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Autore: Rowena    13/08/2011    3 recensioni
Versailles. La corte più sfarzosa, più divertente e più spendacciona d’Europa. I giovani nobili che la frequentavano erano sempre alla ricerca di nuovi espedienti per non abbandonarsi alla noia. Era difficile divertirsi – almeno così pensavano loro – e anche con i loro soldi e la loro voglia di divertirsi spesso non c’era niente da fare se non adagiarsi sulle comode poltroncine di velluto a mangiare bonbon e ascoltare pettegolezzi. E se sei nobili annoiati decidessero di istruire una popolana perché si spacci per una contessa? Quali contorti inganni si metteranno in moto alla corte di Francia? [Crossover Host Club/Lady Oscar]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Oscar aveva appena finito la rassegna dei plotoni, completando così le esercitazioni a cui sottoponeva i suoi soldati ogni giorno per temprarne la resistenza e la disciplina, e stava controllando le sale più vicine agli appartamenti della regina, che come al solito stava tenendo una festa.
«Chi sarebbe il nuovo amico dei nostri burloni?» domandò ad André che la seguiva come un’ombra. Molti avevano parlato male della sua scelta di avere sempre un popolano con sé alla reggia, un onore esagerato per una persona che non poteva contare nemmeno una goccia di sangue nobile nelle sue vene, eppure la donna sapeva che il suo compagno d’infanzia era particolarmente bravo a carpire informazioni e pettegolezzi, oltre a essere un buon amico e confidente. Non avrebbe mai fatto a meno di lui, sarebbe stato come rinunciare a un pezzetto della propria anima.
«Intendi quel ragazzo magro e sperduto? Lo hanno presentato poco fa, è appena arrivato dalla provincia», commentò André sporgendosi per osservare meglio la scena. «Pare che abbia una sorella da maritare ma pochi soldi per metterle insieme la dote, oltre a un rapporto di sangue con una famiglia antica».
«Compito difficile, non c'è che dire. Di giovani in età da marito è piena Versailles, e molte possono vantare ben altre credenziali per trovare uno o più pretendenti…» Oscar era felice di non dover preoccuparsi di questo genere di cose: essere stata cresciuta come un uomo le aveva evitato tutta la trafila che le dame di corte affrontavano pur di trovare un marito e sistemarsi. Molte vivevano l'attesa del matrimonio con angoscia, sapendo di essere solo un peso per la propria famiglia, altre invece cercavano di divertirsi in ogni modo per evitare di pensare al destino inevitabile, gli sponsali con uomini che non amavano e in molti casi ben più anziani di loro. 
Non erano problemi del comandante delle guardie che, con la sua educazione maschile e il suo ruolo nell'esercito, era salvo dal dramma del matrimonio che affliggeva le sue coetanee. «Teniamo d'occhio anche lui, in ogni caso. Non mi fido, te l'ho detto».
«Ha un aspetto molto delicato per un uomo, non ti pare? Non è particolarmente elegante, a differenza dei suoi amici, eppure non sembra proprio un ragazzo…»
Oscar fissò l'amico senza intuire il senso della sua allusione. L'attendente a sua volta le sorrideva, aspettando che capisse l'ovvio: forse perché aveva vissuto fin da quand'era bambino al fianco della giovane De Jarjayes e sapeva notare dettagli che agli occhi degli altri erano privi di significato.
«Secondo me abbiamo a che fare con una ragazza travestita» spiegò alla fine, vedendo che Oscar non aveva colto.
«Cosa? Da che sapresti dirlo?»
«Per come si muove e osserva le persone che ha intorno: sembra avere un certo timore degli uomini, se mi passi il termine».
Oscar tornò a fissare il nuovo arrivato chiedendosi se André avesse ragione. C’erano donne a Versailles che indossavano panni maschili per rendersi interessanti agli occhi degli altri cortigiani, ma nessuna di loro si presentava con un nome maschile. E il titolo nobiliare, quello era autentico, almeno? A questo punto voleva saperne decisamente di più.
Ma Oscar non era la sola interessata a Haruhi e al suo strano ruolo. Un giovane sconosciuto e senza mezzi alla corte di Francia poteva essere una pedina interessante per molti che stavano nell'ombra a tirare i fili non visti.
Un paio d'ore più tardi, Haruhi si offrì di accompagnare Honey a prendere il tè con i pasticcini in giardino, tanto per cambiare un poco situazione. Il ragazzo la incuriosiva: aveva notato che non si vedevano bambini in giro a corte, per cui l'aspetto tenero e infantile del giovane conte Haninozuka attirava l'attenzione nei saloni di Versailles, specie quella delle dame. 
«Andiamo a prendere il tè con il coniglietto!» canticchiava contento mentre saltellava per i corridoi.
Alla ragazza venne istintivamente da sorridere: non era poi diverso dai ragazzini che correvano per le ruelles di Parigi, tolti il titolo nobiliare, i vestiti eleganti e la condizione di primogenito destinato a ereditare una fortuna. Teoricamente Honey aveva già l'età per sposarsi, essendo un principe del sangue, l’erede di una famiglia nobile molto antica e dai mezzi praticamente illimitati, eppure convolare a nozze era proprio l’ultimo dei suoi pensieri. Haruhi sapeva che aveva una fidanzata, ma non ne parlava mai.
«Non ti sembra strano vestire questi panni? Io con una sottana sarei a disagio».
«Saresti molto carino, ma no. Di tutte le cose strane che vedo in questo posto, l’idea di fingermi un uomo è quella che mi crea meno problemi».
«Comunque scommetto che per le tue nozze…»
Haruhi tagliò corto, per evitare l’argomento. «Non c’è matrimonio in vista per me: non ho niente, neanche un soldo per la mia dote, perciò nessuno mi prenderebbe», gli rispose senza mezzi termini, con la sua lingua schietta e la consapevolezza di quello che il mondo le aveva riservato. «Comunque a me non dispiace troppo, in questo modo posso leggere e occupare il tempo come più mi aggrada, mentre se avessi un marito dovrei vivere in funzione sua e della casa. La libertà che mi ha concesso mio padre è qualcosa a cui difficilmente saprei rinunciare».
«Che strano, sei la prima persona che conosco a cui non importa… Voglio dire, a nessuno di noi importa, ma prima o poi dovremo farlo. A parte Tamaki, ovviamente».
«A parte Tamaki? Ma lui è un duca!»
Honey sembrò indeciso sul continuare il discorso, ma alla fine sospirò: «Sua madre non è nobile, è una domestica della sua famiglia ed è l’unica donna che il Duca di Suoh abbia mai amato. Non può sposarla, perché darebbe scandalo e la famiglia non glielo permetterebbe mai, ma allo stesso tempo non vuole accettare un’altra moglie. Così non avrà mai altri eredi, e Tamaki è stato accolto dalla nonna perché ripudiandolo avrebbe estinto il casato».
«Un illegittimo?» domandò con un filo di voce Haruhi, allibita.
«Hanno raccontato che sua madre è morta di parto, quando in realtà gli ha fatto da balia. Ora Anne-Sophie lavora in una tenuta della famiglia dove Tamaki non può recarsi senza autorizzazione, per evitare ogni pettegolezzo, eppure non è bastato, le voci sono circolate lo stesso…»
Non riusciva a capire: Tamaki aveva accesso alla reggia e veniva chiamato duca, sebbene suo padre fosse ancora in vita… Che fosse un modo per disprezzare le sue origini? «Ma è stato riconosciuto, se si fregia del titolo».
«Se la nonna riuscisse a trovare il modo per obbligare Yuzuru a sposarsi e ad avere altri figli, sarebbe subito ripudiato. E forse anche questo sotterfugio è stato possibile solo perché i Grantaine sono nobili decaduti» rispose con una certa acredine Honey, stringendo più forte Usa-chan. «Non mi piace cosa succede a casa sua, suo padre si comporta da debole e la nonna è una strega».
Forse il mondo dorato in cui era stata catapultata non era poi così brillante… Haruhi pensò a suo padre e al periodo, seppure breve, di felicità che aveva vissuto con la madre. Erano stati contenti, anche se con scarsi mezzi, e anche così si arrangiavano come potevano ma senza mai perdere il sorriso. Suo padre, almeno, che era un inguaribile ottimista.
Non sapeva che pensare. «Perché me lo hai raccontato così? Sono cose personali e magari non voleva nemmeno che lo sapessi».
«Trattalo meno male: lui si affeziona davvero nel giro di un minuto, neanche i miei cani da caccia sono così rapidi», commentò Honey con un sorriso, riprendendo a canticchiare il motivetto di prima.
«Ma perché… Perché permette tutto questo?»
«Potrebbe ribellarsi, dici? Certo, potrebbe correre dalla madre e vederla, e poi? Anne-Sophie verrebbe licenziata e cacciata via: come potrebbe vivere sapendo che sua madre non ha un tetto sulla testa né un soldo, o un lavoro?»
Non potrebbe, capì Haruhi con uno strano groppo in gola. Lo aveva giudicato troppo in fretta e con cinismo. Eppure, c’era qualcosa in Tamaki che ancora non riusciva a comprendere: come poteva essere così sereno e scherzare di gusto tutto il giorno, se non gli era permesso vedere la propria madre? Lei sarebbe impazzita.
Era vittima di un ricatto bello e buono… Perpetuato dai suoi stessi parenti!
«Scusami un minuto, Honey, ti raggiungo subito» gli disse piano fermandosi in mezzo al corridoio.
Il suo amico sembrò in dubbio sul da farsi: «Gli altri mi hanno chiesto di non lasciarti mai sola, per assicurarci che il piano non vada a monte».
«Capisco, ma non ti devi preoccupare: voglio solo schiarirmi le idee, altrimenti non riuscirò a recitare al meglio la mia parte» spiegò Haruhi cercando di controllarsi. Fortunatamente riuscì a convincere Honey, che le mostrò la via per trovare anche da sola la zona dei giardini in cui sarebbe stata servita la merenda, per poi sparire con qualche balzo dietro un angolo.
La ragazza era turbata, avvertiva dei sentimenti che le erano totalmente estranei: perché provava quel bisogno insensato di vedere Tamaki felice? Non ne aveva motivo, lo conosceva appena e in ogni caso in confronto a lei svolgeva una vita senza affanni né preoccupazioni… Ma lo si poteva definire felice?
Haruhi si appoggiò alla parete, guardando di sbieco la bellezza pura e geometrica dei giardini della reggia, attraverso una finestra dalla magnifica cornice dorata.
No, non poteva essere felice se era obbligato a tenersi lontano da sua madre o se doveva trattarla come una domestica di fronte al mondo. Allo stesso tempo, però, non le pareva concepibile che giocasse, ridesse e facesse il cascamorto con tutte le dame della corte.
Quando lei e Honey si erano allontanati, Tamaki stava sussurrando qualcosa all’orecchio di una ragazza con un nido d’uccelli in testa, che rideva come una sciocca alle sue parole.
C’era anche un'altra domanda che le balenava spesso in mente: quanto erano spregiudicati i suoi compagni d’intrighi?
Dai discorsi che aveva sentito negli ultimi giorni, sembrava che trattassero le giovani donne di cui si circondavano come galline senza cervello, da usare e prendere in giro, senza alcun rispetto. Nessuno aveva tentato di metterle le mani addosso, sebbene si divertissero molto a coinvolgerla in quei siparietti che lei trovava vergognosi, ma forse era solo perché non volevano sporcarsi con una popolana… Haruhi non desiderava quel tipo di attenzioni – anche perché non sapeva nulla in maniera e voleva continuare su quella strada – eppure sentiva una barriera tra lei e il sestetto di nobili, il che la rendeva triste, in un certo senso.
Era ancora concentrata su tutte quelle riflessioni, quando due mani forti l’afferrarono all’improvviso e la trascinarono via.
«Ancora? Che succede?» domandò senza allarmarsi. Non vedeva chi l’aveva acchiappata, ma i gemelli erano piuttosto avvezzi a quei modi, per cui diede per scontato che fossero loro.
«Fa’ silenzio, o ti taglio la gola».
Haruhi si sentì gelare il sangue: chi era e cosa voleva da lei? Non aveva messo in conto di farsi dei nemici a Versailles, specie in così tempo poi.
«Chi siete? Lasciatemi, o chiamerò aiuto» tentò di minacciare lei, pur sapendo di non essere credibile. Non riusciva nemmeno a divincolarsi tanto era forte la stretta dello sconosciuto, per cui non poteva fare niente. La sua sola speranza era che qualcuno passasse e intravedesse la loro figura dietro la tenda dove era stata portata, ma improvvisamente la reggia sembrava deserta.
«Ascoltami con attenzione, ragazzino, dovrai fare una cosa per me», sibilò quello senza neanche prendersi la briga di risponderle. «Tu e tua sorella andrete al ballo della Regina, non è così?»
«Perché, è forse un crimine?» rispose asciutta cercando di non mostrare la sua paura.
«Affatto: a quel ballo dovrai uccidere la Regina».
Haruhi spalancò gli occhi, sotto shock. «Come? Non posso, io…»
«Lo farai, altrimenti mi occuperò di persona di tua sorella, e ti assicuro che quando avrò finito non riuscirai a farle sposare neanche l’ultimo mendicante di Parigi».
L’uomo misterioso fece un breve sunto di cosa aveva in mente per la fantomatica Contessina di Tolone, che fece venire le lacrime agli occhi della giovane donna, si assicurò che il malcapitato prigioniero avesse inteso cosa rischiava e scomparve com’era arrivato.
Tutto si era svolto così in fretta che Haruhi era assolutamente frastornata: cosa doveva fare? Si sentì improvvisamente le gambe molli e si lasciò cadere a terra, improvvisamente sconfitta e impotente.
«Signor Conte, va tutto bene?»
Un giovane dai capelli scuri e dagli occhi verdi si era inginocchiato accanto a lei, accorso a vedere che cosa stesse succedendo. Sentendo quella voce gentile e aperta Haruhi scoppiò a piangere, abbandonandosi alla disperazione tra le braccia dello sconosciuto.





Angoletto dell'Autrice: Ed eccoci, finalmente (direte voi ^^) siamo tornati a Versailles. Oscar mi viene sospettosa in questa storia, ma del resto con sette soggetti del genere... Chi starebbe tranquillo?
Ho voluto trasformare un po' la storia di Tamaki e inserirla nella fic, vista soprattutto l'importanza che ha nel manga mi sembrava fondamentale inserirla.
Grazie a tutte le persone che hanno letto e commentato la storia fin qui, spero continui a piacervi! ^^

Alla prossima settimana per l'aggiornamento, con il capitolo: 6. Doppio gioco e duelli

Rowi
   
 
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