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Autore: GreenNightmare    11/08/2011    2 recensioni
La vita. I problemi. La rabbia.
Le feste. Le sbronze. Le fughe.
2011. Una nuova generazione di punk fiorisce al Gilman, piena di voglia di urlare, di pogare, di scandalizzare la società perbenista che li circonda e sembra volerli soffocare.
Loro sono Sallie, Joe e Larry. E poi Joey. E poi Ramona ed Estelle-Desirée, Max, Travis e Cole. I Green Day e gli Emily’s Army.
Questa è la storia raccontata in prima persona da lei, Sallie Sander, quindicenne punk che sfugge alle grinfie di una vita che teme e rincorre invece le sue chimere e la sua libertà. E poi, incappa nell’amore.
E poi fugge, inciampa, si rialza, va sempre avanti. Perché, come le hanno insegnato tre persone particolari,
non è finita finché non sei sottoterra.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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28 Febbraio, sera

 
Non voglio, non ho alcuna intenzione di sentirmi in colpa per quello che è successo ieri. Non è giusto. Non ho fatto niente di male. Se Jack e Joey si odiano sono affari loro. Ho scelto di cominciare a uscire con Jack proprio per togliermi dalla testa questa storia assurda di Joey. Perché con Joey rischierei di innamorarmi, mentre in Jack riesco a vedere solo un passatempo, un divertimento. Non m’importa niente di nessuno dei due. Eppure non riesco a togliermelo dalla testa. Era furioso. Lo odio. Lo amo. Non voglio rivederlo mai più. Lo odio, lo odio davvero. Non ha il diritto di farmi sentire così.
Messaggio. E’ Jack. Mi chiede di uscire tra poco. Ho intenzione di farlo, e vaffanculo Joey.
 
L’una del mattino
Sono appena tornata di soppiatto a casa, dopo aver passato tutta la serata con Jack, che è venuto a Rodeo per vedermi. Mi è venuto a prendere sotto casa alle otto. Mia madre non voleva lasciarmi uscire, e infatti sono praticamente fuggita sbattendomi la porta alle spalle mentre lei mi gridava che non voleva che frequentassi ‘depravati’, come definisce lei tutti i ragazzi con i capelli tinti e i piercing (Jack ne ha uno al sopracciglio e uno al labbro, come me). Lui mi ha sorriso vedendomi:
“Hai avuto dei problemi a uscire?”
“Niente di grave”
“Litighi spesso con tua madre?”
“Praticamente tutti i giorni. Non ci sopportiamo più.” Ho detto, stringendomi nelle spalle.
“Anche io e mia madre litigavamo sempre. Lei era ossessiva, quasi morbosa… E infatti, l’anno scorso me ne sono andato. Adesso vivo da solo con Rick e Tania.”
“Davvero?” ero stupefatta. “E come fate con i soldi e tutto il resto?”
“Beh, in realtà abitiamo in un appartamento abusivo e viviamo con quello che riusciamo a raccattare qua e là con i vari lavori di tutti, ma ci piace vivere così. Non siamo molto più poveri di prima.”
“Wow… Dev’essere proprio fantastico, vivere con i tuoi amici, senza genitori che ti controllano.”
 
Intanto eravamo arrivati a uno dei tanti pub di Rodeo. Ci siamo seduti e abbiamo ordinato due birre. Abbiamo parlato tutta la sera. Di tutto: di musica, di scuola, di tinture per capelli, di guai combinati, di sbronze, di feste. Andavamo d’accordo su tutto. In realtà era lui a darmi ragione qualunque cosa dicessi. La cosa ha iniziato a innervosirmi.
“Armstrong si è molto incazzato quando ci ha visti insieme?” mi ha chiesto a un tratto, di punto in bianco. Mi sono stretta nelle spalle.
“Non capisco cosa gli abbia preso.”
Ha fatto un sorrisetto.
“Magari gli piaci ed è geloso. Non ci sarebbe da stupirsi, sei molto carina…”
Sono arrossita, più per l’allusione alla gelosia di Joey che per il complimento.
“Non credo. E’ che Joey a volte non ragiona. Ed è testardo, molto più di quanto un normale essere umano possa ragionevolmente sopportare.” Mi sono accorta di una nota di malinconia della mia voce, e ho cambiato argomento.
 
Usciti dal pub siamo andati a fare un giro. Non che Rodeo fosse così grande da camminare a lungo, ma comunque. Dopo qualche minuto di silenzio, in uno dei tanti vicoli bui in cui stavamo girovagando, mi ha baciata. E mentre mi baciava contro quel muro crepato e io cercavo di fermare le sue mani che andavano ovunque, con la mente sono tornata a Joey, a quel pomeriggio di pioggia, al calore dell’autobus e del suo chiodo, alla sua mano tra i miei capelli, e mi sono maledetta tra me e me. Stavo baciando quel semi-sconosciuto in un vicoletto puzzolente di Rodeo proprio per scordare quel pomeriggio. Così ho ricambiato il bacio, stringendomi a lui, e ripetendomi mentalmente che era quello che volevo. Ed è così. E’ quello che voglio: scordarmi di Joey e di tutta questa storia, e non innamorarmi mai, per nessun  motivo al mondo.


 

29 Febbraio

 
E’ successo un casino. Cazzo.
Oggi non mi andava di starmene in classe. Non riuscivo a seguire, ero troppo persa nei miei pensieri senza un filo conduttore. Così ho chiesto di andare in bagno e lì mi sono accesa una sigaretta e mi sono messa a pensare ai fatti miei. Stavo fumando tranquillamente guardando distrattamente fuori dalla finestra quando è entrata in bagno Rebecca Howlen. Ti avevo già parlato di lei, ricordi? La stronzetta con cui ho fatto a botte il mese scorso. La tipica cheerleader bionda ossigenata che ti guarda dall’alto in basso. Mi ha fatto un sorrisetto affilato. Il suo occhio nero era del tutto sparito, e sono certa che è solo per questo che mi si è avvicinata.
 
“Sander, è vietato fumare nei locali della scuola. Ne sei consapevole?”
Le ho soffiato il fumo in faccia, sprezzante.
“E tu sei consapevole che di quello che dici tu non me ne frega un cazzo?”
“Potrei fare rapporto al preside se non ti comporti bene”
“Fa’ rapporto a chi ti pare, stronza, basta che mi stai alla larga.”
Stavolta non ha osato minacciare di picchiarmi, ma con un altro sorriso maligno si è allontanata. Io ho rimosso immediatamente il pensiero di lei dalla testa. Ero agitata per l’appuntamento con Jack. Finchè, a un tratto, la voce perentoria del preside non è rimbombata nelle pareti della scuola attraverso gli altoparlanti.
 
“Sallie Jane Sander è pregata di recarsi immediatamente in presidenza, grazie.”
Ho spento la sigaretta contro il muro maledicendo Rebecca Howlen e la sua lingua lunga buona solo a baciare chiunque porti i pantaloni. Farsi beccare dal preside a fumare nei bagni non è poi così grave, ma basta a farti beccare tre pomeriggi consecutivi in detenzione. Una bella scocciatura.
 
Mi sono diretta svogliatamente dal preside, sono entrata senza neanche bussare mormorando un “ ‘giorno” e mi sono lasciata cadere sulla solita sedia a braccia incrociate. Il preside non aveva la solita aria bonacciona, anzi sembrava piuttosto adirato.
“Sander, lo sai che con te ho portato sempre pazienza. Data la tua situazione famigliare ho  cercato di essere comprensivo. Lo sai. Le risse, le rispostacce ai professori, i votacci, le assenze ingiustificate, per non parlare di quella volta che hai scalato il tetto dell’edificio con il signor Marshall, e in tutto hai ricevuto solo qualche pomeriggio di detenzione e una sospensione. Chiunque altro, lo sai, avrebbe avuto punizioni molto più consistenti. Ma con te sono stato paziente, confidando che sei una ragazza intelligente e che le tue erano solo sbruffonate, che era il solo modo di sfogare tutta la rabbia che sono sicuro provi. Ma ora sono giunto al limite. Non ho più intenzione di portare pazienza.” Mi ha guardato minaccioso mentre io ricambiavo lo sguardo, sbigottita. Com’era possibile tutto quel sermone per una semplice sigaretta? Ha sospirato profondamente e ha ripreso il discorso.
“Io non tollero che tu manchi di rispetto a questo modo alle regole non solo della tua scuola ma della società in cui vivi, ma prima di tutto a te stessa in questo modo. Soprattutto non tollero che della droga venga introdotta in questo istituto e che i miei alunni ne facciano uso.”
L’ho guardato allibita. Droga? Ma di che andava farneticando?
“Rebecca Howlen mi ha riferito di averti vista mentre fumavi uno spinello in bagno. Ora, tu sai che la droga qui è severamente proibita…”
L’ho interrotto, furiosa e stupefatta.
“Era solo una sigaretta! Non si trattava che di una banalissima sigaretta!”
Il preside mi ha guardato con aria grave.
“Vorrei poterti credere, Sander, ma visti i tuoi precedenti…”
“Visti i miei precedenti non vorrà credere alla verità ma alle balle riferite da una stronzetta qualunque. Ho capito.”
“Sander, io non posso certo ignorare tutto quello che hai combinato qui a scuola e non solo. Mi è giunta voce che esci con persone poco raccomandabili. Quei Green Day e i loro figli…”
“Cosa c’entra adesso qui la mia vita privata? Lei non può giudicare quello che faccio e con chi quando non sono qui!”
“Ma so che molto spesso, quando eri assente qui, eri in compagnia di queste persone. E io mi sento in dovere di avvertirti, Sallie, che quella è gente depravata, drogata, che insegna valori sbagliati, e in quanto alla loro ‘musica’, se così possiamo chiamarla, è la lingua di Satana, che cerca di corrompere la tua giovane mente…”
LA LINGUA DI SATANA?” ho sbottato irata. “MA DOVE VIVE, NEL MEDIOEVO?!
“Non si tratta di vivere o no nel Medioevo, si tratta di educare i giovani con valori sani e forti.”
“Valori ‘sani e forti’? Ma per favore. Lei è solo un altro di quei patetici conservatori che guardano solo ai propri pregiudizi perché hanno troppa paura di conoscere la verità.” Ho sputato, furiosa.
“Signorina Sander, non ti permetto di parlarmi in questo tono!”
“Allora giudichi quello che le spetta di giudicare e non si permetta più di intromettersi nei miei affari privati!”
“Giusto. Torniamo al nocciolo della questione. Come già ti ho accennato, non posso ignorare i tuoi precedenti e nemmeno le voci che girano sul tuo conto.” Volevo interromperlo di nuovo, furiosa, ma ha alzato una mano per fermarmi. “Lasciami finire. Io non accetto della droga nella mia scuola. E’ una cosa che non riesco a tollerare. Sei espulsa.”
Sono rimasta impietrita sulla sedia.
“Cosa?”
“Non mi lasci altra scelta.”
“Non era uno spinello, cazzo! Era solo una fottutissima sigaretta!!!”
“Dammi una ragione per cui dovrei credere a te, che hai una condotta pessima, dei voti molto bassi e per più frequenti persone che, lo sanno tutti, fanno uso regolare di droghe, invece che a Rebecca Howlen, la cui media e condotta sono sempre state impeccabili.”
“Perché è la verità!”
“Vorrei crederti, davvero.”
“E’ tutto quello che ha da dire? Ha intenzione di espellermi sulla sola base di un pettegolezzo? Mi va benissimo. Almeno ho capito che razza di scuola frequento. Sono felice che l’abbia fatto. Adesso potete andarvene tutti quanti all’inferno.”
Mi sono alzata e sono uscita sbattendomi la porta alle spalle, ho attraversato i corridoi e poi il cortile a passo di marcia e mi sono trovata per strada, a respirare l’aria pesante della periferia. Mi sembrava di avere un macigno nello stomaco.

Espulsa. Espulsa per una colpa che non ho commesso. Espulsa solo perché quella troietta di Rebecca Howlen aveva voluto vendicarsi per il pugno in faccia. Che diavolo avrei detto a mia madre? Sapevo che non mi avrebbe mai creduto.
Espulsa.
Ho preso a vagabondare per Rodeo, furiosa e frustrata. Perché deve essere sempre così? Perché devo essere sempre additata e trattata come una pazza emarginata furiosa solo perché non sono uguale a tutti gli altri, perché io non mi sono fatta fregare da questa società? Come fa Joe a sopportarlo? Come fanno Billie Joe, Mike e Trè?
Avevo bisogno di parlare con Billie Joe. Stavo troppo male. Mi sentivo uno schifo, mi sentivo in colpa per non essere uguale a tutti gli altri. Lui era l’unico che potesse capire. Ho spento il cellulare perché sicuramente di lì a cinque minuti sarebbero iniziate le chiamate da parte di mia madre, e non ero dell’umore giusto per litigare con lei, e sono salita sul primo autobus per Berkeley. Arrivata davanti alla villetta di Billie Joe, ho suonato il campanello, ma non rispondeva nessuno. Qualcuno doveva pur essere in casa. Joey e Jakob erano sicuramente a scuola, ma Billie e Adrienne dovevano esserci! Mi sono attaccata al campanello, spazientita.
Un minuto dopo la porta si è aperta e mi sono trovata davanti la faccia incazzata di Joey.
Ci siamo guardati per qualche secondo, entrambi sbalorditi, poi ci siamo detti in coro:
“Che cazzo ci fai tu qui?”
Dopodiché Joey, con un ultimo sguardo disgustato nella mia direzione, mi ha chiuso la porta in faccia. Dopo circa cinque secondi di dolorosa lotta interiore, mi sono riattaccata al campanello. Quando Joey ha riaperto la porta, sembrava più furioso che mai.
“Che diavolo vuoi? Non dovresti essere a scuola?”
“Sono stata espulsa.”
“Buon per te.”
“E tu? Non dovresti esserci anche tu?”
“Quello che faccio non ti riguarda. Allora, si può sapere che cazzo ci fai qui?”
“Volevo parlare con Billie Joe.”
Il suo sguardo si è affilato.
“Beh, mi dispiace, ma Billie Joe non è in casa. Arrivederci.”
Ha fatto per chiudere la porta, ma io l’ho bloccato.
“Si può sapere perché diavolo fai così?!” ho gridato, esasperata. “Cosa ti ho fatto?!”
“Se non ti ricordi abbiamo litigato. Ciao, Sallie.” E ha chiuso la porta. Sono rimasta lì impalata per circa cinque minuti. Poi, dopo aver mormorato un ‘vaffanculo’, me ne sono andata. Non avevo la minima intenzione di tornare a casa finchè tutte le acque non si fossero calmate, così ho deciso di andare da Mike.
 
Lui ha ascoltato la mia storia, titubante, almeno finchè non sono arrivata alla parte dell’espulsione. Allora si è alzato in piedi e ha cominciato a gridare.
“Ma io non posso crederci! E’ uno scandalo, cazzo! Vecchio stronzo di merda!”
Girava in tondo per il salotto alzando le braccia coperte di tatuaggi e facendo gestacci al nulla.
“Sono senza parole. E quell’altra troietta. Una tua parola e ti trovo qualcuno che le disfi quella faccia da angioletto del cazzo che ha.”
“Non ce n’è bisogno, Mike” ho risposto lugubre. “Se mai qualcuno le disferà la faccia, spero di essere io…”
Si è riseduto accanto a me sul divano.
“Cazzo. Cazzo. Cazzo. Senti, capisco che adesso tua madre ti darà addosso, quindi io e Britt ti ospiteremo per tutto il tempo che ritieni necessario. Ma prima o poi dovrai parlare con lei.”
“Lo farò quando le sarà sbollita la rabbia. Grazie, Mike.”
“Non devi ringraziarmi, figurati.”
 
Quindi ora sono a casa Prithard con Mike, Britt, Estelle Desirée e gli altri suoi due figli, Brixton (di tre anni) e Ryan Rubi Mae, di appena qualche mese. Quindi questa casa è un bel casino, ma mi piace. Ryan piange a qualunque ora del giorno e della notte, Brixton grida e salta in giro per casa con i suoi giocattoli, ed Estelle è in continuo litigio con suo padre. In mezzo a tutto questo rumore mi viene difficile pensare troppo, e questo è un bene.
 

Sallie 

  
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