Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |      
Autore: baby80    14/08/2011    14 recensioni
Un racconto d'estate, uno sprazzo di passato e di presente, un mescolarsi di quel che è stato e di quel che è...
Un racconto senza pretese, semplice, nato dai ricordi dell'infanzia e dal profumo dell'estate.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
È giunta nuovamente l'estate, una stagione che da sempre ha fatto nascere in me sentimenti contrastanti, una sorta di amore e odio.
Questo periodo dell'anno porta con sé il buonumore che solo il chiarore del giorno, che si protrae fino a tarda sera, ha il potere di conferire in quasi tutti gli individui, e quella calura che fa desiderare il riposo, intorpidendo i corpi fin quasi alla pazzia.
Ed è proprio a causa di quel calore che ricerco un istante di frescura, così come è stato fin da bambina, sotto le fronde di un grande albero, sdraiata su un tappeto di fili d'erba, di un verde così intenso da sembrar fasullo.
Lascio che le palpebre rimangano mollemente adagiate sui miei occhi, a proteggere le iridi troppo chiare per questa luce accecante, e in questo spazio fuori dal mondo, mentre aliti di brezza si insinuano al di sotto della camicia, carezzandomi la pelle imperlata dal sudore, mi par di udire la voce dell'infanzia e le risate che accompagnavano il periodo estivo.

“Uno... due... tre... quattro... otto... nove... dieci! Pronti o no io arrivo!”

“L'ha fatto di nuovo! Per la miseria! Pierre, dopo il quattro viene il cinque...”

“Il cinque?”

“Si zuccone, il cinque! Non puoi saltare i numeri, quando lo fai noi non abbiamo il tempo di nasconderci!”

“No, dopo il quattro viene l'otto! Mi hanno imparato così.”

“Ti hanno insegnato! I-n-s-e-g-n-a-t-o!”

“Si, si, come vuoi. Tana! Sei fuori dal gioco.”

“Non sono fuori dal gioco! Il gioco non è valido, tu non sai contare!”

“E tu non sai perdere!”

“Maledizione, perché lo fate contare ancora?”

“Perché è il suo turno, Oscar.”

“Ma... André, lui...”

“Facciamolo riprovare. E tu, Pierre, ricordati che dopo il quattro c'è il cinque, intesi?”

“Dopo il quattro c'è il cinque, certo... Si ricomincia! Pronti? Uno... due... tre... quattro... cinque... otto... nove...”

“Ma che diamine! Pierre!”

“Shhhh... sta zitta  Oscar e pensa a nasconderti!”
Non mi piace ricevere ordini e André sembra non far altro da quando ha compiuto dieci anni, ed ora che si sta avvicinando il suo undicesimo compleanno la situazione non ha fatto che peggiorare.
Abbiamo solamente un anno di differenza ma in questo strano periodo, tra il suo compleanno ed il mio, è come se vi fossero due anni a dividerci, e questa consapevolezza lo ha reso forte, fin troppo autoritario nei miei riguardi.
Ogni giorno vi è qualcosa di nuovo; Oscar non fare questo, Oscar fai attenzione a quest'altro, Oscar sono sicuro che questo non ti farebbe bene, Oscar sta zitta e pensa a nasconderti!
Al diavolo!
Cerco di protestare, indispettita per l'ennesimo errore di quel mulo di Pierre, ma la mano di André mi ha di già afferrato per un braccio trascinandomi via con sé.

“Pronti o no io sto arrivando!”

“Come si può essere pronti se ogni volta salti una manciata di numeri? Eh?”
grido con tutto il fiato che ho in corpo attirando l'attenzione di Pierre e la furia di André, che borbotta spazientito strattonandomi sempre più prepotentemente, fin quando non mi vedo costretta a correre per potergli star dietro.

“Ora stai ferma qui e cerca di non aprir bocca!”

“Ma, io...”

“Shhhh! Non dire una parola!”
mi ordina per l'ennesima volta André un istante dopo esserci nascosti dietro un grande albero nel boschetto dietro Palazzo Jarjayes.
Il retro di casa, il luogo dove da anni, io e André, ci riuniamo con i bambini della servitù per giocare a nascondino.
Non dovrei intrattenermi con loro, ma d'estate, quando mio padre si trova nella nostra tenuta di Arras, Nanny chiude un occhio. Così quando dopo cena lei e le cameriere sono indaffarate a rigovernare le cucine, a noi bambini è permesso di restare all'aperto fin quando vi è luce, ma una volta fatto buio non vi sono lamentele che tengano, siamo costretti a rientrare in casa.
I bambini più piccoli sono i primi ad abbandonare il gioco, quando ancora vi è il sole, ed è a quel punto che il divertimento si fa più interessante.

“Tana per Guillaume, Colette, Marie e Jacques!”

“Pierre! No! Noi vogliamo giocare ancora!”

“Fuori dai piedi marmocchi, vi ho trovato ed ora non potete più giocare!”

“Non è giusto!”

“Ah, piantatela! Quante volte vi ho detto che non dovete nascondervi tutti insieme, ma da soli?”

“Noi abbiamo paura a nasconderci da soli. Siamo piccoli.”

“Lo so, e fate bene ad averne perché è a quest'ora della sera che si risveglia...”

“Chi Pierre? Chi?”

“L'uomo nero!”

“Aaaaaaaaaaaaaah! Noooooooo! Aiuto! Aiuto!”

“Ahahahah, razza di creduloni! Ahahah!”
Ascoltiamo da lontano le voci di Pierre e dei bambini più piccoli del gruppo, e subito dopo le grida delle loro madri e di Nanny richiamarli a Palazzo, tra un rimprovero e uno scappellotto.
Alzo gli occhi e le braccia al cielo, sospirando davanti alla stupidità di Pierre.

“Si crede un grand'uomo spaventando i più piccoli quando non è capace neppure di contare correttamente fino a dieci, quello...”
sussurro lievemente, o almeno ci provo.

“STUPIDO MULO!”
grido a gran voce, così forte da farmi bruciare la gola.

“Oscar!”
André si para dinnanzi a me con un'espressione contrariata e quando tento di dire nuovamente la mia mi tappa la bocca con il palmo della mano.

“Ti ho sentita! Adesso vengo a prenderti!”

“Brava Oscar, adesso per colpa tua troverà anche me!”
mi rimprovera André liberandomi le labbra dalla sua mano e trascinandomi per un braccio lontano dal boschetto.
Corro a perdifiato cercando di stare al suo passo e quando sento di non poterne più lui decide di fermarsi.

“Ahia! Guarda dove vai Oscar, miseriaccia...”

“E tu non fermarti così improvvisamente!”
gli dico massaggiandomi la fronte, dolorante per il colpo ricevuto contro la sua schiena.
In effetti dovrei avere la buona creanza di guardare davanti quando cammino, come mi ripetono di continuo Nanny e mia madre, ma ancor di più quando mi accingo a correre dietro ad un ragazzino imprevedibile.

“Scusa, ma non sapevo se saresti stata in grado di farlo...”
mi dice indicandomi il grande prato che si trova al di sotto del bordo della strada dove ci troviamo.
L'altezza non sembra così elevata, o almeno mi pare, non ne sono molto sicura.
Osservo la distesa di erba verdissima, macchiata di tanto in tanto da qualche fiorellino dai colori accesi, e quasi mi dimentico del motivo per cui ci troviamo li.
Ma la voce di Pierre, ad una distanza non troppo lontana, me lo rammenta immediatamente.

“Ah! Trovato! Tana per Gaspard!”

Mi volto e vedo dietro le mie spalle la testa di Pierre comparire dalla collinetta che lo separa da noi.
Guardo André e lui guarda me, non abbiamo bisogno di parole, mi basta sentire la sua mano stringere la mia e come due incoscienti ci lanciamo nel vuoto.
Il salto era alto, più di quel che mi era sembrato.
Siamo ruzzolati su noi stessi ed ora giacciamo sulla schiena, sprofondati in un mare di fili d'erba che mi solleticano il collo e quel lembo di pelle denudato della camicia, sollevatasi durante la caduta.

“André...”
lo chiamo per sapere se è ancora tutto intero.

“Shhhh...”
mi risponde con un suono, zittendomi ancora una volta.

“André! Madamigella Oscar! Lo so che siete... qui! Ah, dannazione! Ma dove si sono cacciati?”
Pierre rimane sul bordo del muretto per qualche istante, poi lo sentiamo andar via, borbottando qualcosa di incomprensibile e i nomi di altri due compagni di gioco, ancora dispersi, esattamente come noi.

“Madamigella Oscar...”
odo la voce di André burlarsi di me, trattenendo a stento il riso.

“Non sei divertente André!”

“Ahahaha... invece lo è... Pierre non sa contare fino a dieci ma a quanto pare gli hanno i-m-p-a-r-a-t-o molto bene l'etichetta!”

“Non sei affatto carino André!”
cerco di darmi un tono, ricordandogli la buona educazione che non ammette il prendersi gioco delle persone più deboli e sfortunate, ma a quanto pare non riesco nel mio intento perché il riso cancella la serietà del mio volto, facendo esplodere sulle labbra un sorriso esagerato e delle risate senza controllo.

“Ahahahah... ahahah...”
rido fino alle lacrime.

“Ahahah... Oscar, forse sarà meglio tornare indietro, sta facendo buio e Pierre non si darà pace finché non ci avrà trovati.”
mi sollevo a sedere e ritrovo la figura di André, nella mia medesima posizione, con i capelli arruffati, così come devono essere i miei.
Strappo un fiore, di un lilla chiarissimo e lo infilo nella tasca dei pantaloni, senza pensarci.

“André, ed ora come facciamo a tornare indietro? Il muro è troppo alto.”

“Vieni con me, non molto lontano da qui c'è una pendenza, la strada dovrebbe abbassarsi in quel punto.”
mi rassicura aiutandomi ad alzarmi.
Camminiamo per qualche minuto e come annunciato scorgiamo una parte di muretto più basso.
André, di qualche centimetro più alto di me, riesce ad arrampicarsi e raggiungere il bordo della strada.

“Oscar, punta i piedi sul muretto ed aggrappati alle mie mani, ti tiro su!”
mi dice allungando le braccia nella mia direzione.
Stringo le mani attorno ai suoi polsi e lui fa lo stesso con i miei, ma quando mi solleva verso l'alto il mio piede scivola su una macchia di muschio facendomi sbattere a peso morto contro il muretto.
Non ho il tempo di porvi rimedio ed il mio braccio destro striscia contro il bordo del muro di pietra, dal polso fin oltre il gomito.
Stringo i denti e socchiudo gli occhi, il dolore è vivo e bruciante, sento chiaramente la pelle nuda scorticarsi contro le protuberanze della pietra.

“Ce l'abbiamo fatta, ora però corriamo a palazzo, sono certo che questa partita a nascondino la vinceremo noi!”

“Noi? La vincerò io soltanto, mio carò André! Ahahah!”

“Oscar! Aspetta! Non vale, io ti ho aiutato! Ah, dannazione, avrei dovuto lasciarti nel prato! Oscar!”

Corro il più velocemente possibile beandomi della leggere frescura che pare essersi levata, ed annuso il profumo di legna bruciata, una fragranza che odora d'estate, quando i contadini bruciano le sterpaglie nei campi e le vecchie signore accendono i camini su cui verrà fatto bollire per una notte intera un intruglio che diverrà sapone.
Persa nei miei pensieri quasi non mi rendo conto d'essere giunta a Palazzo e di avere André a pochi passi da me.
Ci studiamo un istante e con la stesso rapidità raggiungiamo la tana, il muro esterno delle cucine, su cui battiamo i palmi con decisione.

“Tana!”
urliamo entrambi, con tutto il fiato dei nostri polmoni.

“Ma... da dove sbucate? André! Madamigella Oscar! Vi ho cercati dappertutto! Chi vi ha imparato a nascondervi così bene? Maledizione!”
Pierre cammina sconsolato nella nostra direzione, grattandosi la testa con fare imbarazzato, e noi non possiamo trattenere le risate davanti al “grande Pierre”.


Sono passati tanti anni da allora ma l'estate a Palazzo Jarjayes non è mutata, i profumi sono i medesimi; se respiro profondamente posso ancora sentire l'odore di legna bruciata, e il chiacchiericcio dei bambini che giocano a nascondino.
Sul braccio destro porto ancora il segno della ferita di quella sera d'agosto.
Apro gli occhi per osservare il cielo, terso, privo di nuvole, ed è in questo istante che sento solleticarmi la cicatrice che dal polso interno arriva sin quasi al gomito, un tocco che mi provoca dei brividi lungo la schiena, nonostante l'afa serale.

“Non sapevo d'averti fatto male. Perché non me l'hai detto?”

“Volevo vincere la partita, e se te ne fossi accorto non mi avresti permesso di portarla a termine.”

“No, non è vero...”

“André...”

“Si, forse hai ragione. Ti avrei impedito di correre come una pazza verso casa.”

“Lo vedi, sei sempre stato troppo protettivo.”
gli dico, sorridendo.

“Juliette! Mathieu! Venite fuori, si sta facendo buio... su da bravi! Maledetto me e il giorno che gli ho imparato questo gioco!”
sentiamo la voce di Pierre richiamare i propri figli, due piccole pesti che hanno preso la vitalità del padre, e ringraziando il cielo l'intelligenza della madre.
Poco è cambiato dalle estati della nostra infanzia, come la perseveranza con la quale il caro Pierre ha seguitato a pronunziare “imparato” al posto del più corretto “insegnato”, un'imperfezione che ancora oggi ha su di noi un effetto esilarante.
Non proviamo neppure a trattenere le risate che giungono forti e fresche come quando eravamo bambini.

“Sta facendo buio, torniamo a casa anche noi?”

“Solo i bambini hanno l'obbligo di tornare col primo buio. Restiamo ancora un po' André.”
sussurro chiudendo gli occhi ed assaporando la frescura della sera, la stessa che mi scompigliava i capelli quando correvo per vincere le partite a nascondino.
Nulla pare cambiato, l'estate è sempre la stessa, nei colori, nei profumi, nel calore del sole, eppure siamo così diversi.
Sorrido riconoscendo i medesimi fili d'erba solleticarmi il collo e quel lembo di pelle denudato della camicia, sollevatasi non per una rovinosa caduta, come era accaduto in passato, ma oggi sotto il tocco di André, lentamente, per potermi amare.



  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: baby80