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Autore: la_marty    14/08/2011    2 recensioni
Slash e Scott che si fanno i dispetti, Dave nel suo pigiama di Mastro Lindo, Duff e la sua passione segreta per i fiori, Matt e la indomabile indole da dongiovanni. Questo dovranno affrontare la Bea e la Marty, due giovani rocker in attesa del concerto dei Velvet Revolver della sera successiva, quando il destino le mette di fronte alla band al completo nel loro stesso motel..
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shot ambientata nel periodo dei Velvet Revolver.
Ho cercato di dare qualche tratto distintivo al carattere di ognuno dei cinque, per cui Matt è l'inguaribile seduttore, Dave è pacifico e coltiva gli hobby più disparati, Slash e Scott in continua competizione su qualsiasi cosa, soprattutto si litigano le attenzioni di Duff, che appare un po' come una figura paterna che controlla tutto e supervisiona.
Detto questo, buona lettura ;D




Le ragazze si svegliarono quasi nello stesso momento. Condividevano un letto matrimoniale in una minuscola stanza di un motel, l’unico in cui erano riuscite a trovare una camera libera. Certo, sembrava immerso nei boschi e non era certo il massimo della comodità per raggiungere il centro e i negozi, ma disponeva di una graziosa cucina e di un grande caminetto, e né la Bea né la Marty erano interessate allo shopping quel giorno. Erano arrivate la sera precedente ed avevano notato con una certa sorpresa che il motel disponeva di due sole camerate, di cui la più piccola era riservata a loro, un bagno con cinque o sei docce allineate e una grande stanza che fungeva da cucina e sala da pranzo, con un camino e una massa di poltrone rivestite di velluto bordeaux, che le due amiche avevano testato all’istante. Avevano poi disfatto distrattamente i loro bagagli, poco voluminosi, dato che il soggiorno sarebbe durato solo un paio di giorni, e attaccato poster del loro gruppo rock ai muri, di fianco ai quadretti che ritraevano montagne innevate e laghi alpini. Si erano infilate a letto piuttosto presto, stanche del lungo viaggio in treno, ma avevano preso a chiacchierare eccitate. Verso le due del mattino avevano sentito l’arrivo dei loro rumorosi vicini di stanza. A giudicare dalle voci e dal fracasso dovevano essere almeno in sette o otto, e la Marty aveva commentato che probabilmente erano pure ubriachi. Che sarebbe successo se avessero tentato di dar loro fastidio? Le Bea dichiarò che, se necessario, li avrebbe presi a colpi di converse, e la sua socia decise che si sarebbe unita a lei. Poi continuarono a fantasticare sul giorno che sarebbe venuto, quello che entrambe avevano aspettato da più di un anno… con questi pensieri per la testa si erano addormentate, e svegliandosi la mattina successiva entrambe realizzarono di averli sognati.
“Non hai fatto altro che ripetere scott tutta la notte, socia”, la Bea informò la Marty. La quale, per tutta risposta, le rivolse un sorriso beato che voleva dire: che vuoi farci?
Come prima cosa controllarono che i biglietti fossero ancora al loro posto. Alla debole luce del sole di novembre constatarono che erano ancora lì. Poi gettarono uno sguardo al poster due metri per due che ritraeva loro, i cinque che da anni detenevano il monopolio sui sogni e le fantasticherie delle due rocker: i Velvet Revolver.
Dopo cinque minuti buoni di sana ammirazione, le due si decisero a mettere piede fuori della porta. Uscendo, non fecero in tempo ad alzare lo sguardo che subito qualcuno cozzò contro di loro facendole arretrare di un paio di passi. La bea stava già per mandare a quel paese il tipo che le parole le morirono in bocca.
Accadde in un secondo, il tempo di un battito cardiaco.
Al suo fianco la Marty trattenne il fiato così di botto che temette di essersi ingoiata le tonsille. Entrambe sentirono il sangue defluire dal volto e per un attimo ebbero la vista appannata.
Davanti a loro si stagliava niente meno che Slash, vestito da un improbabile pigiama di lana a scacchi e una maglietta strettissima grigia. La chioma nera era inconfondibile e in disordine, le braccia più muscolose di quello che avrebbero immaginato. Beatamente ignaro delle due ragazze che stavano a un passo dallo svenimento, Slash le superò mormorando un assonnato “sorry”, del tutto intento a far scaturire la fiamma da un accendino nero che sembrava non funzionare. In realtà erano le dita dell’uomo a fare cilecca, e la Bea e la Marty senza dire una parola lo seguirono con lo sguardo roteando di centottanta gradi su loro stesse, con le bocche inconsciamente aperte e gli occhi sgranati. Dopo qualche passo Slash riuscì finalmente ad accendersi la sigaretta e le due ragazze tentarono di recuperare il controllo. Si guardarono come se si vedessero per la prima volta e senza dire nulla tornarono a dirigersi verso le docce, stordite. Non fecero in tempo a voltarsi che un’altra figura si avventò violentemente sulla Marty, la quale credette di venir meno vedendo sfilare davanti a sé nientemeno che Scott Weiland, che marciava perentorio verso Slash urlando di rendergli l’accendino. Magrissimo, infilato in un banalissimo pigiama verde militare, non rivolse alle ragazze una parola, voltandosi solo per un secco cenno di scusa con la mano, per cercare di raggiungere l’altro. Dal canto suo, Slash sembrava apatico e totalmente assente: alzò con calma la mano senza voltarsi, e si lasciò sfuggire l’accendino dietro la propria spalla, facendolo rotolare a terra. Scott esplose in un fiume di paroloni che la Bea non riuscì a cogliere del tutto, anche se la presenza dei fuck le permetteva di comprendere in modo generale il discorso di Scott. Le due tornarono a guardarsi senza osare voltarsi di nuovo. Un ipotetico scontro con Duff sarebbe stato il colpo di grazia.
Invece udirono proprio la voce di Duff provenire da poco lontano da lì:
“Guys!” urlava. “Can you please shut up early in the morning?”.
“è possibile?” chiese tremante la Bea alla sua amica. “I nostri vicini di stanza…”.
“Gli otto ubriachi di ieri notte…”, continuò la Marty massaggiandosi il braccio nel punto in cui Scott l’aveva scaraventata di lato. Di certo non era un sogno, pensò la Bea con fare pratico, era decisamente troppo reale.
Essendo occupate a lanciarsi sguardi interrogativi le due non si accorsero che Slash le aveva finalmente notate. E non solo: lanciava loro occhiate sconcertate e chiese: “is everything ok, girls?”.
La Bea tornò a guardarlo con le stelline che le luccicavano negli occhi, la Marty cercò di aprir bocca per parlare, ma rendendosi conto che in quel momento non ne era capace scosse la sua socia, la quale rispose: “never felt better before!”. Il chitarrista non sembrava troppo convinto, tuttavia si arrischiò a chieder loro a che ora fosse la colazione.
La Bea buttò lì che avrebbero mangiato entro pochi minuti.
“Cool!” esclamò Slash, omaggiando le due ragazze di un sorriso, “i’m fucking starving!”.
Entrambe continuarono a seguirlo con lo sguardo finché non scomparve nei bagni, seguito a ruota da Dave, che nel frattempo si era svegliato e camminava tutto fiero nel suo pigiama raffigurante mastro lindo.
La Marty, come guidata da un ipnotico filo invisibile, si arrischiò ad affacciarsi dalla porta che Dave aveva lasciato aperta. Decisa a non perdersi la visione di Duff in mutande, la Bea con uno sforzo sovrumano la affiancò, e le loro teste arruffate fecero capolino su una grande camerata che ospitava cinque letti disfatti e due persone dai volti familiari.
Matt si paralizzò nel bel mezzo del suo enorme sbadiglio (le ragazze quasi notarono un principio di tonsillite) alla vista delle due ospiti, e sfoggiò un sorriso accattivante degno del miglior allievo del nostro rocco, esclamando: “morning, babes!”. In un attimo aveva cambiato posa: si era girato per poi sedersi di profilo, con le gambe accavallate e la testa leggermente piegata all’indietro. Con una mano sventolava in circolo la stringa che legava la sua vestaglia a scacchi scozzesi, a mo’ di lazo.
Le ragazze non lo degnarono di uno sguardo stregate dalla vista di Duff, favoloso nei suoi 192 centimetri di muscoli e tatuaggi, intento a legarsi i capelli osservando la sua immagine in uno specchio a figura intera. Indossava una tuta da jogging e una micro t-shirt, e si era sistemato un asciugamano bianco dietro le spalle. Pur avendo ogni singolo neurone svenuto da qualche parte dentro di loro, alle due fu chiaro che stava uscendo per farsi una corsetta. La Marty nel momento in cui sentì la Bea dichiarare che anche loro due stavano casualmente uscendo per correre un po’, ammirò molto la sua amica, notando che oltre ad essere in grado di parlare, lo stava anche facendo in inglese… Duff propose allegramente di correre tutti insieme, e le due amiche si fiondarono in camera a cambiarsi. Lo raggiunsero mentre si stava sistemando l’i-pod e per un attimo le squadrò reprimendo una risata: nessuna delle due avrebbe mai pensato che sarebbe loro servito un qualunque indumento sportivo, per cui avevano dovuto arrangiarsi con i vestiti che avevano… non che non amassero lo sport, anzi… in quel momento entrambe si sarebbero dichiarate sinceramente amanti di qualunque tipo di passatempo che implicasse il dover mostrare le proprie abilità fisiche… semplicemente non ci avevano pensato, ecco.
La Bea faceva la sua discreta figura con i suoi jeans al ginocchio su cui aveva cucito svariati loghi di gruppi, converse nere e felpa “made in montagnola” dei led zeppelin, pesantissima e decisamente non adatta alla corsa. La Marty la affiancava e correva già sul posto, con la sua maglia in lana, i jeans stretti e la cintura con le borchie. Non poteva essere più chiaro che nessuna delle due era partita con l’intenzione di farsi una corsa, ma cercarono di assumere un’aria disinvolta e seguirono allegramente Duff che le precedette nei sentieri boscosi.
In realtà fu quanto di meglio le due ragazze potessero immaginare, almeno nei primi dieci minuti: potevano tranquillamente ammirare indisturbate ogni singolo muscolo di Duff muoversi sotto gli attillatissimi fuseaux scuri e l’altrettanto attillata maglietta. A un certo punto il bassista fece per bere dalla sua bottiglietta di energy drink che capì di essere rimasto solo. Si voltò, continuando a zompettare allegramente sul posto, scorgendo la Marty e la Bea una quindicina di metri più indietro che rantolavano appoggiate a una pianta.
“Ehi girls! What’s the matter?”, domandò con innocenza.
La Marty inventò sul momento una scusa e la borbottò ansimante alla sua amica, che rispose: “nothing! We’re just admiring the flowers!”. In realtà credettero di essere lì lì dall’avere un infarto. “you know, we have a special passion for flowers…”. Entrambe si stupirono nel vedere gli occhi di Duff che si illuminavano.
“Really?!! Me too!!”, e l’atleticissimo bassista si lanciò in una entusiastica descrizione in duffese della serra che aveva messo su con le sue sole mani dietro casa, e di come ci si aggirava fiero, in cappellino da giardiniere e tutina verde e passava in rassegna tutte le sue “creature”, reggendo con una mano l’annaffiatoio e con l’altra il concime.
Continuò a correre parlando con voce felice, senza accorgersi di aver lasciato indietro di nuovo le due, le quali avevano raggiunto la strada e fermato un taxi che le riportò vicino al motel. Matt le accolse a braccia aperte quando le vide varcare la soglia della stanza comune adibita a soggiorno e cucina, ma le due non lo calcolarono minimamente. Davanti a loro c’era slash a petto nudo che si stava stiracchiando, vestito di converse, pantaloni di pelle e tuba. Un bel po’ di saliva colò dalle bocche aperte delle due povere pitters, “costrette” ad assistere a uno spettacolo del genere. Slash le notò chiedendo: “so what?”.
Entrambe presero a fischiettare con un’aria disinvolta molto poco convincente.
Dal canto suo, Slash si stava avvicinando alla parete più lunga, sulla quale aveva appoggiato in fila le sue gibson tutte uguali, che riempivano tutta la lunghezza del muro. Sfilò davanti alle sue chitarre con aria molto pensosa, e dopo un buon quarto d’ora decise che la numero undici era la migliore, per scaldare un po’ le dita. La imbracciò collegandola all’ampli, si accese la sigaretta e salì su una delle poltrone. Con un urlo scimmiesco spiccò un gran salto e atterrò in ginocchio a terra, attaccando con l’intro di Sweet child.
“Forse sto per morire”, sussurrò la Bea.
Subito Matt si schiarì rumorosamente la voce, ammiccando a Scott, che stava passando di lì e alle prime note di Slash si era immobilizzato drizzando le orecchie, che parvero diventare almeno il doppio più grandi.
Vedendolo con la coda dell’occhio anche Slash si immobilizzò, e con molta nonchalance attaccò energicamente Set me free.
“Tu non muori affatto socia”, boccheggiò la Marty. “Non puoi lasciarmi sola in una situazione così”.
D’un tratto arrivò Dave che, sovrastando il solo di Slash, informò le due ragazze che sarebbe stato meglio se l’avessero lasciato a sfogarsi un po’ da solo. “Ne avrà per delle ore”, spiegò loro. Poi chiese esitante se alle due andava di vedere il suo castello di stuzzicadenti, e tutti e tre uscirono lasciando Slash disteso a terra che si contorceva come posseduto dalla musica. Dave spiegò che Slash aveva litigato con Scott perché quest’ultimo gli aveva fatto uno scherzo e gli aveva nascosto la tuba, per cui necessitava di suonare per scaricare i nervi. Dopo averlo informato delle ultime uscite della hobby and works, la Marty e la Bea decisero di accompagnare lui e Duff a cercare Scott. Lo trovarono nel corridoio esterno intento a fissare gli alberi. Tanto per fare scena, si era vestito come se stesse nel bel mezzo di un concerto: pantaloni neri strettissimi, petto nudo, occhiali da sole, copricapo con la croce nazista… fischiettava la canzoncina di Robin Hood attraverso il megafono. Duff rabbrividì al solo vederlo, nonostante indossasse un pesante maglione di lana raffigurante delle simpatiche renne che si rincorrevano nella neve. Ridacchiando gli disse: “amico… saranno tre gradi!”.
Scott smise di cantare e rispose: “lo sento anch’io”, per poi portarsi alle labbra la sigaretta con mani tremanti, fingendo un’estrema indifferenza. Per imitare Slash, decise di ignorare le due ragazze, e se ne restò lì a battere i denti cercando di non farsi vedere… finché il freddo lo vinse e lo tramutò in una specie di statua ghiacciata. Duff e Dave ebbero di che imprecare, mentre il primo lo afferrava per le spalle e il secondo per le ginocchia, e lo trasportarono dentro al caldo come un manichino rigido e immobile. Alla vista di Scott conciato in quel modo Slash fu preso da un attacco di risate così trascinante che ebbe male agli addominali per un bel po’, e si strinse le braccia intorno alla vita mentre osservava i suoi compagni collocare il loro frontman davanti al camino acceso, sistemandogli addosso una coperta di pile. Per ingannare il tempo iniziarono un match a poker. Matt propose allegramente uno strip poker, ma nessuno gli rispose. A turno i ragazzi si avvicinavano a Scott per infilargli tra le labbra una sigaretta e fargli inspirare nicotina. Slash cercò di infilargli la sua dall’estremità sbagliata, ma Duff si accorse in tempo e lo sgridò, offrendo a scott la sua. Scott lo guardò sbattendo le ciglia tutto contento e l’altro gli accarezzò amorevolmente la testa, mentre Slash seguiva la scena avvilito. Scott gli rivolse un’occhiata articolando con le labbra le parole “gnè gnè gnè”. Dave raccolse tutte le carte e annunciò di essere affamato. La Bea e la Marty proposero di cucinare per loro alcune specialità tipiche italiane, e passarono con le ordinazioni.
Senza la minima idea di come preparare tagliatelle alla bolognese, piadine e fiorentina, le due si apprestarono ad avvicinarsi ai fornelli, seguite da un eccitato Duff, il quale si dichiarò deciso ad imparare i segreti culinari italiani. Iniziò a far bollire l’olio con estrema attenzione, coprendosi i capelli con una cuffia per non fargli prendere l’odore di cipolla; pescò dunque dalla sua valigia un grazioso grembiule a fiori e si buttò a capofitto in lunghi discorsi nella sua solita lingua a metà tra l’inglese e il swahili, ricevendo una miriade di cauti “yes yes” in risposta.
Di lì a mezz’ora furono tutti seduti a tavola a mangiare: Matt ingollava cibo come un morto di fame, facendo continui apprezzamenti sulle cuoche; la Marty sedeva accanto a lui e si scostava di continuo verso la sua amica, che dal canto suo era costretta ad avvicinarsi sempre più a Sash, il quale discuteva con Duff sulla scaletta del concerto. Alla sinistra di Duff c’era Scott, che cercava in tutti i modi di attirare l’attenzione del bassista… invano, in quanto questi non aveva occhi che per Slash. Dave chiudeva il circolo e rideva di Scott scuotendo la testa. Le due ragazze pensarono che in fondo non se l’erano cavata troppo male ai fornelli, pur avendo totalmente inventato la ricetta alla bolognese, e dopo il caffè Duff si offrì di lavare i piatti. La prospettiva di lavare le stoviglie non era mai stata così allettante per le due ragazze, ma Duff rifiutò categoricamente il loro aiuto sostenendo che avevano già fatto abbastanza, e ordinò agli altri di sparecchiare e spazzare per terra. Solo Dave e Matt ubbidirono, Scott e Slash restarono seduti e si accesero una sigaretta. Videro Dave raccogliere tutti i piatti e i vassoi con un’eleganza degna del miglior caposala di qualunque hotel, mentre Matt reggeva la scopa con uno sguardo malizioso, avendola evidentemente scambiata per chissà quale accessorio hard, e la maneggiava ancheggiando e sfregandosela addosso, leccandosi le labbra in direzione della bea e proponendo alle ragazze un modo sano e naturale per smaltire il pranzo. Fortunatamente tornò Duff e spedì tutti a fare la doccia. La Bea e la Marty ebbero di che divertirsi, alla vista di Slash che sbuffava e si contorceva dichiarando di essersi già lavato il giorno prima. Il biondo bassista, dopo una decina di minuti di proteste, lo sollevò quasi di peso ignorando le sue lamentele mentre l’altro ancora si divincolava.
Come la porta della cucina si chiuse dietro di loro, alle due ragazze si accese simultaneamente una lampadina nel cervello. Si guardarono a occhi sgranati e scintillanti: i Velvet Revolver al completo stavano recandosi sotto la doccia a circa cinque metri da quella stanza.
“socia… è troppo…” biascicò la Marty con la voce impastata. “non so se ce la faccio a reggere anche a questo”.
“socia quando mai ci ricapita!” esclamò l’altra, scuotendo la sua amica come per farla tornare in sé. “i Velvet Revolver nudi! Scott nudo!” strepitò la Bea, enfatizzando il nome di Scott, conscia del fatto che avrebbe fatto effetto. E in effetti se questo fosse stato un fumetto, sarebbero apparsi tanti cuoricini intorno agli occhi della Marty al pensiero di Scott nudo in carne e ossa davanti a lei.
Le due socie si guardarono cercando di trarre forza dallo sguardo dell’altra. Ci volle quasi un quarto d’ora perché le due si decidessero ad alzarsi. Di certo i ragazzi erano sotto la doccia. La Bea trattenne il respiro con fare teatrale, appoggiò la mano sulla maniglia e aprì la porta.
Tutto accadde come al rallentatore.
La porta si aprì lentissimamente, il battito simultaneo di due cuori più forte che mai. Entrambe fecero per avanzare di un passo quando incrociarono lo sguardo di Dave, che avanzava come su una passerella davanti a loro, coperto di goccioline d’acqua sui pettorali e le spalle, un asciugamano lungo stretto alla vita, scalzo. Nelle orecchie delle due ragazze iniziò a rimbombare il ritornello della canzone “Hot stuff”. Dave le guardò con aria di vaga sorpresa per poi sorpassarle ed entrare in camera. Entrambe fecero su di lui più di un pensierino e anche più di due.
Hai capito Dave… pensarono con la gola asciutta, non osando proferir parola. Sapevano cosa le aspettava se avessero provato a guardare in direzione delle docce. E infatti dopo Dave sfilò Matt, bello da far star male. I suoi occhi azzurri scintillarono nella penombra; per una volta aveva uno sguardo non provocatorio, ma talmente spontaneo e disinvolto, con i rivoletti d’acqua che gli solcavano la fronte, che sia la Bea sia la Marty si chiesero se non avessero sprecato un bel po’ di occasioni durante il giorno, e mentre continuavano a fissare la sua traiettoria a bocca spalancata si dissero mentalmente che nemmeno i tipi delle pubblicità dei profumi, o quelli della D&G che stanno in mutande sui gommoni, potevano lontanamente eguagliare la perfezione del fisico di Matt.
E non era che l’inizio.
Slash avanzava con andatura strascicata, completamente bagnato, con un asciugamano bianchissimo intorno ai fianchi e una specie di turbante tra i capelli. Tra le labbra stringeva una sigaretta fradicia e completamente inutile, ma che faceva un sacco di scena. Sembrò che il silenzio invadesse ogni cosa mentre le due povere fanciulle scannerizzavano ogni dettaglio del corpo di Slash, archiviando tutto nella mente e maledicendosi per non avere una macchina fotografica in mano, al diavolo le figure di merda.
Scott e Duff chiusero il corteo insieme, affiancati. Era decisamente TROPPO per le due ragazze, che riuscirono a restare in piedi solo perché entrambi avevano addosso un accappatoio ben allacciato, che li lasciava scoperti solo dai polpacci in giù. Quello di Scott recava sul retro la scritta “Velvet Revolver”, che sovrastava un suo ammiccante primo piano contornato dai suoi compagni di gruppo; quello di Duff era celeste, di spugna, con ciabatte coordinate. Duff sorrise alle due quando passò loro davanti e la Marty sostenne di peso la Bea, che si afflosciò tra le sue braccia con un grido soffocato.
Ci vollero venti minuti buoni per attenuare l’iperventilazione e avere di nuovo chiaro in mente chi fossero, dove andassero e perché fossero ridotte in quel modo, ma le nostre eroine si ripresero alla grande, tanto da riuscire a non sobbalzare troppo quando Slash entrò chiedendo se avessero un asciugacapelli.
Da perfette socie, si offrirono di provvedere loro stesse alla perfetta asciugatura dei suoi riccioli, tirando fuori dal nulla due phon professional, con tanto di bigodini, garnier fructis hydra ricci, ferro per modellare i boccoli e Lacca Ricci Perfetti Pantene Pro-V. Slash restò interdetto solo per un attimo, poi accettò l’offerta accennando un sorriso e si accomodò su una delle poltrone in attesa che le due si prendessero cura di lui.
Inutile dire che il risultato fu egregio, o almeno agli occhi di Slash: spalancò la porta della camera dei ragazzi con un’entrata scenica teatralissima, quasi hollywoodiana, dondolando le spalle e sventolandosi i capelli tutto intorno, appoggiandosi alla porta e parlando con voce seducente: “what’s up guys?”.
Scott sbuffò sprezzante, ma Duff lo accolse amorevolmente. Sbucarono anche le ragazze e videro che i cinque stavano giocando sul pavimento con le lego. Videro Dave fare posto a Slash e accarezzargli la testa, mentre Scott stava costruendo il colosseo per dimostrare che conosceva l’arte italiana.
Il pomeriggio era agli sgoccioli, i ragazzi dovevano andarsene al sound check ed arrivò il momento dei saluti. Ebbero di nuovo la sensazione di sprofondare in un oceano di confusione, ma le due ragazze ressero i baci e gli abbracci dei cinque VR quasi egregiamente. Slash le salutò con un sorriso e uno svolazzamento di capelli, poi fece loro l’occhiolino e disse “see you later girls”; l’abbraccio di Matt si protrasse più del dovuto ma nessuna delle due stavolta si scostò, memori dei dorsali scolpiti e degli addominali tartarugosi del batterista; Scott fu molto spiccio, e ciò evitò alla Marty di perdere i sensi, ma promise di dedicar loro l’intero concerto di quella sera, affermando che pretendeva di vederle in prima fila. Poi fece per uscire vestito esattamente come quella mattina, quando aveva rischiato di congelare. Duff gli passò un maglione e lui ricambiò con un sorriso mieloso; Dave le abbracciò con calore, regalando loro il modellino lego del duomo di Milano che aveva costruito prima, con tanto di guglie e finestrelle. Decisamente aveva stracciato il colosseo di scott. Infine le salutò Duff, ringraziandole della compagnia nel jogging e offrendo loro… i pass UNIVERSALI per TUTTI i loro concerti, in qualsiasi parte del mondo. [della serie: se dev’essere un sogno, facciamolo finire bene].
  
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