Anime & Manga > D.Gray Man
Segui la storia  |       
Autore: Bethan Flynn    14/08/2011    2 recensioni
-Hoshi, che cos’è?- sussurrò di nuovo il ragazzo, avvicinandosi a lei.
Gli sorrise, ma in quel sorriso non c’era gioia, e neppure odio.
C’erano paura, dolore, disperazione.
-E’ quello che potrei diventare io- mormorò solamente –la Caduta-.
Non tutti gli esperimenti sui non compatibili sono falliti.
Una ragazza è sopravvissuta.
E solo a lei spetta scegliere se la vita che le è rimasta sia la dannazione o la salvezza.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Ehi, Hoshi! Com’è andata la missione?-
Lavi si sedette accanto a lei, che per tutta risposta iniziò a tossire furiosamente, rischiando di soffocare con l’acqua che stava bevendo.
-N-non credevo di spaventarti così- balbettò lui, vedendo la sua occhiata truce.
-Tsk. E’ andata benissimo, devo ancora capire cosa ci troviate di difficile nel far fuori due akuma. Con quello che è successo nell’arca, quelle bestiacce mi sembrano l’ultimo nostro problema- rispose secca, alzandosi e impilando il vassoio su quelli sporchi.
Poi filò via dalla mensa a gambe levate, prima che a qualcun altro venisse in mente la balzana idea di chiederle come fosse andata quella missione.
Eppure avrebbe voluto dirlo a qualcuno, pensò tristemente, appoggiando i gomiti alla balaustra di una bifora ai piani superiori della torre e guardando fuori.
Anche solo un mese prima, pensare a tutto ciò le sarebbe stato impossibile: non le sarebbe mai passato per la testa di voler condividere ciò che provava con qualcuno là dentro.
Stava cambiando, ed era merito di Allen, anche se doveva ancora decidere se fosse un merito o una colpa.
Entrò in camera, facendo per sedersi sul letto, quando sentì bussare alla porta.
Sbuffò piano, irritata: se era di nuovo Lavi avrebbe fatto un bel volo, stavolta, pensò, ma andata ad aprire si trovò davanti Linalee, che la fissava sorridendo, lievemente imbarazzata.
-Ah, sei tu- disse Hoshi, spostandosi per farla entrare –credevo che fosse Lavi-
La cinese si sedette sul letto, torturandosi una ciocca di capelli cortissimi.
-Tutto bene?- Hoshi la osservò con un sopracciglio alzato: di solito Linalee non era così nervosa. Nella mente le si accese un campanello di allarme.
-Hoshi, ecco… da quando siete tornati da quella missione tu ed Allen siete strani- esordì lei tenendo gli occhi bassi. Hoshi iniziò a darsi della stupida in ventun lingue diverse per non averci pensato prima: era così ovvio!
-E’… è successo qualcosa?- chiese, guardandola. Stavolta fu il turno di Hoshi di abbassare lo sguardo, imbarazzata e a disagio come non mai.
Era la prima volta che si sentiva a quel modo, che non voleva procurare un dolore ad un’altra persona. Eppure, la sua indole prevalse: non voleva nascondersi, e tantomeno una bugia momentanea avrebbe potuto riparare la cosa tanto a lungo. Sperava solo che Linalee non se la prendesse troppo e non andasse a spifferarlo in giro, e pregò che Allen non venisse a sapere nulla.
-Ehm, ecco, senti, Linalee…- iniziò esitante, cercando le parole –io non sono molto abituata a parlare di queste cose, e nemmeno dei fatti miei in generale- la mora fece per aprire bocca, ma Hoshi continuò: le cose erano già abbastanza difficili così senza che l’altra si mettesse a interromperla.
-Diciamo che per me Allen è speciale, ecco. Nel modo in cui nessun altro lo è mai stato- disse decisa. Linalee sorrise, cercando di nascondere una tristezza che però era fin troppo evidente. Hoshi si chiese se non avrebbe fatto meglio a rassicurarla e a dirle che non era successo assolutamente niente e che niente sarebbe stato ciò che sarebbe continuato ad accadere, ma scacciò subito quel pensiero contorto.
Sincerità sempre e comunque, anche quando faceva male.
Sentiva che era la cosa giusta da fare e da dire, ma non potè fare a meno di sentire una sgradevole sensazione nel vedere la ragazza intristirsi.
-Sono… sono contenta- sussurrò, ma Hoshi si accucciò di fronte al letto, fissandola negli occhi viola seriamente.
-Non sai mentire- constatò. Una lacrima scese lungo la guancia di Linalee, e Hoshi dovette trattenersi a stento dallo scappare urlando.
-Scusami- sussurrò nuovamente la mora –dovrei essere contenta, non so che mi prende- si asciugò le lacrime col dorso della mano. Hoshi sospirò –non scusarti. Probabilmente per Allen saresti stata molto più adatta tu- mormorò, gettandosi sul letto accanto a lei. Perché doveva consolarla? Aspettarsi un conforto da lei era come voler prolungare la tortura prima del suicidio, pensò laconica.
-No, non credo- rispose Linalee, girandosi a guardarla –anche se avrei voluto- mormorò, distogliendo nuovamente gli occhi dai suoi.
Hoshi alzò gli occhi al cielo: era peggio che essere arrostita a fuoco lento, quella conversazione.
-Voi siete molto più simili di quanto non vi accorgiate- continuò Linalee.
-Da cosa lo vedi?- chiese Hoshi, rigirando suo malgrado il coltello nella ferita. Era la stessa cosa che sentiva lei ogni volta che era vicina ad Allen; allora non erano semplici paranoie.
-Non lo so esattamente. Non so come spiegarlo, ma lo sento- mormorò.
Risposta utile, non c’era che dire, pensò Hoshi sospirando.
Rimasero in un silenzio pesante come il cemento per alcuni minuti, che alla ragazza parvero ore, poi Linalee si alzò e uscì dalla stanza.
Hoshi accolse quella partenza con un sollievo inaudito, sdraiandosi sul letto.
Cosa cavolo aveva messo in moto?

---

La trovò che piangeva nella sala degli allenamenti, e non gli passò neppure per la testa di chiederle cosa fosse successo.
Era ovvio, anche se pure lui aveva fatto il finto tonto per non causare guai.
Sospirando si avvicinò a lei e le mise un braccio attorno alle spalle: Linalee alzò per un attimo gli occhi a guardarlo, occhi in cui passò un lampo misto fra sollievo e delusione nel vedere che era lui e non Allen, dopo il quale ricominciò a singhiozzare piano.
La abbracciò, cercando di calmarla.
-Coraggio, Lina… non è la fine del mondo- sussurrò.
Lei cercò di riprendere fiato –lo so, sono una stupida- disse fra le lacrime –non so neppure perché mi abbia sconvolta così tanto, dovrei essere contenta per loro- le ultime parole furono di nuovo soffocate dal pianto.
-Beh, contenta forse è un po’ esagerato… però direi che non devi starci troppo male. Era una cosa piuttosto evidente- forse non erano esattamente le parole adatte per tirarle su il morale, dal momento che la ragazza si mise a piangere ancora più forte.
-S-scusa- balbettò ad un tratto –che figura, dopo tutto quello che abbiamo passato, crollare per una cosa simile- fece un maldestro tentativo di sorriso.
Lavi sospirò –di che ti scusi? E’ normale che tu non l’abbia presa bene- le scompigliò i cortissimi capelli neri.
-I-io non lo conosco nemmeno così tanto Allen, non so che cosa mi sia preso…- sussurrò con un filo di voce.
-Non c’è bisogno di conoscere chissà quanto una persona, per sentirsene coinvolti- mormorò Lavi, pensando a se stesso.
Scacciò subito quel pensiero molesto dalla sua testa: gli stava frullando in mente un po’ troppo spesso, da quando era entrato all’Ordine.
Poco a poco Linalee iniziò a calmarsi.
-Lavi, non…- iniziò, ma il rosso non la lasciò nemmeno finire.
-Sta’ tranquilla. Un Bookman sa mantenere un segreto- le strizzò l’occhio, dandole un buffetto sulla guancia. La cinese sorrise.
Uscirono dalla sala, e poco prima che si separassero la mora gli schioccò un bacio su una guancia, salutandolo con la mano.
Lavi rimase solo davanti alla porta, come inebetito, prima di sparire nel buio del corridoio.

---

Per quanto ci provasse, non riusciva davvero a prendere sonno.
Quel letto non gli era mai sembrato una costrizione tanto grande. Fissò di sbieco il supervisore addormentato in terra e infilò una mano sotto il cuscino, tirandone fuori una fialetta piena di un liquido trasparente.
Con un ghigno, pensò alle parole di Komui quando gli aveva detto di avere problemi di sonno.
“Occhio che se ne prendi troppo non ti svegli più per due giorni!” gli aveva detto il supervisore. Proprio quello che serviva per starsene un po’ tranquilli, pensò in un impeto di ribellione, rovesciandone l’intero contenuto sul cuscino in cui Link immerse poco dopo la faccia, girandosi.
-Bye bye, ispettore- sussurrò l’albino.
Non era molto sicuro che quella fosse una cosa esattamente permessa, ma se non si fosse alzato da lì e non fosse uscito da quella stanza soffocante sarebbe diventato matto.
Si tirò su, vestendosi precipitosamente, e uscì di soppiatto dalla stanza, senza alcun dubbio su dove andare.

---

-Ho fame. Posso prepararmi qualcosa io, se mi lasci usare la cucina-
-L’ho già visto questo copione, dolcezza. Siediti lì, mi ci vorrà un minuto!- Jerry tornò ai fornelli cinguettando, lasciando Hoshi seduta nella mensa deserta. Incredibile quanto quell’uomo fosse devoto al proprio lavoro. Ad essere sincera, non sapeva neppure perché fosse lì. O meglio, lo sapeva, ma non era affatto sicura di sapere come iniziare il discorso.
Il cuoco le piazzò davanti una fetta gigante di torta al cioccolato, e Hoshi sorrise al ricordo della prima che le aveva fatto sbafare.
Sembravano passati secoli.
-Sembra un mucchio di tempo, eh?- sorrise Jerry, sedendosi di fronte a lei e guardandola mangiare –non sembri nemmeno la stessa persona che la stava mangiando la prima volta- la ragazza masticò in silenzio, poi sorrise a sua volta, sospirando.
-No. Probabilmente è così- picchiettò sul piatto con la forchetta, incerta.
-Ne vuoi parlare?- le parole dell’uomo furono una manna dal cielo. Hoshi gli raccontò tutto, facendo finalmente uscire quella marea di sensazioni che la stavano soffocando da quando erano tornati dalla missione.
-Sei felice, ora- disse Jerry, quando ebbe finito. Non era una domanda: quel tizio avrebbe dovuto fare il filosofo, altro che il cuoco.
-Si- rispose lei, e mentre lo diceva si rese conto di esserlo veramente –è solo che…- continuò, ma l’uomo intercettò ciò che voleva dire e le posò una mano sul braccio.
-Non preoccuparti per Linalee. Queste cose succedono, siete tutti abbastanza forti da capirlo- disse con un tono molto da mamma chioccia –è stata lei per prima a tenderti una mano e a voler stringere amicizia. Se non vi arrenderete di fronte a questo scoglio, probabilmente in poco tempo le cose si sistemeranno- Hoshi sospirò –non so cosa fare. Quando è venuta da me avrei voluto parlarle, spiegarle, ma non ce l’ho fatta- con sua sorpresa, lo sentì ridacchiare.
-Che c’è di tanto divertente?- chiese sulla difensiva.
-Temi il confronto. E’ normale anche questo, ma io credo che Allen non avesse molti dubbi- sentenzio, poi le fece l’occhiolino –fattelo dire da uno che ai maschietti ci fa caso- l’espressione e il tono con cui pronunciò quella frase furono così buffi che Hoshi scoppiò a ridere.
Jerry la guardò con un’espressione a metà fra il contento e il sorpreso.
-Sai, quando quella sera sei venuta qui mi facevi quasi paura- disse, iniziando a sparecchiare.
-Cosa? E perché?- chiese lei, seguendolo in cucina.
Jerry mise i piatti nell’acquaio e si girò nuovamente a guardarla –sembravi così… arrabbiata, ecco. Con tutti. Col mondo, con l’Ordine, con gli esorcisti. Era come se in questo buio fossi destinata a scomparire- Hoshi non rispose niente, addentando una mela. Era vero, era arrabbiata. Lo era ancora, ma non le sembrava più così importante. Perché?
-Sai, io ho una mia teoria sui sentimenti opposti- continuò lui, appoggiando il mento sui palmi delle mani e appoggiando i gomiti sul bancone –l’odio è ciò che conduce alla distruzione, sia essa rivolta verso noi stessi o verso ciò che odiamo. L’opposto dell’odio è l’amore, e quindi l’amore rivolge alla vita, rivolge ad una bellezza che quando si odia non siamo capaci di scorgere- di nuovo, Hoshi non disse niente. Non ci trovava proprio nulla da obiettare, sembrava fatta apposta per lei.
Quindi quello che sentiva quando stava con Allen era l’opposto dell’odio?
Era l’amore?
Vedendola pensierosa, il cuoco le diede un buffetto sulla guancia –sai quanto ci ho messo per elaborare questa teoria?- la ragazza fece cenno di no col capo, perplessa per la domanda.
-Dieci secondi. Mi è venuta in mente parlando con te- ridacchiò lui. Hoshi sorrise.
-Prenditi tempo, piccola. Nessuno capisce mai subito queste cose- la ragazza annuì, pensando a quanto fosse vero. Non si era nemmeno resa conto di stare cambiando così tanto. Aveva semplicemente ceduto millimetro per millimetro, accettando il tutto.
-Hai paura?- le chiese, dopo un po’. La ragazza ci pensò su qualche istante, prima di rispondere –no- mormorò poi –dovrei averne?- Jerry scosse la testa –no- rispose –è un bene che tu non ne abbia-.
Poco dopo Hoshi decise di riavviarsi in camera. Ringraziò Jerry e fece per avviarsi verso le scale, quando il cuoco la richiamò.
-Ehi, Hoshi-
-Dimmi- rispose lei voltandosi.
-Sono contento per te- sorrideva. Sorrise anche lei.
-Grazie- sussurrò.








Note dell'Autrice:

Ma come, nessuno mi ha commentato lo scorso capitolo??? T___T Che depressione!
Scusate il ritardo ma sono andata in Germania per due settimane e la ff è rimasta in Italia XD per farmi perdonare metterò altri due capitoli prima di ripartire!
Vado a disfare la valigia .___.
Qualcuno commenti T^T

Baci!

Bethan
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: Bethan Flynn