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Autore: Naketsu90    11/08/2011    3 recensioni
Un destino non chiaro e verità nascoste, un viaggio difficile per tutti coloro che tentano di scoprire la luce tra le tenebre. Guerre passate e future s'intrecceranno per la sopravvivenza del mondo...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Il tradimento del bene


Il vento trasporta l’odore dei pini e l‘ululato di un branco di lupi che sta cacciando, la notte è serena anche se, apparentemente, senza luna, la montagna viene continuamente investita da una brezza gelida che trasporta delle nuvole appena distinguibili dal manto del cielo notturno;al di sotto di tutto questo il monte Azarof, coperto da una lussureggiante foresta, sembra dormire e nei villaggi sulle sue pendici regna silenzio e quiete, in tutti tranne uno.

Questo villaggio è situato molto vicino alla vetta del monte, porta il nome di Lacrima di Sorgente;è formato da case in legno, distribuite in modo circolare intorno ad una piazza, dove al centro c’è l’unico edificio in pietra del villaggio, che è inoltre molto più grande di tutti gli altri .

La pietra grigia delle mura rende visibili i vari piani del palazzo, la porta di legno pregiato è decorata con borchie e intarsi che raffigurano degli angeli.

Tutto sembra normale ma alcuni cani abbaiano dalle abitazioni, infatti nelle vie di questo villaggio una figura corre barcollando tra le case appoggiandosi al legno,questo individuo è avvolto in un mantello nero, si ferma spesso e si guarda intorno girando la testa freneticamente;procede verso la piazza con passo malfermo e tremante, da un ultima occhiata nei dintorni e non vedendo nessuno corse verso l’edificio in pietra.

Arrivato al portone bussa ripetutamente dicendo con voce femminile:

Sono Tamade ho bisogno di aiuto!-

Dopo alcuni minuti una voce bonaria dall’interno rispose alla richiesta d’aiuto mentre la porta si apriva:

Entra e non aver paura Tamade, nel tempio sei al sicuro. -

L’interno dell’ingresso è illuminato da una torcia, poi prosegue in un salone che si divide in tre corridoi che terminano con una rampa di scale di legno consumato dai passi.

Il monaco è vestito con una tunica bianca e deve avere circa una trentina d’anni, ha il volto coperto da una folta barba e gli occhi bruni tranquillissimi hanno come il potere di trasmettere serenità.

Il monaco la guarda attentamente e domanda con tono stupito:

  • Perché sei qui ? -

  • E a notte inoltrata per giunta .-

Tamade si scopri il volto madido di sudore rispondendo:

-Ho le doglie , sto per partorire .

-Perché non mi hai mandato la tua domestica? sarei venuto subito. – dice il monaco

-Perché la mia casa è stata messa a soqquadro da alcuni orchi, la mia domestica è morta per salvarmi la vita , mi stanno cercando aiutami. –

Supplica Tamade sempre più affaticata.

Il monaco la guarda con aria cupa mentre la sorregge fino al piano superiore; appena finite le scale sulla destra, c’è una porta di legno con intagliato sopra la scritta “infermeria”.

Il monaco la prende in braccio poiché la donna non si regge più in piedi e la trasporta nella stanza.

L’infermeria uno stanzone con circa nove letti in tutto, ha un odore sgradevole che aleggia nell’aria un misto tra sangue ed alcol, in fondo alla stanza c’è un altra rampa di scale.

Il monaco si avvicina alla scala e comincia a salire con la donna un po’ pericolante fra le braccia.

La scala conduce ad una porta che il monaco apre con il gomito, la porta cigola mentre si apre e mostra una stanza non molto grande con un letto al centro e su entrambi i lati due scaffali pieni di bende, erbe essiccate,ampolle con un liquido azzurrino e altre piene di animali sotto alcol sono attaccati ai muri mentre su un tavolo con ruote sono appoggiati un dozzina di coltelli di varie forme e dimensioni, il tutto illuminato da una grossa lampada ad olio

Appena entrati nella stanza Tamade perde il controllo e si lascia scappare un lamento, un grido potentissimo con una voce e un suono sconosciuto alla razza umana, l’urlo fu così forte che il monaco cadde a terra tramortito dall’ urto.

Il monaco si rialza guardando Tamade scioccato, poi esclama impaurito :

-Tu non sei un essere umano!-lei rispose dolorante –

-No ma aiutami ti prego hai capito cosa sono,adesso corri a chiamare il Gran Sacerdote questo dolore è insopportabile sbrigati.

A quelle parole il monaco uscì dalla stanza di corsa lasciando Tamade nella stanza da sola.

La creatura si sdraiò sul letto e cedendo definitivamente al dolore, gridò a pieni polmoni, un grido inumano e talmente potente da poter essere udito da leghe di distanza.





Un grido nella notte irrompe nel timpano di un orco che esclama:

Deve essere lei.

L’abbiamo trovata non può sfuggirci – grugnisce un altro, la banda di orchi comincia a urlare a impugnare le armi e a fare confusione nell’euforia della caccia.

Silenzio!- sbraitò una strana figura in ombra con voce maligna, tutti e otto gli orchi ammutolirono, la figura si fece avanti esclamando:

Sappiamo dov’è ma potrebbe essere troppo tardi, vi ricordo che se non avrò quello che voglio, vi staccherò la testa a mani nude ,la darò in pasto a chi voi sapete e vi farò divorare l’anima da un Lord Dell’abisso!-

Il terrore si instaurò nello sguardo dei subalterni che rimasero impietriti come per un incantesimo e vedendo che non si muovevano la figura tuonò:

Muovetevi ammasso di carne da macello!-

Gli orchi terrorizzati cominciarono a correre verso il villaggio, le urla diventavano più forti ad ogni passo.

Queste creature sono vestite con pelli di lupo lacere e putrefatte, hanno la pelle molto scura, tratti animaleschi, sono armati con spade ed asce arrugginite ma affilati come gli artigli di un leone.

Corrono per le strade e i viottoli di Lacrima di Sorgente, corrono verso il centro della città, che ormai si sta svegliando per le grida di Tamade, sono arrivati alla piazza, uccidono chiunque gli si pari davanti uomini, donne, non risparmiano neanche i bambini distruggono qualunque cosa li separi dal tempio e dalla loro preda.


Le urla sono sempre più frequenti, Tamade distesa sul letto è sofferente, nella stanza l’aria è pesante, del sangue comincia a macchiare il letto e delle urla umane arrivano dall’esterno.

La porta in legno si apre, il monaco entra nella stanza con il fiatone e dice ansimante:

-Veneranda creatura, gli orchi hanno sentito le tue urla e sono arrivati nella piazza; stanno uccidendo chiunque gli si opponga ma i monaci guerrieri stanno uscendo per affrontarli.

Quanti sono?- domanda Tamade con aria spaventata- nove- risponde il monaco ancora affaticato.

-Non è possibile a casa mia erano solo otto!- esclama Tamade con il terrore negli occhi blu notte; ma una voce profonda e autoritaria rispose da dietro la porta –hai ragione, gli orchi sono in otto, il nono è un demone, un avversario che non riusciremo a respingere temo. -

Dalla porta entra un uomo che avanza zoppicante; è anziano, i capelli argentei si confondono con la barba che finisce alla cintola; è magrolino e piegato dagli anni, le braccia una volta forti e robuste si aggrappano a un bastone alto e decorato con ali d’angelo attorno al simbolo della sua divinità.

Il Gran Sacerdote si avvicina osservando Tamade e domanda:

-Cosa cercano gli orchi e il demone da un angelo? Perché ti stanno braccando? – Tamade allora risponde con grande fatica:

- Mio figlio non è come me, non è completamente della mia razza. -

Il Gran Sacerdote la guarda cupamente ed esclama:

-Efiol! Prepara acqua calda e pozioni, non possiamo trasportarla sarà un parto difficile, se la parte umana del bambino cede, morirà.

Tamade lo interruppe bruscamente :

- Il padre non è umano!- il silenzio scese nella stanza e prima che il gran sacerdote parlasse Tamade continuò-si chiama Nemesi ma è conosciuto come la Spada Infernale.

Udendo il nome del padre del bambino il Gran Sacerdote si rabbuiò e parlò così a bassa voce che quasi non si udirono le parole:

- Una leggenda narra che angeli e demoni una volta fossero uniti, un’unica specie i Corniger, erano talmente forti da competere con le divinità stesse, si dice che un’arma bagnata dal sangue di un Corniger fosse in grado di uccidere le Divinità, alcuni Corniger si infliggevano delle ferite per attaccare il Parco degli Dei; gli Dei si sentirono minacciati, cercavano di distruggerli ma non ci riuscirono, l’unica cosa che ottennero furono due razze inferiori che si divisero dai Corniger, gli angeli e i demoni. Le Divinità misero le due nuove razze l’una contro l’altra affinché i Corniger non tornassero mai più. Le cose che le divinità temevano erano le armi di orialco, un materiale magico più duro del diamante che solo i Corniger riuscivano a forgiare con le fiamme dei draghi, loro inseparabili alleati, che ormai sono sottomessi agli Dei.

- Fino ad ora- disse Tamade alla fine del racconto, il Grande Sacerdote divenne ancora più cupo e domandò furibondo:

-Che cosa cerca quel demone allora? Tu o tuo figlio?-

Tamade gridò di dolore e il monaco le porse una coppa con del liquido; Tamade bevve avidamente e si abbandonò alle cure del monaco che dopo averle tolto il mantello rivelò la tunica azzurra insanguinata al livello dell’inguine, sotto la porta si sentivano urla di dolore, terrore, lamenti indistinti tipici di una battaglia al suo culmine.


Gli orchi continuavano ad avanzare facendosi strada tra la folla a suon di fendenti quando ad un tratto, le porte del tempio si aprirono, una ventina di monaci guerrieri uscì caricando gli orchi frontalmente, i monaci erano armati di mazze o spade con scudi di quercia rinforzate con strisce di ferro chiodate con rostri acuminati; sulle loro leggere armature a piastre di rame c’è inciso un angelo, con le ali spiegate, una spada nella mano destra e nella sinistra una mazza da guerra. I cittadini in fuga, si diressero verso il tempio in cerca di salvezza e mentre i monaci guerrieri uscivano esultavano credendo di essere al sicuro. L’ impatto tra i monaci e gli orchi fu violento ma i venti monaci non travolsero gli avversari nonostante la superiorità numerica, infatti un raggio purpureo colpì il terreno sotto i loro piedi e un’esplosione frenò la carica, buttando i loro primi ranghi a terra.

Gli orchi non persero tempo, travolsero i monaci come una tempesta travolge un arbusto, le spade s’incrociarono con le asce, urla e grugniti disumani si levarono dalle labbra dei feriti, due orchi caddero dopo poco con le asce lorde del sangue di alcuni nemici; i monaci tentarono di rimettersi in formazione senza riuscirvi, il tutto divenne una mischia indefinita, un orco mulino l’ascia sopra la testa e menò un fendente alle spalle di un monaco che cadde al suolo con un rantolo sommesso, altri tre orchi caddero con la testa sfondata dalle mazze avversarie che li avevano colti alla sprovvista.

Il terreno era cosparso di cadaveri quando anche gli altri tre orchi caddero i sei monaci sopravvissuti allo scontro accerchiarono il demone; lui per niente intimorito estrasse una piccola bacchetta che cominciò a brillare e ad ingrandirsi, fino a diventare grande come un bastone da viaggio.

Il demone afferrò il bastone ad un’estremità, mentre dall’altra comparvero due lame di fuoco nero.

I monaci vedendo l’ascia di fuoco nero si scagliarono contro il nemico e contro la rovina poiché le loro vite si spensero un istante dopo l’attacco.

Il demone si tolse il mantello rivelando la sua vera forma, il suo corpo ricoperto di squame di serpente e protetto da una cotta di maglia fiammeggiante; sulle spalle si spiegarono due ali mostruose da pipistrello e una coda da rettile con un rostro a forma di uncino che frusta l’aria.

La creatura si avvicina al tempio, arrivato al portone ne afferra le maniglie e comincia a tirare finché i cardini non si staccarono dal muro, il portone volò dietro il demone che lo scaraventò al suolo con un rovinoso boato.

I monaci dietro l’entrata sradicata dal demone scoccarono e un nugolo frecce si conficcò nella corazza e nelle ali del demone.

Il demone impugnò l’ascia a due mani, le frecce conficcate nel suo corpo presero fuoco e la carne dilaniata si rimarginò.

Un grido al terzo piano interruppe la carica del demone che disse: - sono ancora in tempo ma vi conviene spostarvi o mi sazierò con le vostre anime! .-



“Efiol come sta?” – Domandò il Gran Sacerdote.

Il monaco si voltò e disse: - sta perdendo molto sangue ma credo che sopravvivera .-

Il Gran Sacerdote allora disse con voce oscura: - allontanati da lei e passami quel coltello .-

Efiol sentendo la voce del Gran Sacerdote si girò ancora chiedendo: - cosa vuole fare maestro?-

Il Gran Sacerdote si avvicinò a Efiol e disse in tono grave: - non posso permettere che un corniger viva, potrebbe distruggere il parco degli dei e le divinità, a quel punto, si scatenerebbero guerre e caos per la supremazia sul continente della luce .-

Efiol si ritrasse ed esclamò: - tu vuoi assassinare un neonato con pochi attimi di vita –

-No!-Il Gran Sacerdote assunse un aria rassegnata ed esclamò: -non mi macchierò con il sangue di un innocente ma niente mi vieta di non farlo nascere; sua madre ha procreato con un demone, la legge vieta ogni contatto sociale con loro, lei merita la morte.

Il Gran Sacerdote si mosse velocemente, colpì Efiol di sorpresa, che cadde a terra immobile con la testa sanguinante.

Quando Efiol si risvegliò era ormai giorno, Tamade era distesa sul pavimento con il coltello conficcato in gola, le ali piumate erano uscite dalla schiena di Tamade ma erano diventate rosse, segno inconfondibile che l’angelo era morto.

Efiol si alzò barcollante, cominciò a massaggiarsi la testa dove il bastone del Gran Sacerdote l’aveva colpito e si avvicinò al cadavere di Tamade; prese il corpo senza vita e se lo caricò sulla schiena per dargli una degna sepoltura.

La stanza era completamente sottosopra, il letto era ribaltato su un fianco, molte bottigliette si erano rovesciate e avevano inzuppato il pavimento di legno, un odore di carne bruciata riempiva l’atmosfera fosca e cupa; la giornata doveva essere nebbiosa e non permetteva niente di buono.

Efiol aprì la porta con un calcio e si sistemò meglio Tamade sulle spalle.

Le scale erano praticamente dei carboni ardenti, stavano continuando a consumarsi e a fumare come se l’incendio si fosse appena estinto.

Cominciò a scendere e arrivato al secondo piano, dove prima c’erano dei letti, trovò alcuni bracieri ancora accesi che lambivano le pareti come delle bestie che cercano di nuotare contro corrente.

Efiol percorse la stanza annerita dal fuoco, continuò a scendere le scale evitando i cadaveri carbonizzati e coperti dal metallo liquefatto che un tempo erano le loro armature; arrivato dove una volta c’era il portone, si guardò intorno e cominciò a piangere.

Il cielo era sereno, il sole alto, la foschia che ammorbava l’aria non era nebbia bensì fumo e cenere che erano delle rovine carbonizzate di tutta Lacrima di Sorgente.

Efiol cadde in ginocchio e depose il corpo di Tamate a terra.

Nel momento in cui il corpo di Tamate fu a terra, Efiol si mosse con uno spasmo di rabbia.

Sconvolto dal dolore e dalla disperazione, capì che tutto il tempo impiegato a diventare monaco, oltre che alchimista e chirurgo, era stato tutto inutile, si sentiva in colpa per aver servito una dinività che ha permesso l’omicidio di un angelo e la distruzione di un intero villaggio tra i più fiorenti di tutto il Monte Azarof.

Si alzò dopo un’ora, doveva essere mezzogiorno ma Efiol non era per niente affamato, il paese non aveva ancora smesso di bruciare completamente e le ceneri volavano nel vento come minuscole fate nere.

Efiol alzò gli occhi al cielo, le lacrime gli scorrevano lungo il viso; era coperto di fuliggine, la testa gli doleva e adesso cominciava a fargli male anche la spalla destra.

Rimase davanti al corpo di Tamade tutto il pomeriggio, pregando che la sua anima potesse trovare la pace eterna.

Stavano giungendo le tenebre, i fuochi residui erano ormai morenti, il villaggio, o quello che rimaneva, era coperto da un tramonto splendido; il sole si nascondeva dietro la catena montuosa degli Areb, le nuvole erano dorate ma quello spettacolo non fece altro che alimentare la sua rabbia e il suo bisogno di vendetta.

Dopo il rito di veglia che secondo gli angeli aiuta l’anima del defunto ad arrivare nell’aldilà, Efiol cominciò a scavare una tomba, per seppellirvi Tamade, con un badile improvvisato da un pezzo di porta e un asse rotta a metà.

Dopo parecchie badilate si fermò sfinito e affamato ma comunque soddisfatto del lavoro; erano ormai scese le tenebre ed Efiol sapeva di dover trovare un posto sicuro per la notte visto che il tempio poteva crollare da un momento all’altro.

Si mise a cercare nel villaggio, dopo aver messo Tamade nella fossa, ed entrò in un edificio oltrepassando il corridoio nero e pieno di cenere, colmo di cadaveri bruciati o sanguinanti; i visi erano delle maschere di terrore e i loro corpi erano la prova che avevano ragione ad avere paura.

Nelle cucine, al contrario di come sperava Efiol, non c’era rimasto nulla di commestibile, infatti il fuoco aveva guastato tutto.

Sul tavolo vide una spada arrugginita, annerita e probabilmente neanche affilata ma oltre al badile improvvisato, era forse l’unica arma utilizzabile nei paraggi.

Mentre stava tornando alla fossa, Efiol sentì degli ululati e trasalì.

Gli ululati erano molto vicini sicuramente nelle rovine villaggio.

Efiol capì di dover trovare un nascondiglio sicuro all’istante, era stato talmente preso dalla rabbia che non aveva pensato a cercare un riparo sicuro per la notte, a questo punto l’unica cosa che poteva fare era nascondersi, in un primo momento fu quello che fece ma non pensiero folgorò la sua mente.

Colto dalla fame non aveva ricoperto il cadavere di Tamade quindi pensò: -i lupi potrebbero avere già trovato la fossa, devo recuperare il corpo di Tamade.

Efiol corse verso la piazza, prese la spada arrivando davanti alla fossa, vide che il cadavere era li dove lo aveva lasciato ma c’era qualcosa di strano.

Prima che potesse afferrare il corpo, un ringhiare ferale alle sue spalle gli fece gelare il sangue nelle vene, non appena si voltò un rivolo di sudore gli colò lungo la tempia sinistra.

C’era un grosso lupo davanti a lui con le zanne digrignate e gocciolanti di bava, cominciò ad abbaiare ed altri cinque lupi dai manti grigi-neri, denti gialli e lingue rosee che penzolavano dalla fame lo circondarono e si ritrovò senza possibilità di fuga.

I loro latrati diventarono sempre più minacciosi; la luna nascente si rifletteva nei loro occhi dando l’impressione della gelida crudeltà.

Efiol cominciò a tremate, sapeva di essere ancora vivo solo per la spada che impugna, allora decise di tirare qualche fendente per allontanarli ottenendo però il risultato opposto; i lupi si avvicinarono ulteriormente mostrando le zanne e schioccando le mascelle.

Successe qualcosa di inaspettato.

Uno strano rumore distrasse i lupi che iniziarono a guardarsi intorno in modo furioso; il rumore stava diventando sempre più intenso: -sembra il pianto di un neonato ma radicalmente diverso e attenuato come se arrivasse da dentro qualcosa. – pensò Efiol.

Si girò e vide il ventre di Tamade agitarsi sotto le vesti commettendo l’errore di distrarsi per troppo tempo.

Un lupo gli si avventò contro tentando di azzannarlo al braccio, caddero entrambi accanto alla tomba, cadde con il lupo sopra mentre cercava di morderlo; improvvisamente la bestia si fermò come terrorizzata, si sentiva un intenso odore di sangue e per un lungo istante Efiol credette di essere ferito ma si accorse che il lupo non aveva nemmeno sfiorato la carne.

Il lupo fuggì come impazzito verso la foresta, pochi secondi dopo anche gli altri lo imitarono, sembravano terrorizzati ed Efiol era in preda al panico, guardò il corpo Tamade e quello che vide fu l’evento che avrebbe cambiato per sempre il destino dell’universo.

Il ventre di Tamade era squarciato.

Il neonato, collegato per il cordone ombelicale, era accoccolato sul petto della madre ed aveva smesso di piangere mentre guardava Efiol insistentemente.

Efiol notò che era molto simile ad un essere umano, le uniche differenze erano le iridi rosso fuoco; la cosa che lo stupì fu il fatto che non aveva le ali.

Il neonato stringeva qualcosa tre le mani, Efiol si avvicinò lentamente e recise il cordone ombelicale che si rimarginò all’istante.

Il bambino era sano e sicuramente sarebbe sopravvissuto: - mi prenderò cura io di te- disse Efiol coprendolo con il suo mantello e prendendo il ciondolo di Tamade che il bambino stringeva tra le mani. Era un cuore con un’ala d’angelo e l’altra di demone.


  
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