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Autore: Minawa Asuka    12/08/2011    3 recensioni
All'interno della Wammy's house la vita sembra rinchiusa in una bellissima sfera di cristallo. Tutto è apparentemente perfetto, ma tutto è solo un'illusione. La storia di tre ragazzi, Matt, Mello e Near. La storia di un'amicizia spezzata brutalmente da regole non scritte. L'inizio di una rivalità. Le parole mai dette di un amore. La lontananza e un amore non corrisposto. Una missione che deve essere portata a termine.
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Near, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Bugia- 

 

La Wammy’s house sembrava essere un luogo molto accogliente, nonostante il suo enigmatico recinto sembrava voler nascondere ciò che si trovava all’interno. L’edificio era costituito da un insolito assemblamento di tetti rossi, su uno dei quali sorgeva un piccolo campanile. In realtà, più che un orfanotrofio, quella struttura dalle finestre colorate sembrava assomigliare ad una chiesa. Si sentivano le grida allegre dei bambini, che portavano un po’ di gioia in quel giorno avvolto da un manto di nuvole scure.

-Ascolta, Mihael- disse Roger, -Da oggi in poi il tuo nome sarà Mello-

Il bambino alzò il viso verso l’uomo, mandando indietro le punte dei capelli biondi. Non gli chiese spiegazioni, ma i suoi occhi azzurri sembravano parlare per lui.

-Qui funziona in questo modo- si limitò a dire Roger e lo prese per mano, conducendolo all’interno del giardino dell’orfanotrofio.

Passarono giorni, mesi, anni.

Il giovane Mihael era diventato uno dei migliori studenti della Wammy’s house, ma non aveva mai fatto amicizia con nessuno. I suoi occhi azzurri si erano induriti col passare del tempo e incutevano timore ai suoi compagni, inoltre, la sua recente predilezione per gli abiti neri non lo faceva apparire un tipo molto socievole. Semplicemente, passava le sue giornate tra libri ed equazioni e, nelle rare volte in cui non studiava, rimaneva per ore a guardare fuori dalla finestra immerso nel buio della sua stanza. Dopo cinque anni di completa solitudine quegli atteggiamenti non risultavano essere così strani per lui. Ma Mihael, o meglio, Mello ancora non sapeva che qualcosa era destinato a cambiare.

In quella notte di luna piena non riusciva a prendere sonno, così scese dal letto, si vestì ed uscì a fare una passeggiata per i corridoi. Era bello quando non c’era nessuno intorno a lui, quando non doveva dimostrare di essere il migliore, quando era semplicemente l’orfano Mihael e non il valido studente Mello. Ma quella notte, come scoprì più tardi, non era solo. Udì un pianto sommesso provenire dall’estremità dello stretto corridoio che stava percorrendo e così decise di voler sapere perché qualcuno stava piangendo nel cuore della notte. Non che gliene importasse seriamente, ma il fatto di non sapere gli dava sui nervi. Ad ogni passo il lamento diventava più forte, fino a quando i suoi occhi di acqua cristallina scorsero la figura tremante di un bambino che sembrava essere suo coetaneo.

-Che hai da frignare tanto?- chiese sgarbatamente, con la sua solita maschera di indifferenza dipinta su quel viso da cucciolo spaventato. Il compagno sussultò e si voltò a guardarlo. Aveva gli occhi di un verde intenso, arrossati a causa del pianto violento, i capelli erano rosso rame ed erano ornati da un paio di occhiali dalle lenti arancioni portati sulla testa.

-Ho paura- rispose timorosamente il bambino. Mello sbuffò.

-Di cosa?-

-Della solitudine. I miei genitori sono morti un anno fa. Mi trovavo bene nell’orfanotrofio a cui era stato affidato, ma oggi mi hanno portato qui e…- si interruppe bruscamente e rincominciò a singhiozzare in silenzio. Mello lo osservò con una dolcezza che non aveva mai mostrato a nessun altro fino a quel momento e gli porse la mano, aiutandolo ad alzarsi.

-Anche io sono solo, ma non ho paura, perché so di poter contare su me stesso- disse con un tono di voce lievemente gentile e si sforzò di sorridere. In realtà, ogni dannata notte sentiva il terrore salire come un fantasma sul suo letto e sostituirsi alle coperte, avvolgendolo nel suo manto di oblio.

-Comunque, io sono Mello-

Gli occhi verdi del bambino si illuminarono.

-Molto piacere, il mio nome è Matt-

Da allora i due divennero inseparabili. Condividevano tutto insieme: gioia, tristezza, euforia, dolore, paura. Quando l’uno non sapeva come finire la frase, c’era l’altro a terminarla per lui. In qualche modo si erano creati una famiglia all’interno dell’apparente perfezione della Wammy’s house. Perché quella sorte di orfanotrofio, creato allo scopo di allevare piccoli geni affinché si potesse trovare un degno successore al famoso detective L, era una fasulla imitazione di serenità. Di giorno i bambini ridevano felici e correvano nel cortile, per poi dedicarsi agli studi di complicate materie scientifiche e umanistiche, oltre che ad altre, più improbabili, come lo spionaggio. Ma di notte la sfera di cristallo perfetto si rompeva e un’atmosfera di solitudine e orrore dipingeva col suo manto spettrale le mura della Wammy’s house. Non c’era niente di sereno e sicuro in quel luogo. Solo un’aurea di oppressione. Si veniva guardati di buon occhio solo quando si otteneva il massimo punteggio nei test e molto spesso non si reggeva a quella pressione, a quelle regole non scritte e bisognava trovare qualcosa a cui aggrapparsi per sopravvivere. Non era difficile assistere al macabro spettacolo di ragazzi in preda a crisi di panico. Spesso venivano pronunciate parole senza senso e ingenti lacrime bagnavano ogni viso tingendolo di dolore salato. Gli unici momenti di dolcezza erano quelli passati a parlare di L, a immaginarlo, a ritenerlo loro amico e a pensare che per diventare come lui bisognava mettercela tutta, senza considerare il fatto che un essere umano, per quanto geniale sia la sua mente, non è una macchina accumula informazioni, ma un essere di carne e anima bisognoso di libertà.

E Matt e Mello, in qualche modo, senza volerlo, erano riusciti a crearsi un loro mondo di perfezione e dolcezza all’interno di quella bugia ben costruita.

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Alcune paroline dell'autrice = Spero di non aver recato fastidio a qualcuno dipingendo in questo modo la Wammy's house. Ho semplicemente dedotto il clima rigido e oppressivo dell'orfanotrofio dalla vicenda di A e BB, nonchè dalla folle rivalità tra Mello e Near. Inoltre ho tratto la descrizione da vicende personali (purtoppo ho avuto la brillante idea di prendere il classico e nella mia scuola il clima è esattamente questo -.-). Spero quindi che possiate perdonare la drammaticità attribuita all'orfanotrofio ^^

Ringraziamenti:

x L_Nael: come al solito sei molto gentile e ti ringrazio di cuore ** Ho pensato che Watari, come al solito, fosse molto impegnato con L e non avrebbe certo trovato il tempo di andare a prendere ogni piccolo genietto per condurlo alla Wammy's house, per questo ho "mandato" Roger ^^ Baci  e grazie ancora =)

x Nijinsky: grazie del complimento, sei gentilissima ** Detto poi da te che scrivi divinamente mi sento davvero onorata ^^ per quanto riguarda la piega della storia mi dispiace molto di non essere riuscita a farmi capire, ora mi spiego ^^ Nel prologo sono partita dal presente, ovvero dal giorno della missione, però dietro alla preoccupazione di Mello e alla devozione di Matt c'è qualcosa, che verrà raccontato in questi capitoli, al passato, fino all'epilogo ^^ baci e grazie ancora =)

  
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