Undici minuti all’alba
Zach
Corona si guardò in giro. Faceva caldo, lo percepiva, ma non lo
soffriva. Era come se certi fastidi - l’umidità,
l’eccessivo calore, il sudore – dopo la morte si annullassero.
E
in un certo senso era giusto così, i morti mica
soffrono il caldo o sudano. Così, nonostante fosse pieno luglio, lui
indossava la giacca di pelle che quando aveva comprato gli aveva dato tanto
l’idea di vampiro metropolitano. Bubbles, la
sua amica d’infanzia, glielo ripeteva sempre. Non avrebbe certo immaginato
che prima o poi sarebbe diventato davvero un vampiro. L’aggettivo metropolitano era un po’
eccessivo, data la piccolezza della cittadina dove abitava, ma comunque la sua
situazione non cambiava granché.
“Non
sento caldo”
disse a un certo punto.
“E’
normale, quest’inverno non ti darà fastidio nemmeno
il freddo. Devi solo abituarti a questa apatia
climatica” lo consolò Alejandro leggendo un quotidiano del giorno
prima, che qualcuno aveva abbandonato sul divanetto del bar dove stavano in
quel momento.
Zach
sospirò chiedendosi se fosse vero che si sarebbe abituato a quella vita,
l’eternità era un bel po’ di tempo.
E
poi non riusciva a non pensare al cadavere dissanguato che in quel momento li
aspettava nel bagagliaio della Mustang che avevano usato per arrivare fino a
quel bar aperto ventiquattr’ore su
ventiquattro, nessuno dei presenti sembrava particolarmente preoccupato, solo Hayley pareva un po’ imbronciata.
Gli
aveva fatto schifo per certo aspetti, non aveva mai mangiato una persona,
quando al telegiornale si sentiva parlare di cannibali nella società
moderna venivano sempre additati come squilibrati, e a Zach
avevano sempre suscitato un profondo disgusto, quindi non aveva mai pensato di
provare piacere ad azzannare una persona. Si era sentito in colpa, si sentiva
in colpa davvero, ma non aveva potuto far altro che pensare che il sangue di
quella ragazza che si erano divisi tra tutti – tranne Hayley-
era davvero delizioso. Ciononostante a distanza di una mezz’ora gli
sembrava di poter avere solo dei conati di vomito. Scacciò via il
pensiero di Bubbles, sua madre, suo padre o di
qualsiasi altra persona che avesse conosciuto nella sua vita umana al posto del
cadavere della ragazza nel bagagliaio.
“Ma
della ragazza…che ne facciamo?” chiese poi titubante
mentre cercava di non guardare la vena che pulsava nel collo della cameriera.
Alejandro
sventolò la mano come a dire che la faccenda era di poca importanza
“Da qualche parte la infileremo” rispose sfogliando pagina.
“Se
mangiaste gli animali, come me, non avreste tutti questi problemi!”
esclamò Hayley adirata dal suo posto a sedere
sul ciglio del divanetto rosso.
“Basta con i tuoi ragionamenti moralisti,
hippie del cacchio! Non siamo più negli anni settanta!” sbottò Moran distogliendo solo per un attimo la sua attenzione
dall’hamburger che stava mangiando con eccessiva voracità.
Erano in quel bar solo per lui, era l’unico che mangiava.
“Solo
perché tu sei un troglodita non vuol dire che lo siamo tutti qui!”
sbottò Hayley minacciando di tirargli addosso la saliera.
“Mi
sembrava che qualche secolo fa li dissanguassi anche tu gli esseri umani, cara la mia perbenista!” continuò Moran che non era famoso per il suo autocontrollo.
“Oh,
certo che me lo ricordo, come stavi bene con la gorgiera!” aveva
sentenziato Hayley in tono di scherno.
Alejandro sospirò voltando di nuovo pagina
“Ogni famiglia ha la sua pecora nera e il suo psicopatico. Ma sarebbe carino se questi
due abbassassero la voce” disse tranquillo con l’aria del buon
padre di famiglia rivolto a Zach, anche se non lo
stava guardando.
Donnie
accanto a Zach si appoggiò coi gomiti sul
tavolo che, come per tutti tranne Moran, era vuoto.
Il ragazzo lo vide fissare la cameriera con estremo interesse “Odio
l’estate” proferì.
“Io
invece la amo!” esclamò Moran terminando
la conversazione con Hayley per ingombrare
completamente il campo visivo di Donnie che non
poté così più fissare la cameriera scollata.
“Cosce, colli, polsi al vento, le vene si
vedono che è una meraviglia.
Guarda come scorre il sangue nel corpo di quella. E poi sono
sempre tutti ubriachi quindi se qualcuno cade accidentalmente nel fiume” ammiccò mentre diceva accidentalmente “e viene ritrovato
in stato di avanzata decomposizione qualche mese dopo nessuno pensa che ci sia
qualche cosa di strano” spiegò allegro.
Donnie
alzò le spalle. “A me viene solo più
voglia di addentare qualcuno…” commentò Donnie
con un’aria un po’ ebete “E’ difficiel
controllarsi con tutta questa carne a portata di denti. Perché
dobbiamo stare qui, è solo un posto pieno di tentazioni?” domandò poi
leccandosi le labbra.
Zach
seguì lo sguardo dell’amico che si appoggiò sulla vena
pulsante di un camionista sovrappeso.
“Perché
siamo andati a ballare in discoteca, e dopo la discoteca mi viene sempre fame!”
strillò Moran con la voce estremamente
stridula di chi si sente chiamato in causa.
Donnie alzò gli occhi al cielo
“A dire il vero più che ballato abbiamo abbordato e dissanguato
una cubista. E tanto il tuo
apparato digerente non funziona più da diversi secoli, tra un po’
vomiterai tutto. Che schifo. Non potevamo usare gli umani che teniamo chiusi in
cantina invece di uscire?” chiese accigliato.
“Perché
quelli sono per la cena con Ragina Sparks, infatti ho mandato Moran a chiedere i loro nomi per metterli sul
menù” spiegò Alejandro bonario mentre sul volto di tutti
gli astanti si dipingeva una smorfia.
Zach
guardò Donnie con aria interrogativa “Ragina chi?”
Donnie sbuffò “Sono
cinquecento anni che quei due si corrono dietro. Noi non la sopportiamo, ma se
piace a lui deve piacere anche a noi”spiegò in un sussurro.
“In
estate viene sempre a trovarmi Regina, è un altro motivo per amare
l’estate, no?” aggiunse Alejandro solare. Donnie
e Hayley grugnirono, e Moran
si rimise a mangiare il suo hamburger con eccessivo entusiasmo, finché
non si accorse che un ragazzino lo guardava dal tavolino di fianco.
“Che hai da guardare? Non hai mai visto nessuno che
soffre di fame nervosa, eh?” strillò isterico mentre il suo povero
interlocutore distoglieva lo sguardo spaventato.
“Comunque sia, l’estate è la
stagione migliore. Il sangue sembra più caldo, gli umani escono di casa
più volentieri e non devi convincerli a concederti un invito a casa loro
ipnotizzandoli, che tra l’altro è una cosa che mi fa venire delle
emicranie pazzesche!” continuò Moran con
aria svenevole.
“E’
perché il sangue umano ti infeltrisce il cervello!” azzardò
Hayley che non vedeva l’ora di farlo
arrabbiare.
“Io non mangerò mai un coniglio,
brutta stronza! Da quando sono
morto sono animalista. Tu e i tuoi Love & Peace del cacchio potete
tornarvene negli anni settanta!” ribatté l’uomo facendo
gesti inconsulti che secondo lui dovevano essere il simbolo della pace.
“Troglodita!”
sentenziò lei battendo il pugno sul tavolo mentre tutte le collane di
perline e conchiglie che portava al collo tintinnavano. La discussione sarebbe
sicuramente degenerata in una rissa tra se Alejandro a quel punto non avesse
chiuso con uno scatto il suo quotidiano e guardato l’ora attirando
l’attenzione di tutti i vampiri presenti.
“Mancano sei minuti alle cinque, tra undici
albeggerà, credo che sia meglio tornare a casa se non vogliamo rimanere
tutti inceneriti. D’estate la notte è così corta…”
proferì allegro.
Moran
fece una smorfia “Odio l’estate” commentò acido
infilandosi in bocca l’ultimo boccone.