Mezzogiorno; sì mezzogiorno in punto. Uno di quei mezzogiorni caldi e afosi di metà agosto.
Stazione di ***; affollata, come sempre.
Un treno, di quelli verdi-grigi, vecchi.
Un treno fischia; uno strattone indica chiaramente la sua partenza.
Prende velocità pian piano; accelera sempre di più; ormai è velocissimo, chi lo ferma più?
Corre; Come un bambino giù a perdifiato in un parco, come un pensiero che balena in testa.
Accidenti, uno zaino è caduto; viene raccolto velocemente e rimesso al suo posto.
Un anziano signore legge il suo quotidiano; una bambina gioca con le sue bamboline; i pendolari stanchi riposano dopo una estenuante giornata di lavoro.
Voci confuse, urla di bambini risuonano in tutto il treno. Il viaggio è abbastanza tranquillo, anche se di tanto in tanto qualche ragazzo si ferma davanti agli scompartimenti, per poi sparire velocemente.
Scorre; tutto scorre.
Le case e gli alberi scorrono veloci dietro i vetri ialini.
Il tempo scorre. Tic Tac. Tic Tac.
Alt, capolinea.
Stazione; il treno rallenta, e con un rumore assordante si ferma.
Una miriade di sconosciuti si accalca sui predellini, facendo a gara per uscire primi, come tante brulicanti formiche irrequiete.
Fuori è già buio; la luna si alza lentamente nel cielo nero accompagnata dalle lucenti stelle.
Quando ormai la terra sembra aver raggiunto la quiete, ecco una piccola sagoma sbucare dal treno immobile. Porta con sé un enorme bagaglio, troppo grande per la sua esile figura.
Uno, due. Opplalà, un saltino e si ritrova con i piedi a terra.