camminare, certo; poteva parlare dei suoi
genitori senza ripiombare nell’abisso, d’accordo. Ma le cose erano cambiate, questo era innegabile. E
il peggio era che non aveva la minima idea di come spiegarlo a Hayner e agli altri, perché non sapeva spiegarlo
neppure a se stesso.
I tre amici lo
guardarono, e per un attimo ci fu un pesante silenzio. Poi Olette
gli sfiorò una mano con la sua.
«Rox...»
«Ma bene. Ecco i
poveri piccioni spennati. Avete con voi quelle tavole per una cerimonia
commemorativa?»
Era una voce che
conosceva, anche se non l’aveva sentita per molto tempo, tra
l’altro senza sentirne la mancanza. Roxas
alzò lo sguardo e si ritrovò a guardare i suoi avversari storici,
i componenti della SK-8, che in più di un’occasione avevano
battuto gli Hawk Runners a
un soffio dalle finali.
Hayner s’irrigidì
al suo fianco. Pence e Olette
mantennero un dignitoso silenzio. Roxas vide Seifer Almasy, leader indiscusso
della SK-8, immutato nella sua tenuta hip hop,
concentrare l’attenzione su di lui.
«Ehi, guardate.
Non è il nostro vecchio amico? Il nanerottolo tanto decantato dai
sostenitori dei piccioni, l’angioletto biondo?»
Detto da uno che
probabilmente si platinava i capelli con l’acqua ossigenata – e che
nascondeva l’atroce risultato sotto un immancabile berretto di lana,
anche in piena estate – era un appellativo piuttosto stupido. Roxas non batté ciglio, ma ritenne saggio mettere
una mano sulla spalla di Hayner, che aveva cominciato
ad emettere un sordo ringhio.
«Bada a come
parli» sbottò Olette.
«Che ci fai qui, Seif?» domandò Pence,
piatto. «Non mi pare che la SK-8 si sia mai fatta vedere da queste
parti.»
«Acuta
osservazione, Ciccio.» Seifer sogghignò.
«Ma dal momento che il tuo amichetto, qui» aggiunse indicando Hayner, «ha potuto spiarci indisturbato – e non
provate a negarlo, perché ho i miei informatori – non ci è
sembrato disdicevole riservare a voi lo stesso trattamento... Sebbene non ci
sia poi molto da spiare, s’intende.»
Gli altri componenti
della SK-8 – Fujin, Rajin
e un ragazzino di colore che Roxas immaginò
essere Vivi – ridacchiarono forte. Hayner
digrignò i denti.
Roxas abbandonò
nell’erba lo stecco del ghiacciolo e si alzò in piedi.
«Nessuno vuole
negare niente. Ma la strada è di tutti, così come il parco
è di tutti. Se pensi che Hayner vi abbia
spiati intenzionalmente, magari vuoi solo nascondere che hai paura di lui.»
Dietro di lui, Hayner rimase in uno stupefatto silenzio.
Seifer lo guardava
dall’alto in basso. Era decisamente più alto di come se lo
ricordava; Roxas calcolò che ormai doveva
avere quasi diciassette anni. Fantastico: adesso andava anche a cercarsi grane
con quella sottospecie di figurino.
Quello gli rivolse un
sorriso strafottente. «A quanto pare il periodo di isolamento forzato ti
ha affilato la lingua, angioletto.»
Hayner scattò in piedi
con una rapidità sorprendente, ma Olette fu
ancora più veloce.
«Ti ho
detto» strillò, parandosi di fronte al capo supremo della SK-8,
«bada a come parli!»
Rajin fece schioccare
minacciosamente le nocche. Roxas trattenne Hayner per i vestiti, aiutato da Pence,
e si voltò di nuovo verso Seifer.
«Evidentemente
sì. Non puoi nemmeno immaginare quante cose sono cambiate.»
Altre, però, non
cambiavano mai. Seifer esibì un nuovo sorriso
sprezzante, e infine fece cenno alla sua degna squadra di seguirlo. I quattro
voltarono le spalle e sparirono alla vista.
Roxas e Pence
lasciarono andare Hayner, mentre Olette
si voltava verso di loro, ansante e paonazza.
«Io lo disintegro!» Hayner
stava facendo a pezzi il suo stecco; Roxas ebbe la
seria paura di vedergli uscire fumo e fiamme dalla bocca. «Lo ammazzo, lo
distruggo, lo cancello dal creato...»
«Come
osa...» gemeva Olette. «Come osa... Come ha osato...»
Sconsolato, Roxas incontrò lo sguardo di Pence.
Lui scosse la testa.
«Non fare quella
faccia, Roxas. Hanno ragione loro. È stato
veramente un bastardo.»
«Ma non ne vale la
pena» fece Roxas, tornando a guardare i due
amici. «Dai, ragazzi. Va tutto bene.»
Olette si calmò, ma Hayner non sembrava disposto a cedere tanto presto.
«Fa così
perché ha paura di te, Roxas, ecco tutto. Lui
sa che adesso puoi tornare a gareggiare e a farlo nero. Se la fa sotto,
fidati.»
«Tornare a
gareggiare?» Il ragazzo lo fissò, attonito. «Hayner, tu sogni.»
Finalmente la furia di Hayner lasciò il posto a qualcos’altro:
confusione.
«Ma perché,
scusa? Non hai intenzione di riprendere ad allenarti?»
Silenzio.
«Roxas, adesso non farmi incavolare anche tu. È
impensabile che lasci perdere tutto, chiaro? Non puoi mollare. Non adesso che
hai dimostrato a tutti di potercela fare!»
Ancora silenzio.
«Roxas...»
«Non lo so, accidenti!» Roxas si prese la testa tra le mani. «Sta succedendo
tutto così in fretta. Un’altra
volta. Io non so se... Cercate di capirmi. Ancora non riesco a credere
nemmeno di essere qui.»
Hayner tacque. Olette, con aria mortificata, si avvicinò e gli
posò una mano sulla spalla.
«Noi vorremmo solo
che tu ritrovassi te stesso, Rox»
mormorò.
Lui sospirò e
abbassò le mani e lo sguardo.
È proprio questo il difficile, si disse.
* * *
Axel si fissava le scarpe
disastrate, per non alzare gli occhi sul posto infame che stava attraversando.
Avrebbe volentieri fatto a meno di quell’infelice passeggiata, ma
sfortunatamente il parco cittadino non era solo sulla strada per il condominio, ma costituiva la strada più breve per arrivarci – partendo dal posto
ancora più infame in cui si trovava ora il più meschino degli
esseri umani che avesse incontrato negli ultimi diciotto anni e mezzo.
Sentì
l’esigenza di fermarsi, ma ancora non sollevò gli occhi.
Quante cose erano
successe là, proprio là, in quel posto in cui la gente veniva a
rilassarsi e a divertirsi? Quante e quanto orribili? Pensò a Roxas, un ragazzino che aveva perso troppo, troppo in
fretta. Pensò a tutto quel che aveva vissuto in quella distesa
d’erba delimitata da cancelli. Una rinuncia. Uno sparo. Un incidente...
E dietro c’era
sempre stato lo stesso viscido essere, uno che in quello stesso parco
probabilmente aveva incrociato e spezzato altre cento storie.
Per un lungo, improvviso
istante si sentì sopraffare dal bisogno di tornare sui suoi passi e
andare a spezzare invece quel collo bianco come la neve. Forse non era
così diverso da lui, dopotutto; forse anche Axel
avrebbe potuto essere capace di uccidere.
Un’esplosione di
voci, da qualche parte davanti a lui, lo scosse dal suo istinto omicida e lo
indusse ad alzare la testa.
A qualche metro di
distanza, sul ciglio del sentiero, si fronteggiavano due gruppi di persone. Una
ragazza dai lunghi capelli castani stava urlando in faccia a un bellimbusto
alto due spanne più di lei. Axel riconobbe con
stupore Olette, e a quel punto spostò lo
sguardo sui tre ragazzi appena dietro di lei: un Hayner
visibilmente infuriato trattenuto a stento da Pence e
Roxas.
Solo allora si
ricordò delle parole che si erano scambiati il giorno precedente.
«Domani? In realtà dovrei andare...
a trovare una persona. Non so ancora quanto ci vorrà.»
«Capisco.» Roxas si era chinato per allacciarsi le scarpe. Era ancora
presto quando Axel si era affacciato alla sua
finestra, come ogni mattina; sembrava che non avesse dormito molto. Aveva il
viso un po’ segnato. «Volevo chiederti una cosa, ma non
c’è problema. Penso di poterlo fare da solo. Anzi... forse
è meglio così.»
Axel aveva scavalcato il
davanzale, atterrando nel 2A col solito sogghigno.
«Possiamo sempre
rimandare l’appuntamento a domani, bimbo.»
Il ragazzo lo aveva fulminato
con gli occhi, arrossendo. Poi si era alzato in piedi e aveva cominciato a
rifare il letto, girandoci intorno con naturalezza e passando davanti alla
sedia a rotelle inutilizzata come se non la vedesse. Gli faceva sempre uno
strano effetto, vederlo camminare. Vederlo così sicuro. Era...
sì, in un certo senso, appagante.
«Smettila di
chiamarmi ‘bimbo’.»
Sorridendo, lui lo aveva
raggiunto e gli aveva posato una mano sulla guancia, costringendolo a voltarsi.
«Scusa,
bimbo» aveva bisbigliato sulla sua bocca.
Non fu la consapevolezza della
‘cosa’ che Roxas avrebbe voluto
chiedergli a riscuoterlo, ma il modo in cui lo vide rivolgersi al tizio
palestrato. La distanza gli impedì di capire le sue parole, e la
posizione di leggergli le labbra – l’esperienza gli aveva insegnato
col tempo l’utilità di quell’espediente – ma il
messaggio nello sguardo era inequivocabile. Il signorino si voltò verso
i suoi compari, uno dei quali aveva un atteggiamento e una corporatura più
che minacciosi, e con un cenno si allontanò insieme a loro.
Axel li seguì con lo
sguardo, esaminandoli: un griffato dalla testa ai piedi, un gorilla dalle
fattezze umane, una ragazza con la puzza sotto il naso e un tipo più
basso e minuto dalla pelle nera. Vide il capo della combriccola gesticolare
stizzito, mentre tutti e quattro sparivano tra gli alberi del parco.
Chi l’avrebbe mai detto? Si ritrovò a
sorridere. Alla faccia del povero piccolo
Roxas.
Ma quando si
voltò di nuovo, vide che Roxas non era affatto
soddisfatto di sé, dopo essersi liberato dei quattro soggetti impettiti.
Al contrario, sbottò contro Hayner e si
affondò le mani nei capelli. Rimase con lo sguardo basso anche quando Olette, ancora rossa in viso, gli sfiorò una spalla.
Era chiaro che
l’apparizione dei quattro aveva scatenato qualcosa di imprevisto.
Una parte di lui avrebbe
preferito proseguire per la sua strada e tornare al condominio: Roxas non aveva tutti i torti, c’erano cose che
avrebbe fatto meglio ad affrontare da solo. Ma vederlo all’improvviso
così smarrito e rattristato, con l’aria di essere distante anni
luce dagli amici che lo circondavano – che aveva ritrovato da così poco tempo, spinse Axel a prendere una decisione.
Si mosse verso la
squadra degli Hawk Runners,
finalmente dimentico di Marluxia.
Nella durata di quei
venti passi, si rese conto che c’era ancora una cosa che poteva fare per
lui.
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Aggiornamento lampo perché sono di
fretta ^^’
C’è ancora bisogno di
ringraziarvi? <3
Aya ~