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Autore: Natalja_Aljona    15/08/2011    2 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Novantasette

E come in un duello, far dieci passi e poi guardarci un'ultima volta e via


Parte Prima


Il ballo in maschera

Finisce qui

Ma tu divertiti

Ancora un po'

(Il carnevale, Caterina Caselli)



Nove anni.

Erano pochi, forse, per pretendere libertà.

Nove anni.

Erano pochi, forse, per arrogarsi diritti.

Nove anni.

Erano pochi, forse, per mantenere promesse.

Nove anni.

Era l'età in cui alle promesse ci credevi.

Nove anni.

Era l'età in cui alle tue promesse non credeva nessuno.

Nove anni.

Era l'età in cui promettevano per poi voltarti le spalle.

Perché in fondo avevi solo nove anni.

E a nove anni potevi piangere sul marciapiede della tua via senza dover spiegare il motivo a nessuno, perché le tue lacrime avevano nove anni, non valeva la pena di fermarsi ad asciugarle.

E a nove anni a chi ti chiedeva: "perché piangi?" potevi sputare in un occhio, alzarti e correre su per le scale a rotta di collo, con il vestito che lasciava scoperte le caviglie, che nessuno poteva guardarti male, che nessuno poteva dirti: "vergognati!".

Non ne avevi, di malizia, a quell'età, ma ne avevano gli altri per te, e non ci pensavano, ai tuoi nove anni, ma non sapevano che un giorno saresti diventata grande, e loro avrebbero pagato per tutto.
Era il 1834, un bel giorno d'inizio Marzo, e nove anni Natal'ja li aveva compiuti il 27 Febbraio.

Nevicava forte, e c'era chi in qualche modo s'arrangiava, come lei, con la neve fino alle ginocchia e qualche fiocco sciolto fra i capelli, un sorriso che cercava di rimediare all'assenza del sole, che forse era sorto ma non nella sua città, che forse era sorto ma non nel suo quartiere.

Ma c'era anche chi proprio non ce la faceva, a vivere di sorrisi sbriciolati su un volto troppo pallido, a inventare felicità inesistenti solo per andare avanti.

C'era chi, mentre la neve cadeva e il tempo passava, rompendo i vetri delle finestre con i suoi battiti lenti, buttava il cuore in un angolo di strada e riusciva anche a litigare.

Era il 1834, un bel giorno d'inizio Marzo, la neve era caduta anche sugli occhi di Nikolaj, che Varsavia non riusciva più a vederla.

Litigava con Anželika, che una nonna dolce non l'era mai stata, che voleva impedirgli di seguire i suoi compagni d'armi al ricevimento dello zar.

-Il ricevimento dello zar!- gridava la donna, i lunghi capelli rossi annodati stretti stretti in capo con uno spillone ch'era stato di sua madre, una determinazione e una caparbia che non aveva fatto un passo indietro in quarantanove anni.

Mai d'un petalo era sfiorita la leggendaria bellezza di Anželika Valadìna, che dall'Austria alla Polonia aveva fatto splendere le sue note nei teatri, chiudendo sotto il cilindro del pianoforte i cuori dei suoi adoratori, e il suo nome ancora l'aveva in gloria il Cielo, finché non era tornata nella madre Russia, e il vigliacco titolo di "moglie di Decabrista" le aveva strappato il sole.

Ma lei di quel marito Decabrista sarebbe sempre andata fiera, perché la libertà, nel suo mondo di stelle, poteva costare anche la vita, e ne sarebbe valsa la pena fino all'ultimo giorno.

-Il ricevimento dello zar, Nikolen'ka? Ti chiedi cos'abbia mai da ridire, caruccio? Lo sai che la Grande Russia in cui vivi, grazie allo zar ha perso l'eroe ch'era tuo nonno? Lo sai che quella tua cugina che adori, grazie allo zar ha passato l'infanzia in prigione? Lo sai che ogni giorno s'incontra coi nostri dirimpettai, quei simpatici ungheresi, per mettere a punto l'attentato, l'attentato a quel demonio? Lo sai che se vai a lodare lo zar, a compiacerlo con quei salamelecchi che non valgono un rublo, qui a Forradalom ci tradisci tutti quanti? Va' a sbandierare la tua dignità in un salotto pietroburghese, che se sacrifichi la tua famiglia per un pugno di kopeki, quella non ti serve più a niente-

Nikolaj socchiuse gli occhi.
Se quella straordinaria Anželika Valadìna -una sorta di terremoto che a chiamarla "nonna" quasi l'offendevi- non avesse avuto dannatamente ragione, forse avrebbe trovato le parole, o quantomeno il coraggio per replicare.

-Natal'ja!- gridò dalla finestra -Piccola Alja, vieni su!-

Ed era salita in fretta, quella sua cuginetta, impaziente di sedersi sulle ginocchia di Nikolen'ka e di farsi raccontare come andavano le cose tra i soldati.

Ma l'accolse solo un freddo silenzio, sua nonna abbandonata su uno sgabello beffato dall'età e il suo cugino varsaviano preoccupato come non mai, gli occhi rossi per il fumo e le lacrime trattenute.


Dalla sigaretta in bocca accesa

Esce il fumo e ti accarezza il viso

È per questo che

I begli occhi tuoi

Sono rossi come i miei

(Ahi ahi ragazzo, Rita Pavone)


-Natal'ja, andrò al ricevimento dello zar. Con Akakij, Platon, Pál, Csák, Andrjuša e Vanja-

Natal'ja fece un passo indietro.

Il ricevimento dello zar.

Ma Pál e Csák avevano bruciato l'invito con i suoi fiammiferi tra i giornali del giorno prima.

L'avevano fatto davanti ai suoi occhi.

-Tu ci andrai?-

L'aveva detto piano, Natal'ja, con un fil di voce.

Un ciuffo latitante di capelli le era scivolato sulla fronte.

Non l'aveva spostato.

Nei suoi occhi grigiazzurri la luce era divenuta un po' più fioca.

Non se n'era curata.

-Alja, sono un membro dell'esercito! Cerca di...-

Lei sorrise.

-...capire? Io ti capisco, Niko. E' quello che non hai ancora capito tu, che mi fa stare male-

Ora sorrideva anche lui.

-Cosa pretendi di sapere di così importante, piccina? Hai...-

Basta così.

Natal'ja si spostò il ciuffo irriverente dietro l'orecchio, i suoi occhi ritrovarono la luce perduta.

-...nove anni? Certo che ho nove anni. E sono felice di avere nove anni. Non ne vorrei avere uno di più. E' bello, avere nove anni. E' così bello, Nikoluška. Puoi fare tante cose, a nove anni. Puoi dire tante cose, nessuno ti ascolterà. Nessuno ti prenderà sul serio. Ma tu le hai dette. Rimangono-

Un'ombra era calata sul bel viso di Nikolaj.
Scosse la testa, guardandolo tristemente.

-Piantala con questa filosofia da due złoty, Natal'ja. Ed evita di chiamarmi Nikoluška, per grazia divina. Mi chiamavano così quando avevo tre anni-

-Ti comporti ancora come quando avevi tre anni-

Avevano oltrepassato il limite.
Entrambi avevano oltrepassato il limite.

La burrasca negli occhi di Nikolaj.

La neve negli occhi di Natal'ja.
La sfida nel sorriso di Anželika, che raccoglieva le scintille dagli sguardi dei nipoti e ripeteva nella mente: "coraggio, Niko, coraggio, Alja".

-Ci andrò-

-Ci andrai-

-E tu...-

-E io...-

Nikolaj tacque.

Gli occhi fiammeggianti dello scricciolo che aveva davanti lo costrinsero ad abbassare lo sguardo.

-Io resto qui-

A lui quel coraggio era sempre mancato.

Chiuse gli occhi, strinse i pugni, scosse la testa.

-Sarà così-

Silenzio. Nessun senso.

Una stretta di mano, un pugno in un occhio.

Un sorriso, un sospiro.

Un bacio sulla guancia, una lacrima.

Nikolaj sarebbe andato al ricevimento dello zar.

Silenzio. Aveva senso?


E non credere di farmi male

Se stasera te ne vai

(Ahi ahi ragazzo, Rita Pavone)


Krasnojarsk, 15 Marzo 1834


Mi consolerà

Qualcun altro che

Riuscirà a farmi ridere

(Ahi ahi ragazzo, Rita Pavone)



Andrej Bagration - E' il figlio del Principe, certo che ci andrà.

Pál Desztor - Ha bruciato l'invito, da bravo membro esterno dei forradalmi qual è.

Csák Desztor - Vedi sopra.

Platon Drubenskij - Meglio non esprimersi.

Ivan Klenovskij - Da lavorare.

Akakij Ul'janov - Ci andrà solo per amicizia di Niko.

Nikolaj Zirovskij - Nient'altro da dire.


-Piangi?-

Natal'ja alzò lo sguardo, trattenendo a stento un sorriso.

Ricacciò indietro le lacrime, come avrebbe potuto fare altrimenti?

Il baldo giovane di fronte a lei aveva anagraficamente diciannove anni, ma l'allegria nei suoi occhi ne aveva dieci di meno.

Ecco qualcuno in grado di apprezzare i nove anni, si disse la piccola fiammiferaia, scrutandone gli occhi d'un tenue fiordaliso e l'arruffata chioma perdutamente bruna, la divisa da ussaro indossata con una fierezza devastante, pur non essendo quella militare la carriera giusta per lui.

Il caporedattore della Prospettiva Nevskij appariva, in quella mattina di fine inverno -ma le stagioni erano del tutto relative, nel cuore di ghiaccio di quell'impietosa Siberia-, più tranquillo e di buon umore che mai, meravigliosamente a suo agio nel clima che il suo Paese offriva, abituato al punto da poter camminare senza il minimo brivido, esattamente come lei, per le steppe innevate in camicia leggera.

La ragazzina sbuffò, fingendosi infinitamente annoiata.

-Parli del diavolo e spuntano i coperchi-

-Le corna, semmai. Come stai a proverbi, malen'kaya?-

-Maluccio, Akakij. Del resto "proverbio" non è che un modo gentile per dire "luogo comune"...non si può pretendere che mi piacciano-

Il ragazzo inarcò le sopracciglia, inginocchiandosi di fronte a lei e raccogliendo una manciata di neve tra le mani.

-Oh, e com'erano i luoghi comuni?-

-Viscidi, verdi e saltellanti-

-Misericordia!-

Con una sorta di buffo saltello l'ufficiale scattò in piedi, fece un passo indietro e le lanciò un pugnetto di neve fresca sui capelli.

Natal'ja scosse la testa, con un sospiro esasperato.

-Sempre dannatamente imprevedibile, Ul'janov-

-Come te, batuffolo-

Il ragazzo le rivolse un mezzo sorriso, ma la guardava storto.

-Che c'è?-

-Si scrive, eh?-

Akakij indicò il foglio stropicciato sulle ginocchia della bimba, sospettoso.

-Oh, è un elenco. Solo uno stupido elenco-

La risposta fu pressoché immediata.

-Mi piacciono gli elenchi, in particolar modo se sono stupidi-

Natal'ja guardò attentamente il giovane ussaro.

C'era un che di cospiratorio, nel suo sorriso, che la fece scoppiare a ridere.

-Leggi, leggi. Tanto, che vuoi che sia? Ho nove anni, io-

-E sei maledettamente diabolica, per l'età che hai. Oh, non provare a negare, piccola Khan! Si ricordano tutti di quando tu e quel tuo amichetto ungherese, il più basso dei cinque, come accidenti si chiama?-

-Jànos. E la più bassa è Hajnal, ma solo di pochi centimetri-

-Beh, ad ogni modo avete sfilato le scarpe nel sonno al figlio del Principe Bagration, Andrjuša, e le avete usate come esche per pescare nell'Enisej! Le ha recuperate, qualcosa come tre o quattro giorni dopo, e contenevano due larve e un salmone tramortito-

-Il salmone era fresco di pescheria, però. Non saremmo mai riusciti a pescarne uno nel fiume. E le larve sono state un'idea di quell'idiota di Szöcske. A me fanno schifo, lo sai. Sono viscide e saltellanti come i luoghi comuni!-

-Ma non sono verdi. E poi, di grazia, quando mai avresti visto una larva saltellare? Così, a titolo informativo-

-Quegli esserini sono capaci di tutto- replicò lei, risoluta.

-Poveri tesori! E comunque siete due storditi, tu e quel folletto ungherese-

-Certo che lo siamo!- ribadì Natal'ja, fiera.

-Natal'ja e Jànos, Natal'ja e Jànos, Natal'ja e Jànos- incominciò a canticchiare l'ussaro, tra le risa.

-Oh, certo. Sempre e meglio di Akakij e Niko, Akakij e Niko, Akakij e Niko-

Il ragazzo si accigliò.

-Problemi con Kolja? Non sei riuscita a mettere alla porta la ragazza di ieri?-

-Sono io la ragazza di ieri-

Akakij scoppiò a ridere.

-Figuriamoci! Non vorrai mica dirmi che quella testa calda d'un polacco s'è illuso di riuscire a infilarsi gli stivali dalla parte giusta senza la sua cuginetta?-

La fiammiferaia scrollò le spalle.

-Si fa aiutare da Anželi-

-Anželi?-

-"Nonna" le sta stretto, lo sai-

Akakij annuì, comprensivo.

-Giusto- sospirò, levando gli occhi al cielo chiaro chiaro del mattino siberiano -Oh, andiamo bene. Allora, qual è il dramma del giorno, malen'kaya?-

Chiuse gli occhi, Natal'ja.

Strinse forte la mano di Akakij e chiuse gli occhi.

-Il ricevimento dello zar-


Mi sembrava che

Fossi lì anche tu

Quasi quasi per piangere

Ma non è così

Piango solo io

Che non so ancora perdere

(Ahi ahi ragazzo, Rita Pavone)



-Oh, ma perché sei così bionda?-

-Perché sono la cugina di Niko, Akakijuša. Stessi geni, stessi capelli, stessi occhi-

-Beh, ma se lo fossi stata un po' meno, avrei potuto portarti al ricevimento con me. Akakij e Natal'ja Ul'janov, fratelli, cugini, bisnipoti. Ci avrebbero creduto, sai? Non sono tutti intelligenti come noi-

-Sono nobili. Tu sei comunque di buona famiglia, ma io...-

-Tu sei figlia della strada, eppure sei dannatamente straordinaria-

-Ehi! Tutti i forradalmi lo sono-

-Già. E a me che vivo sulla Prospettiva Mira, sai, piacerebbe tanto essere nato qui-

-Puoi sempre essere un membro esterno! Ne parlerò con Gengis e Szöcske-

-Oh, ma tu non li trovi inquietanti, i fratelli Desztor?-

-Sono dannatamente straordinari. Ehi, proprio come me!-

Akakij rise, scuotendo la testa.

-Che peste che sei...-

-Ahi ahi ahi, Ul'janov! La seconda congiunzione "che" è omettibile, non lo sapevi? Cioè, suona meglio. E più...grammaticalmente corretto-

-Per Kutuzov! Quando sono entrato nell'esercito tu eri un feto! Non ti permettere, sai?-

Natal'ja afferrò l'ufficiale per il colletto della camicia, scoccandogli un bacio su una guancia.

-La grammatica è un'opinione, vero, Akakij?-

-Non per il caporedattore della Prospettiva Nevskij. Dannati ussari. Prima o poi ti confondono le idee, a furia di ragionare solo con le armi-

-Ehi, io...posso essere un'inviata speciale?-

Il ragazzo storse il naso.

-Un'inviata speciale per l'altro mondo?-

-Ma dai!-

Una gomitata, un sorriso, un buffetto su una guancia.

Uno sgambetto, uno spintone, una caduta nella neve.

Natal'ja Morrison e Akakij Ul'janov, nove e diciannove anni.

Fieramente siberiani, spensieratamente allegri, terribilmente impertinenti e dannatamente straordinari.

La magia del numero nove aveva colpito ancora.


-Ehi, Akakij...-

Un sopracciglio inarcato.

-Alja?-

Due occhioni grigiazzurri sgranati.

-Davvero pensavi che volessi andare al ricevimento dello zar?-

Una scrollata di spalle.

-Tutte le ragazze ci vorrebbero andare-

Un cenno della testa, un "no" appena sussurrato.

-Non quelle di Forradalom-

Una certezza, forse l'unica.

-No, quelle no-

Un nome come un colpo al cuore.

-Nikolen'ka...-

Labbra tremanti, pianto ricacciato indietro.

-Nikolen'ka ha fatto la sua scelta-

Una lacrima, e niente più.


Solo

Credevo di volare e non volo

Credevo che l'azzurro di due occhi per me

Fosse sempre cielo, non è

Fosse sempre cielo, non è

(Fiori rosa Fiori di pesco, Lucio Battisti)




Note


Złoty: Moneta in uso in Polonia.

Kopeki: “Centesimi” russi.

Andrjuša: Vezzeggiativo di Andrej.

Vanja: Vezzeggiativo di Ivan.

Malen'kaya (russo): Piccolina.

Forradalmi (ungherese): letteralmente Rivoluzionari, nello specifico della storia abitanti di Forradalom.

Bagration: Importante famiglia dell'aristocrazia russa ottocentesca di origine georgiana, citata anche in Guerra e Pace (Tolstoj). Andrej, l'ussaro citato in questo capitolo e che comparirà nel prossimo, è un personaggio assolutamente fittizio.

Prospettiva Nevskij: Strada principale di San Pietroburgo e nome del giornale di Akakij.

Prospettiva Mira: Letteralmente Prospettiva Pace, Via Pace. Strada principale di Krasnojarsk.

"E come in un duello, far dieci passi e poi guardarci un'ultima volta e via”: Via, Claudio Baglioni.

La citazione è riferita ai cugini Zirovskij, Natal'ja e Nikolaj, che in questo capitolo e nel prossimo affronteranno il loro primo vero conflitto.


Ed ecco, in questo pomeriggio di Ferragosto, un altro capitolo a cui tengo tantissimo, tanto importante e lungo che ho deciso di dividerlo in due parti.

Lo dedico a due persone, questo capitolo.

Lo dedico a papà, che ha compiuto gli anni il 13 Agosto ed è dannatamente straordinario, proprio come Alja e Akakij, con la sua chitarra e la sua adorabile strafottenza, l'ironia e i sogni di una vita.

Lo dedico a Ceci, che in questo momento è in viaggio per Salisburgo e che questo capitolo lo leggerà dell'Austria, che per il ritorno di Akakij mi ha supplicato fino allo sfinimento, che il 4 Settembre abbraccerò sul serio, sul portone di casa mia, con i quattordici anni che avrò compiuto e tanti, troppi progetti su come trascorrere la giornata.

Parliamo del capitolo, adesso.

Nikolaj...io ci sono dannatamente affezionata, al codardo, eroico, villano, gentile, scontroso, smarrito Nikolaj.

Ci sono affezionata a Niko, Nikolen'ka, Nikoluška, Kolja, a quella testa calda d'un polacco, a quello Zirovskij da strapazzo.

Perché non avrà mai il coraggio di seguire i suoi sogni, di essere sincero con se stesso.

Perché, nonostante tutto, è coraggioso. E sta male, male da morire, ma gli manca il coraggio di guarire, ha paura.

Perché Natal'ja l'adora e adora la sua famiglia, adora il pianoforte che ha lasciato a Varsavia e il cielo che c'era laggiù, che forse non ritroverà più, ormai.

Perché in fondo Nikolaj è “il vigliacco che nasconde il cuore” citato da Vecchioni, e sbaglia, sbaglia così tanto, e sbaglierà anche nel prossimo capitolo, e il prossimo capitolo sarà il preludio del suo errore più grande, l'errore che farà per farsi perdonare.

E poi...poi c'è Akakij.

Akakij Ul'janov, che prima di essere amico di Niko o di Natal'ja è amico della vita, e i suoi sogni li insegue, li insegue fino a stare male.

Akakij che non sarà mai un uomo d' azione, che tra gli ussari di Krasnojarsk c'è solo per sbaglio, che è innamorato, Akakij, innamorato d'un amore più forte di lui.

Akakij che neanche quando Julyeta gli volterà le spalle se la lascerà scappare, quella vita.

Akakij che in questo capitolo ha solo diciannove anni e che vuole un bene dell'anima a Natal'ja, che se ne frega dei suoi nove anni e che vorrebbe essere nato a Forradalom, che scrive sul suo giornale rivoluzionario e sorride, sorride sempre.

Akakij che nel prossimo capitolo, forse, sarà il più coraggioso di tutti, più ancora di Natal'ja e Feri, più di Jànos e di tutti i forradalmi.

Anželika (che si pronuncia tranquillamente Angelica, nonostante quel beffardo accento slavo), Anželi, come piace chiamarla a me, con il suo vezzeggiativo russo, che è il ritratto di mia nonna, la mia adorata nonnina siciliana, che a chiamarla “nonna” ti sembra quasi di farle un torto, da tanto che è straordinaria.

Quel suo titolo ingiusto, quel “moglie di Decabrista” che le appioppano per le strade, i sogni e la libertà lasciata sotto il cilindro d'un pianoforte eppure mai persi, al contrario di Nikolaj, per il bene d'un marito quasi morto per la Rivoluzione, lo approfondiremo presto.

Perché è coraggiosa, Anželi, la donna bambina, la ragazza felice di sposare Iljodor Zirovskij , Il'ja, il generale kazako che ha perso la ragione a ventiquattro anni, in seguito alla Battaglia di Austerlitz, ed è felice ancora, anche se suo marito a volte ha lo sguardo perso nel vuoto, e crede di vedere i Francesi di Napoleone nei suoi vicini di casa, crede di vedere ancora il fuoco nel Cremlino di Mosca e la sconfitta di Austerlitz, gli alleati austriaci a mani vuote dopo la battaglia, Kutuzov che dà ordini in sella al suo cavallo e il suo esercito Cosacco, i patrioti delle steppe che lo chiamavano “Generale”, quei dannati eroi a cui la divisa da ussaro stava stretta, che non hanno visto la vittoria ma non hanno perso mai.

E infine Natal'ja, ma Natal'ja la conoscete bene, ormai.

Natal'ja è quello che è, a nove come a undici e a tredici anni.

A Natal'ja puoi togliere l'aria, forse, ma i sogni mai.

E la Speranza e la Rivoluzione sono l'aria di Natal'ja, quella ragazzina che nelle vene ha la neve e la Libertà, a cui puoi fare male, forse, ma il sangue le costa meno dei sogni, dei sogni tenuti in vita da quella sua benedetta follia.

Natal'ja che in fondo è il cuore di Forradalom, e i battiti del suo cuore sono come i passi dei Rivoluzionari, dei Decabristi nella Piazza del Senato -attuale Piazza dei Decabristi- di Pietroburgo, in quel 1825 ch'è anche il suo anno di nascita.

Che poi, quasi senza accorgermene, le date di nascita di Natal'ja e George parlano da sole, le Parche hanno voluto così.

Il 1825 è l'anno della Vosstanie Dekabristov, la Rivolta Decabrista del 14 Dicembre.

Il 1821, invece, è l'anno d'inizio della Rivoluzione Greca, della Guerra d'Indipendenza contro i Turchi Ottomani.

Il 27 Febbraio, poi, è il loro giorno, il giorno della Rivoluzione, il giorno delle Parche, il giorno che ho “inventato” io.

Il giorno dopo il 26 Febbraio, data di nascita di Victor Hugo (26 Febbraio 1802), perché nonostante tutto Alja e Gee saranno sempre un passo dietro al grande Vic.

Ebbene, dopo una pagina e mezzo abbondante di fitto commento del capitolo, di analisi dei personaggi e digressioni storiche, penso di avervi esasperato abbastanza e chiedo perdono, questo vizio di fare puntualmente un'Odissea di note di fine capitolo non me lo toglierò mai. ;)

Mi auguro sinceramente che questo capitolo vi sia piaciuto, e con la promessa che nel prossimo, in cui tra l'altro apparirà un personaggio molto particolare, oltre ad una breve comparsa dei predecessori di Isaakij Keresztely, altrimenti conosciuto come la sorella di Akakij, ridurrò notevolmente le note, vi saluto. ;)


A presto!

Marty

  
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