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Autore: Evilcassy    12/08/2011    2 recensioni
I look inside myself and see my heart is black
I see my red door, I must have it painted black
Maybe then I'll fade away and not have to face the facts
It's not easy facin' up when your whole world is black

#5:Anna Williams - -Una come Te .
“La vuoi rubare!” Lo strillo di Alisa era così acuto che Anna fu costretta a scattare e bloccarla fisicamente, una mano sulla bocca. “Che ti frulla in quell’ammasso di chip, emerita stupida? Ora tornatene in camera tua e lasciami andare, tornerò in mattinata, non preoccuparti. A piedi il tuo padrone non ci rimane.”
“Non è il mio padrone” protestò l’androide. “E chi mi assicura che tu non mi stia imbrogliando?”
“Ma fottiti.”
“Non mi fido di te. Non mi sono mai fidata e non comprendo come Lee possa fidarsi di una come te.”
Le mani di Anna Williams furono percorse da un fremito. Inpirò profondamente, prima di recuperare la sua solita faccia di bronzo e appoggiarsi alla Ferrari, le curve del suo corpo bene in vista. “Honey” ridacchiò “Conosco trucchetti che i tuoi circuiti vergini non possono neppure immaginare. E ti posso garantire che se tu fossi capace di fare un quarto delle magie celtiche di Anna Williams, il tuo Lars non starebbe così tanto in giro con l’esercito….”

FanFiction Partecipante al Challenge indetto da ValyChan sul Forum di EFP.
Genere: Dark, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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HEADING BLACK.

 

Tekken Challenge -Set NERO.

UNA COME TE – (Mistrust) - 

               L'uomo può credere all'impossibile, non crederà mai all'improbabile.                (Oscar Wilde)                                                                                                                                                             Anna Williams

 

Al buio i suoi pensieri diventavano più tangibili, le sue idee sembravano più realizzabili.

Poteva essere un problema, data la tipologia di idee che solitamente le balzavano in testa.

L’ultima genialata in ordine cronologico l’aveva presa una notte di primavera, sola a finirsi un pacchetto intero di sigarette, sulla terrazza di un hotel di Tokyo.

Impulsiva, dopo aver schiacciato il mozzicone della diciannovesima sigaretta della sera, era uscita e si era presentata alla G Corporation, chiedendo di parlare con il suo vecchio amico Kazuya Mishima, per proporsi come guardia del corpo.

Probabilmente, se avesse atteso l’alba, un paio d’ore dopo, la luce avrebbe cancellato quell’idea stupida dalla sua testolina castana e confusa.

Non era mai riuscito ad impedirselo: stare da sola la faceva pensare, e lei di pensare sensatamente non ne era evidentemente capace.

Il sospiro nel sonno di Lee che dormiva al suo fianco, pacifico come sempre dopo un party ben riuscito, la distrasse un secondo: Alla luce della radiosveglia, che segnava le quattro di notte, intravedeva appena il suo petto nudo che si alzava con il respiro.

Serata grandiosa, quella appena conclusa. Sontuoso party nella villa a sud di Osaka di Lee, con ospiti Vips ed ex combattenti dei vari tornei.

Ottima compagnia, ottimo buffett, ottimi cocktails, seguiti da un’ottima notte di passione nell’alcova con Anna.

Così doveva essere la vita.: Il più piacevole possibile. La guerra era finita, gli eroi avevano vinto, e i vinti stavano per essere puniti.

Ma poi Anna aveva sbirciato le ultime notizie dal suo iPhone, per trovarsi a leggere sul touch screen, la frase: “NINA WILLIAMS: Respinta la richiesta di grazia. Esecuzione fissata per domani.”

Non riusciva a prendere sonno. Avrebbe dovuto essere stanca morta per la serata appena trascorsa, appagata dall’amplesso che aveva appena avuto con Lee e anche abbastanza brilla. Avrebbe dovuto crollare sui cuscini di quel lussuoso letto, ed invece si ritrovava a pensare. Con la mente stranamente lucida nonostante tutto l’alcool ingerito, ma senza riuscire a spiegarsi perché.

Meglio prendere una boccata d’aria. Un giro a piedi nel parco della tenuta. Silenziosa, scivolò fuori dalle lenzuola di seta – Lee non si svegliò -  e si infilò la prima cosa che le capitò a tiro aprendo la cabina armadio, senza accendere la luce ma facendosi luce con il cellulare.

Un leggero e corto abito blu scuro. Inciampò in un paio di decolté nere, che decise di prendere in mano per infilarsele fuori dalla stanza, insieme alla pochette che aveva utilizzato durante la serata, con le sigarette dentro.

Lasciò in punta di piedi la stanza, scendendo al piano di sotto, per poi infilarsi le scarpe ed uscire da una delle porte finestre che davano sul parco, avvolta dalla luce della luna piena.  Si accese una sigaretta, fissando il nulla, e dopo una boccata di fumo riuscì a formulare il primo pensiero concreto della serata:

Ed ora?

Ed immediatamente, un altro pensiero, apparentemente senza legame alucno con quello precedente affiorò:

La 599 GTB Fiorano. E’ la più veloce.

Tokyo era a quattro ore d’auto dalla villa. Con la 599, ben guidata, si poteva raggiungere in due ore.

La sigaretta venne lasciata cadere a terra, mentre Anna Williams girava i tacchi e tornava all’interno della villa, in direzione del mini laboratorio della villa: C’era una cosa che Lee conservava gelosamente, e che aveva portato da Tokyo per mostrarla, in via del tutto riservata, ad un paio di suoi ospiti interessati ad acquistarla.

 

“1-6 -4-1-5” batté sulla tastiera numerica dell’armadietto porta chiavi del garage. Questo si aprì.

“Cosa stai facendo?” Anna trasalì, voltandosi di scatto. Davanti a sé si ritrovò il volto leggermente accigliato di quella che soleva chiamare ‘Il piccolo Robot di Casa’, ovvero Alisa.

“Gli affari miei.” Rispose asciutta. “Tornatene nella tua stanza, sciò.”

L’androide sembrò scosso da un fremito offeso. “Non hai l’autorizzazione per darmi ordini.”

“E se vuoi che non chieda a Lee di darmela in maniera ufficiale, vattene.”

Gli occhi verdi dell’androide scansionarono le chiavi che aveva in mano. “Perché hai in mano le chiavi della Ferrari 599 GTB Fiorano? Non è la tua auto. Lee ti ha regalato la Bentley Continental Supersport!” protestò.

“SSSTTTT! Taci cretina! Se voglio uscire con la Ferrari avrò le mie ragioni.”

“La vuoi rubare!” Lo strillo di Alisa era così acuto che Anna fu costretta a scattare e bloccarla fisicamente, una mano sulla bocca. “Che ti frulla in quell’ammasso di chip, emerita stupida? Ora tornatene in camera tua e lasciami andare, tornerò in mattinata, non preoccuparti. A piedi il tuo padrone non ci rimane.”

“Non è il mio padrone” protestò l’androide. “E chi mi assicura che tu non mi stia imbrogliando?”

“Ma fottiti.”

“Non mi fido di te. Non mi sono mai fidata e non comprendo come Lee possa fidarsi di una come te.”

Le mani di Anna Williams furono percorse da un fremito. Inpirò profondamente, prima di recuperare la sua solita faccia di bronzo e appoggiarsi alla Ferrari, le curve del suo corpo bene in vista. “Honey ridacchiò “Conosco trucchetti che i tuoi circuiti vergini non possono neppure immaginare. E ti posso garantire che se tu fossi capace di fare un quarto delle magie celtiche di Anna Williams, il tuo Lars non starebbe così tanto in giro con l’esercito….”

Se avesse potuto avvampare, l’androide l’avrebbe fatto. Tutto ciò che poté fare era irrigidirsi come un baccalà e sgranare il più possibile gli occhi color smeraldo: non si capiva se fosse più offesa o più imbarazzata, o tutte  e due le cose contemporaneamente.

Anna Williams approfittò del suo spiazzamento per saltare nella Ferrari ed inserire la chiave nel vano accensione. L’auto non diede segno di volersi mettere in moto. “Che cazzo…?”

Alisa si avvicinò lentamente al finestrino del passeggero, aperto. “Comando vocale.” Spiegò semplicemente, appoggiandosi con i gomiti.

“Ah. Giusto. Ok. AUTO, ACCENDITI.”

“... settato sull’impronta vocale di Lee Chaolan.” Un mezzo sorrisetto le stendeva le labbra dell’androide. Anna non l’aveva mai trovata così diabolicamente simile ad una donna. “Voce che io so imitare alla perfezione.”

La donna le scoccò un’occhiata esasperata: “Che aspettavi a dirmelo, puttanella robotica?”

“Non me l’avevi chiesto…” sembrava si stesse sforzando di trovare un epiteto abbastanza volgare da comparare con quello che le era appena stato rivolto. “Troione irlandese.” Disse infine, con una nota di soddisfazione.

Anna la fissò un attimo. Era indecisa se ammirarla o picchiarla. “Sali in macchina, stronzetta. Potresti addirittura essermi utile.”

 

“Quindi, dove si va?” cinguettò allegramente Alisa, mezz’ora dopo, mentre percorrevano a tutta velocità l’autostrada semideserta.

“E stattene un po’ zitta. Sto cercando di pensare.”

“Non è per la mia curiostà. E’ per impostare il GPS. Se mi dici l’esatta via, troverò la strada più breve per…

“Un momento: TU hai un GPS incorporato? E che aspettavi a dirmelo?

Alisa scrollò le spalle. “Non me l’avevi ancora chiesto.”

Ad Anna Williams scappò un basso ringhio minaccioso.

“Trovami in un negozio di travestimenti. Ben fornito.”

uhn?”

“Non discutere.”

 

A metà mattinata due figure femminili, infagottate in abiti monacali neri e bianchi, scesero da un taxi a pochi passi dall’entrata principale del Carcere di Massima Sicurezza di Tokyo. La più giovane, quella con l’abito ancora da novizia, pagò l’autista e ringraziò con accento straniero, abbozzando un lieve inchino.

La sua superiore dagli spessi occhiali neri, le fece cenno di seguirla, ed entrambe si incamminarono a passo svelto verso la portineria.

 

“Avanti” accordò il Comandante Dragunov, seduto all’interno del suo ufficio carcerario. Sperava fosse il soldato a cui aveva ordinato di portargli un caffè. Aveva appena passato una notte insonne e necessitava di quel caffè più dell’aria.

Purtroppo per lui, la guardia che varcò la porta ed espresse il saluto militare non era quella a cui aveva richiesto il caffè. “Comandante… ci sarebbero visite per la Williams.”

“Ancora quei dannati pacifisti? Ma non lavorano, loro? Digli che Nina Williams non vuole vedere nessuno”

“Veramente, Comandante…” Il soldato gettò un’occhiata nervosa verso il corridoio. “Si tratterebbe di due suore. Ecco loro sono… Vengono dall’Istituto irlandese in cui le sorelle Williams hanno studiato e sono qui per… beh… ecco… sono certe che la prigioniera abbia… come dire… da raccomandare l’anima prima di… prima di stasera, ecco.”

Se si fosse parlato di qualsiasi altra persona, Dragunov ne era certo, sarebbe scoppiato a ridere. Rimase invece basito, trattenendo un foglio a mezz’aria, inconsapevolmente immaginandosi Nina Williams vestire i succinti panni di una studentessa di un Istituto Cattolico.

Fantascienza.

Però era irlandese. Quindi probabile.

“Falle entrare nel mio ufficio.”

 

“Il mio nome è Suor Maria Caterina, dell’Istituto di Saint John di Dublino, dove entrambe le sorelle Williams hanno studiato in gioventù.” Spiegò con voce pacata la suora seduta davanti a lui. “Siamo qui per conto della nostra Madre Superiora, Suor Maria Grazia, emerita preside del nostro amato Istituto. Per quanto il Signore assista quotidianamente la Superiora, essa è ahinoi troppo anziana per un viaggio così lungo, ma ci teneva ugualmente che dessimo un ultimo conforto all’anima della povera…

Dragunov la studiò: Due azzurri occhi acquosi dietro ad un sgraziato e spesso paio di occhiali. Folte sopracciglia scure, un neo gigantesco su una guancia e la peluria sul labbro superiore. Si ricordò perché non era un cristiano praticante. Però forse, con una sistematina, Suor Maria Caterina sarebbe anche potuta essere passabile. 

Il suo accento, poi, non tradiva affatto la sua provenienza: uguale a quello che a volte scappava anche a Nina.

Più piacevole d’aspetto era la novizia seduta al suo fianco, tale Maria Virginia, anche se teneva gli occhi fissi a terra e pareva enormemente a disagio.

“Non mi risulta che la Williams sia molto devota.”

Suor Maria Caterina scosse debolmente la testa. “Suor Maria Grazia ne è consapevole. Ma ciononostante aveva un grande desiderio di dare la possibilità ad una peccatrice di redimersi, prima di ritrovarsi davanti a Nostro Signore e…

Dragunov annuì piano. “Se avete fatto tutta questa strada per un tentativo, deve essere molto importante per voi.”

“Estremamente importante.” Annuì Suor Maria Caterina, aggiustandosi gli occhiali per poi passarsi una mano sul rosario appeso alla cintura. “il potere della preghiera può….”

“Va bene, va bene! ” Si alzò, interrompendola. “Seguitemi.” Le due suore gli rivolsero uno sguardo grato e si alzarono, seguendolo leggere attraverso i corridoi bui del carcere. 

 

Dragunov congedò la guardia personale di Nina Williams, facendo poi cenno alle suore di entrare. Suor Maria Caterina scivolò impazientemente nel corridoio della prigione di Nina, mentre l’altra rimase indietro. “La confessione è strettamente personale, un momento di intima comunione con la redenzione… io sono solo una novizia, non posso assistervi.” Spiegò, restando in piedi di fianco alla porta, gli occhi sempre piantati a terra.

“Oh.” Commentò Dragunov. Non ci aveva pensato. “E devo restare fuori anche io?” La novizia annuì timidamente. Il Comandante annunciò alla Suora che sarebbe stato nei paraggi, nel caso avesse avuto bisogno.  Detto ciò, chiuse la porta ed andò in guardiola. Avrebbe controllato tramite la videosorveglianza.

 

Nina…

A sentirsi chiamare, Nina Williams si voltò di scatto, restando coricata sulla branda. Scrutò la suora occhialuta davanti alle sbarre della prigione, strizzando gli occhi per cercare di capire chi fosse. La suora si tolse gli occhiali, abbozzando un mezzo sorriso.

Si alzò lentamente e raggiunse le sbarre, ad un palmo di naso da lei.  “Giuro che questa è l’ultima cosa che avrei pensato di vedere in vita mia…” mormorò, riconoscendola. “Non credevo ci fossi rimasta così male per la morte di Kazuya…

Idiota…” sussurrò l’altra, infilandosi nuovamente gli occhiali. “E’ un travestimento.”

“Sospettavo: neppure con tutte le buone intenzioni del mondo saresti riuscita a farti prendere da un ordine religioso. Sei qui per provare a schernirmi dietro una parvenza di confessione?”

“Sono venuta qui ad offrirti una cosa.” Frugò in una tasca e ne estrasse un rosario, che le porse attraverso le sbarre. Nina Williams lo prese con la punta delle dita, fissandolo sospettosa. Poi la sorella slacciò quello che aveva alla cintura e si mise a tastarne i grani, come se stesse pregrando. “La croce si apre e dentro vi è un minuscolo dispositivo laser.” Spiegò, congiungendo le mani davanti al volto e mettendosi in posizione di preghiera. Nina la fissò un attimo, prima di fare lo stesso.

Chi le osservava dalla telecamera di sorveglianza poteva avere davvero l’illusione che la suora stesse somministrando gli ultimi conforti religiosi alla condannata.

“Il laser, seppur minuscolo, può fondere e tagliare il ferro. Oltre che, ovviamente, far fuori qualcuno. E’ una minuscola e fantastica arma di nanotecnologia made in Violet System… sei pregata di restituirmela, dopo l’utilizzo. Non desidero che facciano ricadere la colpa della tua fuga su Lee e quindi su di me.”

“E chi mi dice che non sia una sonora fregatura?” mormorò la bionda, sgranando a sua volta il rosario e tastando la croce, notando che un lato della superficie di metallo si poteva davvero aprire.

“Ti conviene fidarti, stronzetta

“Di una come te? Dovrei essere proprio alla frutta per poter credere davvero ad una delle tue stronzate. E perché poi…?”

Gli occhi azzurri di Anna si ridussero a due fessure. “Perché ho giurato che sarei stata io ad ammazzarti, e non voglio che nessuno mi tolga questo enorme piacere.”

“Se la metti così, può avere un senso.” Nina Williams sorrise, dietro alle perle del rosario. “anche se mi disgusta doverti un favore.”

…basta che tu faccia in modo che nessuno arrivi a me, o a Lee. Sai, mi ha cavato fuori dai casini, dopo quella faccendaccia con Kazuya e la G. Corporation…” Agendo come una misericordiosa suora, Anna Williams passò la mano attraverso le sbarre e accarezzò il volto di Nina, che stette al gioco, fingendo commozione. “Tra quattro giorni ci incontreremo al porto di Shanghai. E li ci batteremo davvero… questa volta a terra non ci finirò io, cara.

La bionda sorrise, annuendo. “Ti darò maggiori istruzioni quando sarò fuori di qui.”

 

Pochi minuti dopo Suor Maria Caterina, visibilmente commossa e provata, uscì dalla porta che conduceva all’ala della prigione dedicata a Nina Williams. Sulla soglia la novizia l’accolse con uno sguardo accorato, mentre il Comandante sopraggiungeva per scortarle fuori.

“Le ho consegnato il rosario di Suor Maria Grazia… come da volontà della madre Superiora…” spiegò la suora. “Spero che questo non sia un problema…

Dragunov scosse la testa. Trovava davvero incredibile l’incontro a cui aveva assistito, e non se la sentiva di ritirare il rosario alla condannata. Ne era sembrata così sollevata da avercelo tra le mani. Mai e poi mai avrebbe pensato che Nina Williams potesse essere religiosa. Come cambiano le persone davanti alla morte…

Sarebbe stato attento che non lo potesse usare come arma, magari per strangolare qualcuno, e avrebbe potuto lasciarglielo fin sul patibolo.

E poi, dai, che sciocchezza… che male  poteva fare un rosario?

 

Accidenti… devo dire che sei stranamente convincente nei panni di una suora.”

“Non credevi, eh? Ho frequentato davvero un Istituto Cattolico, a Dublino. So come parlano e ragionano quelle rancide pinguine. Tu, piuttosto…

“Mentre raggiungevamo la prigione ho dato una sbirciatina a qualche video su youtube di film con suore… così, per prepararmi.” Spiegò Alisa con un sorrisetto complice. “Allora non odi così tanto tua sorella…

“La odio abbastanza da volerla uccidere con le mie mani. Un plotone di esecuzione non mi toglie la soddisfazione di vederla in un lago di sangue grazie a me.”

Alisa si lisciò l’abito da novizia. “Certo. Ovvio.” Mormorò, sarcastica.

 

Il tassita le lasciò davanti al garage in cui avevano nascosto la Ferrari.

Occhiali, sopracciglia, baffetti e neo finto caddero a terra insieme all’abito talare. Le decolté nere tornarono ai piedi di Anna, mentre anche Alisa si sbarazzava del travestimento ed apriva la Ferrari, estraendone una bottiglietta di liquido infiammabile con cui cosparse il garage.

Mentre la Ferrari 599 GTB Fiorano usciva, Anna Williams gettò la sigaretta a terra. Le fiamme cancellarono il loro passaggio.

 

“Non ci posso credere che siete partite alle quattro di notte solo per far shopping a Tokyo e siete tornate ora, alle 9 di sera!” esclamò Lee, vedendole tornare con la Ferrari carica di pacchi e bustine. “Questa non me la dai a bere!”

Anna, indossati i suoi nuovi occhiali da sole di Gucci, gli schioccò un bacio a stampo. “Honey, non guardare me… Alisa moriva dalla voglia di rifarsi il guardaroba!”

Alisa scese dalla macchina con la sua razione di pacchi e buste, sorridendo con aria colpevole.

…ma siete partite stamattina alle QUATTRO” L’uomo allargò le braccia, impotente. “Sei sconvolta, è chiaro.”

“Per cosa?” domandò, fingendo indifferenza, mentre apriva la scatola delle Manolo Blahnik e le provava ammirandosi davanti allo specchio dell’entrata. Un cameriere solerte le portò un bicchiere di cocktail, che lei sorseggiò con gusto.

“Anna, andiamo, smettila di recitare… in fondo è normale… per quanto anche io abbia odiato Kazuya, quando ho visto il cadavere sono rimasto quasi shockato… immagino tu per tua sorella e…

“Io non ho visto nessun cadavere, Darling.”

“Beh, certo… l’esecuzione ci sarà tra mezz’ora. Ma tu non la guarderai.

Darling, tu non sei nessuno per poter dar ordini ad Anna Williams.”

“E’ un consiglio, non un ordine. Anzi, sai che ti dico? Andiamo a mangiare Chez Maxim.”

“Non dormo da più di 24ore… ho la pelle poco riposata, Baby” Stropicciandosi gli occhi con aria melodrammatica, si lasciò cadere sul divano candido, accendendo la tv nonostante le proteste di Lee.

“BREAKING NEWS: Nina Williams evade dal carcere di sicurezza di Tokyo…

Lee Chaolan rimase a bocca aperta. Imitandolo temendo di essere scoperta, Alisa Boskonovitch finse sorpresa.

Dando le spalle ad entrambi, Anna Williams sorrise. “Darling, non credo sia sicuro per me restare in Giappone con quella pazza furiosa di mia sorella in circolazione… che ne dici se ce ne andiamo? Tipo… tipo a Shanghai?”

 

Non ci posso credere!!!!Ce l’ho fatta!!! Ho scritto di nuovo!!!

Santo potere delle Ferie!!!!!

Beh, e sono indietro come la coda del maiale a leggere e recensire le ff altrui… mi vergogno di me stessa!

Nel frattempo, DARLINGS, eccovi questa: non è granchè, ma è meglio di Fable. Forse.

Diciamo che ho perso un po’ il mio Tocco Magico  (Risate Generali, voce in fondo alla platea che urla “Quale Tocco Magico?)

Cercherò di rimettermi in carreggiata.

PS: per la citazione, giuro di non esserne riuscita a trovare una, nella mia memoria. Perciò mi sono affidata a Wikiquote e ho preso la prima cosa che mi piaceva. Oscar Wilde, as usual.

 

Un beso,

EC.

 

 

 

 

 

   
 
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