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Autore: xNewYorker__    12/08/2011    3 recensioni
La detective Nikki Heat alle prese con un altro caso, uno dei più normali negli ultimi mesi. La relazione con Rook sembra andare a gonfie vele. Il lavoro non è più sopportabile come una volta, però, per lei. Scoprirà di dover dare una notizia al giornalista, una notizia che gli sconvolgerà la vita, nell'incertezza del loro rapporto e della responsabilità di Rook.
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Al ventesimo regnava ancora il silenzio della prima mattina.
Non c’era nessuno, eccetto Heat, ferma di fronte alla lavagna. Il solito rituale, insomma.
Il giorno prima si era aperto un caso nuovo. Beh, non uno insolito di certo. Il lavoro non sembrava così difficile, all’inizio.
Era immobile con lo sguardo fisso sui nomi dei possibili sospettati. Non riusciva a concentrarsi. Questo la mandava su tutte le furie, avrebbe potuto urlare.
Beh, avrebbe urlato anche, se non fossero state appena le cinque  e mezza. Si massaggiò piano la tempia, andandosi ad appoggiare sulla scrivania più vicina. Fissava ancora quei nomi in attesa di una qualsiasi risposta, con la differenza che quella, prima o poi, di solito, arrivava. Questa volta non ne voleva sapere. Decise che stare ferma lì non le sarebbe servito a nulla, quindi si allontanò lentamente dalla scrivania, sentendo la testa girare sempre di più. Ecco perché non si concentrava.
Pensare che non ci aveva neppure fatto caso. Piombò sulla sua sedia e chiuse gli occhi per cinque minuti.
Solo quando li riaprì si rese conto che quei cinque minuti si erano trasformati in un’ora.
Se ne accorse semplicemente per la presenza di un caffè sulla scrivania. Fece un mezzo sorriso assonnato, e sollevando il capo vide Rook che le stava dietro. «Dormito bene?» chiese, ridacchiando. «Mhm…non male direi, ma la testa mi gira ancora…» iniziava quasi a vederlo in modo confuso.
Sbatté un paio di volte le palpebre e l’immagine sembrò tornare più o meno nitida.
«Oh, ti girava la testa? Pensavo fosse stato un colpo di sonno per via del lavoro…» , «Ma che lavoro…non ho concluso niente.» Dire quelle parole ad una come lei sembrò come pugnalarsi al cuore.
«Tranquilla, dai...non è colpa tua.» Le diede una pacca sulla spalla e le si sedette accanto, sorridendole in modo rassicurante, e facendo voltare gli altri colleghi nella loro direzione, beccandosi sguardi sospettosi.
Ridacchiò per distogliere l’attenzione. «A lavoro, su!» Ordinò in modo piuttosto maldestro.
Non si girò nessuno dall’altro lato, infatti. Raley e Ochoa ridevano anche.
«Okay, non c’è niente da vedere.» Disse Heat, dopo essersi decisa a parlare. Allora i due tornarono a lavoro.
Calò un silenzio imbarazzante per i due minuti seguenti. «Comunque…si, è colpa mia.»
Già il fatto che si colpevolizzasse di qualcosa al lavoro era davvero incredibile. Lei, così sicura di sé, sembrava allo stremo.
Non ce la faceva più ad andare avanti. «E’ successo qualcosa?» , «No, sono solo un po’ giù di tono» , «Niente allenamento in questi giorni?» , «N-non ce l’ho fatta…» «Per Don?» Ormai era a conoscenza degli incontri in tarda serata dei due.
Beh, incontri che avvenivano prima della loro cosiddetta “storia”, naturalmente. Poi Nikki li aveva interrotti.
«No, lui non c’entra. Non me la sono sentita, ho avuto giramenti di testa, nausea e altre cose del genere…non mi reggevo neanche in piedi, l’altro ieri.»
Rook ricordò la sua assenza dal lavoro di quel giorno. «Ah, si…e stai ancora così?» , «Un po’ meglio a dire il vero…beh adesso sarebbe meglio rimetterci al lavoro, non credi?» «Certo…» Ci fu una pausa.
«Ochoa, hai controllato i tabulati telefonici della vittima?» , «Naturalmente. Risultano venti chiamate entranti, risalgono al giorno prima dell’omicidio. Tutte da parte dello stesso numero» , «Interessante, hai scoperto a chi appartiene il numero?» , «Ci sto lavorando» , «Okay. Rales, occupati di convocare qui tutti i sospettati, i loro nomi sono scritti sulla lavagna. Convocane uno per ogni ora, da qui a stasera alle otto»
Raley annuì e si mise a smanettare al computer, mentre Ochoa faceva qualche telefonata.
«Io e Rook andiamo dalla dottoressa Parry ad assicurarci che il suo lavoro proceda»
Si alzò dalla sedia con un lieve gemito. Rook la seguì sull’uscio, verso l’ascensore.
Nella stanza, la dottoressa stava chinata sul corpo, esaminandone ogni parte.
L’uomo, sulla quarantina, era stato identificato come Ronald McGregor, un giornalista del New York Times.
Si occupava generalmente di cronaca nera, e probabilmente era per questo che qualcuno l’aveva ucciso. Non sarebbe di certo stato strano, alla fine.  
«Oh, salve!» Salutò, sollevando appena lo sguardo per portarlo sull’amica e Rook.
«Hey, come procede?» Chiese Heat, rivolgendole uno di quei suoi mezzi sorrisi.
«Abbastanza bene. La causa della morte è un colpo di arma da fuoco al cuore. Possibilmente un fucile di precisione. Non l’ha mancato di un millimetro…dev’essere stato davvero…beh, preciso!» Sorrise, più o meno. Il suo lavoro doveva essere duro.
Heat se n’era accorta, ma Lauren amava la vita, e probabilmente faceva quel lavoro per far sì che le vite spezzate avessero modo di essere vendicate.
Durante questo ragionamento era rimasta bloccata con gli occhi sull’amica.
Rook la richiamò alla realtà.
«Oh…scusate, mi ero distratta un attimo» , «Ce ne siamo accorti…sicura che va tutto bene?» Chiese Lauren, inarcando un sopracciglio.
Nikki si massaggiò la tempia e chiuse gli occhi, per poi riaprirli un secondo dopo.
«Sicura, mi gira un po’ la testa, ma per il resto va tutto bene»
Si accorsero entrambi che il suo sguardo non era il solito sguardo attento alla Heat.
Tacquero e si scambiarono un’occhiata di intesa, poi la dottoressa Parry si allontanò dal tavolo e tolse i guanti, dirigendosi verso di loro, che erano rimasti ancora praticamente all’ingresso.
«Nik…si vede che c’è qualcosa che non va. Parla, o ti costringo» Il suo sorriso era comunque rassicurante.
Fece cenno di no con la testa. «Sto bene, davvero! Lo giuro!» Sembrava nervosa, e questo era un altro indizio.
Era facilmente comprensibile che non era proprio in sé.
«Hey, hey…respira, rilassati…dopo se vuoi andiamo a prenderci qualcosa, ti va? Hai fatto colazione?» , «Non me la sento di mangiare…»
La dottoressa rimase con gli occhi fissi su di lei per un attimo. «Nausea?» Chiese, per accertarsi delle condizioni della detective.
«Un po’…» abbassò in fretta lo sguardo. Quello dell’amica era difficile da reggere, quel giorno persino per lei. Sembrava volesse arrivare chissà a cosa.
Non capiva però dove volesse realmente andare a parare. «Ah…hai avuto nausea e capogiri negli ultimi giorni?» , «…Un po’. Cosa vuoi sapere?» Chiese, inarcando un sopracciglio e sollevando il capo per guardarla.
Di sicuro non avrebbe esternato i suoi sospetti di fronte a Rook. Lauren Parry era una persona seria. Se Nikki avesse voluto dirglielo, sempre se ne fosse stata a conoscenza, gliel’avrebbe detto lei.
Il silenzio iniziò a farsi pesante, però.
«Cosa mi nascondete?» Chiese Rook, lievemente allarmato.
«Niente, tranquillo!» Sorrise. «Beh, ragazzi, io torno al lavoro. Vi farò sapere altro, promesso» , «Grazie, Lauren» , «Tu vai da un…ehm, vai a riposarti, okay?» «Da un cosa? Mhm…va bene.» Scrollò le spalle. Poi lei e Rook se ne andarono, mentre la dottoressa guardava la porta, sospettosa.
Beh, poteva nascondere qualcosa, ma con lei non ci sarebbe riuscita facilmente.  
   
 
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