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Autore: Gweiddi at Ecate    11/08/2011    3 recensioni
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Sequel di "Sei come fumo negli occhi"
"Suo fratello camminava di fianco a lui, ansimando sempre di più ad ogni nuovo passo. Se non fosse stato per lui, Damon non si sarebbe nemmeno trovato in quel posto.
Sarebbe stato ovunque,
ovunque, ma non lì."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caroline Forbes, Damon Salvatore, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ha fatto la sua scelta'
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scritto per il TVG festival al prompt Caroline/Damon/Stefan - "We are all the same, human in all our ways and all of pain"

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Il corvo, l'uccellino e l'uomo in mare






Damon oltrepassò il cancello in ferro battuto senza davvero notarlo.
Lui e Stefan avevano guidato per tre giorni consecutivi senza mai fermarsi, e ora la gola gli bruciava e grattava anche al semplice respiro per la sete, la stanchezza e il dolore.
Suo fratello camminava di fianco a lui, ansimando sempre di più a ogni nuovo passo. Se non fosse stato per lui, Damon non si sarebbe nemmeno trovato in quel posto.
Sarebbe stato ovunque, ovunque, ma non lì.
Quando Jeremy, dopo anni di silenzio, aveva chiamato i due fratelli con voce arrochita e stanca, diametralmente opposta a quella morbida e sommessa che aveva avuto da ragazzo, il primo istinto di Damon era stato quello di prendere l’auto e abbandonare tutto, per riempirsi le orecchie dei rumori nevrotici della città, e cancellare la verità dalla testa.
Ma Stefan era crollato. Si era piegato su se stesso, e di fronte all’osceno tentativo che aveva fatto di trascinarsi in Virginia sui propri piedi, Damon aveva sentito l’istinto di protezione nei confronti di suo fratello prendere il sopravvento su quello di auto preservazione.
Trentanove anni prima Damon aveva raggiunto Stefan per mostrargli una foto e parlargli del figlio di Elena. Gli aveva detto che sarebbe rimasto per qualche giorno, e aveva finito per non andarsene più.
Aveva riprovato il divertimento infantile di infastidire Stefan per il puro gusto di farlo. Avevano giocato a football, avevano fatto a botte, una volta o due era persino riuscito a portarlo fuori a sbronzarsi. Damon si era sentito addirittura fiero di se stesso nel vedere come fosse riuscito a riportare la vita negli occhi di suo fratello, goccia dopo goccia.
Ora ogni suo sforzo sembrava essere stato vanificato, l’impegno messo per ridare il sorriso a Stefan e guadagnarne uno anche per sé era andato in malora insieme al senso stesso della vita.
Guardò suo fratello fare un passo più veloce, affrettarsi verso un generoso gruppo di persone vestite di nero. Stava per iniziare a correre quando Damon gli mise una mano sula spalla e lo fermò.
Stefan si voltò verso di lui, e il maggiore scosse la testa. Lui si irrigidì, ma accettò il gesto e continuò ad avvicinarsi lentamente, al passo con Damon.
Era da quando erano partiti che non parlavano.
Elena era morta. Non c’era più parola che valesse la pena d’esser spesa.
A Damon parve che il suo intero corpo trasmutasse in piombo, sempre più pesante e venefico ad ogni passo. Sentiva già il pastore recitare la commemorazione, odorava i profumi pesanti e floreali del nugolo di donne e i dopobarba mentolati degli uomini. Il viso di ogni individuo era contratto in una maschera di dolore.
Ovunque fosse andata, Elena era sempre stata incredibilmente amata.
Stentò a riconoscere il piccolo Chris nell’uomo sulla cinquantina che riceveva le condoglianze dei presenti, ma ciò che davvero lo scioccò fu vedere Jeremy.
Era vecchio.
Le spalle e la schiena incurvate dall’età, l’amabile vecchio sorriso sfrontato corrugato tra due labbra sottili e screpolate, contratte, strette tra loro mentre l’aria entrava spezzata nei polmoni rovinati dalle sigarette. Damon ricordava che Jeremy aveva ripreso a fumare dopo che Elena se n’era andata da Mystic Falls, ma credeva avrebbe anche avuto l’intelligenza di smettere di nuovo, ma quel vecchio teneva tra le dita una sigaretta dal fumo dolciastro pure in quel momento. Tossiva mentre aspirava fumo, ma non per questo smetteva. Tossiva e singhiozzava, imprecando ogni volta che girava il volto per non farsi notare mentre asciugava le lacrime.
Quello non era Jeremy, decise Damon. Non poteva esserlo.
Pensare che potesse davvero essere così faceva sentire vecchio anche Damon, improvvisamente consapevole del tempo che era trascorso. Del tempo in più. Tempo che lui non avrebbe nemmeno dovuto vivere, così come Stefan.
Girò pesantemente la testa di lato e lo vide.
Quello sguardo vuoto e disperato, perso, sul volto di Stefan, congestionato dal dolore della perdita. Capì che mentre una parte del cervello di suo fratello riusciva a metabolizzare solo Elena, l’altra stava seguendo i suoi stessi percorsi.
Troppo. Avevano vissuto troppo.
«Siete venuti.»
Una voce tremula, acuta e leggera come quella di un uccellino.
Caroline era di fronte a loro, e stringeva le braccia lungo i fianchi, troppo cresciuta per pensare di buttarsi su di loro e piangere fino allo stremo. Ma le lacrime scendevano ugualmente lungo le sue guance, macchiandole di rivoli di mascara, nero come i suoi vestiti. Aveva raccolto i capelli sopra la testa e truccato gli occhi pesantemente, forse sperando di non venire riconosciuta da lontano.
Tirò su con il naso e guardò Stefan, cercando un appiglio in lui.
Il vampiro annuì a fatica alla sua espressione smarrita, e allargò le braccia.
«Caroline.» la invitò.
Lei gli si gettò addosso, singhiozzando.
«Avevo paura che mi lasciaste da sola.» pianse «Se mi avvicinassi Nick e Chris mi riconoscerebbero, e non posso… non sanno… dimmi che non è vero.»
Caroline si lasciò abbracciare borbottando frasi sconnesse tra le lacrime, mentre Stefan le accarezzava il capo e sussurrava a voce così bassa che solo lei poteva sentirlo. Le lacrime presero a scendere in rivoli veloci anche sul viso del vampiro, che trovò in Caroline la forza di lasciarle scorrere.
Vedendoli sorreggersi l’uno all’altro, Damon si sentì improvvisamente solo e a disagio. Strinse i denti e guardò da un’altra parte, arretrando lentamente.
Desiderò andarsene, non essere mai stato là. Non era il suo posto, quello.
Aveva fatto anche troppo, decise. Aveva detto, fatto e visto troppo.
Stava per voltarsi quando Caroline lo chiamò. Sciogliendosi di poco dall’abbraccio di Stefan, la vampira alzò il viso e sbatté gli occhi gonfi e arrossati.
«Damon, per favore.» bisbigliò.
Qualcosa in quel tono di bisogno lo arpionò al petto.
Chiuse gli occhi, e quando li riaprì sentì qualcosa di caldo e bagnato scorrergli lungo le guance.
«Va bene.»




   
 
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