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Autore: _Fedra_    13/08/2011    2 recensioni
PER TUTTI COLORO CHE DESIDERANO UN FINALE DIVERSO PER LA SAGA. Sono passati cinque anni da quando Cate ha lasciato Narnia, rassegnandosi a una vita normale e abbastanza scontata. Ma la ragazza non sa che le porte di quel mondo parallelo stanno per riaprirsi di nuovo e che lei potrebbe essere l'unica in grado di salvare coloro che ama da un terribile destino. Una fiction che stravolge l'intera saga, ai confini della fantasia, fino all'ultimo, cruciale passaggio che porterà oltre ogni confine.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The passage'
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Salvataggio con stile
 


“Per l’amor del cielo, Giulia, calmati e cerca di spiegarci che cos’è successo!” esclamai io prendendola per le spalle e cercando di farla ritornare dalla parte della ragione, ma in tutta risposta ricevetti un’esplosione di singhiozzi ancora più disperata della precedente.
“E’ stato mentre tentavamo di guadare il fiume Beruna” intervenne Edmund. “Ci hanno presi alle spalle. Improvvisamente tutto è stato avvolto da una strana nebbia e poi, quando finalmente la nube si è allontanata, Massimo non c’era più”.
Alle sue parole, Giulia prese a strillare e a dimenarsi ancora di più. In pochi minuti, le maniche della mia camicia furono completamente fradice, come se stessi cercando di tenere puntato contro di me un idrante.
“E’ stata la cosa più strana che mi fosse mai accaduta” osservò Rebecca, che fino a quel momento era rimasta in disparte fra le felci. “E’ come se di colpo non sentissi più nulla, solo quella nebbia terribile a oscurarmi la vista. Sembrava quasi quel libro di Stephen King in cui…”.
“Va bene, Rebecca, abbiamo capito” mi sbrigai a interromperla in previsione di un’altra serie di urla da parte della povera Giulia.
“E’ stata la Strega Bianca!” ululò lei come un’ossessa. “Lo so, lo so che è stata lei, quella maledetta befana! Non è vero, Edmund?”.
“Giulia ha ragione” confermò il ragazzo. “Era la stessa nebbia che visto l’ultima volta che sono stato qui. E’ probabile che la strega stia diventando più forte”.
“Ma perché proprio Massi? Perché il mio cucciolo, il mio amore, il mio principe azzurro? Perché, perché, PERCHE’?” singhiozzò Giulia.
“Io penso che sia stata la solita obiettività della strega a fregarvi” ipotizzai io. “Vedete, lei è sempre così presa da ciò che vuole da scordarsi tutto il resto. Non è così che dice Lewis? E’ probabile che in quel momento,  vista l’incredibile somiglianza con Edmund, ci sia stato uno scambio di persona”.
“Io ero più avanti di loro e per qualche minuto mi sono trovato fuori dalla nebbia, prima di poter intervenire” aggiunse Edmund.
“Anch’io poco fa mi sono imbattuta in quella nebbia” proseguii io. “La strega mi ha mandato l’orrenda visione di Edmund nelle segrete del suo castello,” Giulia lanciò un urlo tale che uno stormo di uccelli si levò in volo spaventato dalla cima del faggio sul quale si era rifugiato “ma ora che ci ripenso, non sono riuscita a vederlo in faccia”.
“Perfetto” disse Edmund. “Allora sappiamo dove trovare il nostro amico”.
“Dobbiamo partire subito, prima che sia troppo tardi. Non credo che Massimo reggerebbe un incontro ravvicinato con la Strega Bianca”.
“Non dev’essere molto lontano da qui” osservò il Giusto indicando la direzione in cui erano venuti. “Ma, a piedi, temo che la cosa si riveli un po’ più complicata del previsto”.
“Ci servirebbe un mezzo di trasporto” osservò Rebecca lambiccandosi il cervello. “Che so, un cavallo, per esempio”.
Si interruppe bruscamente nell’avvertire uno schiocco secco rompere il silenzio della foresta. Ci irrigidimmo tutti per lo spavento, io ed Edmund con le spade prontamente sguainate, in attesa che il grosso animale che si stava avvicinando a grandi passi nella nostra direzione facesse capolino tra le felci. Sospirammo di sollievo quando la grande testa di un bellissimo cavallo sauro sellato di tutto punto emerse dalla vegetazione.
“Ma questo è il cavallo dello zio Aldo!” esclamò Rebecca sconcertata. “Che diavolo ci fa qui?”.
“PHILIP!” gridammo io ed Edmund correndo ad accarezzare il nostro vecchio amico.
“Ciao, ragazzi” ci salutò lui scrollando la criniera rosso fiamma. “E’ bello ritrovarvi qui”.
“Io ti ho visto nel mio mondo” osservai mentre gli grattavo le orecchie.
Il cavallo mi lanciò un’occhiata furba. “Non so di preciso come ci sono finito”rispose. “L’importante è che ora siamo di nuovo tutti qui. E, a quanto vedo, avete anche bisogno dell’aiuto di un valido destriero”.
“Hai sentito la nostra chiamata?” domandai.
“Certo, non vi ho persi di vista neanche per un attimo. Ma non posso mica portarvi tutti insieme”. Detto questo, voltò il capo e lanciò un nitrito verso qualcosa che si nascondeva fra gli alberi.
Subito si udì l’inconfondibile rumore di zoccoli che trottavano sulla terra battuta, poi uno splendido cavallo baio emerse al suo fianco.
“Figli di Adamo, ho l’onore di presentarvi Ramon, mio fedele compagno di ventura” disse Philip.
“Allora,” ci salutò lui raspando nervosamente al suolo con uno zoccolo “si va?”.
Philip emise un nitrito acuto che assomigliava in maniera impressionante a una risatina. “Ramon è un cavallo da guerra” scherzò “ed è difficile tenerlo fuori dalla battaglia”.
“Bene, allora perché attendere oltre?” rispose Edmund ridendo. “Coraggio, possiamo salire in due su ciascuno di voi. Rebecca, Giulia, ve la sentite di salire su Ramos?”.
Giulia fece un debole cenno con il capo, mentre Rebecca arricciò il naso. “Non so se me la sento” disse piano.
“Stai tranquilla, è più facile di quanto pensi” la tranquillizzai io.
“Cate, tu e io saremo con Philip” aggiunse Edmund.
“Va bene”.
Dopo innumerevoli tentativi (la prima volta per poco Rebecca non cadde dall’altra parte e Giulia era così agitata che alla fine Edmund fu costretto a prenderla in braccio e issarla sulla sella con le sue forze), finalmente fummo tutti a cavallo.
“Mi raccomando,” disse il ragazzo mentre si apprestava ad aprire la fila “tenetevi forte a Ramon e fidatevi di quello che fa. L’importante è che non rimaniate indietro, altrimenti rischiereste di perdervi. E non irrigiditevi troppo sulla sella, o rischierete di cadere. Tutto chiaro? Bene, andiamo!”.
Il ragazzo diede un forte colpo di talloni a Philip, il quale si impennò lanciando un forte nitrito, fiero e ardente di energia come la prima volta, partendo poi a un galoppo sfrenato fra gli alberi. Presa alla sprovvista dall’incredibile velocità a cui stavamo filando, io strinsi ancora più forte le braccia attorno alla vita di Edmund e premetti il volto contro la sua schiena, lasciandomi trasportare, il vento che mi scompigliava i capelli con un sibilo. Dietro di me, udivo il galoppo cadenzato di Ramos che avanzava con marziale disciplina a meno di un metro dal compagno. Speravo solo che non si forse perso per strada Giulia e Rebecca.
Continuammo a galoppare per un tempo infinito, zigzagando pericolosamente fra i tronchi degli alberi, le fronde più basse che ci frustavano il viso, mentre il sentiero si faceva sempre più impervio e ricco di ostacoli per l’abbandono (mi si mozzò il fiato quando saltammo un tronco caduto).
Finalmente, dopo quelle che a me parvero ore, giungemmo in vista del castello della Strega Bianca. Il ghiaccio che nel mio primo viaggio a Narnia lo rivestiva completamente si era sciolto, formando un grande lago nero che lo circondava da tutti i lati, rivelando il suo scheletro in una strana pietra scura dall’aspetto sinistro, di gran lunga diversa da quella vulcanica che ero abituata a vedere.
“Non riuscimmo mai a passare” osservai mentre passavamo in rassegna le sponde deserte del lago.
“Ne sei sicura? Non faresti prima a chiedere una barca?” domandò Rebecca in tono scherzoso.
Non feci in tempo a risponderle, che le immobili acque gelide si incresparono, mentre una minuscola imbarcazione di legno emergeva lentamente e si avvicinava alla riva come per magia.
“Adoro far parte di una storia senza essere uno dei personaggi!” esclamai stupefatta.
Edmund mi aiutò a scendere da cavallo, poi, dopo aver fatto smontare anche le altre due (Giulia assomigliava in maniera impressionante a un gatto persiano appena uscito dalla lavatrice), salimmo sulla barca e mollammo l’ormeggio, prendendo ad avanzare silenziosamente verso il castello della nostra nemesi.
A ogni metro, gli occhi di Giulia si facevano sempre più scuri, mentre la ragazza assumeva un cipiglio sempre più omicida.
“Me la pagherai, maledetta befana” sibilava di tanto in tanto, i pugni stretti contro il petto. “Me la pagherai”.
 
Entrare nel castello della strega quella volta più molto più facile che uscirne la volta precedente. Io ed Edmund sapevamo che non potevamo risalire la grata che ci aveva salvati dai sotterranei, perciò cercammo altre vie all’esterno. Dopo una breve ricognizione, decidemmo di forzare uno dei grandi finestroni laterali e di calarci all’interno senza dover passare dal cortile centrale, un tempo pieno di statue. Edmund, però, non aveva calcolato che noi tre non avevamo la sua stessa agilità nell’arrampicarci sui ripidi costoloni che fiancheggiavano la struttura e più di una volta dovemmo cambiare percorso, visti i terribili attacchi di vertigini che ci assalirono dopo i primi metri in salita. Nonostante il ragazzo aiutasse anche Giulia e Rebecca, in realtà i suoi occhi neri erano perennemente puntati su di me, come se temesse una mia caduta da un momento all’altro. D’altro canto, in una situazione del genere, preferivo di gran lunga la sua presenza rassicurante al mio fianco, imitando in qualche modo il comportamento protettivo che avevo avuto nei suoi confronti la notte in cui ci eravamo ritrovati a condividere la medesima cella. Finalmente, ci calammo attraverso lo stretto varco che ci eravamo aperti nella vetrata, ritrovandoci ai piedi del tamburo di quella che sembrava una grande cupola, al disotto della quale si stagliava l’enorme sala del trono. La voce della strega riempiva tutto l’ambiente, rimbombando sinistra sui muri gelidi, nonostante il ghiaccio fosse completamente sparito.
“Non posso credere che abbiate potuto arrivare a tanto, razza di mocciosi” stava dicendo con stizza. “Il mio piano era perfetto, Lewis era mio, avrebbe distrutto Narnia e voi con lei e io avrei finalmente trionfato su Aslan!”.
“Ma che cazzo stai dicendo?” chiese una voce tranquilla nell’oscurità.
Al mio fianco, per poco Giulia non svenne. Allungai appena lo sguardo oltre alla balaustra che ci separava dal precipizio quel tanto che bastava per scorgere Massi, il quale, nonostante avesse le caviglie bloccate da una pesante catena, se ne stava tranquillamente seduto sui gradini della sala come se nulla fosse, intento a prepararsi una delle sue sigarette.
“E’ stata quella stupida ragazzina, non è vero?” continuò Jadis, come se il ragazzo non avesse aperto bocca. “Quella sciocchina innamorata di te”.
“Oh! Non parlare male della mia ragazza che ti spacco il muso, brutta troia!” la minacciò Massi.
“Io parlo di lei come mi pare e piace!” rispose la strega in tono sprezzante. “Se non fosse stato per quella ragazza, a quest’ora non avrei dovuto affannarmi tanto per dominare Narnia. E invece, grazie a lei, ogni volta che mi ritrovo a un passo dalla vittoria, eccola che arriva e mi manda tutto all’aria. Senza di lei, tu e i tuoi odiosissimi fratelli non avreste avuto scampo, vi avrei uccisi non appena avreste messo piede in questo mondo!”.
“MA SE SONO FIGLIO UNICO!” sbottò Massimo sgranando gli enormi occhi color nocciola.
“In ogni caso, questa volta non le permetterò di rovinare tutto” continuò la Strega Bianca fregandosi le mani. “La sto aspettando e allora,”nel frattempo Massi si era acceso la sigaretta e aveva preso a tirare profonde boccate come se nulla fosse “allora vedrà chi avrà la meglio fra noi due. Ma io so come sistemarla una volta per tutte. Lei farebbe qualsiasi cosa per te,” a quelle parole, diedi una forte gomitata nelle costole di Edmund, intimandogli di fare qualcosa, mentre Giulia aveva iniziato a emettere un suono che ricordava in maniera impressionante un incrocio fra il fischio di una pentola a pressione e il ruggito sommesso di qualche belva feroce “sarebbe disposta a dare anche la sua inutile vita in cambio della tua. Per questo, credo che sarà facile risolvere il problema alla radice uccidendoti una volta per tutte. Allora, quando il suo cuoricino innamorato non potrà battere più per te, non avrà più alcun motivo per stare ancora in questo mondo!”.
“Tu credi che Giulia sia così superficiale?” chiese Massimo in tono di sfida, stando attento a mandarle una generosa quantità di fumo proprio in piena faccia. “Perché tu non la conosci come la conosco io. Non puoi capire che razza di scatole che mi ha fatto co’ ‘sto mondo di Narnia che non so manco che è, e su Edmund, e su Skandalo e tutti gli altri che a me sembrano tutti una banda di pagliacci, ma, prese in giro a parte, lei crede veramente in questo mondo e, credimi, al di là del fatto che mi trovi in pericolo o meno, non permetterebbe mai a una pazza psicopatica di distruggerlo. Senza contare che la mia ragazza mi ama così tanto che, se solo mi torcessi un capello, sarebbe in grado di distruggere tutto questo rudere a mani nude, se necessario. Io non la reputerei una mossa intelligente, se mi uccidessi”.
“In ogni caso, tu non sarai qui a vederne le conseguenze” sentenziò la strega con un ghigno orribile, sfoderando quel pugnale che a me ed Edmund era fin troppo familiare. “Fuori uno!”.
“Sicuro che sia quello giusto, Jadis?”.
La strega voltò la testa di scatto, mentre noi uscivamo di colpo dal nostro nascondiglio, le spade sguainate. “Non è possibile!” gridò.
“Lascia stare il ragazzo!” gridai io. “Non sapevo che potessi essere così codarda!”.
“Com’è possibile questo prodigio?” continuava a ripetere la Strega Bianca, spostando febbrilmente lo sguardo ora su Massimo ora su Edmund. “Come possono essercene due?”.
“Di Edmund Pevensie ce n’è uno e solo uno” rispose il ragazzo mettendosi in guardia. “Perciò è con me che devi fare i conti”.
Tu? E questo qui chi è?” chiese l’altra afferrando Massimo per i capelli e sollevandolo a una decina di centimetri da terra.
“Uno che non c’entra niente, perciò lascialo!” gridai io.
“Non credo proprio” rispose la strega con un sorriso perfido. “In ogni caso non serve più, no?”.
Ciò che seguì accadde con una tale rapidità, da far risultare estremamente complicata la resa su carta.
Jadis fece per tagliare la gola a Massi, quando, improvvisamente, lanciò un grido di dolore, gettando a terra sia il ragazzo che il coltello. A una trentina di centimetri dal suolo, con un’aria di profonda determinazione negli occhioni azzurri, Giulia era ancorata all’avambraccio della strega con la sola forza dei suoi denti, con le gambe penzoloni nel vuoto.
Colta di sorpresa, la strega urlò di nuovo e fece per scrollarsi di dosso la ragazzina, ma in quel momento i suoi dentini acuminati sembravano aver preso la resistenza delle mascelle di uno squalo, restando saldamente ancorati alla pelle bianca del demone.
Approfittando di quell’attimo di esitazione, noi tutti ci precipitammo alle sue spalle, correndo in aiuto di Massimo, quando la strada ci fu tagliata da un ometto basso quasi completamente calvo con uno spettacolare paio di orecchie a punta e a sventola. Per un attimo, rimasi completamente interdetta.
“Giulio?” domandai, riconoscendo in quello strano essere proprio il mio istruttore di guida.
“Finalmente la resa dei conti, Mantis!” mi rispose il tizio, facendo per piombare addosso a Massi, ma la sua mossa fu intercettata dalla mia spada.
“Sai, non vedevo proprio l’ora!” risposi rispedendolo indietro, poi mi chinai sui piedi del ragazzo, liberandolo dalla catena (sì, la buona abitudine di mettermi sempre le forcine fra i capelli non mi era affatto passata da quella volta).
“Mettetevi in salvo!” gridai consegnando Massimo al resto della compagnia e preparandoci a coprire la loro fuga.
Nel vedere il suo ragazzo finalmente libero, Giulia saltò giù, correndogli incontro e stringendolo in un abbraccio stritola costole. “Amooooooreeee!” gridò riempiendolo di baci, ma le sue effusioni vennero subito interrotte da Rebecca, che riuscì a farle abbassare la testa appena prima di beccarsi un terribile fendente in piena gola.
“SCAPPATE!” gridò Edmund mentre si lanciava contro la strega.
Io gli diedi immediatamente manforte, mettendo fuori combattimento Giulio (o quel che diavolo era) e lanciandomi contro la strega.
Jadis raccolse la spada abbandonata del suo servitore e prese a combattere con quella e il pugnale, lanciando fendenti talmente sofisticati che sia io che Edmund facevamo fatica a tenerle testa. A un certo punto, il ragazzo perse l’equilibrio e cadde all’indietro, finendo lungo disteso sul pavimento gelido. Io urlai e bloccai l’affondo che la strega aveva lanciato per finirlo, ma non fui abbastanza rapida. Il dolore che mi lacerò la spalla in quel momento mi tolse il fiato, mentre mi accasciavo al suolo con la mano sinistra premuta contro la ferita, il sangue calo che mi bagnava le dita.
Edmund gridò di rabbia e si fiondò contro Jadis, tentando di colpirla, ma fu rispedito indietro da un affondo.
La situazione sembrava priva di via d’uscita, quando, improvvisamente, mi venne un altro dei miei colpi di genio. Con le ultime forze rimaste, afferrai la spada con ambo le mani, conficcandola al suolo.
La Strega Bianca urlò di dolore, come se la lama si fosse conficcata nelle sue stesse carni, mentre l’intero edificio veniva scosso da un terribile tremito e prendeva a sgretolarsi. Grossi macigni e frammenti di pietra presero a staccarsi dalle pareti, precipitando a terra con un rombo assordante. Polvere e calcinacci erano ovunque.
“Andiamo via di qui!” gridò il Giusto prendendomi in braccio e trascinandomi fuori, mentre gli altri ci seguivano a ruota.
Io chiusi gli occhi e premetti la testa contro il suo petto, mentre le forze sembravano abbandonarmi ogni secondo che passava.
Tutto intorno a me non udivo altro che urla e quel tremendo frastuono che incombeva sopra le nostre teste,  mentre tutto crollava.
Più di una volta avvertii il dolore provocato da frammenti di vetro e pietra che ferivano le mie carni, ma la mia corsa continuava.
Poi, improvvisamente, avvertii la dolce sensazione di essere adagiata delicatamente su un prato.
Eravamo in salvo.

                                                                                                                                                 
Buonaseeeera!!!
Confesso che questo è stato il capitolo più divertente che ho scritto finora e spero che sia piaciuto anche a voi!
Vi abbraccio tutti ( mando un saluto in particolare a quelle due mattacchione che non smetterò mai di ammirare).
A presto!
Sunny

























   
 
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