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Autore: ponlovegood    11/08/2011    3 recensioni
Raccolta di cinque storie, una per ognuno di loro.
«Certo che ci farebbe davvero comodo un altro musicista per la band» sospirò e lentamente iniziò a raccogliere le sue cose per poi rimetterle nella borsa.
«Ehi, solo perché sbavi dietro a quel tipo io non acconsentirò a fargli far parte della band. Poi un chitarrista c’è già» esclamò Ryo con convinzione.
«Uno, io non gli sbavo dietro e due, era solo un commento generale. So perfettamente che un altro chitarrista non serve» replicò l’altro un po’ stizzito.
«Ah ok, mi stavo già preoccupando»
La campanella suonò. Era ora di ritornare alla triste realtà scolastica.

[da cap. 1 Sveglia pt. 4]
«Il mese prossimo vado a trovare i miei. Voglio presentarti a loro»
Al suono di quelle parole mi andò di traverso il the che stavo bevendo; lui invece continuò a guardarmi con tutta tranquillità.
«C-che… che cosa?»

[da cap. 2 La porta di casa pt. 1]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Kai, Reita, Ruki, Uruha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La porta di casa

 

[pt. 1]

La pioggia batteva con insistenza sul parabrezza della macchina e i tergicristalli sembravano sul punto di lasciare per sempre questo mondo.

Dannazione a lui, è solo colpa sua. Lo ammazzo.

Stavo guidando da ore, ma fuori era talmente buio per via delle nuvole che avrei potuto girare in tondo all’infinito senza accorgermene. L’unica cosa che mi dava qualche vago indizio su dove fossi e quale direzione stessi percorrendo, era il navigatore satellitare. Tuttavia, mentre attraversavo la campagna poco fuori Toyokawa, quello aveva perso il segnale ed ero stato costretto a uscire dall’autostrada. Avevo dovuto chiedere indicazioni ad un contadino! Sconcertante, no?

Conclusione: quell’aggeggio era totalmente inutile e mi chiedevo cosa fosse passato per la testa di Yuu quando lo aveva comprato. Quel ragazzo si faceva condizionare eccessivamente dalla pubblicità; dovevo provvedere a far sparire il televisore o mi sarei ritrovato la casa invasa  da accessori per casalinghe e altri affari elettronici.

Inoltre, a causa di quella dannatissima pioggia, non avevo potuto prendere la moto. Avevo abbandonato la mia piccolina a prendere polvere nel garage, mi sentivo in colpa.

Oh~ era davvero frustrante dover stare rinchiuso nel minuscolo abitacolo della macchina con lo speaker del navigatore come unica compagnia.

Era necessario che mi sbarazzassi anche di quel coso come del televisore.

Pigiai nervosamente il piede sull’acceleratore e sentii le gomme stridere sull’asfalto bagnato mentre mi preparavo a superare il solito cretino con la Nissan San che andava a velocità di crociera.

Fuori non sembrava voler smettere di piovere e cominciavo a perdere la speranza di arrivare. Quando ero partito da Tokyo il tempo indicato era di cinque ore e mezza. Peccato che fossi in viaggio da sei ore e restavano ancora ben 176 km da percorrere. Poter vedere il cartello che indicava l’uscita per Tsu [1] pareva un miraggio.

 

-Vieni domani. Ti aspetto-

 

Un messaggio. Neanche si era degnato di chiamarmi. Tipico di lui.

Sbuffai e accelerai ancora gettando occhiate nervose all’orologio sul cruscotto.

Eravamo in piena Golden Week [2], come avrei potuto trovare un biglietto aereo o anche solo uno del treno in meno di ventiquattr’ore?

Infatti la mia ricerca era stata inutile, ecco perché ero stato costretto a prendere la macchina.

Era vero che da mesi programmavamo (o meglio: programmava) tutto, ma dirmelo solo un giorno prima  era stato un colpo davvero basso.

Stava forse cercando di farmela pagare per aver urtato la sua chitarra?

Molto probabile.

Ora c’era solo da sperare che ogni cosa andasse per il verso giusto, ma non riuscivo ad essere del tutto fiducioso. Quell’idea non mi convinceva molto, mi sembrava di prendere parte a un O-mai [3].

 

«Il mese prossimo vado a trovare i miei. Voglio presentarti a loro»

Al suono di quelle parole mi andò di traverso il the che stavo bevendo; lui invece continuò a guardarmi con tutta tranquillità.

«C-che… che cosa?»

 

Era iniziato tutto così e alla fine avevo acconsentito; non che avessi avuto altre alternative, comunque. Infondo dopo cinque anni dall’inizio della nostra relazione era anche giusto che…

No, no. Tutto quello non aveva alcun senso logico.

Sospirai e finalmente mi decisi a rallentare almeno un po’.

Come sarebbe potuto andare tutto a buon fine?

Non c’era alcuna speranza, no davvero.

A volte mi chiedevo che fine avesse fatto il me ragionevole, calmo e composto. Ah~ sarei tornato volentieri ai tempi del liceo, lì era tutto più semplice; non c’erano poi così tante preoccupazioni e nemmeno così tante responsabilità.

Però, dovevo ammettere, che era proprio lì, nella nostra scuola superiore, che avevo iniziato ad incasinarmi la vita. Alla fine, anche quella situazione era un po’ colpa mia. Infondo ero stato io quello che si era innamorato del suo senpai.

 

Presi posto nella fila di sedie dove vidi meno gente e tenni il capo chino. Perché i miei genitori non avevano acconsentito a farmi frequentare una scuola per corrispondenza?

Sarebbe stata la soluzione migliore. Non volevo stare lì, non volevo essere notato da nessuno.

Strinsi i pugni che tenevo appoggiati sulle ginocchia e desiderai scomparire in quell’istante. Se il mio cervello era tanto geniale perché non riusciva a trovare una soluzione per tutta quella situazione?

«Bel tentativo, ma non credo che tu possa realmente far finta di essere parte dell’arredamento. Si vede che respiri e le sedie non lo fanno. Poi io ti vedo perfettamente»

Fu una voce calma a parlare, ma per poco non cascai per terra dallo spavento. Pochi istanti dopo sentii il rumore di una sedia che strisciava di poco sul pavimento e di qualcuno che ci si sedeva sopra.

Tenere lo sguardo basso per un po’ funzionò, ma poi la curiosità iniziò a tormentarmi le viscere. Mossi appena un po’ la testa di lato, quel tanto che bastava per spiare il ragazzo che si era appena seduto al mio fianco. Cercavo di non farmi notare nascondendomi il volto con i capelli, ma non sapevo se stesse davvero funzionando.

Quando ebbi la certezza che non avrebbe più voltato il suo sguardo verso di me, cercai di osservarlo con attenzione. I suo capelli erano neri, nerissimi e ricadevano con ordine poco oltre le spalle. Sedeva con naturalezza sulla sedia scomoda e i suoi occhi erano concentrati sul palco vuoto. Ogni tanto si mordicchiava il labbro per noia o tamburellava con le dita sulla coscia.

La divisa era impeccabile e dava l’impressione di essere un bravo studente, ma c’era qualcosa nel suo atteggiamento che mi diceva il contrario.

In ogni caso era apparentemente perfetto, dai capelli ai vestiti. Provai un pizzico di invidia misto a un sentimento sconosciuto, qualcosa del quale non avevo mai letto in alcun libro.

Rimasi semplicemente a fissarlo per un po’, non curandomi della sala che si andava via via riempiendo. Spostai di poco lo sguardo, ma quel lieve movimento fu abbastanza per farmi incontrare i suoi occhi che avevano spesso di fissare il palco e ora guardavano me.

Boccheggia come un pesce, mentre la mia mente viaggiava alla velocità della luce alla ricerca di una soluzione minimamente accettabile.

Dire qualcosa. Sì, dovevo parlare; una frase qualsiasi sarebbe andata bene.

«Sono Takashima Kouyou, primo anno, molto piacere di conoscerti» parlai mangiandomi tutte le parole e mi inchinai nervosamente. Quando rialzai la testa lo vidi fissarmi un po’ sconcertato, ma poco a poco sul suo viso di dipinse un sorriso divertito.

«Shiroyama Yuu, terzo anno» disse lui puntando un dito verso di sé e tornando a sedersi con lo sguardo rivolto al palco, dove, nel frattempo, si erano radunati alcuni sensei.

Poi più nessuno parlò, ma mi sentivo molto meno nervoso. Forse quella scuola per corrispondenza non volevo più seguirla.

Immagino sia stato proprio quello il giorno durante il quale iniziai ad amarlo, anche se mi ci volle un po’ per farlo capire a me stesso.

 

Mi venne da sorridere ripensando a quel giorno. Possibile che fossi un tale imbranato?

O forse era solo colpa sua. Non era mai successo che perdessi la testa in quel modo per qualcuno; un qualcuno, poi, che sapeva essere un perfetto sbruffone, ma che, da bravo adulatore, si faceva sempre perdonare. Come il giorno del mio diploma; vuoi che non si presentò con un mazzo di fiori per chiedere scusa del litigio della sera prima?

Ecco, non sarebbe stato male essere accolto da altri fiori dopo il viaggio, ma dubitavo che Yuu avrebbe messo il suo bel sedere fuori casa con quella pioggia.

Sbuffai e lanciai un’occhiata al telefono poggiato sul cruscotto. Ero in ritardo e lui non si preoccupava per me? Che razza di ragazzo degenere mi ero trovato?

Ok, avrei potuto chiamare io, ma non lo facevo per una questione di principio. Era stato lui a venirsene fuori  con quella storia dell’incontro con i suoi genitori.

Tornai a puntare gli occhi sulla strada, ma questi venivano inesorabilmente attirati nuovamente verso il mio cellulare.

Possibile che non gliene importasse nulla?

Perfetto! Allora anche io me ne sarei infischiato.

 

Dopo  neanche cinque minuti, l’abitacolo della vettura si riempì della melodia di Rosier [4] e quasi sobbalzai dalla sorpresa.

Per afferrare il cellulare macò poco che sbandassi (questo non lo diremo a Yuu; la macchina era sua), ma, alla fine, quell’aggeggio squillante era tra le mia mani. Pigiai il tastino verde e sorrisi sornione al pensiero della voce preoccupata del moro che mi chiedeva dov’ero.

«Kou~!» esclamò la voce di Ryo che proveniva dalla cassa del telefono.

Che cosa?

«Ah, Ryokun… sei tu» sbuffai irritato.

Brutto cretino, menefreghista, allora è vero che non t’importa di me? Potrei essere morto, o peggio: essermi giocato tutti i nostri risparmi al Pachinko [5] e tu non te ne preoccupi?!

«Ehi, Kouyou, grazie per l’entusiamo»

«Scusa, Ryokun. Di cosa volevi parlarmi?»

Idiota, signore al-mondo-ci-sono-solo-io, insensibile…

«Ah sì… ecco, ci sarebbe una cosa che devi sapere… Ma niente di grave, eh!»

«Forza, spara»

Insensibile e anche cretino, ripeto.

 

[1] Capoluogo della prefettura di Mie, nel Kansai.

[2] E’ il più lungo periodo di vacanza dell'anno per molti lavoratori giapponesi, la Golden Week è un periodo molto indicato per i viaggi. Voli, treni e hotel sono spesso al completo, nonostante i prezzi rialzati per l'occasione.

[3] Incontro per un matrimonio organizzato.

[4] Canzone dei Luna Sea nonché suoneria di Uruha (o almeno così ha detto in un’intervista u_u)

[5] Il pachinko è praticato in sale simili a casinò, dove c'è un numero ristretto di macchine, che possono sembrare, a primo impatto, una fusione tra una slot machine e un flipper.

 

~

 

Buonaseraa~ *A*

E’ l’1.11 del mattino e finalmente ho finito il capitolo çOç *scende luce celeste e parte coro di angeli*

Allora, premetto che questa seconda storia doveva essere una oneshot, ma dopo i sei capitoli dell’altra, mi spiaceva farla così corta xD Perciò anche questa sarà divisa in parti u_ù

Nel caso non lo aveste capito –cosa assai probabile- il protagonista è il caro (mio adorato ♥) Uruha che deve raggiungere Aoi a casa dei genitori di quest’ultimo. Nella mia mente, come shot funzionava, ma in pratica faceva assai  schifuss così l’ho allungata.

Alla vicenda di Pon se ne intreccerà un’altra che verrà raccontata da tre punti di vista diversi, sperando che non diventi una palla cosmica LOL Però non voglio anticipare nulla, scoprirete tutto nel prossimo capitolo 8D

Non avrete capito nulla, immagino  u_u

Aloraaa~ in questa prima parte vediamo un Kouyou cresciuto e molto meno ‘dolce e tranquillo’ di come era al liceo, però non disperate èwé La sua dolcezza riemergerà *A*

Ok, sono più che convinta che questo sia il peggior commento di sempre LOLOL  *fugge*

*fa ritorno*

In questo capitolo mi sono scialata con le note xDD *tutto preso rigorosamente da Wikipedia*

Mi fanno sentire intelligente, concedetemele *^* *si autopatta*

 

Purtroppo nessuno ha indovinato che sarebbe stato il protagonista dei questa storia D:

Però avete indovinato quale sarà il tema per quella di Ruki u__ù Perciò, vi regalerò delle scatolette di tonno rio mare *A* *si sente generosa*

Tonno Rio mare… Rio… Ryo… Reita…

LOOOOL

E’ destino che quel ragazzo sia un tonno LOL

Ok, dopo questa battutaccia me ne vado davvero u_ù””

 

Vi ringrazio immensamente per essere ancora qui ♥

E scusate per questo commento terribile sconclusionato. Se avete dei dubbi chiedete xD

Spero che questa prima parte vi sia piaciuta, anche se così non fosse fatemelo sapere, per favore *^*

 

Grazie ancora ♥

 

Alla prossima,

pon.

 

PS (avviso: informazione totalmente inutile): dimenticavo di dirvi che la Nissan San (per intenderci è l’auto che Uruha supera) è una macchina terribile che va lentissima, u_ù *ha chiesto al fratello*

  
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