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Autore: Vitriolic Sheol    13/08/2011    1 recensioni
Tutti noi cerchiamo un porto sicuro nella tempesta... un amico, un amante, la nostra famiglia... ma cosa succede se è proprio la nostra famiglia la causa della tempesta? In una Tokyo terrorizzata dal fenomeno Kira, la vita di una giovane psicologa si intreccia a mille altre, trovando terrore, odio, amore, passione e gelosia.... prima long fic su Death Note, vi prego recensite!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 21
D’illusioni e di bugie




Venezia, Italia. Terzo giorno, ore 16.30

“Caroline… tesoro, non hai toccato cibo…”

La voce di Halle le arrivava lontana, come un eco disperso in una valle profonda; non era uscita in tutto il giorno, rimanendo sdraiata nel letto, immersa nella penombra della stanza.

CA= Non ho fame Halle… perdonami.

In tutta risposta l’amica le si sedette accanto, posandole una mano sulla spalla.

HA= Come ti senti?

CA= Mi sento uno schifo… se davvero non lo amo più perché devo stare così?

HA= Perché non è vero ciò che dici… Caroline tu hai amato Mello ogni singola ora dei giorni che avete passato divisi, e continui tuttora ad amarlo… non l’hai mai dimenticato e soprattutto non lo hai mai odiato veramente…

CA= Lui è venuto davanti a me, consapevole dei suoi sbagli, dei suoi errori… mi sono sentita rivolgere le parole più belle che una donna abbia mai potuto ascoltare… mi ha chiesto di perdonarlo e di essere sua… ed io ho rifiutato.

HA= La razionalità ha prevaricato il tuo cuore, ma non devi vergognartene… Mello ha dimostrato quali fossero i suoi veri sentimenti, ma ti ha lasciato libera di scegliere, di decidere se accettare o meno… tu hai scelto di no, e non devi crucciartene; il tuo orgoglio ha parlato con te…

CA= Siano maledetti i suoi occhi… che mi hanno stregata e divisa in due.

HA= Che vuoi dire?

CA= Una metà di me è sua, e l’altra metà è mia… ma se mio è suo…allora sono interamente sua.

Il filo di pensieri di Caroline venne interrotto dal suo cellulare, che cominciò a vibrare rumorosamente sul comodino di legno; vedendo che l’amica non accennava a rispondere, Halle ne sbirciò il display.

HA= E’ Eljiah…

CA= Rispondi tu per favore…

HA= (RISPONDENDO AL TELEFONO) Eljiah, buongiorno…

EL= Halle? Va tutto bene?

HA= Si si, non ti preoccupare, stiamo benissimo.

EL= Bene… volevo solo comunicarvi che il Maestro ha terminato la traduzione dell’epigrafe… se passate a ritirarla, sareste libere di partire stasera stessa!

HA= Ha già terminato?

EL= E’ incredibile lo so, ma ci ha lavorato giorno e notte…

HA= Grazie mille Eljiah…un quarto d’ora e siamo da voi.

E chiuse la telefonata; dopodiché si rivolse nuovamente verso Caroline, carezzandole la guancia.

CA= Ha già finito…

HA= Mi sa che ti tocca uscire pipistrellino…

Alzatasi dal letto, Caroline fu colta da un improvviso giramento di testa, accompagnata da un latente di nausea; decise però di tacerlo ad Halle e vestendosi in fretta, la seguì fuori dalla stanza

***


Era finita… la partita con il destino,lasciata.

L’aveva perduta, e stavolta per sempre… adesso gli rimaneva un ultima cosa da fare: tener fede alla parola data e sparire una volta per tutte dalla sua vita.

Ma nell’accarezzare la sottile medaglietta presa a casa sua che portava al collo, si rese conto di quanto effettivamente sarebbe stato difficile.


***


Io ti ho vista già, eri in mezzo a tutte le parole
che non sei riuscita a dire mai…



Camminava, sospesa tra lo spazio ed il tempo; il passo lento e lo sguardo vuoto di chi ha perso tutto ciò che conta nella vita; e non per sfortuna, tragica fatalità o per un disegno di vita diverso… ma per propria scelta.

Il brulichio dei turisti le sembrava lontano, la voce di Halle al suo fianco, smorzata… persino i raggi del sole parevano non riuscire a scaldarla, scivolando via dal suo corpo.

Una sola parola aveva cominciato ad albergarle nel cuore: Rimorso.


***

Eri in mezzo a una vita che poteva andare
ma non si sapeva dove…



Rimpianto. Rimpianto nel vedere il profilo di quella città, illuminata dal sole allontanarsi sempre di più dai suoi occhi, profondi come il mare e brillanti di lacrime non versate.
Matt, seduto accanto a lui, poggia la propria mano sulla sua spalla comprensivo; sa che non c’è bisogno di parole, nella muta empatia che si è creata tra lui e Mello; il biondo si volta verso di lui, fissando i propri occhi in quelli smeraldini dell’amico e posa la mano sulla sua, sentendo la presa farsi più stretta, quasi come se volesse creare un canale con il quale infondergli la sua solidarietà.

I suoi occhi tornano a guardare il mare mentre la presa si scioglie.

Il suo rimpianto più grande è quello di aver lasciato in quella città,l’unica donna che abbia amato più della sua stessa vita.

***

Ti ho vista fare giochi con lo specchio,
 aver fretta d’esser grande
e poi voler tornare indietro quando non si può…


Il vuoto albergava dentro di lei, il nulla riempiva le sue membra… si sentiva solo uno stolido burattino, un fantoccio di paglia e stoffa manovrato con invisibili fili da un cinico burattinaio nascosto nell’ombra.
Blaise Pascal diceva che l’uomo è come una canna… fragile, esposta alle intemperie, piegata dal vento e battuta dalla pioggia, bruciata dal sole e ghiacciata dal gelido inverno…ma è una canna che pensa.

In quegli istanti, la canna dei pensieri di Caroline era spezzata. E l’unico che avrebbe potuto risanarla, era proprio colui per il quale si era frantumata.

HA= Siamo arrivate… ecco le porte del ghetto.


***

Quella che non sei, quella che non sei non sei
ma io sono qua, e se ti basterà
quella che non sei non sarai, a me basterà,
c’è un posto dentro te in cui fa freddo
è il posto in cui nessuno è entrato mai,
quella che non sei.



Il suo sonno era agitato, scosso da frammenti di immagini reali in mezzo ad incubi ardenti di fuoco immortale e distruttore; un mare nero lo circondava, tra un cielo buio illuminato solo da abbacinanti saette. Dalle sue mani scivolò nelle morbide acque un piccolo scrigno di piombo, di quel piombo che sembra minacciare piuttosto che proteggere… e lo guardò allontanarsi cullato dalle piccole onde del mare.

Si aprì la camicia scostandone i lembi con le mani e si guardò il petto: al centro dello sterno, un buco rosso cupo dai contorni neri della carne bruciata aveva preso il posto dell’incarnato liscio e alabastrino… laddove vi era, metaforicamente, il cuore.




***

Sdraiato su quel comodo divano osservava il soffitto bianco della sua stanza.
Una stanza comune a tante altre, forse anche un po’ impersonale, quasi asettica, quasi banale. Ed anche i suoi vestiti non erano poi nulla di speciale, etichettati e conformi alla società, non si distinguevano tra le folle pulsanti di vitalità nelle strade di Tokyo.
Era tutto normale, l’arredamento sobrio, i libri accuratamente impilati, lo era anche la scrivania, il portatile e le penne a sfera.

Eppure c’era qualcosa che stonava in quella stanza, un’ombra che macchiava la normalità. Una striscia nera si delineava sulla scrivania, un quaderno. I suoi occhi, ben aperti e grandi, si posarono su di esso e tutto cessò di essere normale.
Si mise seduto, accavallando le gambe, continuando a guardare di sbieco quella striscia nera, i suoi occhi mutarono forma assottigliandosi , la sua anima cambiò sostanza  e tutto variò colore.

 

Tutto si tinse di rosso e una risata bassa,febbricitante di potere, si spanse in quel silenzio che, prima, era stato così banale.
I capelli ormai rossi ondeggiavano, spinti da una brezza inesistente, mentre la mano scorreva - abile assassina- tra le pagine bianche di quel quaderno, che di ordinario non aveva nulla.
Rosso era il mondo visto da quegli occhi scarlatti, rosso era il frutto del peccato, rosso il colore della colpa.
Gocce di sudore gli scorsero sul viso, mentre centinaia di corpi si contraevano tra atroci sofferenze e cadevano a terra, provocando quei tonfi secchi e agghiaccianti che gli risuonavano nel cervello, come i rintocchi di un’assente campana.
La morte aveva raggiunto la sua meta, e nel suo vestito scuro la falce era caduta sugli inetti, sui rifiuti del mondo, sugli assassini ed era stata la sua mano, la sua mano destra,a dirigere la sinfonia di morte.

La mano destra, una mano giusta, una mano santa investita di un potere oltre l’immaginabile, stava decidendo chi uccidere e chi salvare.
Gli occhi amaranti si muovevano febbrili, guardando ripetutamente i nomi che scorrevano loro davanti, riportati poi sul quaderno con precisione letale.
La risata roca e cupa risuonava per tutta la stanza, dai muri comincianti a trasudare sangue, che lentamente cominciava a colare giù dai muri per poi spargersi sul pavimento piastrellato di bianco, con andamento lento,controllato, quasi sinuoso.

Il succo di una mela polposa macchiava il pavimento ed un dio della morte rideva malignamente osservando la scena, vicino all’umano lontano dalla realtà, chiuso in un suo folle ideale.
L’ultimo nome fu scritto e in un conclusivo svolazzo di inchiostro e sangue, la vita del designato si spense, nei suoi estremi 40 secondi di esistenza terrena.
Si lasciò andare contro la sedia, stanco, il sudore gli imperlava la fronte e i capelli ricadevano nel vuoto.
I suoi occhi, i suoi occhi rossi, fissavano una luce abbagliante,una luce giustamente accecante, una luce divina.
E rise piano, con grazia ed eleganza.

I suoi occhi nuovamente umani (se di umanità si poteva parlare) fissavano la stanza, ridendo compostamente nell’osservare le pareti tinte di vermiglio, dove i nomi delle sue vittime cominciavano a comparire scritte nel sangue, ed il mondo ritornare alla sua serena banalità; rideva sguaiatamente, sdraiato scompostamente sui corpi esanimi, sulla feccia che lui stesso aveva ucciso. Perché era lui che liberava il mondo dalle empietà, lui che portava la luce in quel mondo di lacrime, lui e lui solo era il messia.
Continuava a ridere piano, rideva incurante della propria salute e della mente arsa da una luce troppo brillante. Rideva, di quella debolezza umana, ormai prossima sparire.

Lui era il salvatore…lui era il nuovo dio del suo nuovo mondo.

Si alzò dal sofà candido e si incamminò verso la sua luce… splendente, abbagliante, che
irradiava nel mondo l’essenza stessa della giustizia…ma per quanto la luce lo illuminasse, il suo volto indugiava nell’ombra; per quanto ne rincorresse il chiarore, il suo petto non ne veniva purificato, rimanendo nero come l’erebo.

Osservava la luce divina e sorrideva giocondo.

Solo il dio, quello vero, vedeva ciò che veramente c’era. E lì c’era il nulla in cui sarebbe andato, il nulla che lo aspettava paziente, il nulla che era la punizione per aver giocato ad impersonare l'Altissimo.
Impugnò nuovamente la penna, e si immaginò come la morte, come una morte giusta  che liberava gli uomini dal peccato. Lo estirpava con le sue stesse mani, quel peccato che corrodeva il mondo come una pianta immonda… e nel farlo, le mani cominciarono ad essere macchiate di caldo liquido vermiglio.
Sorrise anche a questo, immaginando che fosse il sangue dei malvagi a dimostrazione del suo potere.

Ed in quel sangue si mescolò anche il suo, iniziato a stillare dai suoi occhi, dal suo petto, dalle sue mani… da ogni poro della sua pelle, finché non lo ricoprì interamente, come una seconda epidermide.

Rise apertamente e, inondato dalla sua luce artificiale, scrisse nomi, cognomi, date, avvenimenti… il sangue aumentava e lui rideva sul suo scranno composto da empii corpi umani.

Osservava tranquillo il sangue scorrere ed inondare il mondo dalla sua stanza ormai sommersa. Lo shinigami addentava una mela rossa, il frutto peccaminoso per eccellenza , il frutto proibito che lui stesso aveva colto dall’albero dell’Eden.

Osservava il mondo al di fuori della sua finestra, colmo di disperate grida d’aiuto, d’orrore e disperazione, accecato da questa folle distruzione.

E nell’ombra che avvolgeva lui stesso e tutto il mondo, rise… Una risata folle, sguaiata ed onnipotente riempì gli spazi della città che cominciava a tingersi di scarlatto.

Il cielo, le case, le strade, persino il sole presero il colore del sangue. E da quell’empireo nascosto, da quel tribunale occulto continuò a ridere, in sfrenate grida di un esaltato potere satanico.
La lingua andò ad assaporare il sangue imbrattante le sue labbra; quello era il sapore della sua vittoria.

L’ultimo nome fu scritto, l’ultimo corpo cadde.


***

Io ti ho visto già, eri in mezzo a tutte le tue scuse,
senza saper far cosa.
Eri in mezzo a chi ti dice “Scegli o troia o sposa”…



Arrivarono al ghetto che nemmeno se ne accorse, trovandosi catapultata dalla sua camera d’albergo al salotto di Ezra Levi profumato di incensi come se avesse dormito durante tutto il tragitto.

EZ= Figliola, che ti succede? Il tuo animo irradia mestizia…

CA= (GUARDANDO FUORI DALLA FINESTRA) Ho incontrato una persona ieri sera…

EZ= Colui che ami?

CA= Colui da cui credevo d’essere amata…

 

EZ= Tornerà mia cara… tornerà.

CA= Io non credo… preferirebbe morire piuttosto che non mantenere fede alla sua parola.

EZ= Addirittura morire?

CA= Mi creda, lei non lo conosce…

EZ= Non dare mai nulla per scontato Caroline… forse potrei conoscerlo molto meglio di quanto tu in realtà creda…

CA= Che intende dire?

EZ= (SORRIDENDO) Oh, nulla… non fare caso alle parole di un povero vecchio… credimi figliola, sono stanco di questo grande mondo.

CA= Potreste esserlo se le vostre disgrazie fossero grandi come le vostre fortune; eppure, a quel che vedo, sta male chi troppo si rimpinza come chi si affama di nulla. Non è perciò felicità da niente trovarsi nel mezzo; il superfluo fa prima i capelli bianchi, ma il sufficiente vive più a lungo.

EZ= Belle parole e ben pronunciate.

CA= Sarebbero più belle se messe in atto.

EZ= Il lascito di Adrian si fa sentire molto chiaramente…

CA= Conosceva anche mio padre?

EZ= Certo che lo conoscevo… il più grande intenditore di Shakespeare che abbia mai visto…

CA= Anche lui faceva parte della Confraternita della Croce Nera?

EZ= Lui? No… sapeva tutto quanto ma non ha mai voluto entrarvi… un po’ come te adesso.

CA= Mi manca così tanto…

EZ= Tuo padre era un grand’uomo, la sua morte mi ha sconvolto… e tu sei più simile a lui di quanto pensassi…

CA= Grazie… è l’unica cosa bella che lei mi abbia detto in questi tre giorni…

EZ= Tornando a noi… ecco a voi la traduzione dell’epigrafe…

Ezra Levi mosse qualche passo verso la scrivania, da cui afferrò un foglio pergamenato scritto con grafia elegante e snella che porse a Caroline; Halle le si affiancò subito, allungando il collo verso l’amica.

HA= Aveva detto che le sarebbero occorsi tre giorni, ma ci ha messo molto meno…

EZ= Si è rivelata molto più interessante del previsto e non sono riuscito a staccarmene…  su, leggetela!

Caroline cominciò quindi a leggere a voce alta:

 

Viandante, tu giungi presso tale luogo buio e disperato;
fermati, e leggi cos’ho da dirti.
I sette sigilli saranno aperti e sette tormenti vi colpiranno.
Con loro i quattro cavalieri risorgeranno e mieteranno
le vite degli uomini.

Mano infernale li romperà e la fine avrà inizio:

-    Apparirà un cavaliere su un bianco cavallo con arco e corona
destinato a vittoria.

-    Seguirà un rosso destriero tenuto alle redini da colui che con una
grande spada toglierà la pace dalla terra aizzando gli uomini
contro i propri simili.

-    Poi un cavallo nero calcherà la terra portando colui che reca una bilancia.

-    Infine un cavallo giallastro che porterà colui che colpirà con spada ed inedia.

I loro nomi sono: Miseria, Guerra, Distruzione e Morte.

Appariranno i martiri di bianco vestiti gridando vendetta.
Al sesto giorno la terra tremerà e non vi sarà più luce.
E quando l’ora del settimo giorno suonerà, ecco sette angeli davanti a Dio
recanti sette coppe:

-    Ferita crudele per gli uomini con cuore di bestia

-    Il mare diventerà sangue e non vi sarà più vita.

-    I fiumi e le fonti dal sangue dei vinti saranno colorati.

-    Il sole arderà gli uomini blasfemi

-    Nel nero regno del male sarà tenebra e dolore.

-    L’ Eufrate diverrà arido per la vittoria dello straniero.

E per ultimo terremoto e pietre infuocate si abbatteranno sulla terra.

Per fermare tutto questo, bagnate l’altare con il sangue dell’uomo concepito dai genitori nella luce.


Ho finito, va pure.



***


 

Ti ho vista vergognarti di tua madre,
fare a pezzi il tuo cognome
sempre senza disturbare che non si sa mai…




Erano tornati a casa… nel dimesso e spoglio appartamento che aveva sopperito il confortevole covo nella zona industriale; eppure sembrava che quel luogo avesse acquistato, durante la loro mancanza, una nuova veste, una sfumatura quasi accogliente capace forse di proteggerlo temporaneamente dalla violenza del mondo esterno. Dopo aver buttato uno sguardo fuori dalla finestra, si rivolse verso Matt.

ME= Come va, sei stanco?

MA= No… grazie.

ME= Bene… perché dovremmo cominciare a parlare di quella cosa…

MA= Sei ancora sicuro di volerla fare?

ME= Non ho più niente da perdere… l’ultima cosa che ancora mi faceva stare nel dubbio mi ha dato la sua conferma.

MA= Va bene…




***

Quella che non sei, quella che non sei, non sei
ma io sono qua, e se ti basterà quella che non sei,
non sarai, a me basterai…



Se il testo latino parve incomprensibile alle ragazze, questo lo era anche di più.

HA= Wow… c’è di bello che ora sono ancora più confusa!

CA= Che cosa significa tutto questo?

EZ= Dai tempo al tempo Caroline… poi capirai. Ma ora dovete partire, c’è un aereo che vi attende!

CA= Un momento ancora… volevo farle vedere questo…

La ragazza tirò fuori dalla borsa il cofanetto che Roger le aveva dato durante la sua visita alla Wammy’s House e glielo porse.


HA= E quello da dove salta fuori?!

EZ= (OSSERVANDOLO) Mmmmh… interessante.

Il rabbino aprì il cofanetto, sfogliando con una sorprendente delicatezza i fogli che vi erano all’interno.

CA= Lei sa di cosa si tratta?

EZ= Come li hai avuti?

CA= Quando sono andata alla Wammy’s House, il direttore dell’orfanotrofio me l’ha consegnato dicendo che apparteneva al suo predecessore…

EZ= Interessante…

CA= Sarebbe così cortese da dire qualcosa di più esaustivo che “interessante”?!

EZ= Sono spiacente figliola, ma qui non posso esserti d’aiuto… almeno nella decifrazione; ma sono sicuro che le mani di Virgilio potranno esserti d’aiuto.

HA= Cosa?! Sta parlando dell’autore latino dell’Eneide?!

EZ= Esattamente…

Halle si portò una mano alla fronte per poi cominciare a camminare avanti ed indietro.

HA= (TRA SE E SE) Perfetto… fantastico, ora pure gli autori latini dei secoli prima di Cristo! Dovrò andare a riesumare la salma come minimo…

Mentre la bionda continuava la sua giaculatoria, Caroline si rivolse nuovamente al vecchio.

CA= Quando noi siamo scese nella catacomba, questa ha cominciato a crollare… mentre tentavamo di scappare, un gran numero di mani emerse dall’ombra hanno afferrato Halle per le gambe cercando di portarla giù con loro…

EZ= Com’erano queste mani?

CA= Grigie… quasi decomposte, senza tempo… e diabolicamente forti.

EZ= Mia cara, quelle erano le mani delle anime che erano sepolte laggiù a custodia della catacomba…

CA= Non capisco…

EZ= Vedi, tu eri destinata a scoprire quella cripta…

CA= Perché? (CON TONO IRONICO VEDENDO CHE EZRA STA PER RISPONDERE) Si, ho capito… la faccenda di Nimue e tutto il resto…

EZ= Esatto.. i guardiani ti hanno riconosciuto e non ti hanno fatto del male…

CA= Ma allora perché…

EZ= Perché hanno tentato di prendere lei? Nell’antichità era d’uso comune che il consultante predestinato portasse con se un’offerta sacrificale da donare alle anime… tu, giustamente non sapendolo, non hai adempiuto a tale consuetudine e per questo,le sentinelle si sono “servite” da sole cercando di prendere l’anima che viaggiava con te…

CA= Oddio…

HA= Fantastico, ora pure l’agnello sacrificale impersono?! Meraviglioso, che soddisfazioni essere un agente dell’SPK!

CA= Il fatto che non siano riusciti a prenderla… che conseguenze ha comportato?

EZ= Questo è impossibile saperlo…

Eljiah ritenne opportuno intromettersi, seppur timidamente.

EL= Ehm, io non vorrei essere pedante… ma rischiate di perdere l’aereo.

CA= Caspita, hai ragione! Arrivederci signor Levi, è stato un piacere conoscerla!

Si abbracciarono per qualche secondo…una volta scioltisi dalla stretta, Ezra accarezzò la guancia di Caroline, guardandola paternamente.

EZ= So che ci sono cose che sarebbe meglio non sapere mai…ma la disponibilità al sacrificio è il preludio alla libertà.

CA= In qualche modo devo ringraziarla… mi ha permesso di conoscere meglio la mia famiglia e di scoprire più profondamente chi sono io…

EZ= Ricorda… fidati delle mani di Virgilio.

Dopo il commiato da Halle, le due ragazze seguirono Eljiah che le condusse verso l’aeroporto; una volta giunte là, si salutarono fraternamente con il gigantesco nero che le aveva così di buon grado per ben tre giorni.

Quando salirono sull’aereo, Caroline si sentì come se un brandello della sua esistenza fosse rimasto là, indistricabilmente legato a quella moltitudine di canali, calli e ponti riecheggianti leggende e storie di altre epoche, ed un frammento della sua infanzia tornasse a lei andando a rendere più chiaro quel groviglio di ricordi spezzati che era stata quell’età.


HA= Beh, è stata un’esperienza elettrizzante…

CA= Fondamentale Halle… fondamentale…

L’aereo si librò nel cielo.


C’è un posto dentro te che tieni spento,
è il posto in cui nessuno arriva mai,
quella che non sei…




***

Due giorni dopo…

Tokyo, ore 09:00

Sebbene Near avesse concesso loro un po’ di tempo per riprendersi dal viaggio, le due ragazze si sentivano ancora leggermente scombussolate dal cambiamento di nove ore tra il fuso orario italiano e quello giapponese. Se non fosse stato per la sveglia previdentemente impostata, la ragazza avrebbe veleggiato nel mondo dei sogni per tutta la restante mattinata.
E come previsto, allo scoccare delle nove l’apparecchio cominciò a trillare spaventosamente; dal groviglio di coperte e cuscini azzurri, un braccino pigro fece capolino per andare a spegnere, a tentoni, quell’apparecchio molesto.

CA= (ASSONNATA) Va bene, va bene, ho capito… mi alzo!

La ragazza cominciò a districarsi da quel confortevole viluppo di lenzuola… ma quando scostò il lembo di lenzuolo che le copriva il capo…

CA= O SANTO DIO!!

RZ= Buongiorno principessa! Finita la vacanza veneziana?!

CA= Santo cielo Ryuzaki, mi hai fatto quasi prendere un infarto!

Ryuzaki assunse un’espressione da finto ingenuo.

RZ= Mica ti ho scritto sul Death Note… allora lì si che ti sarebbe preso l’infarto!

CA= Di solito i fantasmini come te,di giorno se ne stanno rintanati da qualche parte buoni buoni e non fanno prendere sincopi alla gente ignara che si sveglia!

RZ= Tsk, ma mi vedi?! Ho un fisico di zinco io!!!

CA= Di zinco?! O.o

RZ= Beh, è il metallo che usano per chiudere le bare…

CA= Con questa battuta meriteresti di essere riportato in vita solo per il gusto di ammazzarti subito dopo…

RZ= Su, ora metti da parte l’invidia per il mio formidabile umorismo, vatti a fare una doccia e renditi presentabile! Sembri un gatto…

Scuotendo la testa, la ragazza si alzò dirigendosi verso il bagno… una volta terminata la doccia, tornò in camera e indossò, non prima di aver cambiato le fasciature al braccio destro,  jeans blu scuro, una giacchina aderente azzurro cupo con chiusura alla russa dai tondi alamari ed i bordi di una sottile striscia oro, e decolleté blu. Fece così per uscire dalla stanza, quando un attacco di tosse, violento e roboante la colpì, tanto che dovette aggrapparsi con una mano allo stipite della porta, lasciandola con il respiro quasi simile ad un sibilo. Quando ritrasse la mano, l’orrore la prese: grandi macchie di sangue si stagliavano sul suo palmo, alcune talmente concentrate da assumere i toni del nero.
Dopo aver ripreso fiato, andò in bagno a lavarsi le mani ed a sciacquarsi la bocca, per poi dirigersi in sala, dove Ryuzaki la attendeva appollaiato sul divano.

RZ= Wow, come siamo eleganti! Quali sono i programmi per oggi?

CA= Un’entusiasmante giornata di lavoro… ecco cosa mi aspetta.

RZ= Vedrai Light stasera?

CA= Può darsi… perché?

RZ= Stai attenta Caroline… Light è un abile stratega... ed a volte è molto pericoloso.

CA= Che intendi dire?

Ryuzaki le pose davanti agli occhi un bicchiere colmo d’acqua.

RZ= Che cosa vedi qui dentro?

CA= Acqua…

RZ= Ecco, Light è così… un veleno senza colore.

CA= Credo riuscirò a cavarmela benissimo da sola…. arrivederci Ryuzaki.

Ed uscì.

 

Ti ho vista stare dietro a troppo rimmel,
dietro un’altra acconciatura,
eri dietro una paura
che non lasci mai…




***

“Allora, hai capito bene tutto quanto?”

“Si…non mi pare estremamente difficoltoso…”

“Infatti non lo è…”

“Sei veramente sicuro di volerlo fare?”

“Ho altra scelta?”

“Hai un’infinità di altre scelte…questa mi sembra la più estrema”

“Non ho più nulla da perdere… tranne scoprire la verità.”

“Non hai almeno del rimorso?”

“Amico mio…se c’è una cosa che ho imparato, è che se una cosa fa male, bisogna affrontarla subito, almeno il dolore finisce in fretta.”



***

Quella che non sei, quella che non sei non sei,
ma io sono qua e se ti basterà quella che non sei, non sarai
a me basterai…



Aveva appena parcheggiato la Gran Torino a circa due chilometri dall’SPK, ed una volta chiuse le serrature, si apprestò ad incamminarsi verso l’immenso grattacielo. Era quasi arrivata all’entrata, quando sentì una voce poco lontano da lei.

“Eccola eccola, la vedo! E’ lei, la riconoscerei tra mille! Si fermi qui!”

Guardandosi intorno, Caroline si accorse che la voce proveniva da dentro un taxi; sicura che si stesse riferendo a lei, si fermò ad osservare la vettura: scese velocemente dal sedile posteriore, una figuretta minuta e magrolina, alta all’incirca 155 cm, vestita elegantemente. La signorina aveva lunghi, lisci capelli castano-biondi con una frangetta pari che svelava due occhi dal verde chiarissimo simile alla giada; quando i suoi occhi incontrarono quelli di Caroline, aprendosi in un ampio sorriso, la ventiduenne rimase piacevolmente sorpresa.

CA= Non… ci posso… credere… (SORRIDENDO) AUDREY!!!

AU= Linne!

Le due ragazze si strinsero in un tenero abbraccio; la ragazza non era altri che la cugina diciassettenne di Caroline, Audrey Dunham. Dopodiché si sciolsero dalla stretta.

CA= Mio dio, quanto tempo che non ti vedo! Sei diventata bellissima!

AU= Oh, Linne, non sai quanto mi sei mancata!!! Sembra sia passato un secolo dall’ultima volta che ci siamo viste! Ehi, hai tagliato i capelli…. e li hai pure tinti di nero!! Stai benissimo!

CA= Grazie, ma che cosa ci fai qui?

AU= L’accademia di danza classica che frequento ha organizzato un tour di spettacoli in tutto il mondo! Quando ho saputo che una delle mete era Tokyo, non ci ho pensato due volte!

CA= E’ una sorpresa meravigliosa! Ti ha accompagnato zia Ruth?

AU= Purtroppo la mamma si è infortunata… ha una gamba rotta.

CA= Mio dio, come è successo? Ora sta bene?

AU= Oh, si non ti preoccupare, non è stato nulla di grave… è solo caduta mentre cercava di montare le tende da sola!

CA= Ma…allora chi ti ha accompagnato?

Troppo presa dal parlare con la cugina, Caroline non si era accorta che una seconda persona era scesa dal taxi, rimanendo educatamente in disparte; ma prima che Audrey potesse risponderle, la figura prese la parola.

 

“Ciao Caroline…”

Alzando lo sguardo oltre la ragazzina, Caroline fissò chi l’aveva salutata; quando mise a fuoco l’identità di chi aveva davanti, i suoi occhi si ridussero a due fessure.

CA= Mamma?!


***

“******? Sono *****”

“Alla buon’ora…ma che razza di persona sei?”

“Ho avuto molti contrattempi. Dimmi qual è la sua situazione.”

“Non buona.”

“Come sarebbe a dire?!”

“Quello che ti ho appena detto.”

“Non è possibile…”

“Sta morendo…”

Nell’udire quelle parole, il gelo.

“Morendo…?”

“Dobbiamo trovare qualcosa, o non arriverà alla fine del prossimo mese.”

“Non gliene parlare; non deve saperlo… ormai quello che è iniziato non può più fermarsi.”

“Farò come mi chiedi…anche se non hai la mia comprensione.”

“Non l’ho mai avuta, ed ora non credo che cambi qualcosa.”



***

C’è un posto dentro te in cui fa freddo,
è il posto in cui nessuno è entrato mai,
quella che non sei. *


Caroline rimase spiazzata; davanti a lei, vestita con cura, quasi perfetta… c’era sua madre, Janice Seyrig.
Era diversa da come la ragazza se la ricordava, ancora giovanile per essere una donna alla soglia dei cinquant’anni ed affascinante; portava i capelli castano-biondi in un ciuffo anni ’50 ed indossava un tailleur maschile grigio perla; curata in ogni minimo particolare, dagli orecchini ai bracciali, aveva truccato gli occhi castani con un sottilissimo filo di eye-liner e mascara. A Caroline sembrò di avere davanti una sconosciuta, una bella donna elegante e curata… ma sconosciuta. Quando parlò, la figlia trasalì.

JA= Caroline… i tuoi capelli…

CA= Non ci vediamo da cinque anni  e la prima cosa che hai da dirmi è sui miei capelli?

JA= Sembri diversa….

CA= Sono diversa.

JA= E sei incredibilmente magra…

CA= (IN TONO SERIO) Come stai, mamma?

JA= Bene…. Linne, noi dobbiamo parlare.

CA= Oh, si puoi dirlo forte… ma credimi, io dovrò solo ascoltare.

JA= Oggi non è il giorno adatto, tua cugina è appena arrivata e siamo molto stanche…

CA= La tua tattica non cambia mai… rimandare è il tuo sport preferito.

JA= Nessuna strategia… ti prometto che domani ne parleremo. Ora, perché mentre io vado in albergo, tu non porti Audrey un po’ in giro?

AU= Si, sarebbe una fantastica idea! Ti prego Linne, ti prego ti prego ti prego!

Caroline sorrise alla diciassettenne, accarezzandole il viso con una mano.

CA= E va bene…ma prima devo passare da dove lavoro.

JA= Noi ci rivedremo Caroline…

CA= Ciao mamma.

AU= Ciao zia! Riposati!!

E risalendo sul taxi, sparì alla loro vista.

CA= Seguimi tesoro… siamo poco lontane da dove lavoro.

Parlando del più e del meno, raccontandosi tutto ciò che avevano vissuto in questi anni di separazione, arrivarono davanti al grattacielo dell’SPK e vi entrarono, giungendo poi agli uffici di Near.

HA= Caroline, ma dove sei stata?! Ti credevamo persa!

CA= Halle, ti presento Audrey, mia cugina. Audrey, lei è Halle Lidner.

HA= (SORRIDENDO) Molto piacere.

AU= (C.S) Il piacere è mio!

Dopo Halle, Caroline presentò Audrey a Rester…

RE= Mamma mia, la vostra somiglianza è impressionante!

AU= Già, io e Linne ci assomigliamo molto per essere cugine J

…ed a Gevanni.

GE= Che cosa ti porta qui, Audrey?

AU= Sono qui per una serie di tour di danza classica in tutto il mondo… dalla zia ho saputo che Caroline era qui per lavoro e allora ho pensato di farle una sorpresa!

GE= Carino da parte tua!

Mentre Gevanni e Audrey chiacchieravano, Halle si avvicinò all’orecchio di Caroline, flettendo leggermente il busto verso sinistra.

 

HA= (SOTTOVOCE) Hai detto a tua madre che eri a Tokyo?

CA= Assolutamente no… e vorrei tanto sapere chi gliel’ha detto!

HA= Sta di fatto che ora tua madre è qui…

CA= Che bello…

HA= Che cosa hai intenzione di fare? Le dirai della malattia?

CA= Assolutamente no!


“Che cosa avete da chiacchierare in maniera così concitata?!”

Di colpo, dalla stanza accanto, comparve Near; se i suoi occhi non si soffermarono su Audrey nemmeno per un istante, la ragazza parve totalmente presa ad osservare  il ragazzo apparso davanti ai suoi occhi. Ne ammirò il viso aggraziato, gli occhi grigi e profondi e quei capelli così candidi e strani… un diciannovenne singolare, ma allo stesso tempo estremamente affascinante.

CA= Near! Ti presento Audrey, mia cugina.

Il ragazzo mosse appena qualche passo verso la ragazzina, che si sentì investita da una glaciale sensazione di inidoneità.

NE= Ah…Near.

AU= Piacere.

E gli porse la piccola mano; il ragazzo la guardò un secondo interdetto per poi rivolgersi verso Caroline.

NE= Caroline, L mi ha appena contattato.

CA= Oh. E…?

NE= E si è complimentato con me per la tua relazione su Kira.

CA= Mi fa piacere.

NE= Che cosa sta nascendo tra te e Light Yagami?

Se Caroline rimase spiazzata da quella domanda, lo mascherò egregiamente; sapeva per esperienza che con Near è sempre meglio non mostrarsi vulnerabili.

CA= Che vorresti dire?

NE= Che se con Mello ho lasciato correre, con Yagami non sono disposto a tollerare.
Mello non costituiva un ostacolo alle nostre indagini, anzi… ma Yagami è il nostro avversario e tu non puoi amoreggiare con lui.

CA= Mi stai minacciando?

NE= Ti sto solo mettendo in guardia… e proteggendo da un gioco molto pericoloso.

CA= Quando avrai terminato di usare le persone come pedine e di considerarle solo come vuoti involucri di carne, allora potrai parlare di protezione…. Nate.

La pronuncia del vero nome di Near da parte di Caroline, lasciò il ragazzo impietrito come il resto dei presenti. Nel proseguo del discorso, la voce della ragazza diventò più tagliente di una lama.

CA= In questi ultimi tre giorni passati a Venezia, ho scoperto più cose su di me e su di te di quanto tu possa immaginare… ma non preoccuparti, per me resterai sempre “Near”.

Gli voltò la schiena e si incamminò verso l’uscita, seguita da Audrey, mentre Near rimase immobile in piedi al centro della stanza.

NE= Caroline!

La ragazza continuava ad avanzare.

NE= Caroline! Torna qui immediatamente!

Una volta che fu uscita, incurante dei suoi richiami, Near comprese che Caroline aveva scoperto tutto quello di cui lui era già al corrente da anni; conoscendo il suo carattere, sapeva che il fatto di esserne stata tenuta all’oscuro per tutti questi anni le bruciava in maniera inimmaginabile.

Loro avevano lanciato la pietra, le acque si erano mosse, reazioni a catena stavano scaturendo… e Caroline non avrebbe più potuto essere fermata nella sua ricerca della verità.

NE= Che cosa abbiamo fatto…


***

“E’ arrivata?”


“Si mio signore…”


“Bene…la osservo da mesi… è perfetta.”


“Attendiamo i suoi ordini,padrone…”


“Al momento opportuno vi dirò cosa fare…”


***


AU= Scusa, ma Near è sempre così?

CA= No… a volte è anche peggio.

AU= Che bello… -_-‘

Camminavano per le strade di Tokyo, tranquille, senza pensieri tumultuosi per la testa.

AU= La zia mi ha detto… di Rachel.

CA= Già…

AU= Linne credimi, avrebbe voluto venire al funerale, ma la mamma si è infortunata proprio in quei giorni! Però mi ricordo che quando l’ha saputo, ha detto una cosa strana…

CA= Cosa ha detto?

AU= “Morgana non c’è più… ora il mondo è nelle mani di Nimue.”

CA= (IRONICA) Hai capito l’adorabile mammina…

AU= Cosa volevano dire quelle parole?

CA= Un giorno te lo spiegherò…

“Caroline!”

CA= Light!

Il ragazzo abbracciò Caroline dandole un piccolo bacio sulla guancia.

LI= Certo che è strano… migliaia e migliaia di abitanti e noi  ci ritroviamo sempre!

CA= Già… a proposito, non ti ho ancora presentato mia cugina… Audrey, questo è Light Yagami.

AU= Molto piacere…

LI= (FACENDOLE IL BACIAMANO) Il piacere è mio… la vostra somiglianza è sbalorditiva… la bellezza è uno dei doni della vostra famiglia a quanto pare.

AU= Oh, ehm…grazie!

Caroline sorrise nel vedere la cugina salutata in modo così galante da un bellissimo ragazzo; Audrey però, si riprese subito.

AU= Ehi, avete qualcosa da fare stasera?

CA= Ehm… non credo proprio…

LI= Nemmeno io.

AU= Beh, allora potreste venire a vedere il mio spettacolo, stasera alle 21:30 al teatro dell’opera! Tenete, ecco i biglietti!

Audrey porse alla cugina due rettangolini plastificati color crema, scritti con calligrafia dagli eleganti svolazzi.

CA= Audrey…

AU= Dai Linne, non preoccuparti! Ci tengo davvero che tu venga a vedermi!

CA= Allora ci sarò… Light?

LI= Nessun problema per me… se riuscissi a passare da me un po’ prima sarebbe meglio…

CA= Perché?

LI= Te lo dirò quando sarai da me… Ciao Caroline… Audrey.

Quando se ne fu andato, Audrey si girò verso Caroline con un sorriso a trentadue denti.

CA= Avanti, spara….

AU= Linne, è meraviglioso!!!!!! E’ bellissimo e insieme siete la coppia perfetta! Light è attraente, intelligente, galante e…

CA= Va bene, va bene, va bene Rossella O’Hara, frena gli entusiasmi da romanzi rosa! Tu non dovevi andare a teatro per le prove?!

AU= Oddio, è vero! Che ore sono?!

 

CA= Le 10:45!

AU= Arrgh, sono in ritardo! Dobbiamo muoverci!

CA= Vieni, prendiamo la mia macchina, a piedi non ce la farai mai ad arrivare in orario.

E si avviarono verso l’auto.


***

 

Quando il destino decide di prendersela con te, c’è ben poco da fare. Li aveva visti per caso, uscendo da un negozio… lei, Yagami ed una ragazzina di cui non conosceva l’identità. Nel vederli,una fitta lancinante l’aveva preso allo stomaco ed anche in quel momento doveva sforzarsi con tutto se stesso per non saltare in macchina e seguire quella Gran Torino che camminava spedita per il traffico.

Proprio quando sembrava essere riuscito a riemergere dallo sconforto del suo abbandono, lei gli ricompariva davanti più bella e fulgida che mai.

***

Ore dopo…

Era davanti al suo portone, fissando il campanello che pareva sussurrare “suonami, suonami, suonami”; inspirando profondamente, si decise a premere quel maledetto bottoncino d’ottone e, dopo pochi istanti, a vedersi aprire la porta da un angelo in jeans e T-shirt grigia.

LI= (SORRIDENDO) Buonasera signorina…

CA= Buonasera anche a lei…

La fece entrare, per poi richiudere delicatamente la porta; dopodiché la raggiunse e l’abbracciò.

LI= Mi sei mancata…

CA= (SORRIDENDO) Ma se ci siamo visti poche ore fa!

LI= Lo so… ma là non potevo certo fare questo…

E la baciò. Un delicato, dolce e terribilmente sensuale bacio a stampo.

CA= Ahh… è per questo che ti sono mancata…

E sorridendo ricatturò le labbra maschili. Dirigendosi verso la camera ancora uniti dal bacio, cominciarono a spogliarsi delicatamente l’un l’altro; ed una volta spogliati, non ci altro spazio che per loro.

***

“Il signor Levi?”

“**** suppongo…”

“Supposizione esatta. Avete creato un mostro.”

“Io non ho creato nulla.. ho solo riportato alla luce la persona che è stata destinata ad essere.”

“La vostra ossessione la metterà in pericolo.”

“La vostra ossessione l’ha portata a questo! Voi avete voluto celare tutto quanto!”

“Il mio protetto mi ha contattato… sarà pronta a tutto pur di sapere la verità.”

“E voi lasciate che la scopra… troppe cose si sono mosse per poterle nascondere.”


***

Erano seduti sul letto, abbracciati, la schiena contro la testiera e le gambe intrecciate. Caroline aveva indossato una camicia di Light, mentre il ragazzo dei semplici pantaloni di una tuta; cullata dalle carezze sulla nuca che Light le regalava, Caroline aveva poggiato il capo sulla spalla del ragazzo.

CA= Devo andare a casa… lo spettacolo di Audrey è tra un’ora e non ho niente da mettermi, qui!

Prima di risponderle, Light la baciò sulla fronte.

LI= Veramente ci sarebbe il mio regalo di Natale…

CA= Natale?! Ma mancano settimane!

LI= Beh, ho voluto giocare d’anticipo… aspetta qua.

Alzandosi da letto, aprì l’anta dell’armadio per poi poggiare sul letto una grossa scatola con una coccarda bianca sul coperchio; la ragazza si avvicinò al pacco, rimanendo in ginocchio al centro del giaciglio.

LI= Su… aprilo.

Caroline sollevò il coperchio della scatola, e dopo aver scostato due lembi di carta velina, ebbe tra le mani l’abito più bello che avesse mai visto.

CA= Light… è stupendo.

L’abito consisteva in un tubino lungo appena sopra il ginocchio, di seta nera e senza spalline; sotto il seno vi era una striscia orizzontale di seta color cipria, concludente a destra in un piccolo fiocco.

CA= Grazie… è meraviglioso!

LI= Nella scatola ci sono anche le scarpe… ora va a farti una doccia, perché non vedo l’ora di vedertelo indosso!

Ringraziandolo con un bacio, Caroline corse sotto la doccia. Durante il turno del ragazzo, indossò l’abito e le scarpe, rimanendo davanti allo specchio ad osservarne la bellezza e l’eleganza.

LI= Allora, ti piace?

La ragazza girò il capo verso destra e la visione che ebbe davanti agli occhi, le fece tremare le ginocchia: Light aveva adottato un abbigliamento totalmente nero, composto da pantaloni, maglia aderente a collo alto e giacca.

CA= Bellissimo…

LI= (SORRIDENDO) Chi, io o il vestito?

CA= Entrambi.

LI= Manca ancora qualcosa…

Così dicendo, le andò dietro la schiena per poi cingerle delicatamente la cervice con una collana meravigliosa: una sottile catenina d’oro bianco portava come ciondolo uno splendido smeraldo, delle dimensioni di una mandorla, tagliato in forma ovale ed incastonato in un’ “armatura” d’oro bianco. Caroline lo accarezzò con la punta delle dita, quasi timorosa di poterlo incrinare.

CA= Mio dio…

LI= Ecco, ora è perfetto…

CA= Light… è bellissimo.

LI = Lo cercavo dello stesso colore dei tuoi occhi… ma non esiste nessuna pietra di colore simile…

CA= (GIRANDOSI VERSO DI LUI) Grazie… è stupendo…

LI= Tu sei stupenda…

E si riunirono in un altro bacio.

LI= Dovremmo andare… allora, come sto?

CA= Sei bellissimo… come sempre.

Si avviarono verso l’uscita, e mentre Light aiutava galantemente la ragazza ad infilarsi il piccolo cappotto nero…

LI= Caroline…

CA= Si?

LI= Nel mio lavoro ho dovuto mentire molto, inventarmi storie per proteggere gli altri oltre che me stesso… ma quello che sto per dirti è la verità più assoluta.

CA= Va bene… cosa devi dirmi?

LI= Ti amo… e ti amo come non ho mai amato nessuna…

CA= Nemmeno… Takada?

LI= Nemmeno Takada.

Presa da quelle parole, Caroline lo baciò nuovamente, con più passione, con più trasporto… si disse che forse tutte quelle idee di Near su Light fossero solo pregiudizi, o rancori dal momento che il vero L era morto accanto a lui. Quando si staccarono. lo accarezzò dolcemente in viso.

CA= (SORRIDENDO) Ora però dobbiamo muoverci… o arriveremo in ritardo!

Mosse qualche passo verso l’uscita, quando Light…

LI= Ehi,smemorina… non dimentichi niente?

E mentre Caroline girava lo sguardo intorno, lo vide sventolare a mezz’aria la sua borsetta.

CA= Oh, già è vero! Grazie mio cavaliere…

Ed afferrando la pochette dalle mani maschili, uscirono definitivamente… ma non prima che Caroline si concedette di osservare un’ultima volta lo smeraldo che ornava il suo collo.


***

Arrivarono che il teatro era già gremito di gente, ma grazie ai biglietti che Audrey aveva dato loro, riuscirono a trovare i loro posti con estrema facilità; quando arrivarono, mille sguardi, che andavano dalla tenerezza nel vedere una coppia così giovane e bella all’invidia sia maschile che femminile, si catapultarono su di loro; le donne scrutavano sia Caroline, sia il superbo smeraldo che brillava tra le sue clavicole, sia Light con un misto di invidia e adorazione. Gli uomini parevano mangiarsi con gli occhi quel bellissimo folletto dai corti capelli neri e dalla pelle nivea, sospirando quasi di sconforto per il fatto che tanta magnificenza fosse già stata donata a qualcuno. Ma fu quando Light fece il baciamano a Caroline, prima di farla accomodare nella poltroncina color rosso sangue, tenendole sempre le dita, che il pubblico femminile ebbe quasi un istinto omicida verso la giovane donna. Quei due ragazzi erano talmente belli assieme da sembrare quasi inquietanti, due superbe statue di Fidia o Antonio Canova, rese vive dall’alito divino.
Una volta seduto, Light intrecciò la sua mano a quella di Caroline e flettendo leggermente il busto, le sussurrò alle orecchie:

LI= Sembra che abbiamo suscitato una discreta sommossa al nostro arrivo… non facevano altro che guardarci…gli uomini ti mangiavano con gli occhi.

CA=(SORRIDENDO)…e le donne parevano pronte a saltarti addosso…ma lascia che guardino, perché non possono fare altro.

LI= Alcune sembravano molto interessate a ciò che porti al collo…

CA= Credimi, se non fosse che è al mio collo, anch’io lo guarderei così… questo smeraldo è semplicemente magnifico.

Non continuarono oltre la loro chiacchierata, dal momento che lo spettacolo ebbe inizio; sulle note dello “Schiaccianoci”, Caroline individuò subito la cugina che poi indicò al compagno che, per tutta la durata della rappresentazione, non lasciò la sua mano. In quel momento, in quell’angolo di vita normale, Caroline parve dimenticarsi di tutti i suoi affanni: la tubercolosi, Kira, Mello, la profezia, Rachel e la madre… tutto parve scomparire magicamente, come risucchiato in un vortice lontano dal quale non sarebbe mai tornato… si sentiva come una semplice ventiduenne a fianco di un uomo innamorato di lei con il quale, forse, avrebbe avuto un futuro.

In quel momento, si sentiva felice.


Dopo altre due ore, l’opera volse al termine, permettendo ai ballerini di tornare sul palcoscenico per godersi gli applausi; alzatisi in piedi come tutti gli altri, Caroline e Light acclamarono il corpo di ballo ed in particolare Audrey, che con gli occhi aveva cercato,e trovato, la cugina. Al calare del sipario, la gente cominciò ad incanalarsi verso l’uscita.


LI= Dovresti andare da lei, ne sarà felice!

CA= Si, hai ragione… mi accompagni?

LI= Certamente! Ops, scusa un attimo…

Il cellulare di Light aveva cominciato a squillare, costringendo il ragazzo a rispondere.

LI= Và pure, ti aspetto all’uscita…

CA= Ok, ci vediamo là!

Entrando nei camerini, Caroline notò che la stessa reazione che gli uomini e le donne della platea avevano avuto al loro arrivo, si stava ripetendo anche dietro le quinte del palcoscenico: le ballerine osservavano il suo abito come il suo smeraldo, i ballerini invece parevano avere più interesse per ciò che era dentro l’abito. Sgomitando per il tumultuoso via vai di etoile, costumisti e scenografi e chiedendo un po’ a tutti, riuscì ad arrivare al camerino di Audrey; trovò la cugina darle la schiena, seduta davanti ad un mobile toilette dall’immensa specchiera. Appena la diciassettenne scorse il riflesso di Caroline dietro di sé, si girò aprendosi in un enorme sorriso.

AU= Allora? Come sono stata?

CA= Semplicemente magnifica…

Si abbracciarono ridendo.

CA= Tesoro, sei stata bravissima! Un vero trionfo!

AU= Oh, grazie! Grazie grazie grazie!

Quando si sciolsero dalla stretta, Audrey osservò per una attimo la cugina maggiore.

AU= Mio dio, sei bellissima… questo vestito è una favola, e… O MIO DIO!

CA= Che c’è?!

AU= (ENFATICA) Quello…è… UNO SMERALDOOOOO!!!!! Te l’ha regalato Light?!?!?

CA= Ehm…si. Come l’abito….

AU= Ti ha regalato un abito che in America ti costerebbe duemila dollari e uno smeraldo su dell’oro biancoooooo?!?!?!!?

CA= Ehm… si.

AU= WOW! Linne, non fartelo scappare, quello è da sposare!!!! E di corsa! Tramortiscilo e portalo in chiesa, io lo tengo fermo e tu lo colpisci!

CA= (RIDENDO) Calma romanticona… non siamo nemmeno fidanzati o chissà che altro!

AU= Lo baci?

CA= (IMBARAZZATA) Si…

AU= Ci vai a letto?

CA= AUDREY!

AU= Avanti, mica sono nata ieri! Allora?

CA= Affermativo…

AU= E’ sufficiente.

CA= Dov’è andata a finire l’ingenua ragazzina tutta Barbie e romanzi rosa?

AU= La tua macchina del tempo si è fermata al 2004, quando avevo dodici anni… sveglia, sono cresciuta!!!

CA= (IRONICA) Che gioventù…

AU= Bruciata? :)

CA= Altro che bruciata… carbonizzata!!!

E cominciarono a ridere; ilarità che venne presto interrotta.

“Chi è il tuo accompagnatore?”

Il sorriso morì sulle labbra di Caroline.

CA= Ciao mamma…

AU= Oh zia, dovresti vedere quant’è bello! Le ha regalato quello splendido abito che indossa e, guarda, questo meraviglioso smeraldo!

La madre riservò allo smeraldo della figlia, la stessa attenzione che si potrebbe dare ad una collana di perline di pasta di sale.

JA= Un compagno veramente magnanimo… qual è il suo nome?

CA= Light… Light Yagami.

Per un breve lasso di tempo, nel sentire quel nome la madre di Caroline si irrigidì.

 

JA= Quanti anni ha?

CA= Se ti preoccupa il fatto che possa uscire con ragazzi più giovani, rilassati… ha ventitré anni.

JA= E’ molto bello… e sembra veramente preso da te, non ti ha lasciato la mano nemmeno per un istante…

CA= Tu ci hai visti?

JA= Ero in prima fila, come potevo non vedervi?

CA= Fantastico…

JA= Beh, senz’altro mi sembra molto più affidabile di quella sottospecie di punk nostalgico per cui ti eri invaghita…

A quelle parole, Caroline si contrasse, stringendo i pugni talmente forte da far sbiancare le nocche.

CA= E tu come diavolo fai a sapere di Mello?!

JA= So più cose di te, Caroline…

CA= Ah, quello senz’altro, visto che non ti sei fatta scrupolo di tenermi nascosta circa metà della mia esistenza! Ma non ho voglia di rovinarmi la serata per te, riparleremo di tutto questo… ma non provare mai più a tirare fuori Mello. (AD AUDREY) Buonanotte Audrey, ci sentiamo domani.

AU= Notte Linne… a domani.

Mentre usciva da dietro le quinte, avvertì il telefono vibrare dentro la pochette.

CA= Pronto?

“Signorina Hale?”

CA= Si, sono io,chi mi desidera?

“Sono Misa Amane. La chiamo perché devo chiederle un favore riguardo al nostro incontro.”

CA= Si, certo… ma ti prego, dammi pure del tu.

“E’ un problema se posticipiamo l’orario del nostro incontro, anziché delle 16:00 alle 23:45?”

CA= Oh, ehm…no, nessun problema!

“Bene, allora ci vediamo alle 23:45 di domani al MoonBlood, io penserò a farti entrare senza dover aspettare.”

CA= Ma io non so dov’è questo locale!

“Basta chiedere al tassista, dolcezza… tutti sanno dov’è il MoonBlood.”

CA= Ehm… ok.

“Ah, un’ultima cosa…vestiti elegante e sexy, ci tengo a far vedere che le persone che incontro non sono gente qualunque…”

CA= Va bene… O.o

“A domani sera bambolina…”

CA= A domani…

E chiuse la telefonata, incamminandosi nuovamente verso l’uscita.

CA= (PENSANDO) Certo che ce n’è di gente strana al mondo… ora pure gli idol! Sarò una macchina attira- balordi?


Non si dilungò oltre; Light stava aspettandola ed insieme si diressero verso casa.


***


Tokyo, ore 23:42

Il taxi l’aveva appena lasciata davanti all’ingresso del locale, riconoscibile soltanto da un insegna a forma di mezzaluna rosso sangue. In conformità a quello che le aveva chiesto Misa, si era vestita con una minigonna di velluto nero, una maglia maniche lunghe dallo scollo a barca e totalmente scollata sulla schiena, collant e stivali neri dal tacco alto.

CA= (PENSANDO) Eccoci qua… dio, se ripenso allo sguardo del tassista, mi verrebbe da non entrare!

Quando Caroline aveva definito la propria destinazione, il conducente dell’auto l’aveva guardata come se avesse davanti una depravata o una scambista; dopodiché, l’aveva accompagnata al posto desiderato ed una volta fatta pagare e scendere, era partito a tutta velocità, come se quel posto fosse un girone dantesco dell’inferno.

CA= Su… ora che abbiamo fatto trenta, facciamo anche trentuno no?

Si avviò verso l’entrata del locale, che si apriva su una scalinata illuminata solo da piccoli candelabri a due braccia attaccati al muro; osservandoli, la ragazza si accorse che i piccoli candelieri avevano fattezze maschili e femminili, intrecciati in chissà quali amplessi, con le braccia che reggevano i ceri.

CA= Ok, credo di aver capito perché il tassista ha fatto quella faccia….

Terminata la scalinata, segno inequivocabile che il locale si snodava sottoterra, svoltò a destra, per arrivare davanti ad un piccolo arco gotico scolpito nella pietra, coperto da un pesante tendaggio color porpora; davanti a questo, una montagna d’uomo sui 30 anni, in giacca e cravatta… probabilmente il buttafuori. Caroline gli si avvicinò timidamente.

CA= Buonasera. Io…

UOMO= La signorina Hale?

CA= Ehm… si. Devo incontrare…

UOMO= Venga, la signorina Amane la sta aspettando.

CA= (PENSANDO) Io invece aspetto con ansia il momento che qualcuno mi faccia almeno finire la frase che comincio!

Scostando la tenda con un piccolissimo fruscio, l’uomo la fece entrare nel locale. Caroline venne avvolta dal buio, rischiarato soltanto da una luce rosso sangue, di un luogo gremito di gente: chi beveva seduto ai tavoli, chi ballava, chi guardava adorante belle e giovani ballerine di lap-dance inguainate in costumi piuttosto succinti.
Si trovava  in mezzo a una massa brulicante di gente che si attorceva in quella che si poteva definire una Danza Macabra… ragazze, ragazzi che quella notte si sarebbero conosciuti sommariamente per poi andarsi ad avvinghiare in una squallida toilette del locale; perfetti sconosciuti che dopo quell’unione, per natura atta a conoscere, lo divenivano ancora di più. Camminava facendosi largo tra la gente a forza di gomiti, sentiva gli sguardi ardenti e viziosi dei ragazzi che si posavano sul suo viso e sul suo corpo… Caroline  sapeva bene che ciò che volevano conoscere era solo una parte molto ben precisa e definita del suo fisico; per il resto, che fosse  Biancaneve o Elisabeth Bathòry poco importava.

Nei salottini, Caroline poté scorgere anche coppie, sia etero che omosessuali, lasciarsi andare in effusioni decisamente poco caste, complici forse i miasmi dell’alcool che scorreva a fiumi, e della droga, della cui presenza la ragazza era certa. Non era una puritana, né certamente una bacchettona, ma quella situazione ambigua, con quella sfumatura di perversione e trasgressione, non la faceva sentire a suo agio; mentre camminava attraverso quella fiumana di gente, per raggiungere il luogo indicatole dal buttafuori, un ragazzo dal volto coperto da un cappuccio, probabilmente ubriaco, le andò addosso, aggrappandosi ai suoi fianchi per non cadere e per evitare di versarle addosso il drink che stava bevendo.

RAG= Oh, scusa bellezza!

CA= Niente, non preoccuparti… ti sarei più grata se togliessi la tua mano dal mio fianco!

RAG= Oh, si si si, scusa tanto dolcezza!

CA= Và… e vedi di controllarti! Se vuoi ubriacarti, almeno fallo senza danni per gli altri!

Il ragazzo scomparve alla sua vista, inghiottito dalla ressa; fortunatamente era arrivata a “destinazione”; saliti due gradini, scostò una seconda tenda, più piccola della precedente, e si trovò in un salottino arredato con poltrone, divani e tavolini in stile Luigi XIV. Sul divano principale, Misa Amane, in un abito che Caroline non riusciva a capirne la forma, tant’era pieno di spacchi e strappi nei punti cruciali del corpo.

MI= Ciao, Caroline! Allora sei arrivata!

CA= Si, ci ho messo un po’ per attraversare tutta quella marea di gente, ma sono qui…

MI= Vieni, mettiti comoda!

La ragazza si accomodò su una delle poltroncine, guardando Misa negli occhi.

MI= Dal tuo sguardo, deduco che tu voglia andare subito al sodo… bene, mi piacciono le ragazze decise!

CA= Tu… conoscevi Light Yagami?

Al nominare il nome del ragazzo, Misa Amane si ombrò; l’abbandono da parte sua le bruciava ancora come il fuoco.  

MI= Intendi quello che mi ha portata a letto per due anni per poi lasciarmi in favore di una sgallettata presentatrice TV, anche più vecchia di lui?

CA= Kyiomi Takada è più vecchia di Light?

MI= Oh, si! Non di molto, solo uno o due anni, ma l’ha ammorbato per bene tra lezioni all’università e chissà cos’altro!

Sull’osservazione che Takada avesse ammorbato Light, Caroline ebbe delle riserve; non si fece però sfuggire il particolare dell’università.

CA= Andavano all’università assieme?!

MI= Stessa facoltà; siccome Light era molto avanti e ben preparato, decisero di farlo accedere direttamente al secondo anno, dove ha incontrato “quella”…

CA= (PENSANDO) Quindi Takada e Light si conoscevano già da molto tempo prima di tutto questo… ed ora,mentre hanno intrecciato una relazione, lei è la portavoce di Kira… ovviamente questo non basta a dire che Takada o Light siano Kira, ma tutte queste informazioni non sono da scartare…

Mentre era persa in quelle elucubrazioni, non si accorse che Misa stava fissando il ciondolo che portava al collo con particolare interesse.

MI= Bella collana…

CA= Grazie…

MI= Te l’ha regalata lui, vero?

CA= Si…

MI= Posso osservarla?

Al consenso di Caroline, Misa le si avvicinò, sollevando lo smeraldo dalla sua pelle e poggiandolo sul proprio palmo per osservarlo meglio.

MI= Un vero smeraldo… montato su oro bianco…. veramente pregevole. A quanto pare, ragazza, gli piaci particolarmente.

Mantenendo il viso leggermente alzato, Caroline si rese conto che lì dentro lei e Misa avevano una cosa in comune… entrambe avevano, o stavano, attraversando una relazione con lo stesso uomo. E l’incontro tra la vecchia e la nuova amante, non era una delle situazioni più piacevoli da vivere.

Ad un tratto rabbrividì: Misa stava delineando il profilo del suo collo con la punta del naso.

MI= Mmmmh… hai un buon profumo… e ancora quello di Light addosso…

Ridacchiando Misa si scostò leggermente.

MI= Tranquilla bambolina, non ci sto provando… hai altro da chiedermi?

CA= Tu… sei stata indagata come secondo Kira, vero?

MI= Ancora con questa storia?!?!? Lo ripeto, e l’avevo già detto a quel tizio strambo che mi aveva arrestata, io non ne so nulla di Kira o chissà cosa!

CA= Quel.. “tizio strambo”?

MI= Ma si, uno magro sfinito, con le occhiaie, leggermente curvo, dall’aria di un morto che cammina!

CA= (PENSANDO) Ryuzaki?!?!?! Quando torno a casa mi deve spiegare un bel po’ di cose, il signorino Casper! (A MISA) Con che accuse eri stata arrestata?!


MI= Con quella di essere addirittura il secondo Kira! Ma figuriamoci!

CA= (PENSANDO) Sembra essere sincera nell’affermare che non sa nulla… ma possibile che abbia un buco di memoria che copre tre anni?!

MI= Oh, ma che sbadata, non ti ho neppure offerto da bere! Rimedio subito!

Alzandosi, si diresse verso il mobile bar del salottino, e dopo aver armeggiato con bottiglie e bicchieri per qualche minuto, tornò da Caroline con due bicchieri colmi di liquido verde smeraldo; sopra l’orlo di ciascun bicchiere, era poggiata una piastrina su cui una zolletta di zucchero era avvolta da fiamme bluastre.

MI= (PORGENDOGLIENE UNO) Tieni… scommetto che non l’hai mai bevuto.

CA= Che cos’è?

MI= Assenzio… la bevanda della Fata Verde, l’elisir di bohemièn ottocenteschi…

CA= Oh… ma ora come lo devo bere senza, possibilmente,ustionarmi la bocca?

MI= Lascia che la zolletta di zucchero sia caramellata, e poi scioglila dentro al liquore…

Obbedendo alle direttive di Misa, Caroline dopo aver lasciato sciogliere lo zucchero, bevve il liquido smeraldino.

Ma tubercolosi ed assenzio, non sono un binomio fortunato.... Caroline cominciò a sentire i suoi polmoni sempre più pesanti, mentre la testa  le girava come una trottola; nel contempo, Misa si era alzata porgendole la mano.

MI= Vieni tesoro… abbiamo chiacchierato abbastanza. Ti accompagno all’uscita.

Caroline però era irrigidita, le immagini arrivavano ai suoi occhi sfalsate e rallentate, non riusciva a controllare pienamente i movimenti e gli input del suo corpo e del cervello.

CA= Che… cosa… hai messo… nella bevanda?

Quando Misa le rispose, lo fece con la voce più candida di quella di una bambina di 6 anni.

MI= Solo qualche goccia di mescalina… non preoccuparti, non ti ucciderà…

CA= Mescalina?!?!?! (TRA SE E SE) Merda, il farmaco del Trial! Se interagiscono sono morta!

MI= Tranquilla… tra due ore sarà tutto finito… vieni con me; (VEDENDO CHE CAROLINE SI OSTINA A VOLER ALZARSI DA SOLA) e se non vuoi sfracellarti per terra, afferra la mia mano.

Costretta dal difetto delle percezioni, Caroline fu costretta ad afferrare la mano della ragazza, che facendole attraversare tutta la folla precedentemente incontrata, la portò davanti alle tende dell’uscita. Nell’attraversare il locale, Caroline rivide quel ragazzo incappucciato che pochi minuti prima le era andato addosso; il suo viso, ancora ammantato dalla stoffa, era invisibile, riducendosi solo ad un inquietante macchia nera. Ma la stava guardando. Caroline sentiva il suo sguardo addosso.

MI= E’ stata una bella chiacchierata… buonanotte Caroline.

Prima che Caroline potesse rispondere, Misa la sorprese con qualcosa di insolito ed inaspettato… qualcosa che non avrebbe saputo prevedere.

La stava baciando.

E lei, dopo un momento di sconcerto, cominciò a ricambiare.

***


La sua schiena andò a finire contro ad una parete, dopo aver arretrato per parecchio.

Nessuna via di scampo.

Venne imprigionata nella sua stretta, quando con le braccia le cinse la vita in modo da tenerla ferma. Sentiva il suo respiro affannoso quanto il proprio, mentre lentamente si muoveva sinuosa per tenerla ancora più stretta a lei.

Le bocche che si incontravano, cercando i reciproci sapori, le mani che vagavano sui suoi fianchi e sulla schiena.

Le labbra di Misa lambivano il suo collo, le sue spalle, il piccolo incavo tra i seni, mentre le mani andarono ad accarezzare le magre cosce di Caroline.

Quando però le piccole mani della bionda cominciarono a spostarsi verso l’interno, Caroline parve rinsavire.

CA= No!

La spostò delicatamente, incontrando i suoi occhi. Alla luce sanguigna del locale, Misa rassomigliava ad un demone senza tempo, ad un nero angelo caduto.
Portandosi una mano alla bocca per la sensazione crescente di nausea, mormorò:

CA= Io… me ne devo andare… devo andare… devo andarmene da qui.

E scappò via, su per la scala, correndo finché l’aria gelida della notte non incontrò di nuovo il suo viso; il farmaco stava cominciando ad avviare la reazione collaterale con la mescalina. Priva quasi di forze, con la testa annebbiata e la nausea crescente, si accasciò contro il muro dell’edificio, il respiro corto e ridotto ad un sibilo.

Ogni volta che respirava, le sembrava che i polmoni venissero infilzati da migliaia di aghi; un violento attacco di tosse la prese, lasciandole un rigagnolo di sangue nell’angolo della bocca, a cui poi seguì una fitta lancinante allo stomaco.

Si piegò in avanti, e vomitò un liquido biancastro mescolato a sangue.

Quando si tirò su, sentì il suo corpo pervaso da brividi e sudori freddi, mentre la vista le si faceva sempre più annebbiata.

CA= (FLEBILE) Merda…

Sentì le forze venirle meno, non potendo far nulla per impedirsi di accasciarsi rovinosamente al suolo; ma proprio nel momento in cui avrebbe dovuto esserci l’impatto con il duro asfalto, sentì che due esili, calde braccia l’afferrarono saldamente, per poi tenerla a mo di principessa delle fiabe.

"Non preoccuparti tesoro… ora ti porto a casa.”

Rovesciando il capo all’indietro, perse i sensi prima di poter vedere chi l’aveva salvata.


***

 

Quando si risvegliò, era pomeriggio inoltrato, basandosi sui raggi del sole che filtravano caldi ed intensi dagli spiragli della tenda. Cercando di ignorare la sensazione di avere un dirigibile al posto della testa, spostò lo sguardo sulla poltroncina posta davanti alla finestra, occupata dalla magra figura di un individuo che lei ben conosceva; appollaiato sulla poltrona, a torso nudo e con una PSP in mano… c’era Matt.
Si guardò, e vedendosi vestita solo della maglia a righe rosse e nere del ragazzo, non poté non sorridere.

MA= Buongiorno, raggio di sole!

CA= Buongiorno…

Matt si alzò dalla poltrona, per andarsi a sedere accanto a lei, sul bordo del letto; vedendo che la ragazza guardava in successione prima la maglia da lei indossata e poi il petto nudo del ragazzo, la anticipò.

MA= (SORRIDENDO) Tranquilla, non ho approfittato di te mentre eri svenuta o dormivi, se è questo che ti preoccupa… ti ho solo spogliato dei vestiti e messo qualcosa di più comodo, cercando di toccare e guardare il meno possibile! J

CA= Grazie…

MA= Bella collana… chi te l’ha regalata?!

CA= Ah, lascia perdere… ehi!

Vedendo che Caroline stava cercando di alzarsi, Matt la spinse giù delicatamente.

MA= Ah-ah-ah no no no, non ci provare! La flebo è ancora a metà, e tu te ne stai buonina lì finché non finisce.

Osservandosi l’incavo del gomito sinistro, quello non coperto dalle bende, si accorse dell’ago comunicante ad un tubicino collegato a sua volta ad una sacca di liquido trasparente.

CA= Che cos’è?

MA= Ehm… antibiotici e qualcosa che fa l’effetto della dialisi se non mi ricordo male… te l’ha messo il medico.

CA= Il dottor Kishimoto è venuto qui?!

MA= Beh, a meno che io non abbia preso una laurea in medicina in ventiquattr’ore… comunque si, l’ho chiamato io.

CA= Che cosa ha detto?

MA= Che la malattia sta peggiorando… si sta rivelando più forte del previsto e che dovrà aumentare le dosi del farmaco del Trial…

CA= Maledizione…

MA= Caroline… la tubercolosi… come hai fatto a prenderla?

CA= Quando sono scesa nella catacomba… ero debole dall’epidemia e le polveri hanno fatto tutto il resto… ma parlando d’altro, per quale motivo eri davanti a quel locale ieri sera?

MA= Ehm…io… veramente…

CA= Oddio, non dirmelo… Mello era laggiù? (VEDENDO CHE MATT ANNUISCE) Santo cielo… era il ragazzo con il cappuccio, quello che mi è venuto addosso!!!! Era così vicino…così vicino, e io non l’ho riconosciuto! Avrà visto anche tutto quello che è successo con Misa, oh! Penserà che sono una depravata!

Matt infilò una mano nella tasca dei jeans, e tirò fuori una specie di piccolo tappo delle dimensioni di un chicco di grano.

MA= Se scopre che te l’ho fatta vedere mi ammazza… ma ti voglio bene, e non me la sento di nascondertelo…

Allungò la mano verso la ragazza, che ne osservò il contenuto; dopodiché cercò i fulgidi occhi verdi del ragazzo.

CA= Una microspia con microfono… ecco perché mi ha messo una mano sul fianco fingendo di cadere… per fissarla.

MA= Ha sentito tutto quello che tu e Misa Amane vi siete dette… compresa la faccenda della collana…

CA= Oh no… come ha reagito?

MA= Ha fatto finta di nulla… ma io lo conosco molto bene, e mi accorgo di quando simula… era distrutto.

Caroline abbassò lo sguardo,  cominciando a mugolare.

CA= No…no, non volevo andasse così…

MA= Caroline, so che non è colpa tua, che non vuoi fare del male a Mello… ma lui è fatto così… e tu sei diventata il suo tormento continuo… ti ama, e questa cosa lo spaventa… starti lontano è la sofferenza più grande che abbia mai vissuto, e non riuscirà a resistere ancora per molto…tornerà.

CA= Non deve… non deve tornare… o soffrirà di nuovo, e io non voglio…

MA= All’amore non si comanda Linne… ah, quasi dimenticavo! Nella tua segreteria telefonica ci sono circa tremila messaggi!

CA= E di chi?

MA= Tre di Halle, uno di Audrey e quattro di tua madre…

CA= Oddio, l’avevo dimenticato! Oggi devo incontrarmi con lei!

Afferrò il cellulare e compose il numero della madre.

CA= Mamma, sono io…. no, non sono andata da nessuna parte e non sono morta. Dove dobbiamo incontrarci?..... si…. ok. Ci sarò.

E chiuse la telefonata.

MA= Alla faccia del calore famigliare!

CA= Eh?

MA= Un pezzo di ghiaccio sarebbe stato più passionale..


CA= Non ho un bel rapporto con mia madre…

MA= Quello anche un ritardato l’avrebbe capito…

CA= Su, devo rendermi presentabile. Basta poltrire!

Dopo essersi sfilata l’ago della flebo dall’incavo del gomito, scese dal letto e si diresse verso il bagno; prima che potesse uscire, Matt riparlò.

MA= Perché hai quella fasciatura sul gomito destro?

CA= Questa? Gli effetti collaterali del Trial…

MA= Linne, se non dovessi riuscire a guarire, tu…

CA= Si, Matt… proprio quello.

Un ombra di sconforto passò come un lampo sugli occhi smeraldini del ragazzo, mentre una eventualità che mai avrebbe voluto contemplare, gli si poneva davanti.

CA= Non preoccuparti… guarirò.

MA= Ne sei sicura?

CA= No… ma perché non sperare?

E sparì in bagno. Non sentendosi di lasciarla da sola, nel timore di un secondo malore, Matt attese pazientemente, spostandosi nella sala; aveva cominciato a provare per Caroline quell’affetto che si prova per una sorella e non riusciva a capire perché Mello se la lasciasse scappare in maniera così indolente. Dopo circa un quarto d’ora, la ragazza lo raggiunse, portando con se un profumo delizioso.

CA= (SORRIDENDO) Allora, come sto? Posso comparire davanti a mia madre senza sentirmi dire che sembro una ballerina del Moulin Rouge?

MA= Sei splendida…

La ragazza aveva indossato un largo maglione blu scuro dal collo a ciambella e dalle maniche a pipistrello, sopra a dei jeans stretti ed a delle decollèté rosse dal tacco alto.

CA= Grazie mille, non sentivo farmi un complimento dai tempi delle guerre puniche!

Matt non poté reprimere una risata, per poi posarle le mani sulle spalle.

MA= Coraggio, vedrai che andrà tutto bene… sei in gamba e sei una ragazza forte, ok?

CA= Ok… grazie!

Si abbracciarono fraternamente; quando si sciolsero, Matt la guardò con occhi sornioni.

MA= Ehm… Linne posso chiederti un favore?

CA= Che c’è?

MA= Ieri sera, la macchina l’ha presa quell’altro…

Caroline suppose, inarcando un sopracciglio, che con “quell’altro” Matt si riferisse a Mello.

CA= E…?

MA= E non è che potresti darmi un passaggio con la tua? In più un uccellino mi ha detto che hai una Ford Gran Torino del 1972 favolosa… ed io ho sempre sognato salire su una di quelle macchine vintage!

Vedendo che il ragazzo la stava guardando con occhi da cucciolo implorante, decise di giocare anche lei.

CA= Sai, credo proprio che quell’uccellino sia davvero ben informato… e visto che oggi mi sento particolarmente buona…

Dalla propria borsa, la ragazza tirò fuori le chiavi della macchina e le ondeggiò davanti al viso dell’amico.

CA=…ti consentirò di guidarla.

Matt la guardò come un bambino estasiato dal nuovo gioco che aveva di fronte; afferrando fulmineo le chiavi, cominciò a sperticarsi in lodi.

MA= Grazie, grazie, grazie, grazie!!!!!! Sei la migliore amica che uno sconclusionato come me possa desiderare!!!!! Guiderò una Gran Torino, non ci posso credereeeeeee!!!

CA= Va bene, va bene Easy Rider, ora calmati, sennò arriviamo in ritardo! Su, andiamo!

Mentre Matt usciva, veleggiando in estasi al pensiero della macchina che lo stava aspettando, Caroline chiuse il portone di casa… non prima di aver visto davanti a lei, seduto sul mobiletto del corridoio, Ryuzaki che le sorrise strizzandole un occhio, a cui lei rispose con un secondo sorriso.

***


Circa un quarto d’ora dopo, i due amici arrivarono davanti al locale; mentre Caroline, seduta sul sedile del passeggero, trafficava dentro la borsa con il capo chino, Matt si sporse con il busto verso destra, arrivando vicinissimo al viso dell’amica, con un espressione di assoluto stupore dipinto nei bei lineamenti.

MA= Porcaccia la miseria… questo si che è un ristorante!

Alle  parole del ragazzo, Caroline alzò la testa e seguendo lo sguardo dell’amico, si voltò verso la sua stessa direzione.

CA= Oh no… no, no, no,no!! Io giuro che la detesto! Di tutti i ristoranti che c’erano, proprio il più lussuoso doveva andarsi a scegliere?!!?

MA= Beh,non si può certo dire che sia morigerata nelle scelte… comunque dovrai entrare prima o poi…

CA= Grazie mille per l’incoraggiamento…

Dopo essersi salutati, Caroline si soffermò un attimo nell’osservare l’esile figura di Matt allontanarsi a piedi per poi ringraziarlo mentalmente per tutto ciò che aveva fatto; inspirando profondamente, si decise poi ad entrare.

Una volta fatto il proprio ingresso nel sontuoso ristorante, si avvicinò ad un piccolo leggio, dove un pomposo maitre di sala le si rivolse chiedendole il nome.

 

CA= Caroline Hale…

MAITRE = Prego, venga… c’è già una persona ad attenderla…

La scortò premurosamente ad un tavolo quasi al centro della stanza, dove sua madre stava aspettandola seduta compostamente al tavolo; con un gesto di squisita cavalleria (chissà se dettata da spontaneità o da rigida etichetta) il maitre scostò la sedia dal tavolo e fece accomodare Caroline, per poi allontanarsi. Subito, la ragazza sentì lo sguardo scrutatore della madre esaminare,con occhio scandagliatore, l’abbigliamento della figlia.

CA= Sono conforme ai tuoi target radical-chic?

Janice le rispose piccata, quasi fosse stata punta nel vivo.

JA= Potresti anche abbandonare quel tono impertinente, signorina… sono pur sempre tua madre.

CA= Dipende se parli di affezione o di genetica…

JA= C’è differenza?

CA= Molta più di quanto immagini.

JA= Sei più razionale di quanto mi ricordassi…

CA= Sono la pietà, la commiserazione, il perdono che mi mancano… non la razionalità.

JA= Ti ho ingannata e me ne dispiace, davvero… capisco che tu voglia pareggiare i conti, ma la durezza non porta a niente…

CA= No…per andare pari, pari veramente, dovrei abbandonarti per circa sei o sette anni, periodo durante il quale ti ho mentito su tutta la mia vita, e poi tornare come il figliol prodigo… così saremmo pari mamma… quel che si dice quadratura.

JA= Se potessi tornare indietro nel tempo lo farei, ma non posso… voglio solo dirti che sono una persona diversa ora…

CA= Oh, che bello… e chissene frega.

JA= Non mi faccio illusioni, so che non merito il tuo perdono. Tuttavia ti prego di averlo in nome del nostro legame.

CA= Tu parli di legame… hai almeno una vaga idea delle migliaia di sfumature che esistono per questa parola?

JA= Tu non capisci…

CA= No, ma ho capito che ho ascoltato fin troppo.

Fece per alzarsi, ma la madre le si rivolse imperiosa.

JA= Caroline Esther Magdalene Seyrig, fermati subito!

Rimasta eretta in piedi davanti al tavolo, Caroline la guardò severamente, facendo assumere alla propria voce, la durezza del marmo.

CA= Che c’è? Vuoi minacciarmi come hai fatto quando me ne sono andata di casa? Fa pure… non ti ho obbedito allora che avevo 16 anni, non lo farò ora, che ne ho 22.

Janice si rese conto che quella davanti a lei non era la Caroline che conosceva… sua figlia era dolce, passionale, emotiva, un turbine di allegria e vitalità… la bellissima ragazza che aveva di fronte in quel momento, era un essere algido, cinico, razionale fino all’imperturbabilità.

JA= Linne, ti prego siediti…

La ragazza accondiscese.

CA= Mi hai lasciato a me stessa da quando avevo 12 anni! Ora torni dieci anni dopo e pretendi che ti accolga a braccia aperte?! E’ un po’ tardi per fare la madre.

JA= Che cosa avrei dovuto fare?! Dopo la morte di tuo padre, mi sono trovata ad occuparmi di te da sola, poi la confr…

CA= AVRESTI DOVUTO OCCUPARTI DI TUTTE E DUE! ANCHE RACHEL ERA TUA FIGLIA!!! LEI NE AVEVA LO STESSO DIRITTO! NON SEI NEMMENO VENUTA AL FUNERALE, MA CHE RAZZA DI MADRE SEI?!

JA= Rachel era osservata da Ezra… ma tu, tu Caroline eri diversa. Come la donna di cui porti il nome, avevi nell’animo un’irrequietezza tale che se non fossimo riusciti a controllarti, sarebbe potuto succedere il finimondo.

CA= Che stai dicendo?!

JA= Nimue fondava la sua magia sui quattro componenti della natura: acqua,fuoco, aria e terra. E come per lei, anche il tuo corpo interagiva con questi elementi, in connubi di atomi e genetica… per questo motivo hai sempre amato la natura,Caroline… perché sei parte di lei.

CA= Stronzate. Sono una donna normale, non una fatina dei boschi.

JA= Caroline, te ne prego, ascoltami… Rachel negli ultimi anni era persa, mi rimanevi solo tu! Non ha mai avuto la tua forza di carattere e non fu in grado di gestire le visioni, che la fecero impazzire quasi del tutto.

CA= No mamma, lei non era pazza! Lei era un genio… e io solo la sorellina da mostrare in giro e che tutti definivano bellissima…

JA= Caroline, a 15 anni il tuo Q.I era di 150… Rachel non lo aveva.

CA= I numeri non fanno le persone,mamma… benché avesse un ruolo importante nel futuro della confraternita, ti sei sempre vergognata di Rachel, tu stessa sei stata la prima ad emarginarla! Aveva solo me… tu non c’eri mai, per nessuna delle due. E hai lasciato che me la rinchiudessero in un ospedale psichiatrico.

JA= Ho cercato di trovare un luogo dove il mondo non la ferisse… dove non sarebbe stata in pericolo.

CA= Hai lasciato che la chiudessero in un manicomio!! Secondo te è un posto normale?! Dopo la morte di papà hai pensato solo a te stessa.

A quelle parole, forse troppo veritiere, la madre di Caroline scoppiò a piangere.

JA= Caroline, ti prego!! Cosa avrei dovuto fare?!  Erano anni difficili per me, e tu sembravi un’estranea! Avevi occhi solo per tuo padre!

CA= E NON A TORTO!! ALMENO PAPA’ C’E’ SEMPRE STATO! Dimmi, quante volte hai compiuto i gesti di una madre?! Quante volte ci hai rimboccato le coperte, giocato con noi, lettoci una favola?! Ti sei mai interessata ai nostri sogni, alle nostre passioni?! Rispondo io per te…no . Mai… mai una volta, una dannatissima volta che tu abbia provato a parlarmi ed a conoscermi… non come una bambina o come un’amica… ma come tua figlia.

JA= Hai tutto il diritto di dirmi queste cose, ma dammi una seconda possibilità Linne… ti prego… sono tua madre.

CA= Una madre che mi ha lasciato crescere da sola… se sono quello che sono, lo devo solo a me stessa… ed a mio padre.

JA= Mi dispiace tanto..


La ragazza ritenne opportuno chiudere lì quella conversazione, sentiva un groppo crescente alla gola e non voleva infierire troppo sulla madre; si alzò in piedi e la guardò fissa negli occhi, occhi che Janice non aveva mai visto così profondi e brillanti.

CA= Se davvero vuoi fare qualcosa, vai a visitare la tomba di tua figlia. Rifletti sulla sorte di mia sorella e torna da me quando avrai schiarito le idee.

Mosse qualche passo verso l’uscita del ristorante, quando la madre la richiamò indietro.

JA= Caroline!

La ragazza si voltò lentamente, per poi riavvicinarsi al tavolo.

CA= Che c’è?

JA= Prima che tu te ne vada, volevo darti questi…

E così dicendo tirò fuori dalla borsa, impilati uno sopra l’altro, dieci quaderni dalle copertine in pelle color cremisi che allungò poi verso la figlia, che la guardava interrogativa.

CA= Che cosa sono?

JA= I diari di tuo padre…

Quelle parole lasciarono Caroline sbigottita; passò delicatamente sulla copertina del primo fascicolo la punta delle dita, sorprendendosi della morbidezza del corame.

CA= Papà teneva un diario?

JA= L’ha tenuto per ventuno anni… da quando ci siamo sposati alla sua morte; questi quaderni coprono l’arco di tempo dal 1980 al 2001…

CA= Perché me li dai?

JA= Eri la sua figlia prediletta e ti amava più di quant’altro avesse al mondo…. E’ giusto che tu li legga.

Caroline afferrò gentilmente i dieci volumi, tenendoli adesi al petto e sorreggendoli nell’incavo del gomito.

CA= Grazie… dopo sei anni, è la prima azione giusta che fai.

E dopo queste parole uscì dal locale, i lineamenti del bellissimo volto talmente tirati da sembrare scolpiti nel marmo, lasciando sua madre schiacciata sotto il peso del rimorso.






 

  
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