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Autore: Harriet    06/04/2006    1 recensioni
Momenti, ricordi, sensazioni e scelte...I passi per scrivere la propria storia. Raccolta di oneshot e songfics per raccontare le tappe della storia di Cain e di coloro che l'hanno resa degna di essere vissuta.
COMPLETA, finalmente!XD
Genere: Generale, Malinconico, Song-fic, Poesia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V – Writing the Fairytale


Once there was a child`s dream…
Once there was a child`s heart…
Once I knew all the tales…
Once I wished for this night…

(Dark chest of wonders – Nightwish)




Chiedi cos’è una fiaba, e ti verrà risposto che serve per far chiudere gli occhi ad un bambino la sera. Ma se leggerai tu stesso una fiaba, scoprirai cose più oscure di quanto non si creda, dietro innocenti parole. Una fiaba ti trasporta in un altro mondo. In ogni viaggio verso un altro mondo si perde qualcosa, non c’è scampo. L’eroe più puro che torna dalla sua ricerca ha negli occhi una goccia in meno di quella luce di stupore che lo illuminava un tempo. Il principe che ha sconfitto il mago malvagio ha una consapevolezza in più degli orrori della vita.
Interrogati su cos’è una fiaba. Vedrai che la risposta è più sfaccettata e complicata di quella che tutti ti danno.
In una fiaba è racchiuso un piccolo mondo. La cristallizzazione di un attimo di vita. Lo specchio di un’anima, a volte.
Chiedi cos’è una fiaba e nessuno ti dirà la verità.

*

La maggior parte dei bambini si facevano leggere le fiabe dai genitori, o dai servitori, se erano figli di famiglie benestanti. La bambina bionda che sedeva sulla panchina più solitaria, nel grande parco, leggeva da sola, affacciata su un libro più grande di lei, con una serietà incredibile nei grandi e meravigliosi occhi azzurri.
Poco distante giocavano gli altri bambini, ma lei non si univa. Doveva essere abituata a divertirsi da sola, e probabilmente si sentiva a disagio, all’idea di mescolarsi a quella piccola folla vivace. Preferiva il mondo invisibile rivelato dalle pagine, che i suoi occhi percorrevano velocemente. Era la fine di marzo, quando ormai l’inverno è finito ma non si può dire ancora che sia primavera. Le gemme stavano per esplodere nella loro fioritura sontuosa, il vento era lieve, il sole gentile. Insomma, la stagione perfetta per una fiaba.
C’erano anche degli adulti, sparsi per il parco, per la maggior parte giovani serve: accompagnavano i bambini, e mentre li aspettavano, si raggruppavano ai lati del parco, parlando tra sé. Poi c’erano due giovani uomini, separati da tutto il resto. Erano due piccole macchie scure nel grande spazio aperto, indubbiamente insoliti.
Il più giovane parlava all’altro, guardandosi attorno, muovendosi con disinvoltura ed eleganza. L’altro ascoltava, senza mostrare particolari emozioni, o almeno così sarebbe sembrato, ad un osservatore superficiale. Ogni tanto lanciavano un’occhiata obliqua al lato opposto del parco, dove la bimba bionda sedeva sulla sua panchina, dimentica del mondo. A quello sguardo, gli occhi dal singolare colore del più giovane si accendevano di fierezza e amore, mentre il suo serio compagno si concedeva un sorriso.
La bambina però continuava a leggere, persa in un altro luogo. Nel luogo delle fiabe.
Chiedendosi perché tutti gli eroi e i cavalieri, i principi e i viandanti, le dame e i maghi, le figlie minori e le ragazze dai capelli biondi, prima di giungere alla felicità perfetta, devono sempre attraversare il buio e la sofferenza.

*

Nel mondo reale, intanto, i due giovani che la osservavano poco distante avevano deciso che era il momento di tornare a casa. La raggiunsero e lei sollevò il visino dalle pagine, guardandoli con la solita adorabile serietà.
- E’ già l’ora di andare?- chiese, la voce a metà tra il lamentoso e l’arrabbiato.
Chiuse il libro, e il più vecchio del terzetto lo prese, mentre l’altro le dava la mano.
Insieme si avviarono lungo la strada piastrellata di bianco che attraversava il parco, e sparirono, dietro le fronde verdi, nella luce forte del tramonto.

*

Nelle stanze della villa, la sera e la notte potevano essere davvero spaventose, anche se quelle stanze le conoscevi bene. Maryweather era seduta in camera sua, immersa di nuovo in quel libro che tanto l’aveva catturata, ma dalle finestre strisciava nella stanza il buio della notte in arrivo, e la bambina non aveva molta voglia di affrontarlo da sola. Così si alzò ed andò in cerca di compagnia, trascinandosi dietro l’enorme libro, quasi fosse una sorta di talismano contro ogni magia oscura.
Attraversò i corridoi in cerca del fratello, ma il giovane conte si era eclissato chissà dove. Un po’ seccata per la poca attenzione che il fratello continuava a riservarle, la bambina si rassegnò ad aspettarlo in uno dei graziosi salottini della villa.
- Signorina Mary, ha bisogno di qualcosa?-
Si voltò, per regalare un sorriso a Riff. Lui era l’unico che poteva chiamarla “Mary”, tra tutti i domestici della casa. Forse perché lui non era un domestico, nemmeno un po’. Ma cosa fosse, Mary non lo sapeva dire. Però era bello che ci fosse.
- Dov’è mio fratello, Riff?-
- Si sta divertendo nella sua stanza.- sospirò il maggiordomo.
- Sempre con quei veleni!- si lamentò lei. Riff sorrise e le si sedette accanto.
- Cosa sta leggendo?-
Gli occhi di lei si illuminarono per un attimo, mentre gli mostrava il volume. Riff notò che non c’erano molte illustrazioni, ma in compenso la scrittura era fitta. Erano fiabe, sì, ma non sembrava proprio un classico libro per bambini.
- Fiabe.- notò lui, sfogliando alcune pagine.- Ma queste sono fiabe da grandi, se ne è accorta anche lei, vero?-
- Sì. Sono molto tristi.-
Riff sorrise a quelle parole ingenue.
- Ma finiscono bene, no?-
- Sì, però, se uno ci pensa, è molto triste lo stesso.- replicò lei. – Tutti quei personaggi potevano essere felici e basta, e invece hanno dovuto affrontare ogni tipo di vicissitudine!-
- In effetti…- balbettò lui, senza parole, stupito da quell’improvvisa affermazione. Maryweather non gli dette tempo di pensare ad una risposta.
- Riff, perché devono passare tutti attraverso tante prove, se vogliono essere felici?-
Non avrebbe mai saputo spiegare perché, ma un brivido gelido lo attraversò completamente, a quelle parole.
Stava parlando dei personaggi delle fiabe?
- Perché a quanto pare la felicità va conquistata.- le rispose, incerto se quelle fossero le parole giuste.
- Perché? Perché uno non può essere felice e basta?-
La mano del giovane uomo tremò, e Riff chiuse il libro di scatto.
- Non lo so, signorina Mary. Ma è così.-
- Perché ci sono sempre quelli che invidiano la felicità degli altri, o che vogliono solo fare del male?-
Perché i bambini fanno delle domande così semplici e vere?
Perché stava prendendo tanto sul serio le domande della bambina?
- Forse non riescono a conquistare la felicità, perché non vogliono soffrire per averla.- rispose infine lui. – No? E poi finiscono per soffrire lo stesso.-
- Non è vero.- negò lei, decisa. – Quelli che fanno del male non soffrono.-
- Oh, io credo di sì, invece. Più profondamente di quanto non si possa pensare, signorina Mary.- Il suo sguardo si era perso nel vuoto, la sua voce era risuonata distante e stonata, finché non aveva pronunciato il nome della bambina. Allora tutto era tornato al suo posto.
Ma stavano ancora parlando delle fiabe?
- Comunque non sono convinta.- riprese lei. – Non credo che le cose possano andare veramente in quel modo.-
- In che modo?-
- Come nelle fiabe. I protagonisti trovano sempre chi li aiuta, quando sono nei guai. Hanno mille oggetti magici, mille poteri. Ma nella realtà, se qualcuno ti fa del male, tu sei solo e basta.-
- Sì.- Un accenno di sorriso. – Sì e no, signorina Mary.-
- Come?-
- Non lo so spiegare. Ma credo che le fiabe siano più vere di quel che sembra. A volte anche noi abbiamo i nostri aiutanti fedeli, i nostri maghi e i nostri oggetti magici.-
Maryweather lo guardò con sospetto, ma Riff adesso stava sorridendo apertamente, e sorrideva con tanta convinzione che la ragazzina non riuscì a dirgli di no.
- E poi, pensi bene, signorina Mary. Forse, mentre percorrevano la loro strada così difficile, tutti quei personaggi hanno hanno vissuto qualcosa che ricorderanno. Qualcosa che non vorranno mai dimenticare, che non dimenticheranno nemmeno dopo, quando avranno trovato la felicità.-
Rimasero per un po’ in silenzio, finché la voce chiara di lei non lo ruppe.
- Forse è vero. Anch’io ho i pezzi per scrivere la mia fiaba.-
Riff annuì, chiedendosi quanto in profondità la bambina avvertisse il peso della vita folle e senza equilibrio che si viveva in quella casa. Chiedendosi a cosa stesse pensando, quando le aveva dato le proprie risposte.
Chi saresti, tu, in questa nostra fiaba bizzarra?
Si alzarono, e videro che il loro lungo dialogo aveva avuto un osservatore silenzioso. Il conte era sulla porta, e li contemplava con il suo solito mezzo sorriso un po’ arrogante.
- Io te l’ho sempre detto che sei una principessa da fiaba, no?- le disse Cain, con quell’aria fiera che assumeva sempre quando la guardava.
- No, il protagonista di questa fiaba sei tu.- rispose lei, sorridente ma tremendamente seria. Abbracciò il fratello, e poi corse via, lasciando il conte e il maggiordomo da soli.
- Domande impegnative, eh?- commentò Cain, ridendo.
- E’ una bambina saggia.- rispose Riff, pensieroso.

*

C’era una volta un principe che un giorno dovette abbandonare tutto quel che aveva, per trasformarsi in un povero esule in fuga, costretto a portare una maschera davanti a tutti, senza mai poter mostrare il proprio vero volto.
Un viandante solo e smarrito, perseguitato da un nemico antico e terribile. A poco a poco quel principe dimenticò quale fosse, il suo vero volto.
Ma non era solo nel cammino, perché il protagonista di una fiaba non è mai solo. Ci sono i suoi alleati, con tutta la loro magia, piccola e impercettibile, ma eternamente viva e presente.
E anche quel principe aveva i suoi alleati, quelle persone che ancora ricordavano com’era il suo volto più sincero. Loro conoscevano la luce profonda dei suoi occhi, quella che solo loro potevano vedere e custodire.
Non lo lasceranno vagare da solo, ma insieme lo aiuteranno a ritrovare la sua luce.
Ecco, questi sono i pezzi per scrivere la mia fiaba.

*

- Cosa stai facendo?-
La notte era scesa da tempo, ma, come spesso accadeva, Cain non sembrava avvedersene. Adesso era fermo sulla porta della stanza di Riff, proteso in avanti e curioso. Non gli era mai sembrato molto grave irrompere nella privacy delle persone che abitavano la sua casa. Beh, si potrebbe dire che non gli era mai sembrato grave infrangere la privacy in generale. Anzi, gli riusciva piuttosto bene. E gli piaceva anche. Non era forse lui, quello che se ne andava in giro a portare alla luce le faccende oscure di mezza Londra?
Riff era uno di quelli a cui non importava niente se Cain entrava nella sua stanza o nella sua vita senza troppi riguardi. Anzi, sembrava che avesse fatto di tutta la sua vita nient’altro che una porta aperta.
Quando Cain entrò, il maggiordomo era seduto sul letto e aveva qualcosa sulle ginocchia. Qualcosa che guardava con un’espressione indecifrabile: nostalgia, dolcezza, malinconia, desiderio…
- Ti ho chiesto cosa fai.-
Riff alzò la testa e sorrise. Era più di una risposta, era un invito a guardare e toccare di persona, per capire.
C’era una vecchia scatola di legno, davanti a lui, e nella scatola c’era una miriade di oggetti: sassi, fiori essiccati, e un piccolo nastro nero, una specie di braccialetto d’argento, un pezzo di carta piegato più volte, il frammento di ceramica di un vaso…
Non c’era uno solo di quegli oggetti che non raccontasse una storia. Erano doni, o ricordi di vicende che balzarono improvvise alla mente di Cain, nel momento in cui posava gli occhi su di essi.
- Quegli oggetti…tu…- mormorò Cain, chinandosi sulla scatola, colmo di stupore.
- Li ricorda?- mormorò Riff.
- Certo che li ricordo!- Cain prese un piccolo fiocco azzurro dalla scatola: il primo dono spontaneo che Mary aveva fatto a Riff, segno che sanciva l’amicizia tra i due. Lo lasciò andare, e raccolse un oggetto conosciuto, che non avrebbe avuto ragione di essere lì: l’orologio contenente un antidoto alle droghe, che aveva recentemente salvato la vita di entrambi, in casa di lord Gladstone. Riff aveva pensato bene di tenere anche quello.
- Tu li hai conservati! Perché?- domandò il conte, incredulo.
- Perché sono un pezzo della sua e della mia storia, semplicemente.- sospirò Riff. .- Ogni oggetto ha un senso, per me. Sono i miei oggetti magici. I pezzi della mia fiaba.-
Cain abbassò la testa, come messo a disagio da quelle parole.
- Io non ne ho, invece. Non riesco a vivere in una fiaba. Non potrei. Non so conservare niente di bello.-
- Questo non è un problema.- rispose Riff. – Ci siamo noi. Abbiamo conservato tutto per lei, e lo faremo per sempre. Come direbbe sua sorella, nessun eroe di nessuna fiaba è mai da solo.-
- Sì, ma nessun protagonista di nessuna fiaba è una creatura oscura.-
- Nemmeno lei lo è.-
- Ti sbagli, Riff.-
- No, si sbaglia lei.-
Cain mise una mano nella scatola e sfiorò quasi con dolcezza il suo contenuto.
- Allora tieni con cura questi oggetti magici.- disse, ritraendo la mano. – Usali quando sarò nei guai.-
Poi voltò le spalle all’altro e lo lasciò da solo.
- Sì, ma lei non si dimentichi di chiamare, quando è nei guai.- mormorò Riff, chiudendo la scatola magica.



Fine quinto capitolo



Questo capitolo era più che altro un flash, una suggestione…Non ha molto senso, eppure in teoria dà il senso all’intera fic.
Grazie a tutti!
yumemi@hotmail.it
Harriet

   
 
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