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Autore: Melabanana_    12/08/2011    7 recensioni
A un certo punto della storia che conosciamo, in tutto il globo terrestre hanno cominciato a nascere bambini con poteri sovrannaturali, dando inizio alla generazione dei "portatori di doni". Assoldati dalle "Inazuma Agency" come agenti speciali, Midorikawa e i suoi coetanei dovranno lottare contro persone disposte a tutto pur di conservare e accrescere il proprio potere. Ma possono dei ragazzini salvare il mondo?
Avvertimenti: POV in 1a persona, AU, forse OOC, presenza di OC (secondari).
Questa storia è a rating arancione per via delle tematiche trattate (violenza di vario grado, morte, trauma, occasionale turpiloquio). Ho cercato di includere questi temi con la massima sensibilità, ma vi prego comunque di avvicinarvi alla materia trattata con prudenza e delicatezza. -Roby
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Jordan/Ryuuji, Xavier/Hiroto
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Spy Eleven -Inazuma Agency '
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Ehi! ^o^
Ecco il secondo capitolo, che introduce ben cinque nuovi personaggi!
Ah, approfitto dello spazio per dire che nella fic potrebbero apparire anche OC inventati da me ^^ come al solito insomma!
kisses
Roby C:

 


Eravamo tornati nella sede centrale dell’agency.
Solo il rumore dei nostri passi erano udibili nel corridoio, lungo il quale si aprivano uffici continuamente, a destra e a sinistra, e dentro c’erano altre persone che lavoravano.
Per lo più si trattava di agenti come noi, ma vi erano anche addetti informatici e altri.
Frustai la coda, seccato.
La missione non era andata come volevo.
Kazemaru mi fissava di sottecchi, con l’aria di chi vuole dire qualcosa ma non osa farlo. Sembrava finalmente sul punto di farlo, quando un rumore di tacchi a spillo si interpose.
Alzammo entrambi lo sguardo verso la donna che ci veniva incontro.
Ci sorrise, mentre spostava i lunghi capelli neri dalle spalle con un gesto fluido ed elegante. Indossava una giacca di pelle gialla, lunghi pantaloni a sigaretta e scarpe con tacchi dieci.
Avanzando con quel portamento fiero, che metteva tutti in soggezione, non distolse lo sguardo da noi finché non fu ad un passo, quindi abbassò gli occhi blu e posò una mano sul capo ad entrambi.
- Bel lavoro, agente Midorikawa, agente Kazemaru- disse. La sua voce era fredda, secca.
Aveva classe da vendere.
-Niente affatto- borbottai –Big D è fuggito.
Kazemaru non aggiunse nulla.
-Mi dispiace, Hitomiko, avrei dovuto inseguirlo, ma io…- dicevo a testa bassa, ma lei mi interruppe tirandomi uno schiaffo sulla nuca.
-Smettila di dire sciocchezze. La vostra missione era recuperare la valigetta, e l’avete portata a termine. Non solo, avete anche catturato il “camionista”, Kurt Russell- disse.
Mi massaggiai la nuca dolorante e accennai una smorfia che doveva essere un sorriso.
-Erano in superiorità numerica, e dopotutto voi lavorate qui da appena due mesi. Perciò, ottimo lavoro, squadra. Ci aspettiamo molto da voi anche in seguito- concluse Hitomiko.
La sua voce si era un po’ addolcita. In fondo il suo cuore non era del tutto congelato.
-Che ti avevo detto?- mi sussurrò Kazemaru stringendomi la mano.  
-Chi si sta occupando della valigetta?- chiese subito dopo a voce alta.
La donna si riavviò nuovamente i capelli, che tuttavia si ostinava a non legare.
-La valigetta è chiusa da un lucchetto con processo di sicurezza, potrebbe esplodere se l’aprissimo a mani nude. Se ne sta occupando Gazel- affermò.
Gazel, il cui vero nome era a noi sconosciuto, è il miglior addetto informatico che io abbia mai conosciuto: nessun hard disk, sistema di sicurezza o banca dati ha segreti per lui.
Peccato che sia una persona poco socievole, diciamo solo che se gli occhi potessero uccidere sarebbe un serial killer di professione.
In ogni caso, avevo capito presto perché rivolgersi a lui era spesso la soluzione migliore.
-Allora andremo da lui per…- dicevo, ma le mie parole furono coperte da alcune grida.
Femminili, oserei dire.
Era la seconda volta che qualcuno mi interrompeva nell’arco di pochi minuti.
Mi voltai appena.
Due ragazzi si facevano largo fra le persone che erano improvvisamente uscite dagli uffici per salutarli. Uno dei due salutava tutti con un largo sorriso, stringendo mani a destra e a manca. L’altro invece attraversava il corridoio con grande calma, apparentemente senza notare le ragazze che gli morivano dietro, arrivando persino a lasciare la propria postazione di lavoro per affacciarsi alle porte degli uffici per guardarlo. 
-Vedo che sono rientrati sani e salvi. Vado ad informare mio padre- commentò Hitomiko senza battere ciglio, quindi si voltò e andò via. 
Non appena fu abbastanza lontana, mi lasciai sfuggire un sospiro esasperato. -Oh no- sbottai sottovoce.
Hiroto Kiyama era una delle persone che meno desideravo vedere in assoluto, specialmente in una giornata no come questa, e il motivo era che mi faceva andare l'autostima sotto i piedi. Hiroto aveva più di un motivo per vantarsi. Era bello ed atletico, ma non era solo un manichino: era anche molto intelligente, un agente di incredibile talento che portava sempre a termine i propri incarichi con successo. Ma alle ragazze, probabilmente, importava anche la sua posizione alta all'interno dell'agency: era infatti figlio del capo e fratello minore di Hitomiko. Il profilo perfetto di un eroe senza macchia e apparentemente senza difetti, insomma.
Mi girai verso Kazemaru per dirgli di muoversi, ma era rimasto come imbambolato. Guardava nella direzione dei due agenti appena tornati, ma sapevo che non era Hiroto a lasciarlo senza parole.
Era invece il suo partner, il dispensatore di sorrisi, Endou Mamoru, per cui Kazemaru aveva un'enorme, vistosa cotta. Era così palese che non capivo come mai Endou non ci fosse ancora arrivato, per quanto ottuso potesse sembrare.
Non appena ci vide, Endou sfoderò il suo sorriso più luminoso e trotterellò nella nostra direzione.
-Ciao, Kazemaru! Dopo vogliamo giocare a calcio insieme? Porto io la palla!- esclamò. Fra le mani stringeva un pallone rosso e dorato.
- E-Endou! M-Mi fa piacere vederti!- rispose Kazemaru. Era già diventato paonazzo.
Ci risiamo pensai. Ogni volta che aveva di fronte Endou, era come se l’area di Broca, nel suo cervello, si spegnesse completamente: poteva balbettare e ripetere una stessa cosa per ore.
- I-I-Io… M-Mi…- balbettò, agitandosi. Intervenni prontamente in suo aiuto.
-Gli piacerebbe molto giocare con te, non vede l’ora- dissi con un sorriso.
Endou annuì con forza, per niente turbato dal fatto che a rispondere fossi stato io benché l'invito fosse rivolto a Kazemaru. Endou era fatto così: semplice e spontaneo, prendeva le cose come venivano senza porsi troppe domande.
Kazemaru annuì subito dopo, poi strinse i pugni e tentò di parlare:- Uhm... V-volevo dirti che…
-Cosa?- chiese subito Endou interrompendolo. I suoi occhi nocciola erano grandi, curiosi ed amichevoli. Strinsi le dita di Kazemaru con le mie per fargli coraggio. Lui tirò un sospiro e poi tutto d’un fiato:- Volevo-farti-le-congratulazioni-per-la-vostra-missione!
Endou non si scompose, ancora una volta ignorando la anormalità di questa conversazione.
-Grazie! Anche tu hai portato a termine la tua missione con successo! Bravo!- esclamò allegramente.
La sua missione? Feci schioccare la lingua, seccato dal fatto che Endou continuasse ad ignorare il fatto che ci fossi anche io. Finalmente sembrò accorgersi di me.
-Ah, scusa, Midorikawa. Complimenti ad entrambi, ovviamente- si affrettò a specificare, senza perdere il sorriso ma vagamente imbarazzato. Sorrisi per pura cortesia e annuii.
-Ho saputo però che Big D è scappato. Come è successo?- s'intromise una voce apparentemente calma e controllata. Quando vidi di chi si trattava, sentii l'immediato bisogno di andare via da là. Strinsi la mano di Kazemaru più forte, ma prima che potessi dire qualcosa o voltare loro le spalle, Hiroto ci raggiunse. -È sfuggito per un pelo, vero? Che peccato- osservò. 
Il suo tono era mite, ma mi parve quasi che stesse sottolineando il nostro insuccesso. Certo, lui ovviamente non l'avrebbe mai fatto scappare... Avrebbe risolto tutto in modo perfetto. Sentii un nodo alla bocca dello stomaco.
-Sì, è scappato di poco. La prossima volta lo prendiamo di sicuro- ribattei, tagliente, rivolgendo appena uno sguardo al mio interlocutore. -Andiamo, Kazemaru?
Kazemaru colse al volo la mia implicita richiesta di aiuto e, grazie al cielo, mi assecondò.
-Oh, andate via? Allora ci vediamo dopo, Kazemaru! Passo a bussarti in camera- esclamò Endou. Mi chiesi come potesse sorridere così a lungo senza che i muscoli facciali si stancassero. Kazemaru, invece, ne era affascinato come sempre ed annuì con forza alle sue parole.
Ci allontanammo in fretta e, quando fummo abbastanza lontani, gli lasciai andare la mano e gli rivolsi nuovamente la parola.
-Sei terribile, lo sai?- gli dissi affettuosamente –Non riesci a mettere due parole di fila quando c’è Endou.
-Beh, e tu sei sempre sulla difensiva con Hiroto- ribatté Kazemaru. Non sapevo cosa rispondergli: era vero.
Entrammo nell’ufficio di Gazel, che in realtà veniva usato come base anche dal suo assistente tecnico, Burn. Il suo vero nome era Nagumo Haruya, ma chissà perché insisteva a farsi chiamare con quel soprannome; forse in riferimento al suo potere, che a quanto sapevo aveva in effetti a che vedere col fuoco.
Era davvero impressionante la differenza a livello ordine fra il lato della stanza in cui lavorava Gazel e quello in cui lavorava Burn.
-Uhm… Gazel?- chiamò Kazemaru incerto.
Da un mucchio di scartoffie fece capolino un ciuffo di capelli rossi.
- T’oh, chi si rivede… Ciao, pivelli- ci salutò la voce arrogante di Burn.
-Ciao, tulipano- risposi tranquillamente. Mi fulminò con lo sguardo.
-Potrei anche arrabbiarmi- disse, il che significava che, con ogni probabilità, era già arrabbiato. L’idea mi preoccupava un po’, perché l’ufficio era pieno di cose infiammabili, fra cui una montagna di fascicoli e la lacca di Gazel.
-Calma i bollenti spiriti, tu non ti muovi finché non riordini questo schifo- intervenne una voce piatta e disgustata, senza dubbio appartenente a Gazel. Poco dopo infatti il ragazzo si alzò dalla propria scrivania, dove si nascondeva dietro l’enorme scatola del computer.
Indossava una camicia (rigorosamente senza maniche come tutte quelle che portava; sospettavo le tagliasse lui stesso), pantaloncini neri e scarpe da ginnastica.
-Non mi faccio dare ordini da te- gli rispose Burn, piccato.
Con un gesto rapidissimo, Gazel afferrò la spillatrice e la puntò verso Burn: alcune lamette d’acciaio schizzarono fuori, e con una precisione incredibile spillarono il ragazzo alla sedia imbottita della sua scrivania. Burn cercò invano di tirare via la maglietta.
-Sarà meglio che impari a ragionare prima di parlare, o la prossima volta ti spillerò le labbra- minacciò Gazel in tono mite, ma con uno sguardo tale che era impossibile non prenderlo sul serio.
Burn imprecò sottovoce e cominciò ad armeggiare con la maglietta attaccata alla sedia.
Gazel posò la spillatrice, si spruzzò un po’ di lacca sui capelli e si passò una mano nel ciuffo di capelli che aveva sulla fronte per sistemarlo. Ci guardò pensieroso, dondolandosi sulla sedia.
Dopo circa cinque minuti, durante i quali nessuno osò interrompere la sua meditazione, Gazel estrasse una valigetta scura da sotto la scrivania e la mise sul suo tavolo di lavoro.
-L’ho aperta- affermò con nonchalance. –Non c’è nulla dentro. È evidente che fosse soltanto un’esca per far fesso Russell. Non sappiamo le loro intenzioni, ma ci hanno fregati tutti alla grande.
Sospirai, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi, inerti.
-Allora la nostra missione è stata davvero un fallimento…- sussurrai sconfitto.
-Non esattamente, ora abbiamo le impronte digitali di Big D. È pur sempre qualcosa- obiettò Gazel. -Sai a quante scene del crimine potremo ricollegarlo d'ora in poi?
Kazemaru fece un piccolo sorriso, rincuorato, ma io non riuscivo comunque a star sereno. Gazel continuò ad osservarmi, mettendomi non poco a disagio.
-So che ti senti insoddisfatto- commentò infine. –Ma devi smetterla di preoccuparti. Ti farebbe bene ridere un po’, invece.  
-E perché dovrei ridere, sentiamo!- sbuffai, guardandolo torvo.
Proprio in quel momento un lungo rumore di strappo risuonò nella stanza, seguito da un botto, un assordante fruscio di carte ed infine un'imprecazione furente da parte di Burn. -Ma porca...! GAZEL! 
Ci girammo tutti verso di lui. Sembrava che nel tentativo di liberarsi avesse strappato la maglietta, ruzzolando tanto lontano quanto forte aveva tirato il tessuto; aveva poi colpito un mobile pieno di scartoffie ed un mucchio di queste era caduto sulla sua testa. Ora, seppellito sotto le carte, era a stento visibile grazie al ciuffo di capelli rossi fiammanti.
-Ti sembra abbastanza per ridere?- disse Gazel, accennò un sorriso. Non potevo dargli torto. Kazemaru scoppiò a ridere ed anch'io non riuscii a trattenermi.
   
 
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