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Autore: Melitot Proud Eye    06/04/2006    16 recensioni
Parigi. Una tranquilla festicciola a Palazzo Boringer. E poi? Le gabbie aperte! Seguite Andrew, Gianni, Olivier e Ralph nella vertiginosa fuga dai Tre Mostri! "E' brutto avere dei managers annoiati in famiglia..."
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andrew McGregor, Gianni, Oliver, Ralph Jurges
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nota dell’autrice: sorpresa! Eccovi qui ― sì, è proprio lui ― l’attesissimo ultimo capitolo di “Chi ha detto che mi voglio sposare?!”. Attesissimo per coloro che non l’avevano già letto sul bellissimo sito Majestic’s Reveal… sì, sì, lo so. Eeh, quanti di voi furbacchioni hanno usufruito della scorciatoia? Senza lasciare commenti qui ;_;

Ma non voglio lamentarmi. Sono comunque contenta delle recensioni che ho ricevuto, e per un numero così esiguo di capitoli poi! Perciò rimando i ringraziamenti alla fine del capitolo, e vi lascio alla lettura. Spero che il finale vi diletti come vi ha dilettato il resto della storiella.

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______Chi ha detto che mi voglio sposare?!

by Melitot Proud Eye aka Mirtle

 

 

 

 

 

V

“Meglio mandar giù un solo boccone amaro”

 

 

La mattina seguente, o meglio, a mattina inoltrata, Gianni entrò in soggiorno per trovarsi davanti una scena imperdibile. Rimase a metà sbadiglio, la mano alzata.

Sul divano dormivano due figure. Andrew e Laurie. Andrew, che stava dalla parte dello schienale, e Laurie, mezza su di lui, trattenuta su dalle sue braccia.

Quello era un Kodak moment.

Silenziosissimo, girò sui tacchi e corse in punta di piedi fino allo studio, dove, la sera prima, aveva scovato una macchina fotografica. Mentre scattava a volontà, Olivier gli si affiancò, zoomando la scena.

‹‹Questa è la prima scena di tenerezza documentata nella vita di Andrew McGregor, principe scozzese del sangue, Sir inglese, rampollo della famiglia McGregor e incorreggibile solista›› stava commentando per i futuri spettatori.

‹‹Grande! Non sapevo che avessi portato la supercompatta!››

‹‹Shht. Parla piano. Non vogliamo disturbarli.››

Gianni fece una risatina malvagia.

‹‹Giusto. Almeno non prima di aver inviato il filmino a una ventina di persone.››

Il francese sogghignò.

Filmarono un altro po’, quindi, ai primi segni di risveglio, schizzarono via – tenendosi una mano sulla bocca per non emettere pernacchie.

E con questo, uno di loro era a posto. Però, che invidia.

A colazione le due vittime dovettero confrontarsi con strani, sfuggenti sorrisini. Andrew incrociò le braccia, truce.

‹‹Potete anche smetterla di trattenervi. Sappiamo benissimo che lo sapete.››

Olivier e Gianni spalancarono gli occhi. Poi rotolarono a terra dal ridere, mentre Laurie arrossiva. L’inglese osservò, impotente, mentre Olivier esplodeva in una serie di risatine da iena, e Gianni rantolava.

‹‹Har har har!››

‹‹Sì, sì, ridete pure. Riderò io quando la settimana sarà finita.››

Questo tolse loro il sorriso dalle labbra.

Olivier ricominciò a sbattere le uova, attività che stava imparando a odiare.

‹‹Si può sapere perché cucini sempre uova?›› osservò Gianni.

‹‹Perché non c’è nient’altro che si possa mettere insieme in un composto commestibile.››

‹‹Che mi dici della ricetta? Non vorrai propinarci altre omelettes?››

‹‹Ora sto preparando delle crêpes dolci. Se non ti va bene puoi anche rimpinzarti di cioccolato, e diventare un bombolone.››

L’italiano gli fece una boccaccia mentre non guardava, strappando uno sghignazzo ad Andrew. Poi infilzò il coltello nel tagliere.

Il suo sguardo vagava sul soffitto.

‹‹A proposito della settimana. Oggi è mercoledì. Il primo giorno. Mercoledì prossimo dovremo avere tutti una fidanzata.››

‹‹Consenziente›› precisò Laurie, notando il suo aspetto vagamente disperato.

‹‹Consenziente, certo. Per chi mi avete preso?!›› Si passò una mano nei capelli, mentre un firmamento di stelle brillava sulla parete. ‹‹Le ragazze cadono ai piedi dei tipi come me.››

‹‹Per la puzza›› specificò Olivier.

E la sua piccola vendetta generò una mezz’ora di schiamazzi. La colazione rischiò più volte di finire in pattumiera. Alla fine Olivier cosse l’ultima omelette, Laurie la farcì e tutti migrarono in soggiorno, sedendo sul divano per guardare un programma di musica folcloristica.

La ragazza improvvisò persino un balletto, con Gianni in qualità di ridente cavaliere. Andrew se la mangiò con gli occhi. Laurie ballava per lui, per se stessa, ancora libera dalla prigione degli sguardi.

Olivier tornò dicendo d’aver telefonato a Ralf.

‹‹Cosa ha detto?››

‹‹Che ha già mandato la lancia. Pare che il nostro amico conoscesse qualcosa.››

‹‹Lo sapevo›› commentò Andrew. ‹‹La prossima volta che usa quel tono con me, parto e lo riempio di legnate… così parlerà. Se avessi immaginato solo la metà di quello che ci aspettava al colloquio…››

‹‹Tu poi hai da star zitto, caro mio›› rimbeccò Gianni. ‹‹Visto che sei già a posto.››

‹‹Dannazione, gli devo anche un favore, a quel bastardo.››

Laurie sorrise.

‹‹E ora? Che facciamo?››

‹‹Scendiamo la montagna.››

‹‹Come?!›› sputacchiò l’italiano. ‹‹Ma se fuori non c’è neanche l’ombra di una guida!››

Olivier alzò le spalle.

‹‹La scendiamo ugualmente.››

Andrew tamburellò con l’indice sulle labbra. ‹‹Dopo le acrobazie che hai compiuto su quell’aeroplano, non mi dirai che hai paura d’un sentiero di montagna.››

Il ragazzo mosse i piedi, a disagio.

‹‹D’accordo. Ma le vertigini non mi sono passate. Solo perché uno è sopravvissuto una volta a qualcosa, non è detto che debba ributtarcisi…››

‹‹Come vuoi.››

Mentre loro argomentavano, Olivier controllò il bel cucù e fece due rapidi calcoli.

‹‹Ragazzi›› chiamò, ‹‹sarà meglio prepararsi e scendere. Da quel che ho capito la lancia è partita ieri sera e probabilmente è già nel lago. Se scendiamo di buon passo, ci vorrà almeno un’ora. Non voglio perdere un minuto di tempo.››

‹‹Corro a prendere le mie cose›› esclamò Laurie, scomparendo al piano inferiore. La casa era la tipica abitazione alpestre: un fianco appoggiato a quello crescente del pendio e, quindi, l’entrata al primo piano. Il pianoterra dava sbocco sul prato antistante, con una porta nascosta dal lungo balcone di legno.

Andrew guardò il punto dov’era sparita la sua ragazza.

‹‹Figuriamoci. Dovrà mettere insieme due valigie.››

‹‹Le nostre cose dove sono?›› saltò su Olivier.

‹‹Quali cose?›› rispose Gianni, sconsolato. ‹‹Abbiamo solo i nostri vestiti, i portafogli e i beyblades. Sbaglio o siamo arrivati qui scappando in fretta e furia? E’ già tanto se siamo saliti noi sulla lancia, l’altroieri.››

Sembrava pazzesco. Non era che un giorno che si trovavano in quel luogo e già dovevano lasciarlo.

‹‹Controlliamo comunque in giro. Se c’è qualcosa che ci serve, ripagheremo Ralf in seguito›› disse Andrew.

E scesero a loro volta.

Ottantacinque minuti dopo indugiavano sull’ultima curva prima del lago.

La malga non si vedeva più. Del resto, all’andata avevano potuto darle un’occhiata solo da vicino. Ralf sceglieva bene le sue proprietà.

‹‹Che peccato›› sospirò Laurie. ‹‹Ci si stava bene.››

‹‹Già certo, bene per chi ha il ragazzo.››

Lei sorrise malignamente.

Gianni calciò una pietra, guardandola rotolare giù per il fianco roccioso della gola.

‹‹Mah, non so. Io sto cominciando ad abituarmi alla vita da girovago. Potrei anche lasciar perdere tutto e unirmi a un circo.››

Quella sortita fece ridere gli amici a crepapelle.

‹‹Gianni, quando sei depresso sei unico›› commentò Olivier.

‹‹Io non sono depresso. Sono solo realista.››

‹‹Evita i circhi›› sogghignò Andrew. ‹‹Pochi applausi, poche donne.››

‹‹Sì, e le atlete?››

‹‹Ti ridurrai con una contorsionista, visto che odi le altez…››

‹‹State giù!›› sibilò improvvisamente Laurie.

Ognuno si buttò a terra, appiattendosi contro i sassi. Lei sbirciò oltre. Erano proprio sopra il lago.

‹‹Ma che c’è!›› protestò Gianni in un sussurro.

‹‹Guardate…››

Le loro teste sorsero contemporaneamente dal sentiero, cercando il motivo dell’allarme. I loro occhi scandagliarono febbrilmente la zona; per posarsi sull’acqua.

‹‹E’ la lancia›› fece Andrew.

‹‹Cosa c’è di strano?›› aggiunse Olivier, interrogando la ragazza con lo sguardo. ‹‹Mi preoccuperei se non ci fosse.››

Lei scosse la testa, indicando silenziosamente qualcosa. Poi lo videro. La lancia non stava aspettando loro. Anzi, era appena entrata nel bacino, e virava per attraccare. Il pastore, quando gli lanciarono una corda, sobbalzò per lo spavento.

Legò la cima e saltò in sella ad un montone, galoppando via a tutta birra.

‹‹Sta scendendo qualcuno.››

Erano una… due… tre persone. Più un’altra che portava degli ombrellini. I loro occhi rischiarono di schizzar fuori delle orbite.

‹‹Hhn›› aspirò Gianni, ritraendosi. ‹‹E’ Miss Lardosa!››

‹‹Insieme a Racchia Maggiore e Piagnucolosa›› concluse Andrew.

Osservarono i loro movimenti. Sembrava che volessero intraprendere lo stesso percorso compiuto da loro la mattina precedente.

‹‹Ma che ci saranno venute a fare qui?››

‹‹Secondo te quale ragione le spingerebbe a venire qui?›› rimbeccò Olivier. I ragazzi si guardarono.

‹‹Noi›› gemettero.

‹‹Non è nelle regole!›› esclamò Laurie, ‹‹Avete fatto un patto, loro non dovrebbero trovarsi qua!››

Gianni si stropicciò il mento, pensieroso.

‹‹Il patto lo abbiamo fatto con le nostre famiglie. Probabilmente i Mostri non vogliono mollare la presa neanche per una settimana.››

Olivier rabbrividì.

‹‹Se sperano di convincerci che loro sono le nostre ragazze ideali…››

‹‹…avranno una brutta sorpresa›› terminò Andrew.

Laurie gli si accovacciò di fianco, prendendogli la mano.

‹‹Ascoltate. Ci metteranno almeno tre ore a compiere la salita, soprattutto la palla di lardo. Noi siamo più leggeri e conosciamo la strada. Venite. Risaliamo.››

Il ragazzo protestò, mentre gli altri sorridevano.

‹‹Non c’è sbocco una volta arrivati lassù!››

‹‹C’è›› affermò Gianni, diabolico.

‹‹C’è?››

‹‹L’abbiamo scoperto ieri, durante la passeggiata. E’ un po’ impervio ma sicuro, e punta dritto in Svizzera. La terra delle persone più discrete che ci siano.››

‹‹Fantastico.››

‹‹Che aspettiamo? Gambe in spalla.››

Si avviarono di buon passo, lasciando il lago dietro di sé. Nell’immaginare le facce delle sorelle von Fuchs - che credevano di coglierli di sorpresa - nella malga vuota, scoppiarono in una fragorosa risata.

Dopotutto, se la cavavano sempre.

E l’avventura continuava.

 

‹‹E poi? Siete arrivati alla scorciatoia?›› chiese Max, le gambe incrociate. Il cerchio di ascoltatori si protese, curioso.

Gianni sospirò, piegato sotto una coltre di depressione.

‹‹Qualcuno di voi può aprire una finestra?››

Mao balzò in piedi e spalancò la grande anta di vetro, lasciando entrare una folata di vento. L’aria portò con sé i profumi estivi del parco Boringer, lussureggiante sotto la pioggerellina degli annaffiatoi programmati.

Mancavano poche ore allo scadere della settimana.

Olivier si girava i pollici, lo sguardo basso.

Non ce l’avevano fatta.

‹‹Grazie.››

‹‹Allora, quella scorciatoia?›› incalzò Takao.

‹‹Sì, ci stavo arrivando. Siamo tornati alla malga in tre quarti d’ora, sfiatati. Ma il vantaggio non ci bastava, e abbiamo subito imboccato la scorciatoia. Si trattava di un vecchio sentiero ormai in disuso, invaso da frane, sterpaglie, cancellato. Sono state necessarie molte deviazioni. Ad un certo punto credevamo d’averlo perso.››

‹‹Ma, fortunatamente, Laurie aveva con sé il suo binocolo›› aggiunse Olivier.

L’altro annuì.

‹‹Immagino che poi abbiate proseguito attraverso la Confederazione Elvetica›› osservò Il Professor Kappa, digitando qualcosa sul suo onnipresente portatile.

‹‹Sì. Volevamo andare in Italia. Per farlo avevamo bisogno di un aeroporto. L’unico abbastanza discreto era quello di Vaduz.››

‹‹Dunque siete andati a sud.››

‹‹Esattamente. Lì abbiamo preso un jet e, fatto scalo a Milano, siamo atterrati a Roma. Nutrivamo ancora la speranza di risolvere la nostra situazione. Dopotutto, Andrew c’era riuscito.››

‹‹Ma non è stato così›› completò Sabine.

‹‹Certo che no›› rispose suo fratello, scuotendo il capo. ‹‹Abbiamo dato la caccia a tutto quello che respirasse, ma non c’è stato verso…››

Il gruppo scoppiò a ridere. Lui e Gianni scurirono in volto.

‹‹Non c’è alcun bisogno di ridere. E’ già abbastanza umiliante così com’è.››

Gli altri smisero subito, cercando di apparire contriti.

‹‹Ma com’è possibile che non abbiate trovato nessuna?›› saltò su Mao, sistemandosi il fiocco in testa. ‹‹Sposare un uomo ricco e bello è il sogno di qualunque ragazza. Ci si ammazza su partiti del genere. E mi sembra che voi siate sia belli che ricchi.››

Olivier arrossì al commento, mentre Rei sfidava Gianni ad avvicinarsi. Andrew, rimasto zitto fino a quel momento, guardò la ragazza.

‹‹Tu ti sposeresti subito? Ora?››

Lei sbatté le palpebre.

‹‹Certo che no.››

‹‹Neanche con Rei?››

I due eguagliarono il colore della moquette.

‹‹Certo che no!›› farfugliò Mao. ‹‹Cioè, non ora.››

‹‹Ecco, vedi? Perché una qualunque altra ragazza dovrebbe volerlo fare? E tu Rei lo conosci da quando sei nata. A quindici anni si è giovani, pieni di vita. L’ultima cosa che si pensa è legarsi a qualcuno in un modo così impegnativo. Prendi Max e Sabine: si vogliono bene, e hanno passato una situazione non dissimile alla nostra. Eppure, guardali. Stanno insieme, tutto qui.››

‹‹Fortuna sfacciata›› esclamò Olivier.

‹‹Parli come un uomo di ottant’anni›› commentò invece Gianni, mentre Sabine sorrideva giuliva e Max si indicava da solo, rosa.

‹‹D’accordo, d’accordo, ma poi?›› gridò Takao, sovrastando le altre voci. ‹‹Quando siete arrivati a Roma?››

Nella stanza tornò il silenzio, rotto solo dalla voce di Gianni.

‹‹Beh, come dicevo a loro, abbiamo contattato le mie conoscenze.›› Sventolò un’agenda; al dividersi delle pagine si sarebbe intravisto un mondo d’inchiostro, steso fitto fitto. ‹‹Duecentottantasette nomi, escluse le amicizie del circondario.››

I presenti fecero un fischio – che a Rei costò un pizzicotto. Poi, sotto i loro occhi attoniti, l’italiano gettò via il libretto.

‹‹Uno più inutile dell’altro.››

Takao lo afferrò al volo.

‹‹Eh eh eh… non importa. Lo prendo io.››

‹‹Fai davvero un brutto affare.››

Improvvisamente tutti tacquero. Nel corridoio risuonavano dei passi.

Fissarono in quella direzione, sospettosi. Si avvicinavano. Erano accompagnati da un suono tintinnante. Erano davanti alla porta…

E tirarono dritto.

‹‹Fiuu…›› fece il Professor Kappa, tergendosi la fronte.

Olivier emise una lugubre risata.

‹‹Avanti, non crederete ancora di essere qui in incognito. Sanno benissimo che stiamo parlando con voi.››

Gli ospiti balzarono in piedi, allarmati.

Andrew li squadrò con sufficienza, parlando a denti stretti.

‹‹Sedetevi, signori. Non è il momento di fare stupidaggini.››

‹‹Ma se stanno ascoltando…›› protestò Rei.

‹‹Non gli interessa sapere che cosa stiamo dicendo›› proruppe Olivier, dignitoso nella sconfitta. Rimase perfettamente fermo, seduto sulle gambe, con le mani sulle ginocchia. ‹‹Gli basta sapere dove siamo. Ormai ci hanno in trappola.››

‹‹Ma non è giusto›› ribatté Takao, deluso.

‹‹Takao ha ragione›› interloquì Max, facendosi avanti. ‹‹La settimana non è ancora scaduta. Dovreste poter uscire e…››

‹‹E fare cosa?›› chiese Gianni, ‹‹fare cosa? Il ricevimento inizierà alle otto in punto. Non troveremmo una ragazza in tre ore neanche se ci votassimo alla Madonna. Non l’abbiamo trovata in una settimana!››

Andrew abbassò gli occhi.

‹‹E’ per questo che ci siamo lasciati prendere, quando ci hanno intercettato ad Ostia. Avrei potuto far da diversivo, mentre Vier e Gianni scappavano, ma anche loro sapevano che ormai era inutile.››

Takao strinse i pugni.

‹‹Magari sei tu che non volevi impegnarti abbastanza! Comodo aver la ragazza, eh?!››

Gianni e Olivier però lo trafissero con occhi fiammeggianti.

‹‹Non hai alcun diritto di dar la colpa ad Andrew. Lui è stato semplicemente più fortunato di noi!›› esclamò il primo, iroso.

Il francese invece incrociò le braccia, parlando con voce bassa e calma. I Bladebreakers zittirono, inquietati da quella che, per la prima volta, si rivelava come la sua collera.

‹‹Monsieur Takao, tu sei una persona molto istintiva, che fa affidamento sull’ispirazione improvvisa per vincere. Questa è una qualità che, usata male, può diventare il peggior difetto. Dimmi, hai mai provato a ragionar freddamente su qualcosa?›› il ragazzo annuì, piccato. ‹‹Bene, e allora converrai con me che non c’è alcuna ragione al mondo per offendere il nostro amico. Noi abbiamo rifiutato il suo aiuto. Non poteva imporlo, come invece avresti fatto tu.››

‹‹Ma perché?››

Olivier sospirò. Era più difficile di quanto avesse pensato.

Sabine, che gli voleva un bene infinito, gli venne discretamente in aiuto.

‹‹Quello che Vier sta cercando di dirti, Takao, è che bisogna imparare a capire con rapidità ciò che è meglio e ciò che è peggio. Scappare sarebbe stata una perdita di tempo. Avrebbero comunque dovuto prender la via del ritorno.››

‹‹E se non avessero voluto?›› ribatté lui.

Gli altri inarcarono le sopracciglia.

‹‹Come, se non avessero voluto?›› fece Max.

‹‹Intendi dire che avrebbero potuto scappare e non farsi più vedere?›› chiese Rei.

‹‹Effettivamente era una possibilità›› rifletté Mao.

‹‹E vivere così, alla giornata?›› intervenne Gianni, fissando a turno loro e la moquette. ‹‹Lontani dal mondo che conosciamo, l’unico, in fondo, in cui sappiamo muoverci, per essere ciò che non siamo? Io non ci riuscirei.››

‹‹Nemmeno io›› disse Olivier, alzandosi.

Cominciò a marciare per la stanza.

A quell’ammissione calò un silenzio denso di significato, in cui ognuno seguì i propri pensieri. Le pendole di tutta la villa battevano le cinque e mezza, spargendo il loro suono per la tenuta. Olivier scrutò i pergolati, le aiuole, il sentiero che conduceva all’immensa distesa dei boschi, il suo regno personale. Varie immagini di sé e sua sorella, da piccoli, si materializzarono su quell’erba, ipnotizzandolo e facendolo sentire troppo stanco per la sua età. Sabine aveva sempre preferito la sicurezza del giardino. Giocavano sempre lì; poi, quando lei si fosse addormentata sul dondolo, lui avrebbe proseguito per il bosco. Dove aveva incontrato Unicol.

Senza dubbio, il tempo dei giochi era finito.

Quando la ragazza intrecciò le loro dita, lo trovò profondamente amareggiato.

‹‹Non posso vederti così, fratellino.››

Lui non rispose.

‹‹Io sarò sempre dalla tua parte. La scelta che farai, io la sosterrò. Non è ancora troppo tardi. Lo vedi? Siamo tutti qui. Siamo venuti per aiutarvi.››

‹‹Se lo farete, tu perderai la stima dei nostri genitori. L’abbiamo conquistata faticosamente, ricordi?›› le sorrise; era tanto dolce e bella. L’unica cosa che lo avesse mantenuto sano in quella casa di matti. ‹‹Non devi preoccuparti per me.››

Gli altri, che avevano udito l’ultima frase di Sabine, si avvicinarono.

‹‹Sabine ha detto bene, siamo qui per aiutarvi›› affermò Rei, con Mao che annuiva vigorosamente.

‹‹Giusto. Gli amici non si lasciano da soli.››

‹‹Ben detto›› rincarò Takao.

Gianni e Olivier si videro strappato un sorriso. Andrew si alzò in piedi, ficcando le mani nelle tasche posteriori dei pantaloni.

‹‹Beh… se sono tutti così decisi… allora ricomincio a insistere anch’io.››

‹‹Lascia perdere, Andrew›› disse Olivier.

Lui stette zitto, mentre dagli altri si levavano sonore proteste.

‹‹Guardate. Ognuno qui ha il proprio beyblade. Non dovete dire che una parola, e noi vi mettiamo il posto a ferro e fuoco.››

‹‹No, no.››

Cadde un altro sconcertato silenzio.

‹‹E’ iniziato come un gioco›› mormorò il padroncino di casa, fissando la lancetta che scivolava verso le sei. ‹‹Ora non lo è più. La vita è come una partita a scacchi. C’è chi vince e c’è chi perde. Oggi, noi abbiamo perso.››

‹‹Sì, la libertà!››

‹‹Takao, potremmo perdere molto di più. Al matrimonio c’è rimedio. Al disconoscimento, no.››

Takao strinse i pugni, rabbioso. Poi le braccia gli ricaddero sui fianchi. Gli altri si fissarono i piedi.

Anche loro avevano perso, quel giorno.

 

In Germania pioveva a dirotto.

Ralf Iurgens scrutò le proprie terre dal vetro semiappannato; al piccolo aeroporto privato c’era agitazione. Un vigoroso bussare sovrastò i tuoni apocalittici.

Si volse.

‹‹Signorino Ralf›› s’inchinò il maggiordomo, ‹‹in anticamera c’è il pilota che vi chiede udienza.››

Il giovane sospirò.

‹‹Ditegli che arrivo.››

E, dopo aver sigillato un biglietto con la sua antiquata cera rossa, si avviò all’anticamera, rigirandolo fra le dita.

Il pilota si alzò non appena lo vide. Era un amico di vecchia data, poco più grande di lui. La sua giacca di pelle nera grondava acqua.

‹‹Ralf.››

‹‹Johann. Un tempaccio, vero?››

‹‹Della malora. Sono davvero spiacente, ma questa sera, se accetti un consiglio d’amico, non metter piede in aereo. Il vento e la pioggia sono talmente forti che il volo sarebbe rischiosissimo. E poi ho appena scoperto un piccolo guasto all’altimetro; un piccolo guasto che può costare caro, in volo.››

Il tedesco camminò per la stanza, inquieto.

‹‹Lo temevo. Accetto il tuo consiglio, Johann. Sai che mi fido di te. Ma c’è una cosa che deve assolutamente arrivare in Francia, se io non andrò di persona.››

Il pilota sorrise, una nuvola di lentiggini sul naso prominente.

‹‹Affidala a me. Farò in modo che arrivi stasera stessa.››

‹‹In moto? Tua madre avrà la mia testa.››

‹‹Solo fino a Francoforte. Appena avrò sotto le mani una bella spider, vedrai che espresso so essere.››

Ralf cedette, ringraziandolo con uno dei suoi rari sorrisi. Gli consegnò un biglietto e il pilota lo chiuse in una busta di plastica, per evitare che durante il viaggio si bagnasse.

‹‹E chi sono i fortunati destinatari?››

‹‹Olivier Boringer e Gianni Tornatore. Dallo a uno o all’altro, non fa differenza. Loro sapranno certamente che farsene.››

Gli diede una pacca sulla spalla. Quella era, per chi lo conosceva, una dimostrazione di grande stima.

‹‹Fai attenzione, Johann. E grazie.››

‹‹Dovere, amico mio.››

 

Loro sapranno certamente che farsene. Ralf non era del tutto sicuro quando l’aveva detto, e faceva bene. Dopo che Johann ebbe attraversato pazzamente l’Europa ai trecento all’ora, seminando persino la polizia, ed ebbe consegnato il messaggio, dopo che Olivier l’ebbe aperto e letto, tutti si guardarono, perplessi.

‹‹Herr Iurgens è in vena di scherzi?›› domandò Gianni, strappandogli il foglietto di mano. ‹‹“Le signorine von Fuchs sono le presidentesse e fondatrici della S.R.A.T.S.”››

‹‹S.R.A.T.S.?!››

‹‹“Società per il Rispetto delle Anomale Tendenze Sessuali”. Chissà perché, ma mi viene naturale chiedermi come l’abbia scoperto.››

Gli altri soffocarono una risata.

Il ragazzo si sventolò con il foglio.

‹‹Beh? Che ce ne frega a noi?››

‹‹Assolutamente niente›› fece Olivier, che dal rintocco delle otto e mezza era un’ameba.

L’amico scrollò le spalle, appallottolò il biglietto autografo e lo gettò nel camino. Ma sulla traiettoria comparve la mano di Andrew.

‹‹Molluschi che non siete altro›› li apostrofò, irritato. ‹‹Non capite che dev’esserci una ragione più che valida per cui Ralf ha mandato il suo migliore amico ad ammazzarsi per le autostrade, pur di farci avere queste due righe?!››

Tutti sobbalzarono, disabituati al rumore. C’era stato un silenzio di tomba dalla fine dell’ultima discussione e Takao si era persino assopito. Si svegliò in quel momento, confuso e allarmato.

‹‹Eh? Che c’è? Che c’è?››

‹‹C’è che questi sciocchi hanno perso la capacità di ragionare›› rispose Andrew, senza neppure voltarsi.

Il Professor Kappa inforcò gli occhiali, accese Dizzi e cominciò a digitare furiosamente. Rei analizzò il biglietto, con Mao appesa alla spalla.

‹‹Questa sigla non mi è nuova.››

‹‹Devo preoccuparmi?›› sorrise la ragazza.

‹‹Ne avevano parlato a qualche trasmissione, ne sono certo.››

‹‹Oh yes, Rei ha ragione!›› esclamò Max. ‹‹A quel talk show con djPeace. Ci hanno dedicato una puntata intera.››

Le antenne degli European Dream si drizzarono.

In quella, Dizzi emise un segnale sonoro e il Professor Kappa esultò.

‹‹Ho trovato, ragazzi. E’ un’associazione in piena regola, molto famosa negli ambienti degli artisti. Questo perché… ehm, gli artisti hanno sempre… tendenze un po’ particolari. Tenetevi forte, le presidentesse sono proprio Miss Gretchen, Miss Gerda e Miss Magdalene von Fuchs!››

‹‹Palla di Lardo, Racchia Maggiore e Piagnucolosa.››

Quelli che nella confusione non avevano capito bene il contenuto del biglietto di Ralf fischiarono, impressionati.

‹‹Si danno da fare però.››

‹‹E non è tutto. Pare che l’idea sia venuta loro cinque anni fa, quando un’amica entrò in depressione e si uccise perché le persone che stavano loro attorno non avevano accettato i suoi, ehm, gusti.››

‹‹O magari si è fatta fuori per il dolore di esser loro amica?››

‹‹Andrew… non essere così carogna.››

‹‹E come fa?›› esclamò Gianni, beccandosi una scarpa in bocca.

Il Professore lesse le ultime righe.

‹‹Da quel momento hanno fondato la S.R.A.T.S. e difendono strenuamente i diritti dei diversamente orientati…››

‹‹Ma come parla?››

Andrew fece segno di tacere. Sembrava assorbire ogni parola e Sabine, che lo conosceva bene almeno quanto Ralf, poteva sentire gli ingranaggi del suo cervello girare vorticosamente.

‹‹…in campo sessuale. Sono delle fan sfegatate della loro stessa associazione, insomma.››

Con la fine della lettura terminò anche la conversazione. Ognuno guardò gli altri, esitante. Gianni sentì una strana presa allo stomaco.

Poi divenne rosso come un peperone.

‹‹Assolutamente no›› fu tutto quello che mise insieme.

‹‹Assolutamente no cosa?›› domandò Max.

‹‹Già, io non ci ho capito niente›› commentò Mao, il mento appoggiato sul capo di Rei. Questi taceva, le braccia conserte. Forse capiva dove andava a parare il discorso.

Andrew sogghignò.

‹‹Gianni, perché sei così pallido?›› fecero alcuni.

‹‹Perché ha capito qual è la soluzione che Ralf gli offre.››

‹‹Mh?!›› mormorarono tutti, stringendosi.

‹‹Anche tu, Olivier, vero?››

Il ragazzo fissava nel nulla.

‹‹Yuhuu?›› chiamò Takao, passandogli una mano davanti.

‹‹Smettila, per favore.››

‹‹Hey, allora sei vivo.››

‹‹Certo. Ma non sono sicuro di esserne tanto contento.››

‹‹Buuh, abbasso il pessimismo›› intervenne Sabine.

‹‹Aspetta di sentire il notizione.››

Andrew misurò la stanza in pochi passi, con un’aria di superiorità che, sebbene sapesse a loro unico uso, Olivier detestò. Li stava spronando, ma doveva stare attento a non esagerare. L’equilibrio era fragile.

‹‹Dicono che si dimostra di esser cresciuti accettando le sconfitte e le umiliazioni con un sorriso. Non molti possono dire d’averlo fatto. Ma è vero che da ogni sconfitta s’impara qualcosa, così come da un’umiliazione personale…›› li guardò entrambi, ‹‹…può venire un guadagno più grande di una vittoria formale. Noi ne abbiamo avuto un esempio quando i Bladebreakers ci hanno sconfitto.››

Gianni e Olivier annuirono, passandosi una mano nei capelli, sulla bocca. Adesso anche il francese aveva preso colore, ma molto più di quanto sua sorella auspicasse salubre.

Insomma, che cosa dovevano ben fare?

‹‹Ma… eh ma… insomma…›› interloquì Takao.

‹‹Vorreste spiegare anche a noi?›› aggiunse Mao.

Gianni andò al mobile dei liquori, prese il più forte, ne versò due generosi bicchieri e uno lo diede ad Olivier, che buttò giù tutto d’un fiato. Con quello divennero paonazzi.

‹‹Cough cough!››

‹‹E’ semplice›› rispose il primo, voltandosi. ‹‹Ralf ci sta dicendo che l’unico modo per non sposarci con quelle è dir loro di essere gay›› tutti arrossirono fino alla radice dei capelli. Improvvisamente capirono e solidarizzarono. ‹‹Anzi, probabilmente… di dimostrarlo.››

Olivier rischiò di strozzarsi.

‹‹I Mostri rispettano fino alla maniacalità gli omosessuali. Hanno fondato un’associazione per non costringerli ad accettare scelte fatte per loro da altri. E non lo diranno a nessuno. Insomma, Ralf ci sta regalando la libertà su un piatto d’argento.››

Guardò l’amico. Una silenziosa conversazione si svolse tra loro. Potevano affrontare anche questa, insieme?

Olivier annuì, deciso.

‹‹Noi non siamo dei codardi.››

‹‹No. E perciò lo faremo!››

 

Presa la decisione, il circuito della macchinazione abbassò il freno a mano e partì in quinta.

La combriccola sedette in cerchio ancora una volta, discorrendo animatamente. Si trattava di indovinare dove fossero alloggiate le tre amabili presidentesse, ed era compito ingrato per lo sfortunato che si fosse trovato a doverlo fare, dal momento che, senza contare i garages, la villa si articolava in quattro ali su quattromilacinquecento metri quadri.

Quando Olivier diede loro questo pezzo d’informazione, alcuni mandarono di traverso il succo di frutta.

‹‹Quattr…››

‹‹Quattromilacinquecento?! E’ l’estensione del nostro villaggio!›› esclamò Rei. Mao ammutolì, sentendosi insignificante.

‹‹Beh, che cosa vi aspettavate?›› chiese Gianni. ‹‹Tutte le nostre abitazioni avite sono molto grandi. Se pensate alla fortezza di Ralf, persino questa villa rimpicciolisce un po’.››

‹‹Ralf è quello con la casa più grande›› informò Andrew, mentre la sua notoria spocchia tornava a farsi sentire. ‹‹Abbiamo controllato sui documenti. Novemila metri quadrati. Precisi precisi.››

‹‹Porc…›› fece Takao. ‹‹E a me che il dojo del nonno sembrava enorme!››

‹‹It’s incredible›› mormorò Max.

‹‹No no no no, ragazzi, credo che qui si stia perdendo il filo del discorso›› interruppe il Professor Kappa, sventolando una mano. Lo considerarono. Si limitò ad indicare la pendola.

Le lancette segnavano sette e tre quarti.

Gianni e Olivier deglutirono.

‹‹Ci restano solo quindici minuti.››

‹‹Beh, c’è poco da perder tempo, allora›› affermò Sabine. ‹‹Vier, possiamo tranquillamente escludere l’ala ovest. E’ il museo.››

‹‹Avete un museo in casa?!››

‹‹E’ chiuso da cinquant’anni. I nonni vollero interdirlo al pubblico quando ereditarono la villa. Neanche mamma e papà hanno voglia di trovarsi estranei per casa, così è un po’ il nostro museo personale.››

‹‹Ed è lì che Olivier ha sviluppato la sua mania per i luoghi d’arte deserti›› canzonò Andrew, guadagnandosi un’occhiataccia.

Gli altri risero.

‹‹Poi c’è l’ala nord, che è tutta di mamma e papà. Non credo che le abbiano alloggiate in quelle camere: come non vogliono turisti in casa, non vogliono ospiti nella loro ala privata. E questa, l’ala sud, dà sui garages. Ce li vedi a metterle là, con i nasi fini che hanno? Morirebbero per l’odore dell’olio e della benzina!››

‹‹Già›› sorrise suo fratello.

‹‹Quindi rimane solo…››

‹‹L’ala est.››

Tutti balzarono in piedi, stringendo i pugni.

‹‹…Andiamo.››

‹‹Una volta arrivati nell’ala est non dovrebbe esser difficile localizzarle›› spiegò Olivier, mentre li guidava per i corridoi. Gianni, che camminava in testa con lui, annuì. Aveva un’aria particolarmente battagliera. Seguivano Max, Sabine, Andrew, Mao e Rei in blocco (‹‹Staccate quei due polipi, vi prego››) e poi il Professor Kappa.

Takao, il solito piagnone, veniva per ultimo, strascicando i piedi.

‹‹Cosa c’è, Takao?›› chiese il Professore, perplesso.

‹‹Uffaa›› brontolò il ragazzo, ‹‹Ci arriviamo così? Facendo una passeggiata?››

‹‹Come volevi arrivarci?››

Lui ficcò le mani in tasca, ignorando spudoratamente le bellezze artistiche del corridoio. Tipico Takao. Se non è commestibile o lanciabile, non interessa.

‹‹Ma non lo so. Io mi aspettavo inseguimenti, battaglie, azione! E invece, tutto quello che facciamo è marciare come dei maratoneti. Questo non è divertente. E’ faticoso!››

Il Professor Kappa rise, scuotendo la testa insieme a pochi altri.

Olivier accelerò. Ormai praticamente correvano.

‹‹Tieni duro, Monsieur Takao›› fu la divertita risposta. ‹‹Ormai siamo alla fine dell’ala sud.››

Infatti il corridoio, illuminato da splendidi lampadari di cristallo, terminava nell’immenso salone circolare usato per feste e ricevimenti. Era una cupola. Fortunatamente, per qualche strano segno del destino, stavolta l’annuncio dei fidanzamenti e la relativa baldoria si sarebbero consumati nel parco. Comunque nessuno della combriccola badò alla delicata bellezza albicocca delle pareti. Andavano come razzi.

Dall’esterno si vide soltanto una macchia di colori attraversare il salone. Tutte le antenne dei camerieri, elevati per quella sera anche a custodi, mandarono segnali d’allarme.

Con una derapata, Olivier curvò a destra.

Nove minuti.

‹‹Eccola.››

Era un altro elegante arco, cornice dell’ala più bella del palazzo – dopo gli appartamenti dei Boringer e dei loro rampolli, naturalmente: Olivier e Sabine.

‹‹Tutta questa bellezza sprecata›› commentò Gianni.

‹‹Stai pensando a Palla di Lardo?›› sorrise il francese. C’erano quasi. E anche se l’umiliazione cui stava per sottoporsi avrebbe abbassato notevolmente il suo ego per i mesi seguenti, mandar giù un boccone amaro è meglio che mangiar male per tutta la vita.

Gianni annuì.

‹‹Non siate troppo duri con loro›› intervenne Rei. ‹‹In fondo, vi hanno inconsapevolmente dato l’arma per sfuggire alle loro sgrinfie.››

‹‹Non dire gatto finché non ce l’hai nel sacco.››

‹‹Già. Dobbiamo ancora verificare l’effettiva utilità di quest’arma.››

Gli amici annuirono. Ormai erano a un passo dall’entrata, quando…

‹‹Signorini! Fermi dove siete!››

Inchiodarono con una frenata da paura, che fece loro fumar le suole. Tutto per non andare a sbattere contro il muro d’inservienti, cameriere, cuochi, giardinieri, animatori, sommeliers e freelances attruppatisi davanti all’ala est. Mancava solo il maggiordomo. Lo cercarono.

E lo trovarono, naturalmente.

‹‹Avrei dovuto saperlo che eri tu a capo della sorveglianza›› disse Olivier, impassibile. Incrociò le braccia.

‹‹Signorini. Siamo spiacenti di dovervi interdire l’accesso all’ala est.››

Il padroncino inarcò le sopracciglia, mentre gli amici interpretavano per lui il ruolo di bravi: accigliati, puri, duri.

‹‹Per quale motivo? Vogliamo soltanto vedere le nostre fidanzate.››

Gianni prese un colorito verdognolo.

‹‹Tieni duro›› gli bisbigliò Sabine, strizzandogli il braccio.

‹‹Siamo desolati, signorino Olivier… i… vostri genitori… hanno al momento… signorino?››

Tutte le persone che facevano muro si chiesero il motivo dell’improvvisa, inedita esitazione. Il maggiordomo era un uomo che non aveva balbettato una volta nella vita. Allungarono il collo… e videro Olivier sogghignare nel modo più cattivo possibile.

Un atteggiamento inedito quanto il balbettio del maggiordomo, e molto, molto più inquietante.

Mao rabbrividì.

‹‹Mi sembra di vedere Kiki.››

Rei fece un sorriso irregolare.

Olivier cacciò la mano in tasca. Gli amici lo imitarono, intuendo le sue intenzioni.

‹‹Siamo spiacenti… siamo desolati… è tutto quello che sai dire? Bene, te la dirò io una cosa, venduto al nemico: siete fritti!›› e in un turbinare di stoffa lanciò Unicol, presto seguito da Driger, Galux, Amphisphena, Salaman e Dragoon.

L’esercito avversario, conoscendo le capacità di un beyblade e vedendosene arrivare contro un battaglione, squittì.

‹‹State ai vostri posti!›› si affannò il maggiordomo, saltando qua e là per trattenerli. ‹‹Fermi! State a vostri… aaah!››

Amphisphena gli aveva fatto lo sgambetto. Atterrò sui cinque oggetti rotanti, che, invece di fermarsi, aumentarono la loro velocità di rotazione e lo trasportarono via, pelandogli già che c’erano la schiena.

‹‹Grazie infinite!›› gridò Olivier.

Tutti gli furono addosso, ridendo come matti. Sabine riuscì a calciare via gli altri per averlo alla propria mercé. Lo soffocò in un abbraccio, rotolando con lui sul pavimento di marmo. Vederli così dava un’idea di quanto doveva esser stata bella la loro infanzia.

‹‹Ahh, sei stato magnifico fratellino! Magnifique!››

Lui annaspò.

‹‹Cosa mi fate il segno di OK se poi non mi soccorrete da questa ninfomane?›› esclamò, sfiatato ma divertito.

Alla fine, Sabine mollò la presa. E una pendola suonò le otto.

Gianni sbiancò.

‹‹Non ce l’abbiamo fatta! Ora daranno l’annuncio!››

Nel gruppetto si diffuse un agitato brusio.

‹‹No, calmatevi›› fece Olivier. ‹‹E’ quella del terzo corridoio. E’ molto vecchia, zoppica e va sempre avanti di cinque minuti.››

‹‹Ne sei sicuro?››

‹‹Sicurissimo.››

‹‹Ah›› sospirarono gli altri.

Restava il fatto che cinque minuti per controllare venti stanze erano un tempo proibitivo. Decisero perciò di dividersi. Erano in nove. Ad ognuno, due, tre stanze - tranne i principali interessati, che non potevano dividersi per tema di perder l’altro per strada.

‹‹Se vi dividete e uno di noi trova le Racchie, ci vorrà il doppio del tempo per trovarvi. E tenete conto che non possiamo urlare›› spiegò Andrew, ideatore della cosa. ‹‹E ora, muoviamoci!››

‹‹Sì!››

Lui, Sabine e Max cominciarono a cercare in quel corridoio, mentre gli altri correvano avanti, disperdendosi alle varie diramazioni. Gianni e Olivier puntarono all’ultimo andito, il più lontano, dalla vista più bella e dove, più probabilmente, avrebbero trovato le von Fuchs.

 

Mao aguzzò le orecchie, facendo ricorso a tutti gli anni d’allenamento passati al villaggio. Quella casa non le piaceva. Un po’ come il maniero di Ralf, anche se le ragioni erano differenti: quello era lugubre e medioevale, la villa rococò invece aveva lo stesso odore d’una tana di serpenti.

Non certo per Olivier né tanto meno per Sabine, bensì per coloro che li circondavano (ed erano tanti).

Deglutì. Le era capitato un corridoio poco illuminato. Strinse Galux, desiderando che fosse la mano di Rei. Le sue sopracciglia s’incrociarono.

Ah, andiamo. Sembro una fanciulla in difficoltà? No. La sono? Anche meno. Bene, e allora devo piantarla di appiccicarmi a Rei ogni volta che posso. Pure se, a dire la verità, non è poi tanto male…

Prese un bel respiro, accostò la prima porta e ascoltò. Dall’interno non proveniva alcun rumore.

Aprì. Sì. Come pensava, era una perfetta, negletta stanza per gli ospiti. Richiuse e passò alla seconda.

Continuò così fino all’ultima, una porta strana – sinceramente non sembrava neanche vera; finché non l’ebbe toccata la credette un affresco. Mah. Ormai entrata in un circolo di routine, girò la maniglia senza timore.

Non avrebbe dovuto farlo.

Una strana folata d’aria le scompigliò i capelli. Si fissò i piedi, lentamente. E quando l’ebbe fatto, s’accorse di esser sospesa sul vuoto.

Una botola.

‹‹Uaah!›› strillò, scomparendo.

Subito risuonarono dei passi in corsa.

‹‹…Mao! Cos’è successo?!›› gridò Rei.

Max comparve poco dopo alle sue spalle, arrossato e ansimante.

‹‹Qui non c’è nessuno.››

‹‹Proviamo alle porte!››

E, pirla com’erano, andarono ad aprire proprio l’ultima.

Furono risucchiati in men che non si dica.

‹‹….uaaaah!!›› STHUD.

Furono sputati fuori dopo una corsa da brivido. Atterrarono in blocco, a velocità supersonica, urtando un mucchio di stoviglie. Rei prese una testata micidiale; strisciò via, gemendo, la fronte tra le mani.

E non guardava dove stata andando. Prevedibilmente incappò in qualcosa – morbido, per fortuna. Aprì gli occhi lacrimanti. Un sorriso felino lo accolse.

‹‹Ciao Rei. E’ bello rivederti.››

‹‹…Mao!››

‹‹Mao, stai bene? Rei?›› chiese Max, spolverandosi e guardando intorno.

‹‹Benone.››

‹‹Meglio così. Ma dove siamo finiti? Sembrerebbero…››

‹‹Le cucine›› completò la ragazza. Un ambiente non molto ampio, contro ogni aspettativa, pieno zeppo di stoviglie. Spostò un coccio. ‹‹E pare che abbiate demolito un servizio di gala Wedgwood con filo d’oro.››

Una voce spasimò.

‹‹No! Non è possibile!››

‹‹Chi è?!››

Max, l’unico in piedi, scavalcò i resti del servizio e sollevò il lembo di una tovaglia a fiori, posta su un carrello portavivande. E… sorpresa!

‹‹Andrew! Cosa ci fai lì sotto?››

‹‹E voi cos’avete fatto al servizio che-››

‹‹Shht!›› esclamò una seconda voce, allarmata. ‹‹State tutti giù! Infilatevi in quei carrelli!››

Rei, Max e Mao fecero come la voce aveva ordinato, strisciando nel vano dei portavivande. Sapeva un po’ di film già visto - ma non c’era tempo per sottilizzare.

Un passo elefantino scrollò fornelli, lampade, pavimento, tutto insomma. Max si aggrappò ai lembi della tovaglia, strizzando gli occhi per la fifa.

‹‹Noo, il terremoto noo!›› frignò.

La porta a due ante si aprì, cigolando.

‹‹…tous les jours io sono qui a piegarmi la schiena sugli antipasti, sur les plâtes prelibati, e loro niente, neanche un piccolo, misero riconosciiiiiiieh!››

Non è difficile immaginare cosa avesse causato lo shock del povero cuoco. Rei sollevò un millimetro della tovaglietta, ben attento a non farsi notare. Non si trattava di un’operazione troppo ostica: poche calamità naturali avrebbero distolto l’omaccione dal servizio incidentato.

‹‹Buhuhuuu et maintenant qu’est-ce que je dois faire?! Qu’est-ce que je dois faire?! Ils me tueront, ils me tueront sans pitié!››

Gli infiltrati si guardarono, sentendosi un po’ in colpa. Cioè, Max e Mao si sentirono in colpa, perché non avevano il bernoccolo di Rei. Il cinese si massaggiò il punto dolorante, dispiaciuto di non poter incontrare anche il servizio da the (non sapendo che a quello ci aveva già pensato Gianni tempo prima).

Le otto suonarono e passarono come un lampo, mentre il cuoco seguitava a lagnarsi e loro potevano solo sperare che Gianni e Olivier ce l’avessero fatta da soli. Quando si dice lupus in fabula. Non appena l’uomo fu uscito per riesumare il vecchio servizio, una seconda botola si spalancò nel soffitto.

Gianni e Olivier precipitarono da quella botola, sfondando il carrello dell’avvertimento.

Takao uscì urlando.

‹‹La schienaaaa!››

Arrancò via, piegato. I due fecero tanto d’occhi, alzandosi immediatamente. Poi il secondo si accigliò.

‹‹Oh-oh.››

‹‹Te l’avevo detto di non toccare niente! Parbleu! C’eravamo! E ora? Le otto sono già suonate! Non riusciremo mai ad avere un colloquio con loro, e i nostri genitori annunceranno quel che tutti ormai si aspettano!››

‹‹E cioè il vostro fidanzamento›› completò Mao, sollevando la tovaglia che copriva il suo carrello. Dagli altri fecero capolino Andrew, Max e Rei, che si limitò a rollare avanti.

‹‹Certainement!›› rispose Olivier pestando i piedi. ‹‹C’eravamo. C’eravamo! Sabine le aveva trovate! E per colpa di quest’italien… grr… Merde. Merde, à tout le monde!›› e giù sproloqui.

Chi capiva – e anche chi non capiva – spalancò tanto d’occhi. Olivier si era trasformato in una piccola furia.

Gianni si sbatté una mano in faccia.

‹‹Sapevo che prima o poi l’avrebbe detto.››

‹‹Detto cosa?››

‹‹Quella parola. Merde. E’ un modo d’intercalare, in francese. Da piccolo lo usava almeno una volta per frase.››

‹‹Davvero?›› sghignazzò Andrew. ‹‹…hey, sentite. Ho un’idea.››

L’italiano gliela lesse in faccia, e sorrise.

‹‹Giusto! Possiamo ancora farcela!››

Olivier smise di bestemmiare per guardarli.

‹‹Fare cosa?›› domandò, tirando su col naso. ‹‹Ormai è tutto inutile. Saranno già accomodate a tavola. Non possiamo strapparle al…››

‹‹Conoscendo Sabine, starà tentando di tutto per trattenerle in camera. Riuscendoci. E noi abbiamo un asso nella manica.››

Tutti lo fissarono. La scena era un po’ comica, visto che i tre quarti dei presenti, lui compreso, erano raggrinziti nei carrelli. Il ragazzo guardò su.

‹‹Proprio questi carrelli.››

‹‹Eh?››

‹‹Usciremo dalla cucina su questi carrelli e, quando passeremo nel salone principale…››

‹‹Zack! Infileremo l’ala est!›› esclamò Gianni, gesticolando per dare più forza al discorso.

‹‹Ma non ci sono abbastanza carrelli›› intervenne Mao.

Rei scivolò fuori del nascondiglio con agilità.

‹‹Rei, che fai?››

‹‹Non c’è bisogno che andiamo tutti. Quel che conta è che siano Gianni e Olivier ad arrivarci. Uno di noi potrà seguirli per fare da diversivo, qualora ce ne fosse bisogno; ma uno soltanto.››

‹‹It’s true›› concordò Max, imitandolo. ‹‹Noi non siamo cercati. O meglio, non lo eravamo, adesso non so. Ad ogni modo non abbiamo fatto niente d’illegale aiutandovi, possiamo agire indisturbati.››

Olivier si morse un labbro.

‹‹Sì, ma…››

‹‹Non c’è tempo.››

‹‹Shht! Arriva qualcuno›› avvertì Mao. Tutti corsero a nascondersi dove potevano (cioè nel forno e nella cella frigorifera) scivolando e prendendo storte. Gianni sbirciò fuori.

‹‹Sono i camerieri.››

‹‹Benone.››

‹‹Chi va con loro?››

‹‹Vado io›› fece Andrew, ficcandosi sotto un carrello.

Poi la cucina fu invasa dal più perfetto silenzio. I camerieri entrarono e presero a caricare le vivande. Sentirono anche la voce – e i passi – del cuoco, che sproloquiava; dovevano avergli fatto una lavata di testa coi fiocchi.

Poi i carrelli furono condotti fuori e il cuoco fece fiammate pazze ai fornelli, terrorizzando Takao. Per fortuna sua non lo vide uscire dal forno, perché altrimenti chissà che altro sarebbe successo. Si ritrovarono tutti fuori, ansimanti.

Rei, Mao e Max sembravano delle cozze.

‹‹Non fatemi mai più venire in Francia!›› sibilò Takao, furioso. ‹‹Guai a chi le prossime vacanze nomina la Francia!››

‹‹O l’Europa.››

‹‹Sp-speriamo soltant-t-to che c-ce la f-facciano›› rispose Rei battendo i denti.

Max gemette, due lacrime congelate sulla faccia.

‹‹Mammina.››

 

Intanto sui carrelli, o meglio, sotto i carrelli, tre nostre conoscenze stavano facendo due rapidi calcoli.

Dunque, se aspettiamo due curve a destra e poi una a sinistra…

Quando si arriva al salone i suoni sono molto più…

Andando a passo da Olivier, il percorso salone-cucina è di cinque minuti, ma a passo di cameriere sarà…

Tuttavia i cinque minuti passarono, le curve si succedettero tutte uguali e, per quanto tendessero le orecchie, i suoni parevano privi di una qualunque caratteristica. Finalmente Gianni azzardò una sbirciata.

‹‹Che cavolo di posto è questo?!›› esclamò, facendo uso del linguaggio muto.

Andrew inarcò le sopracciglia, perso. Olivier invece digrignò i denti.

‹‹Lo sapevo. Lo sapevo.››

‹‹Che cosa?›› gesticolarono loro, annoiati.

‹‹Usano un percorso differente! La festa è in giardino, non gli conviene passare dal salone!››

Andrew parve particolarmente sarcastico nella sua risposta.

‹‹Senti un po’, ma com’è che tu sai sempre tutto solo alla fine?›› accennò, esagerando volgarmente i gesti. Il francese non lo considerò neanche di striscio. La sua memoria già lavorava.

Prendendoli alla sprovvista, mentre il suo cameriere aspettava di potersi immettere in un passaggio più stretto, scivolò via dal nascondiglio. Lo imitarono subito. Andrew fu tirato nell’ombra appena in tempo.

‹‹Grazie, Gianni.››

‹‹Non c’è di che. Dillo piuttosto a Monsieur Je-Sais-Tout.››

Olivier si passò una manina nei capelli, sudato.

‹‹Senti, Gianni, non volevo offenderti prima. Siamo solo tutti un po’ tesi, ok? Perciò ti prego, non farmi il verso nella mia lingua. Lo sai che lo detesto. E poi non abbiamo tempo per bisticciare.››

L’altro annuì seccamente.

Il ragazzino li condusse giù per delle scale, buie e fresche. Forse stavano scendendo in cantina.

Come aveva immaginato, ecco la cantina. Olivier premette un antiquato interruttore e una lampadina s’illuminò. Era una zona diversa da quella che avevano visto uscendo dal passaggio di due settimane prima. Sembrava molto vecchia. Forse risaliva al secolo di costruzione. C’erano trofei, grandi involucri misteriosi e persino qualche moschetto arrugginito.

Attraversando quella porta sul passato giunsero ad un’altra.

La varcarono.

‹‹Ah, ecco. Questa è la cantina che conosco›› esclamò Gianni, un po’ sarcastico.

Andrew scrutò il soffitto, il pavimento piastrellato e la grande lavatrice circondata di canestri.

‹‹Sì, ma che ci siamo venuti a fare fin qui?››

‹‹Questa è la lavanderia.››

‹‹E ben? Vuoi affogarci?››

Olivier corrugò la fronte.

‹‹Spiritoso. Se pensassi prima di parlare, capiresti che in ogni lavanderia che si rispetti c’è una cosa che ci tornerà ora molto utile.››

‹‹Il montacarichi.››

‹‹Vedi che lo sapevi?››

L’italiano ficcò le mani nelle tasche posteriori, fissando con ostilità il montacarichi.

‹‹Speravo non fosse vero.››

‹‹Già, tu soffri di claustrofobia›› ricordò Andrew.

‹‹Un pugno al primo che ride.››

‹‹Io non ho affatto riso!››

‹‹Ma hai la coda di quaglia.››

‹‹Di che?››

‹‹Di paglia, imbecille!››

Andrew incrociò le braccia sul petto, contrariato.

‹‹Non dar dell’imbecille a me, se sei dislessico.››

Olivier intanto sospirando aveva richiamato il piccolo ascensore. Piccolo. Un po’ più grande e sarebbe stato un ascensore per persone.

‹‹Non temere. E’ velocissimo.››

Gianni emise un gemito.

‹‹E io ho già la nausea.››

‹‹Oh, ma che pitigno! Quando avrà finito di lamentarsi, Andrew, ficcalo qua dentro›› rimbeccò il francese, già accomodato sul montacarichi. Era un vano quadrato grigio ferro. ‹‹Ci vediamo di sopra!››

E sparì.

Gianni diede un calcio ad un canestro.

‹‹Già, facile per lui, che ha ancora dimensioni e cervello di un bambino.››

‹‹Dai, non esagerare.››

Si guardarono e sorrisero come due gatti.

‹‹Mica può crescere!›› recitarono, sghignazzando.

Quando furono su e Gianni ebbe riacquistato l’uso degli arti inferiori, Olivier li incalzò per qualche dove, schizzando con la velocità di un folletto. Le pendole, ben udibili anche dalla loro posizione, battevano le otto e mezza.

Andrew scrutò questo nuovo scenario e attirò l’attenzione dell’amico, galoppando al suo fianco.

‹‹Non mi sembra che abbiamo migliorato di molto la nostra situazione›› ansimò, schivando una ragnatela a baldacchino, ‹‹Se quella di prima era la cantina, questa cos’è?››

‹‹La soffitta›› rispose Gianni. ‹‹La riconosco dalle finestre. Rimangono sempre chiuse perché su questo lato non servono, e poi sono tutte scrostate.››

Visto che Olivier era concentrato, l’inglese martellò lui di domande.

Deus gratias, ringraziò il francese.

‹‹Ci sei già stato allora?››

‹‹Sì. Ci giocavamo spesso da bambini, io, Vier e Sabine.››

‹‹E qual era l’attrazione principale?››

Il ragazzo aprì la bocca, ma non ne uscì suono. Improvvisamente era diventato pallido.

‹‹Oh noo…››

Andrew parve in apprensione.

‹‹Non dirmi che c’è un altro scivolo.››

‹‹Buuu…››

L’inglese deglutì, cercando di mantenere intatte le apparenze. Una gocciolina di sudore gli colò per la guancia.

‹‹Comunque non capisco a cosa serva un montacarichi qua sopra. Il posto sembra inutilizzato da anni.››

‹‹Sembra›› affermò Olivier. ‹‹Molte stanze sono ancora vuote. Il montacarichi lo utilizzano per portar su roba vecchia che si vuole tenere.››

‹‹Capisco.››

Scrutarono intorno. Solo allora capirono di essersi fermati. Erano nel bel mezzo di un corridoio polveroso, scuro e annerito dagli anni, con le pareti di mattoni granitici.

‹‹Non sapessi altrimenti, direi che siamo da Ralf.››

Olivier sogghignò. Non nascondeva che ci godeva un po’ a ripagar le battute salaci di Gianni ed Andrew con i trabocchetti della sua villa. Raggiunse la parete, la spinse e quella scivolò via, rivelando l’ennesimo buco nero.

Solo che stavolta…

Gianni prese un’aria malata.

‹‹E’… è ripidissimo›› constatò Andrew, ormai pressoché nelle stesse condizioni.

‹‹Già. Ma se ho fatto bene i miei calcoliiiiiiiiiiiiiiih!›› il grido di Olivier si perse nel buio. Gianni ansimò, la mano ancora protesa.

‹‹Gli venissero ai reni, i calcoli›› augurò. ‹‹Quando tutto questo sarà finito, se non sarò finito prima io, ci scommetto la casa che dovrò farmi mettere un pace-maker!››

Andrew sorrise, divertito. Ma da sotto Olivier mandava fulmini e bisognava seguirlo. Gianni impallidì, sedendosi all’entrata dello scivolo.

‹‹Oh beh›› sospirò. ‹‹Via il dente, via il dolore. Se non mi butto non saprò mai come andrà a finire›› poi strinse i denti e si spinse.

‹‹E che vadano tutti all’infernoooooh!›› minacciò l’eco.

Andrew rimase lì con le mani nelle tasche, masticando qualcosa.

‹‹Ma tu guardali.››

Si tolse di bocca il ciuffo ribelle, lo risistemò nella fascia e fece dietrofront, diretto comodamente al montacarichi.

‹‹Un vero peccato che non abbiano bisogno di me.››

 

……

‹‹…››

‹‹…anni… anni!››

Anni? Che voleva dire? Ah, sì. Adesso aveva capito: era morto da anni e ora sarebbe tornato indietro sulla terra, come succedeva nei film - dove il protagonista rimaneva asfaltato da un’auto e tornava fra i vivi in forma d’angelo. Ma non gli sembrava di esser stato investito. Non ricordava molto, ma di quello era sicuro.

Cercò di muoversi.

Lentamente i suoni tornarono a martellargli il cervello.

‹‹Gianni! Gianni!››

Adesso c’era qualcuno che lo chiamava. Flap flap. E lo stava sventolando con qualcosa.

Allora era semplicemente svenuto.

‹‹Gianni, per l’amor del cielo, rispondi!››

Mosse un dito, poi la mano. Finalmente sentì che la nebbia abbandonava la sua testa, lasciandola chiara e pronta. Sollevò le palpebre. Le iridi azzurre si contrassero, regolando l’entrata della luce.

Riconobbe i contorni di un viso.

‹‹Chi sei?›› chiese, allungando una mano. Toccò un naso e due guance rotondette.

‹‹Come, chi sono?››

‹‹Vedo… vedo sfocato.››

‹‹Passerà.››

E aveva ragione. Presto la vista tornò normale. Gianni strinse gli occhi per inquadrare un Olivier visibilmente sollevato.

‹‹Meno male. Stavo morendo di preoccupazione. Sembravi stecchito!›› l’italiano fece le corna, ‹‹ma fortunatamente stai benone.››

‹‹Benone proprio non direi. Ma… dove ci troviamo.››

E a quella, il sorriso di Olivier divenne trionfante.

Tre sagome imponenti oscurarono la luce dei lampadari. Una larghissima, l’altra tutta fronzoli, l’ultima piegata. Gli occhi di Gianni schizzarono fuori delle orbite.

‹‹Ma guardali!››

‹‹Non sono teneri?››

‹‹E innocenti, sì! E noi proteggeremo il loro amore!››

Il ragazzo fissò Olivier, che, rosso di vergogna, abbozzò un sorriso di scusa.

Non ci volle molto a capire.

‹‹No… perché questo!›› e svenne di nuovo.

 

Un mese dopo, Francia, Costa Azzurra.

Una magnifica, bianchissima spiaggia per vip, su un mare blu quanto il cielo.

‹‹Ahh.››

‹‹Questa sì che è vita.››

‹‹Da celibi.››

‹‹Hey, guardate.››

‹‹Che c’è, Laurie?››

La ragazza indicò a monte della spiaggia, dove sorgeva un parcheggio alberato. Un pullman stava posteggiando.

‹‹Sono i Bladebreakers!›› esclamò Gianni al binocolo.

Olivier inarcò le sopracciglia.

‹‹Sbaglio o avevo sentito “guai a chi le prossime vacanze nomina la Francia?”›› disse, quando furono saliti ad accoglierli.

Un Takao in costume e salvagente rise, fregandosi il naso.

‹‹Appunto, le prossime! Queste non sono ancora finite!››

‹‹Sei incorreggibile›› commentò il Professor Kappa.

‹‹Ma dov’è Andrew? Ci avevano detto che era con voi›› saltò su Sabine.

‹‹E’. O meglio, era.››

Tutti rimasero interdetti.

‹‹Lo avete affogato?›› chiese una voce.

‹‹…Ralf!››

Gianni incrociò le braccia.

‹‹Questa sì che è una sorpresa. Herr Iurgens che va al mare!››

‹‹La fine del mondo dev’esser vicina.››

‹‹E allora? Lo avete affogato?››

‹‹Magari›› fece l’italiano, ottenendo una risata collettiva. ‹‹E’ venuto con noi, ma all’improvviso è saltato fuori che portava anche Laurie. Sapevo che avrebbe giocato solo con lei!››

Dal gruppo si levarono altre risa. Scendendo e stendendo gli asciugamani, adocchiarono una scena quasi commovente. L’acido McGregor a bagno con la ragazza, comodamente sostenuto da lei, che galleggiava su un materassino.

‹‹E se liberassimo degli squali?››

‹‹Dai, Gianni!››

‹‹Io dicevo sul serio…››

Di punto in bianco, però, Ralf gli sbarrò la strada.

‹‹Stai dimenticando qualcosa.››

‹‹Uh? E che cosa?››

Gli sguardi dei presenti, sparsi a prender la tintarella e a caccia di pettegolezzi, puntarono su di lui.

‹‹Ti avevo detto che, al nostro prossimo incontro, ti avrei dato il regalo di fidanzamento. Visto che non se ne è fatto nulla›› l’italiano sogghignò, pensando quello che pensavano tutti: il tedesco era stato il primo a sapere che la faccenda sarebbe andata a monte; ‹‹ma il regalo me l’ero già procurato: eccolo. Te lo faccio lo stesso.››

Dapprima, il ragazzo vide un’ombra avanzare dietro Ralf. I Bladebreakers, Mao e Sabine bisbigliarono qualcosa, sorpresi. Andrew, da lontano, sorrise. Poi Ralf si tolse di mezzo.

Il volto di Gianni s’illuminò.

‹‹…Charlotte!››

La ragazza sorrise, imbarazzatissima, lisciando l’abito giallo.

‹‹Scusate… mi sento un po’ a disagio…››

‹‹Non devi assolutamente!›› esclamarono tutti i single presenti… e anche i non single.

‹‹Ahio!›› gemette Rei, massaggiandosi il sedere. ‹‹Brutta… ow!››

‹‹Dicevi?!›› minacciò Mao.

Lui, tipico maschio, squadrò bene il suo bikini e sorrise a trentadue denti.

‹‹Zuccherino.››

‹‹Hmpf.››

E giù altre risate. Gianni però era troppo assorbito da Charlotte, la sua Charlotte di Les Pêcheurs sur l’Eure. La tirò in disparte, tempestandola di domande.

‹‹Come sei arrivata?››

‹‹Andrew ha-››

‹‹E quando sei arrivata?››

‹‹Giusto un’ora f-››

‹‹Ma hai fatto almeno un viaggio comodo?››

‹‹Sì, però-››

‹‹E a Les Pêcheurs com’era il tempo?››

‹‹Gianni, io-››

‹‹Uffa, perché non mi rispondi?››

‹‹Gianni›› gemette Charlotte, sfiatata. Cominciava a capire che tipo era. Ma sì, in fondo le piaceva per questo.

Ma c’era ancora una cosa che doveva fare. Lo fissò.

Senza che lui se ne accorgesse, il gruppo della tintarella mise mano ai binocoli. Sembravano tutti dei gufi. Blink blink.

‹‹Gianni, ti devo dire una cosa.››

‹‹Sì?›› cinguettò lui, battendo gli occhioni blu.

‹‹E’ una cosa un po’ imbarazzante…››

‹‹Non vergognartene.››

‹‹Ecco, io, quando sono stata contattata da Andrew…››

‹‹Avanti, di’ pure.››

La ragazza intrecciò le dita ai capelli. ‹‹Beh, mi… è sembrato naturale chiedere della vostra vicenda e…››

‹‹Sì?››

La presa sui capelli divenne spasmodica.

‹‹…così sono venuta a sapere tutto e ho pensato che non avresti… cioè, volevo dirti che… oh, insomma.››

Lui avvicinò il viso. Lei tirò i capelli più forte.

‹‹Che, in realtà… io sono…››

‹‹Siì?››

I capelli vennero via.

‹‹…un ragazzo!››

Fiuuuu.

Un vento gelido passò tra loro. Sulla faccia di Gianni comparve una crepa scricchiolante. Era più di quanto potesse sopportare.

Ingoiò le tonsille e passò tutti i colori dell’arcobaleno, mentre Andrew filmava, con la lingua di fuori. Poi cadde all’indietro, rigido come un baccalà.

Charlotte spalancò gli occhi e accorse al suo fianco, sciogliendo la coda che le aveva tenuto a posto i capelli sotto la parrucca.

‹‹Dio, ragazzi, sta schiumando!›› esclamò, pentita. ‹‹Oh Gianni, perdonami! Stavo scherzando! Stavo scherzando!››

 

 

 

 

 

 

a THE END b

 

 

cdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcdcd

 

 

 

Note finali: ebbene? Vi è piaciuto? Mi auguro vivamente di sì.

E adesso, spazio ai ringraziamenti!

Driger –ebbene sì, carissima, siamo arrivati alla fine della storia… o no? Per adesso sì, ma leggi bene tutto… *risatina diabolica* Grazie mille per i complimenti, e soprattutto per essere stata una fedele lettrice =D

Yusaki – finalmente ho aggiornato, visto? Grazie per l’apprezzamento ^^

Fra – Francesca Akira, sei tu? Che lo sia o non lo sia, un bacio sentito for your lovely words! Anche a me piace molto Andrew, forse perché mi somiglia molto: capriccioso, sicuro di sé, un poco altezzoso (un poco…). A presto.

Phoenix – sì, sei una new entry =3 la cosa mi lusinga oltremodo. Benvenuta e grazie. A proposito dei capitoli, non credo d’aver mai detto che non li faccio volutamente lunghi; dipende, stranamente, dalle storie: in “Quel mondo là fuori”, per esempio, mi viene da interrompermi molto prima! Sulle quattro, cinque pagine, tipo. E’ dunque una coincidenza fortunata con “Chi ha detto che” =) Mah, sto straparlando. Venendo agli European Dream, credo anch’io che siano trascurati dal fandom italiano ― e anche da quello internazionale, dopotutto. In inglese, trovi sono delle gran yaoi malfatte *urg* Meno male allora che noi ci pensiamo, ai nostri piccoli fauni!

Sirio – sì, è un mix di tutto! All’inizio non doveva, ma ho la pessima abitudine di seguire l’ispirazione XD

F.P. – ahimè, le 50 recensioni non le abbiamo raggiunte, però non fa niente ^^ meglio pochi ma buoni! Come avrai ormai appurato, la vena comica è stata mantenuta anche nel finale (e che finale XD), spero ti sia piaciuto. Per Andrew e Laurie non mi trovi in totale disaccordo, infatti anche a me era sembrato un po’ improvviso, rileggendo la storia; ma durante la stesura era venuto così naturale, e ho cercato di introdurre il più possibile di retroscena sulla loro infanzia insieme, che mi sembrava di penalizzare la storia togliendo tutto. E poi, Andrew aveva bisogno di una via di fuga dignitosa XD

Grazie mille per il tuo commento, è stato uno dei più apprezzati; posso chiederti perché il mio modo di scrivere ti sembra “quasi sempre impeccabile”? Sono curiosa (e vorrei sapere cosa vi ha attratto di meno, per correggerlo se necessario) ^^ E’ a causa delle frasi in lingua straniera non tradotte?

Nashira – bene, bene, studia! E mi raccomando, non trascurare il greco ;-) te lo caldeggia una grecista sfegatata. Ah, non preoccuparti per la tua sorellina… ho apprezzato molto anche il suo commento, come vedi! A presto

Asuka_Excel – ooh, ecco una dei furbetti che avevano già conosciuto il Majestics’ Reveal! Ma tu hai lasciato una recensione, quindi sei perdonata XD Grazie!

Hikari Takaishi 87Cri! Ciao amora! Ebbene sì, sono dappertutto, come la gramigna XD Naturalmente sai quanto io apprezzi i tuoi commenti, e il fatto che ti sia disturbata a scrivere anche qui nonostante tutti quelli che mi avevi già mandato non fa che aumentare il sentimento. A proposito, ho letto la tua storia su Sango e Miroku *fan della coppia*. Complimentoni! Mi è piaciuta davvero un sacco, e non è vero che sembra una pwp (porn without plot): anzi, l’assenza di parole dà più significato ai gesti e nobilita l’atmosfera. Scusa se ti scrivo il commento qui ― appena posso lo posto su EFP! Ciao!

Lord Martiya – ed ecco colui che mi ha lusingata più di tutti, chiedendomi in prestito Laurie e Sabine! Grazie dei complimenti. Non vedo l’ora di leggere la tua fic! ^^

 

E questo è tutto! Perdonatemi se ho confuso l’ordine dei commentatori, ma sono un po’ di fretta. Aggiungo un ringraziamento anche per tutti coloro che commenteranno questo capitolo – thanks in anticipo ^^

Ciao ciao!

Okay, dai, non farò la cattiva. Ve lo dico.

Sto lavorando al seguito di “Chi ha detto che”; l’ho un po’ trascurato, e non posso promettere di pubblicarlo prima dell’estate (caspita, a giugno ho gli esami x_x), però si farà. Ora potete esserne certi.

Perciò, fatemi sentire che lo volete leggere davvero!

*insomma, era tutto un discorso promozionale*

XD

Ho blaterato abbastanza! A presto.

 

   
 
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