“Buongiorno a
tutti” dico con un sorriso tirato entrando in
ufficio. Volti inespressivi mi fissano, altri mi ignorano. Annie mi fa
un
timido sorriso, a cui rispondo grata. Mi porge lo Starbucks.
“Cos’è?” le chiedo. Vedo il
dubbio incrinare il suo sorriso.
“Cappuccino extralarge con schiuma e vaniglia” mi
dice, ora visibilmente
angosciata. Le sorrido di nuovo.
“Oggi non mi va, grazie. Ma mi sembra di ricordare che la
vaniglia ti piaccia,
bevilo tu”. Mi volto verso il mio staff e vedo volti attoniti
che mi guardano.
“Sono stata una stronza” dico, attirando
l’attenzione di tutti “e me ne rendo
conto solo ora. Non so bene quando, ma ad un certo punto ho perso il
contatto
con la mia vita. Vivevo solo per lavorare, e non m’importava
nient’altro. Ho
fatto tanti errori… troppi. E ora sto provando a rimediare.
So che per voi non
sarà facile perdonarmi all’improvviso,
specialmente visto come mi sono
comportata con voi, ma vi chiedo… di provarci”. Un
sorriso timido mi nasce
spontaneo. Da dietro di me, Annie inizia a battere piano le mani i
segno di
incoraggiamento, seguita pian piano dallo staff al completo. Inizio a
ridere,
ma qualcosa dentro di me si spezza.
Non so perché, ma quell’applauso mi fa pensare che
sono ancora una stronza.
Almeno per una persona. Questo pensiero mi colpisce in pieno petto.
Mi volto verso Annie, so di sembrare nel panico più
completo. Lo sono.
Lei mi guarda allarmata.
“Tutto bene?” mi chiede.
“No. Cioè sì, ma no, e… devo
scappare. Occupati tu dell’ufficio per oggi” le
grido mentre sparisco di nuovo nell’ascensore.
Quando arrivo a casa ho il
fiatone.
Lui non c’è.
Mi lascio scivolare di fianco alla porta, le gambe strette al petto e
un dolore
lancinante il gola. Cerco di respirare. Aspetto. E aspetto.
Stringo ancora più forte le gambe a me, sperando che il
groviglio doloroso che
ho nel petto si sciolga.
Tutto inutile.
Immagini di lui mi attraversano la mente. Immagini di noi, insieme.
Quanto sono stata stupida. Lo amavo. Lo amo. E l’ho dato per
scontato per così
tanto tempo che forse non merito neanche più un briciolo di
amore.
Di certo non del suo.
L’ascensore che si apre mi riporta alla realtà. E
lui appare.
Lo sguardo perso, triste, la camicia spiegazzata e le occhiaie
profonde. Lui,
che è sempre così perfetto. Appena mi vede si
blocca, stupito, e la rabbia
inizia a farsi strada nei suoi occhi. Assieme al dolore.
“Sono una stronza” dico tutto d’un fiato,
mentre una lacrima scende dispettosa
dai miei occhi. La asciugo in fretta. Non ora. Respira,
mi dico. Lui mi guarda in silenzio.
“Hai… hai ragione, sono una stronza egoista ed
egocentrica. Ma non sono sempre
stata così, lo sai. Ti ricordi com’ero prima? Il
mio lavoro non era il centro
di tutto. Era… beh, in effetti eri tu. E io non so cosa
dire, non so neppure
come scusarmi, quali parole usare. Perché non ci sono
giustificazioni per
quella sera. Né… né per gli ultimi
anni. Ti prego, ti prego, scusami, io…” la
voce mi si blocca in gola.
Sembra riprendere il controllo di se stesso. Con calma apre la porta e
mi fa entrare
in casa. Tira fuori dal freezer una bottiglia di vodka e un bicchiere
ghiacciato.
Poi mi guarda.
“Sì” dice, la voce fredda quasi quando
quel liquido trasparente “sei una
stronza egoista ed egocentrica”. Tutta questa sicurezza, la
sua tranquillità,
sono solo una facciata. Dentro brucia di rabbia. Ed è solo
colpa mia. Crollo
per terra, non riuscendo più a controllare il pianto.
Lui non si muove.
Non so dire quanto tempo passi.
Quando finalmente mi calmo, lo guardo. Lo trovo nella stessa posizione
in cui
l’ho lasciato prima, lo sguardo rivolto verso la bottiglia
ancora chiusa. Mi
accorgo che ha gli occhi lucidi. Mi alzo e cerco di abbracciarlo, ma mi
sposta
con un gesto secco
“Non… è… così
semplice” dice a fatica, la voce rotta dal pianto e gli occhi
lucidi.
Oh mio Dio. Io.
Io ho fatto questo.
Sono la persona più terribile del mondo.
“Non puoi venire qui, dire che sei una stronza e pretendere
che tutto torni
come prima, cazzo” mormora. “Io… io
non… amore, non volevo, io… non so cosa
dire” provo a dirgli quello che sento, ma le parole mi
tradiscono e la gola si
chiude. Cado per terra mentre riprendo a piangere, e lui si siede di
fianco me.
Mi abbraccia mentre le lacrime escono da sole, e appoggia le sue labbra
sulla
mia fronte.
Dio, quanto lo amo. Con calma riprendo finalmente il controllo di me
stessa. Lo
guardo. Ogni dettaglio del suo viso, tutto quello che mi era sfuggito
mentre lo
davo per scontato. La sua bocca, così morbida e perfetta.
Gli occhi. Quegli
occhi così scuri, che al sole diventano color cioccolato, e
che mentre facciamo
l’amore sono neri come la notte. Mi è mancato, e
solo ora mi rendo conto di
quanto.
“Scusa” dico non riuscendo a trattenere i
singhiozzi.
Sospira, passandosi le mani fra i capelli. Mi guarda.
“Non è così semplice. Mi hai fatto
male, mi hai deluso, mi hai tradito, ti sei
dimenticata di me. Era come se per te non esistessi. Ma non
è sempre stato
così, tu non sei sempre stata così. Ci provo, ti
prometto che ci proverò a
perdonarti. A dimenticare tutto questo. Ma non ti posso assicurare
niente. Però
piccola” mi dice “non rifarlo più. Ti
prego, ti prego, non rifarlo mai più”.
Una lacrima si fa strada sul suo volto, ma sono più veloce
di lui ad
asciugarla.
“Mai” mormoro, sfiorandogli le labbra con un bacio.
“Grazie” sussurro.
Non so se mi ha perdonata davvero, non so se l'ha fatto ora o se ci
vorrà del tempo perchè questa ferita si rimargini
ma l'unica cosa di cui mi importa siamo noi, qui, adesso. Le
nostre bocche sembrano fondersi, e pian piano il nostro bacio pretende
sempre di più.
Mi trovo a slacciare la sua camicia con foga, sento le sue mani che
litigano
con i miei jeans. In un attimo siamo nudi sul pavimento, allacciati in
un bacio
senza fine. Le sue mani lasciano scie bollenti sul mio corpo, e quando
sfiora
il mio piacere penso che potrei impazzire. Ribalto le posizioni e mi
trovo
sopra di lui.
Adesso si ragiona, penso mentre
sento
la sua stretta forte e calda sui miei fianchi.
“Ti amo” gli dico di getto. Mi guarda, pensieroso.
Per un attimo temo che
voglia alzarsi. Poi mi sorride.
“Era un sacco che non me lo dicevi” ride
“ti amo da impazzire, amore mio. Non
so cosa potrei essere senza di te”. Mi bacia. Poi ancora,
ancora e ancora. Ci
rotoliamo, stretti l’uno all’altro. E facciamo
l’amore. Per terra, sul tavolo,
sul tappeto. Nella vasca da bagno. E poi di nuovo sul tappeto.
Beh, avevamo degli arretrati.
Eccoci
qua, l'ultimo capitolo della mia prima storia... mi sento un po' strana
:-) mi sono divertita a scrivere questa storia che, diciamolo, ad un
certo punto ha iniziato ad impossessarsi della mia mente fino a che non
l'ho messa per iscritto :-) e spero che vi siate divertite nello stesso
modo a leggerla!
Un grazie infinito va a come sempre a Felle e a Reaver, assidue
lettrici e commentatrici che mi hanno fatto tanto arrossire con i loro
complimenti *.*
Grazie con tutto il cuore <3 e, come sempre, spero che questo
capitolo non vi deluda :-)
Un bacio e buone vacanze a tutti!
Fede <3