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Autore: TheMaster    05/04/2006    0 recensioni

Il nemico è dentro di noi. Attorno a noi. Nei nostri libri. Nelle nostre case.
Il nemico è invincibile. Inavvicinabile.
Tutti ne parlano. Tutti lo invocano. Tutti lo pregano.
...perchè nessuno conosce la verità.
Genere: Azione, Dark, Fantasy, Guerra, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dovrebbe essere qui.” annunciò il Co-Pilota additando il vuoto in una mappa stellare olografica.

“Là! Dirigiamoci verso quel gruppo di asteroidi.” ordinò Vincent, facendo un cenno col viso al Pilota. Davanti a loro si stagliava, parecchio in lontananza, qualcosa.

 

“Pensi che siano i rottami della ammiraglia, eh, Baker?” domandò con tono ironico Jackye, uno dei tre soldati che si era portato dietro. Alto un metro e settanta, capelli ricci, corti e neri, neri come la sua pelle e gli occhi. Terrestre, indoamericano, aveva detto. Premiato sette volte in battaglia, cinquantun operazioni compiute con successo.

“Non negarlo, dai!” incalzò.

“Potrebbe essere, ma l’idea non mi esalta.” Confermò Vincent.

Jackye si mosse sulla poltrona, lanciando un’occhiata a Mark Timmer, che stava addentando un panino piuttosto voluminoso.

“Fame, eh?” domandò il nero, mentre Mark si limitò a lanciargli un’occhiata indifferente.

 

“Non sono asteroidi, sono pezzi di astronave.” Confermò l’ultimo dei tre soldati.

“Ma non hanno nulla a che fare con l’ammiraglia, sono tutte navette di piccole dimensioni, più qualche incrociatore.” terminò.

“E cos’altro ti dice il tuo computer, Epson?” chiese Jackye.

Epson rimase chino sul portatile, facendo segni sullo schermo olografico e pigiando sporadicamente sulla tastiera. Era un bel ragazzo, giovane, biondo, con capelli fluenti lungo le spalle ora legati in una coda di cavallo. Ed era una delle menti più geniali del Comando. Per non parlare delle sue capacità tattico-militari. Il soldato e l’uomo perfetto, secondo alcuni. Non rispose subito, lasciò gli altri in attesa per qualche altro istante: “Alcune sono navette Exy, la maggioranza invece erano della repubblica. E’ roba vecchia, una ventina d’anni.”

“E come mai non è registrata sulla mappa?” chiese il Co-Pilota, che si era interessato alla cosa.

“Probabilmente è una delle battaglie che la Repubblica ha voluto nascondere, hanno perso infatti... un attimo, dall’altro lato del campo di detriti c’è un oggetto di grandi dimensioni. Forse una stazione spaziale. E... Bingo!! Attraccata c’è la nostra Salieri II!”

“Molto bene!” sentenziò Jackye.

Annuirono tutti, voltandosi verso Baker, il quale soddisfò il loro sguardo ordinando: “Aggiriamo il campo detriti, pilota. Ci porti all’Ammiraglia.”

 

 

 

“Qui Trasporto Militare RT0832, chiediamo permesso di attracco.” disse il pilota alla radio, senza troppa convinzione. “Dubito, in realtà, che avremo qualche risposta.” terminò rivolto a Baker.

La radio restò muta per qualche istante, poi si sentirono alcuni rumori.

“Che diavolo...?” commentò Jackye “Ehi, c’è qualcuno in ascolto?”

Ancora la comunicazione fu disturbata per alcuni interminabili secondi, poi una voce spezzò il silenzio: “...’nalmente cazzo, finalmente!! Non ci speravamo più! Siete tanti, spero!”

Vincent si avvicinò al microfono e attese qualche istante, soppesando al meglio le parole da dire: “Il mio nome è Vincent Baker, sono il Capitano della missione e ho con me uomini fidati. Con chi sto parlando?”

Alcuni secondi di silenzio. Cambio di voce: “Il mio nome è Simon McDavis, sono il Comandante della nave Ammiraglia U.R.E.W. Salieri II. Perdonate il mio subordinato eccessivamente emotivo. La situazione, Capitano, è invero difficile e senza dubbio complicata. Ho la vostra attenzione?”

Le parole erano giunte con innaturale flemma, scandite senza errori, senza sbavature.

“Sto ascoltando.” Confermò Vincent.

“Molto bene. Giovedì notte il soggetto 0, che stava venendo trasportato alla Stazione di Ricerca Spaziale Axam01, ha fatto breccia nella gabbia ove era rinchiuso e ha iniziato a vagare per la nave. Giunto in prossimità della zona motori, ha ucciso alcuni dei miei uomini mettendo poi in serio pericolo la nave tramite manovre incendiarie ai danni dei propulsori di coda. L’intervento militare immediato non è stato sufficiente per eliminare la minaccia: il soggetto 0 ha ucciso trentasei persone, di cui otto civili. L’equipaggio ha effettuato una spettacolare manovra di attracco alla base spaziale ormai in disuso che potete vedere, con i soli motori ausiliari funzionanti. Alcuni soldati sono riusciti a farsi inseguire dal soggetto 0 all’interno della base, mentre gli ufficiali e i civili a bordo si sono chiusi nei compartimenti stagni di prua. Domande, Capitano?”

“No.”

“I soldati nella base spaziale sono tutti morti. L’ultimo comunicato è quello che vi stiamo ritrasmettendo, ascoltatelo pure.”

Vincent annuì al Co-Pilota, che fece partire il nastro.

 

“FFzzz...”

“Sparagli cazzo, sparagli!!!”

Spari.

Rumori indefiniti

“Ci stanno facendo a pezzi!!”

Spari.

“Merda, Daniel!!”

Spari.

Risata profonda e rumori indefiniti.

Urlo straziante.

“La mia gamba!!!”

“Fottuto bastardo, muori!!!”

Spari.

Gemito.

Spari.

“Ritiriamoci, Daniel, cazzo! Ritiriamoci!”

Spari.

Esplosione.

Urla strazianti.

“Spara a quello, spara!!”
”Dietro quella porta!”

Spari.

Spari.

Urla.

Silenzio.

 

Nessuno parlò per un tempo indefinito e tutti scambiarono occhiate con tutti, tranne Vincent che lasciò vagare lo sguardo oltre il vetro della nave.

“...spara a quello? Ci stanno facendo a pezzi? Ma non era uno solo?” domandò infine Jackye, passandosi una mano sui fitti capelli ricci.

Mark annuì: “Già... sembra che ci siamo persi qualcosa...”

“... è la stessa cosa che ho pensato anche io.” commentò la voce oltre la radio. “Pare che ci sia un secondo soggetto pericoloso. O più.”

“Che si fa, Vins?” chiese Mark guardando Vincent, il quale alzò lo sguardo e con aria rassegnata annunciò: “Facciamo quello per cui siamo venuti. Comandante, prepari il portello d’attracco. Pilota, avviciniamoci lentamente.” Tacque solo per un istante, il tempo di raccogliere la sua arma da fuoco dal luogo in cui l’aveva appoggiata: “Epson, preparati a fare uno scan di tutta la struttura della Salieri II appena attraccati. Preparatevi, ragazzi.” le ultime parole furono pronunciate con estrema stanchezza.

“Wow! Erano già tre mesi che non rischiavo di morire, mi piace!” esultò Jackye al limite tra il serio e il faceto, mentre entrava nel comparto del Trasporto adibito a stiva, seguito da Epson. Mark si trattenne solo per un istante, il tempo di domandare: “Stai bene, Vins?”

 

 

CLICK.

Il computer che Epson teneva in mano ronzò felice.

“I motori sono operativi solo al 15%, gli scudi di poppa sono andati e quelli di prua funzionano per culo. Il sistema di diagnostica rileva breccie e danni al 71% della struttura interna dello scafo, più una breccia esterna a babordo: fortunatamente le porte stagne si sono chiuse e il danno è limitato al 7% della nave. Una percentuale, a dire il vero, perfino eccessiva per un Incrociatore di queste dimensioni.”

Epson lesse i dati con estrema naturalezza, quasi parte integrante della tecnologia che lo stava aiutando.

“Possiamo raggiungere il Ponte di Comando?” domandò Vincent, allargando le spalle e sgranchendosi i muscoli.

“Parrebbe di sì: sostanzialmente il danno è limitato ai due terzi di poppa della nave. Dovrebbe essere tutto a posto, qua.”

“Una bella fortuna!” convenì Jackye, lasciando che il suo fucile emettesse un suono sordo nel momento in cui lo rese operativo.

Anche Mark fece la stessa cosa, seguito da Vincent. Epson continuò a dialogare con il computer, ignorandoli.

Erano vestiti tutti allo stesso modo: tuta in nanotubi di carbonio, resistentissima e leggera, comprensiva d’elmetto a scomparsa; armamento d’ordinanza per le squadre speciali composto da due pistole a impulsi, di cui una non letale, fucile a impulsi con lanciagranate, tre granate di cui due deflagranti e una fumogena; coltello in nanotubi d’acciaio, praticamente indistruttibile.

Vincent si mise alla testa del gruppo, imbracciando il fucile.

“In allerta ragazzi, Superior potrebbe essere tornato sull’ammiraglia.” Proferì mentre pigiava un piccolo tasto sul colletto della tuta e questa si allungava verso il cranio, coprendo totalmente la nuca e la fronte.

Gli altri fecero la stessa cosa.

 

La porta si aprì scorrendo di lato in un sibilo leggero.

Jackye entrò, riparandosi a lato della medesima, seguito di Mark che fece la stessa cosa dalla parte opposta.

“Libera.”

Vincent entrò, seguito da Epson che aveva risposto il computer e l’aveva sostituito con il fucile a impulsi.

“Di là.” Proferì quest’ultimo, indicando con un cenno del capo una porta a tenuta stagna dall’altro lato della stanza che fino a pochi giorni prima era sicuramente adibita a sala mensa.

Tutto era intatto, da quando erano arrivati: nessun danno, nessun malfunzionamento. Sembrava che fossero sulla nave sbagliata. Anche se vuota, la sala mensa era integra e pulita: sedie rovesciate sui tavoli, tutto ordinato. L’unico sentore della minaccia erano le luce spente, sostituite dalle mezze luci arancioni di emergenza.

Baker aprì la strada fino alla porta, aggirando tavoli e sedie; arrivato vicino al pannello sfiorò per un paio di volte i tasti poi si rivolse a Epson: “E’ bloccata dall’altra parte, puoi inviare un messaggio o aprirla?”

Si trattava di una porta larga quattro metri e alta tre, con chiusura a iride, tenuta stagna; probabilmente in lega di titanio: quasi indistruttibile. Quasi.

“Mando una comunicazione al Comandante McDavis, ci aprirà lui.” decise, riponendo a tracolla il fucile e mettendo mano al computer.

Nell’attesa che seguì l’invio del messaggio, Jackye si avvicinò a Vincent: “Ehi capo, posso farti una domanda?”

“...Dimmi.”

“Ho sentito dire che sono otto anni che non impugni un fucile, e in effetti non ti ho mai visto al comando” rise “pensi di essere ancora in grado di sparare?”

Vincent lanciò un’occhiata alla sua arma, poi sorrise: “E’ come fare sesso, non puoi scordarti com’è...”

Mark s’intromise, ridacchiando: “Ma non era qualcosa tipo: è come andare in bicicletta, eccetera?”

“Sì, ma io non so andare in bicicletta...” convenne Vincent lasciandosi scappare un’altro sorriso “tu sei un vecchietto, ok, ma quando ero piccolo io già non se ne vedevano più!”

“Sarà, ma tu sei anche in astinenza da sesso, Vins!”

“Fanculo Mark!” terminò Vincent ridacchiando.

Mark e Jackye risero, e anche la porta espresse la propria felicità lasciandosi andare in un sibilo e aprendosi di fronte agli ospiti.

La serietà riprese subito il sopravvento, e il gruppo entrò con movimenti fluidi e quasi meccanici.

Si allontanarono nel corridoio che seguiva, sparendo nella penombra.

Mentre qualcosa si muoveva in fondo alla sala.

  
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