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Autore: Vitriolic Sheol    16/08/2011    3 recensioni
Tutti noi cerchiamo un porto sicuro nella tempesta... un amico, un amante, la nostra famiglia... ma cosa succede se è proprio la nostra famiglia la causa della tempesta? In una Tokyo terrorizzata dal fenomeno Kira, la vita di una giovane psicologa si intreccia a mille altre, trovando terrore, odio, amore, passione e gelosia.... prima long fic su Death Note, vi prego recensite!
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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CAPITOLO 22
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Quando hai eliminato l’impossibile,
qualsiasi cosa rimane, per quanto improbabile,
deve essere la verità.

Arthur Conan Doyle.



***



Un corridoio.

Lungo, stretto, buio. Illuminato solo da fiaccole appese parallele ad entrambe le pareti. La luce tremolante, come paurosa di quello che sta per accadere. L’odore di morte, forte, impossibile da sopportare.

E il buio.

Cammina lenta… un piede davanti all’altro, guardingo… un piede che si accorge solo ora essere scalzo; una gelida, sottile brezza comincia a soffiare per quell’andito, inclinando le fiammelle e muovendo la veste che indossa.
Si guarda attorno cauta, ma attorno a lei solo il silenzio, che in quel momento le pare più frastuono che quiete.

Arriva in fondo al corridoio, dove l’attende una porta chiusa a chiave e dal pesante pomolo d’ottone. L’anta lignea di questa è intagliata con migliaia di figure di angeli bellissimi, che sembrano guardarla con occhi narranti imprese e tempi antichi.
La apre senza sforzo, girando delicatamente la chiave nella toppa; un’altra folata di vento la colpisce, mentre entra nella stanza oltre la porta.

E’ un luogo enorme, dalle millenarie pareti in granito grezzo color dell’ocra, illuminato da file e file di candelabri; in fondo, nell’immensa parete davanti a lei, un affresco vecchio di oltre sei secoli, raffigurante una visione apocalittica del mondo con imperante nel cielo un magnifico angelo dalle ali policrome, schiacciante sotto i piedi divini un nero serpente dalle ali di pipistrello e le zanne di lupo. Era vestito con un’armatura risalente forse all’età romana ed era armato di una lunga, magnifica spada; sembrava osservare con disprezzo tanto il serpente sotto di sé, quanto le migliaia di anime mortali che si contorcevano a terra in atroci dolori, avvolte dalle fiamme.

Spostando lo sguardo più in basso si accorse che, come migli romani posti lungo gli argini delle antiche strade, ad entrambi i suoi lati giacevano due grosse casse rettangolari chiuse; si avvicinò timidamente ad una e dopo aver tolto faticosamente il coperchio, non riuscì a reprimere un grido d’orrore, ritraendosi velocemente indietro.

In quello che scoprì essere un sarcofago, giaceva il cadavere di sua madre.

Il corpo era immerso per circa due quarti in denso, purpureo sangue che pareva preservarlo dalla decomposizione, giudicando dalla pelle liscia e perfetta che presentava.

Correndo, si diresse a destra verso la bara parallela, aprendo anche questa.

Nello stesso stato in cui aveva trovato la madre, vide Audrey, cullata dal sangue e bellissima nel suo sonno di morte.

Una dopo l’altra, scoperchiò tutti i sarcofaghi, trovando in questi prima Rachel e poi suo padre…. ne rimaneva solo una da aprire.
La raggiunse in pochi passi e senza esitare fece scivolare il coperchio da un lato.

Quello che vide, le fece desiderare di giacere anch’ella in quelle bare con loro.

Mello era là, disteso nel sangue, bellissimo e diafano, per la prima volta con gli incantevoli lineamenti del volto sereni. Era di una bellezza devastante, quasi una statua intagliata nell’oro e nell’alabastro.

Piangendo, si accasciò sul bordo della cassa, andando ad accarezzare il bel volto cadaverico. Ma appena lo fece, il sangue dagli altri sarcofaghi cominciò ad uscire, colando dagli orli in pigri, lenti rivoli, andando a macchiare il pavimento.

Impietrita dalla paura,  non poté far altro che osservare quell’orrido spettacolo ad occhi sbarrati, sentendo la morsa gelida del terrore avvinghiarsi al cuore.

Fin quando una piccola mano bianca, affusolata e sporca di sangue si levò oltre la tomba, aggrappandosi al bordo di quella, imitata dopo pochi secondi da tutte le altre.

Terrorizzata corse verso la porta dalla quale era entrata in quel luogo maledetto, non curandosi del sangue che tingeva di rosso l’orlo della sua veste nivea; schiantandosi contro di quella, la trovò sbarrata; afferrandone il pomello, al colmo della disperazione, cominciò a scuoterla, invocando aiuto con grida straziate.

Nel mentre, quelli che erano stati i corpi senza vita della sua famiglia, si stavano sollevando ed uscendo dai loro giacigli mortuari; intorpiditi come se avessero dormito per ore e insanguinati, si alzarono in piedi cominciando ad avanzare verso di lei.

Non la spaventarono tanto Rachel, sua madre, Audrey e suo padre quanto lui, il suo angelo caduto, Mello che con occhi resi fulgidi e trasfigurati dalla morte, incedeva verso di lei con sguardo di belva.

Ad un tratto, otto mani gelide come ghiaccio e più forti del ferro la afferrarono, intrappolandola e precludendole ogni possibile movimento.

Mello si fermò davanti a lei, quasi a distanza millimetrica mentre la sua famiglia pareva attendere un suo ordine od assenso.

Dopo averle posato delicatamente una mano sul collo, le mormorò “Sei arrivata amore mio… mi hai trovato.”

Poi, si avventò sulla sua gola, mentre il resto della sua famiglia fece scempio del suo corpo.


***


Si svegliò urlando di puro terrore, tirandosi su di scatto con il busto; ansimava e gocce di sudore le imperlavano la fronte. Si portò una mano al viso, nascondendo gli occhi mentre con l’altra stringeva convulsamente il lenzuolo; quando alzò lo sguardo, vide Ryuzaki, serio in volto, ritto in piedi davanti a lei.

RZ= E’ arrivato il momento… la mutazione di Caroline in Nimue sta avendo inizio.

CA= Che… che vuoi dire?!

RZ= Vestiti in fretta, dobbiamo andare da una persona. Ti guiderò io.


***



“E’ tutto pronto mio signore… Zerhogie è pronto ad agire.”


“Perfetto…attendete il mio segnale.”


“Come desidera, signore…”



***

Aveva obbedito alle direttive di Ryuzaki senza battere ciglio, consapevole che qualcosa di molto grande e pericoloso stava per esserle svelato; ma quando vide davanti a sé l’edificio dell’incontro fu colta da improvviso timore. Tuttavia salì le scale senza dire una sola parola, finché non arrivarono davanti alla porta a loro utile; prima che bussasse però, Ryuzaki la fermò afferrandole dolcemente, ma in modo inequivocabilmente deciso, il polso.

CA= Che c’è?

RZ= Quello che stai per fare non è una passeggiata Linne… ed hai bisogno della mia mente e dei miei ricordi…

CA= Che vuoi dire?

Ryuzaki le sorrise, per poi poggiare la mano sulla guancia muliebre.

RZ= Chiudi gli occhi tesoro… ti auguro buona fortuna.

Non capendo cosa volesse comunicarle Ryuzaki, Caroline chiuse gli occhi; bastò quel solo movimento a farle comprendere. Si sentì come avvolta dal ghiaccio per circa un minuto… riaprì gli occhi quando la sensazione ebbe termine e non vedendo il ragazzo accanto a lei, capì che Ryuzaki aveva preso possesso del suo corpo dominandola.

Sentiva il proprio corpo formicolare leggermente,appena più pesante del solito.

CA= Ryuzaki… sei… dentro di me?

La ragazza vide il proprio braccio destro sollevarsi spontaneamente e la mano chiudersi su se stessa, sollevando il pollice a dire “Ok”; sorrise leggermente.

CA= Ok, capito, puoi pure rimetterlo giù… stavolta le ho viste proprio tutte…Ehi! Calmati, adesso busso!

Ryuzaki, momentaneo co-possessore del suo corpo, l’aveva spinta verso la porta; dopo un respiro profondo, la ragazza batté delicatamente le nocche sulla superficie lignea.

“Avanti, è aperto.”


***




Unica tua nutrice è la notte.
Né a me né ad altri, a nessuno che veda la luce del sole,
tu potrai fare del male.

Sofocle, “Edipo Re”.



***


Quando entrò, rimase sorpresa dalla semioscurità dell’ufficio;

CA= E’ permesso?

Vide una figura alta e magra alzarsi dalla scrivania e dirigersi verso di lei; nella penombra la vide sorriderle, di un sorriso stanco e velato di tristezza.

“Signorina Seyrig,quanto tempo…”

CA= Dottor Reiver, io…

Il medico però la interruppe, posando una mano sulla sua e sorridendole con fare paterno.

RE= So benissimo perché si trova qua signorina, non c’è bisogno che mi dia spiegazioni… venga con me, mi segua.

La condusse verso la grande libreria vittoriana sul muro sinistro, ed abbassando leggermente un libro che Caroline non seppe distinguere, fece scattare un meccanismo con il quale la scansia si aprì in due ante, lasciando intravedere una seconda sala, seppur immersa nel buio.

RE= Prego… non abbia paura, con me è al sicuro.

Entrarono nella stanza, che si illuminò all’improvviso dopo che il medico ebbe attivato l’alimentazione elettrica; quella che si presentò agli occhi di Caroline, fu una stanza perfettamente circolare, con i muri interamente affiancati da un lungo tavolo ligneo coperto di computer, macchinari scientifici, ampolle, provette e quant’altro. Al centro, una struttura metallica ovale, alta circa un metro e mezzo.

CA= Dove ci troviamo?

RE= Quello che sta vedendo, quello che farà ed ogni parola che noi ci scambieremo, non dovrà uscire da questa stanza… d’accordo?

CA= Va… va bene… ha la mia parola.

RE= Ci troviamo nel mio laboratorio signorina Seyrig… qui cerco di creare e perfezionare terapie il meno violente ed invasive possibili per aiutare i miei pazienti..

CA= Ha portato anche Rachel qua?

RE= No… non ce n’è stato bisogno… purtroppo. Ma ora non siamo qui per parlare di sua sorella, signorina… siamo qui per parlare di lei.

CA= Di me?

Come risposta, il dottor Reiver la superò per avvicinarsi alla struttura ovale al centro della stanza; afferrando poi quelle che Caroline riconobbe essere maniglie,  la aprì come se fosse stato un armadio.

RE= Venga… si avvicini.

Obbedendo silenziosamente, Caroline si avvicinò alla struttura che, una volta aperta, rivelò sotto di sé una vasca ovale non molto profonda, piena d’acqua; dai bordi di questa vide partire una decina di fili bianchi, risalenti tutto l’interno della struttura per poi andarsi a collegare con un macchinario esterno poco lontano da quella.

CA= Che… che cos’è?

RE= Io la chiamo “la vasca dei ricordi perduti”… ma in termini scientifici, ha il nome di “Memorarium”…

CA= Memorarium?

RE= Ne esistono pochissimi esemplari a questo mondo, sono state dichiarate fuorilegge dal 1956… è estremamente pericoloso per me tenerla qui, potrei rimetterci la carriera e la libertà…

CA= A che cosa serve?

RE= Collegando quei cavi alla testa del paziente, questi può rivivere frammenti di vita passata, ricordi dimenticati, sensazioni perdute…

CA= Io dovrò entrare lì dentro?

RE= La sua intelligenza è sorprendente signorina… lei ha dentro di sé ricordi e sensazioni che non riescono ad affiorare autonomamente; le servirà il mio aiuto…

CA= Mi servirà?
RE= Più di quanto immagina…

Cercando di nascondere il nervosismo, assunse il tono più sicuro di cui era capace.

CA= Bene allora… cominciamo. Che cosa devo fare?

RE= Si spogli…

CA= Cosa?!

RE= Non mi fraintenda… ma dovrà entrare nella vasca indossando solo la biancheria; si spogli, io mi volterò dall’altra parte… quando sarà svestita potrà coprirsi con quel lenzuolo.

Rabbrividendo dal freddo, una volta che il medico si girò, Caroline cominciò a denudarsi, rimanendo poi solo con l’esigua biancheria intima nera; si avvolse quindi nel lenzuolo e si avvicinò al medico.

RE= E’ stata veloce… venga, dobbiamo avvicinarci alla vasca.

Una volta avvicinatisi, la mise in funzione; di colpo decine di led rossi e verdi si accesero, mentre l’acqua della vasca cominciò a gorgogliare alla guisa di un idromassaggio.

RE= Si volti leggermente signorina e pieghi la testa davanti a lei… ha i capelli corti, quindi non vi sarà bisogno di spostarli…

CA= Per cosa le serv…AHI!!

Un dolore acuto pervase Caroline alla congiunzione tra collo e nuca; andandosi poi a toccare, avvertì sotto le dita una specie di coperchietto concentrico duro al tatto, fissato al suo collo mediante due aghi infilati nella sua carne.

CA= Che cosa mi ha messo addosso?!

RE= Stia tranquilla; questo microchip è collegato, mediante gli aghi ad impulsi elettrici a bassissimo voltaggio, direttamente al suo ipotalamo. Dal microchip, partono due sottili cavi, come può ben vedere, collegati in linea retta al computer qui accanto… con questo io trasmetterò al suo cervello delle leggerissime scariche elettriche che avranno il compito di stimolare i suoi ricordi “subliminali”.

CA= Quindi io dovrei immergermi nell’acqua mentre nel mio cervello scorrazza amabilmente della corrente elettrica?!

RE= Capisco la sua ritrosia, ma non c’è niente di cui temere… prego, attacchi questi altri microchip nella zona delle tempie, sul cuore e sul polso… mi serviranno per controllare le sue funzioni vitali…

Caroline fece aderire i chip, simili a dei piccoli elettro-stimolatori, sulle due tempie, sull’inizio del seno sinistro e sul polso destro; come per quello conficcato nel suo ipotalamo, anche questi avevano due fili ciascuno, collegati al macchinario.

RE= Bene… siamo quasi pronti. Ora inghiotta questa pillola signorina…

La ragazza guardò titubante la piccola, candida ed apparentemente inoffensiva pillola situata nel suo palmo.

CA= Che cos’è?

RE= Un acido… servirà a rendere nitidi e ben visibili i ricordi nascosti nella sua mente…

CA= Fantastico… -_-‘

Inghiottì la pasticca bevendovi assieme un sorso d’acqua, sotto lo sguardo attento del medico che, prendendola per mano, la portò al ciglio della vasca.

RE= Ora dovrà entrare nella vasca… dovrà sdraiarsi completamente, il piccolo dislivello sotto la sua testa terrà fuori dall’acqua naso e bocca permettendole di respirare, ed al contempo impedirà che il microchip nel suo ipotalamo fuoriesca arrecandole dolore.

CA= Penso di aver capito…

RE= Si ricordi che quello che sta per vivere sono solo ricordi, immagini simili a quelle di un film; anche se le sembrerà di viverle realmente, sappia che le persone che avrà intorno non la vedranno né la sentiranno… per loro sarà invisibile. Si sente pronta?

CA= Credo di si…

RE= Mi dia il lenzuolo signorina… e si sdrai nella vasca.

Attenta a non scivolare, Caroline mise un piede nell’acqua ribollente della vasca.

CA= Ah… è calda…

RE= L’acqua calda stimola le percezioni, modifica i batti cardiaci e dilata vene e arterie… utile per l’esperimento che stiamo intraprendendo.

Dopo queste parole, la ragazza entrò completamente nella vasca, sdraiandosi ed immergendosi interamente nell’acqua crepitante di bolle d’aria; sentì l’acqua avvolgerle morbidamente i contorni del volto, ovattandole le orecchie… stese le braccia lungo il corpo ed allungò completamente le gambe, come se giacesse in una bara. Il dottor Reiver si affacciò sopra di lei.

RE= Iniziamo con l’esperimento signorina… chiuda gli occhi e svuoti la mente.

Annuì impercettibilmente mentre il medico chiudeva sopra di lei le due ante del “tetto” della vasca; si sentiva come sepolta in un tumulo cimiteriale, colmo solo di acqua gorgogliante.

Poi chiuse gli occhi, mentre il dottor Reiver inviava il primo impulso elettrico al suo ipotalamo.


***


Il primo input le fece provare la sensazione di essere risucchiata in buco nero. Intorno a sé vedeva soltanto colori confusi e velocissimi, andanti dal blu, al viola fino al rosso intenso; poi, dopo qualche secondo, tutta la girandola di colori fu sostituita da un’intensa luce bianca.

La seconda scarica, ebbe il compito di diradare la luce, delineando quelli che erano i contorni di una stanza, che Caroline ancora non riusciva a definire.

Con la terza, la sua avventura nei ricordi di Ryuzaki, il primo, vero L, ebbe inizio.


***



Si trovava in piedi, in una stanza ancora a lei sconosciuta; era perfettamente asciutta, vestita con gli abiti con i quali si era recata dal dottor Reiver… sentiva il corpo leggero, quasi inconsistente, come fatto d’aria.
Si guardò attorno: era in un corridoio ampio e luminoso, dalle grosse vetrate a bifora in mosaici di vetro colorati… sotto di lei il caldo parquet di legno, i tappeti persiani ed un caminetto acceso, lasciavano trapelare che si trovassero nel mezzo dell’inverno. Camminò per alcuni minuti completamente sola, avvolta nel silenzio, fin quando non arrivò davanti ad una porta dalla cui parte opposta proveniva un vociare sommesso; arrivò a circa mezzo metro dalla maniglia, quando sentì qualcuno, decisamente più basso di lei, sfrecciarle accanto.

“Avanti lumaca, muoviti, sennò quelli si fregano tutto!”


Nel sentire quella voce Caroline abbassò d’istinto lo sguardo, e quello che vide la fece vacillare per qualche secondo.

Davanti a lei, dell’età di circa otto anni… c’era Mello.

Lo riconobbe immediatamente, grazie ai tratti inconfondibili dei capelli color dell’oro e dei grandi, espressivi occhi azzurri. Nel guardarlo, si portò una mano alla bocca, sentendo crescere la sensazione del pianto; bellissimo anche da bambino, era estremamente magro negli abiti neri che non contribuivano ad irrobustirne la figura; sorrideva, come mai nell’età adulta l’aveva visto fare, e saltellava impaziente nell’aspettare l’amico la cui identità fu subito chiara alla ragazza. Voltandosi infatti, Caroline vide un Matt di sette anni trotterellare verso l’amico… non trattenendo più le lacrime per la commozione, si fece passare accanto il meraviglioso bimbo dai capelli di fuoco e dagli occhi della profondità del bosco di cui portavano il colore.

“Arrivo, arrivo Mello… tanto Linda e Ben si saranno già presi tutti i giochi, quindi perché tanta fretta?!”

Lasciando che fossero i Mello e Matt bambini ad aprire la porta, Caroline entrò con loro in un’immensa sala piena di loro coetanei; in uno slancio affettivo, cercò di carezzare la testa di Mello, ma quando la sua mano entrò a contatto con il bambino, lo passò da parte a parte… si ricordò delle parole del dottor Reiver: lei era solo un’ombra.

Un’ombra, fra le tante che abitavano la Wammy’s House.

Decise di seguire i due bambini, che si diressero verso un adolescente alto e magro, che li accolse con un sorriso leggero; ancor prima che Mello ne dicesse il nome, Caroline lo riconobbe immediatamente.

“Ciao L ! Allora, oggi cosa ci insegni?”

L… Ryuzaki… capì solo allora cosa avesse voluto comunicarle, nel dire che i suoi ricordi le sarebbero stati fondamentali; dai 17 anni di quel ricordo al giorno in cui le era apparso, non era cambiato di una virgola, eccezion fatta per le occhiaie meno pronunciate.

“Nessun insegnamento oggi Mello… è domenica, e ci si riposa; domani ricominceremo con le lezioni. Ehi, ciao Matt, non ti avevo visto!”

“Ciao L…” bofonchiò Matt.

“Ehi ragazzi” riprese L “perché non fate un po’ di compagnia a Near e non lo aiutate a finire il puzzle che sta facendo?”

A quel nome, Caroline trasalì. Guardando oltre la spalla di L, poté scorgere un piccolo batuffolo bianco accucciato, come sua attitudine abituale, sul pavimento intento a incastrare uno con l’altro i tasselli di un grosso puzzle bianco; vide il piccolo Mello guardarlo interrogativo.

“ A sei anni perdere tempo con quei cavolo di puzzle… io l’avevo detto che gli manca qualche rotella.”

“Mello non essere inopportuno” rispose L “Near è altrettanto intelligente e normale quanto tutti voi.”

Durante tutto quel colloquio, il piccolo Near non fece nessun movimento né pronunciò alcuna parola; ad un tratto però alzò i grandi occhioni grigio perla e li fissò su Mello. Caroline poté vedere il suo volto da cherubino, complice la tenera età dei 6 anni, velato da quella mestizia che sempre lo accompagnava.

L… Matt… Near… Mello. Quattro vite spezzate, quattro esistenze interrotte che urlavano la loro rabbia contro quel Dio che per loro aveva preso le sembianze di torturatore, in una muta diffidenza e atarassia verso le persone che popolavano il mondo attorno a loro.

Consapevole di essere per loro invisibile e inudibile, la ragazza zigzagò tra i tre per arrivare davanti al piccolo Near, nuovamente intento a completare il proprio puzzle; vi si accucciò davanti e lo guardò… si chiese cosa si potesse provare nel trovarsi catapultato in una dimensione come quella della Wammy’s House dove sei, al contempo, tutto e nessuno… si chiese quale sentimento avesse albergato nel cuore di Near in quei giorni, se astio contro i propri genitori o lo strazio dell’abbandono in se.

Istintivamente, alzò nuovamente lo sguardo verso Mello, ancora a fianco dell’inseparabile Matt. Anche se ne aveva davanti il ricordo di bambino, nella sua puerilità lo trovò di una bellezza da star male, quasi un piccolo angelo androgino uscito dal pennello di uno dei tanti, grandi pittori del Rinascimento. Si trovò a ricercare in quel viso sorridente e spensierato, qualcosa del Mello odierno.

Che cosa trovò? Nulla.

Il Mello che aveva davanti in quel momento e quello che insidiava i suoi sogni e la sua vita da ventiduenne, sembravano due persone estranee tra loro… niente, tranne i colori del corpo e gli occhi fiammeggianti di passione e curiosità li accomunava.

Ma una volta, chissà quanto lontana, lui aveva conosciuto la spensieratezza, l’innocenza e forse un piccolo barlume di felicità… lei ce l’avrebbe riportato.

Lo avrebbe riportato alla luce, gli avrebbe lavato le mani dal sangue di cui si erano macchiate, deterso il viso dai rimorsi, dalle sofferenze, dal dolore; avrebbe addolcito il suo animo, scaldato il cuore… lo avrebbe reso quello che, secondo lei, era il sogno più grande di Mello.

Essere una persona normale.

Non fece però a tempo a rialzarsi, che ebbe come la sensazione di essere tirata,una percezione come di uno strappo all’altezza dello sterno, mentre attorno a lei tutte le immagini diventavano sempre più sfocate e lontane, quasi inghiottite in un vortice d’aria.

Poi, il buio.

Quando il buio si diradò, la ragazza si trovò in posizione ancora accucciata, come davanti a Near, in un grande ufficio, bianco e asettico, eccezion fatta per un piccolo divano con un tavolino ed enormi schermi per computer. Riconobbe tre figure sedute alla scrivania, dandole la schiena: L , Soichiro Yagami ed il figlio Light, bellissimo e diafano come sempre.

Non capì subito di cosa stessero parlando, perciò decise di rimanere in disparte ad ascoltare, in piedi dietro a L.

L = Ormai siamo convinti che Kira e la Yotsuba abbiano un qualche tipo di legame…

LI= Per prima cosa sarebbe opportuna che si indagasse sull’azienda…scoprire quanti sono coloro che detengono ruoli di potere e chi sono…

SO = Ma nessuno della Yotsuba dovrà sapere che stiamo indagando su di loro, se verremo scoperti, sarebbe impossibile catturare Kira.

Contrariamente alla prima esperienza, questa durò per un breve lasso di tempo , e Caroline rivisse quelle orride sensazioni, che ogni volta le procuravano giramenti di testa e confusione.

Si trovava in una stanza semibuia, che non riuscì a riconoscere; le finestre le mandavano il profilo illuminato della città notturna, una soffusa lampada interna i riflessi di due fisionomie sedute l’una davanti all’altra, ad un tavolo; parlavano del caso Kira, a bassa voce quasi temessero di essere scoperti da un momento all’altro…

Mello e Ryuzaki. Discepolo e mentore si stavano confrontando.

Caroline si soffermò attentamente a guardarli… Ryuzaki sembrava ormai arrivato all’età in cui si era presentato a lei, 25 anni, e Mello… Mello la stordiva con la sua bellezza, la stregava con i suoi occhi, la ammaliava con la sua voce; pareva forse due o tre anni più giovane, dato che la cicatrice non aveva ancora deturpato il suo viso. Agì d’istinto, o forse spinta da un sentimento che cercava di soffocare da troppo tempo;

Si sedette accanto a L, pur essendo consapevole di essere della stessa consistenza dell’aria per loro, guardò Mello in viso e gli sussurrò:

CA= Io ti amavo… già dal nostro primo incontro nel tuo covo, io ti amavo…

Per la prima volta con rimpianto, avvertì di nuovo l’alterarsi dell’ambiente accanto a lei; il dottor Reiver doveva aver inviato un altro impulso elettrico al suo ipotalamo. Quando il vortice di immagini, voci e colori si diradò, Caroline fu catapultata in un’altra memoria… forse più terribile delle altre.



***

“Con questo direi che abbiamo pianificato tutto…”


“E’ terribile… talmente terribile da sembrare folle.”


“Perché è una cosa folle… Dio ci vuole mettere alla prova, con azioni che mai avremmo pensato di fare…”


“Perché? Con tutto quello che siamo riusciti a costruire, a realizzare…”


“Perché c’è un prezzo da pagare…”


“Ossia?”


“Il suo divertimento.”



***


C’era stato un nuovo salto all’indietro nel tempo. Stavolta si trovava davanti al portone della Wammy’s House, all’esterno dell’edificio; trovandosi sotto la piccola tettoia, non veniva toccata dalla pioggia notturna che, scrosciante, si riversava sulla terra. Ad un tratto, dal cancello principale, vide avanzare due figure, avvolte entrambe in manti neri come l’ala di un corvo; una di loro cominciò a battere incessantemente il batacchio vittoriano del portone.

Ad aprirle fu quello che Caroline suppose fosse Watari.

“Chi siete?”

La figura davanti a lui, si limitò ad abbassarsi il cappuccio, rivelando il volto fluenti chiome castane eruppero dalla stoffa come una cascata.

Quella donna era Selene River.

Quando Watari guardò la giovane che aveva di fronte capì ciò per cui era venuta, e senza dire una parola, senza emettere suono, andò ad allungare le braccia verso di lei; Caroline vide uscire, tra i lembi della stoffa e dalle braccia di Selene, un piccolo groviglio di fasce, un batuffolo piccolo, caldo, silenzioso… e bianco.
Riuscì a scorgere, tra le pieghe delle coperte, il piccolo volto di Near, dormiente ed ignaro dell’inferno che avrebbe vissuto una volta svegliatosi; dopo quelle azioni, la seconda figura, probabilmente il padre Julian, lasciò nelle mani di Watari il piccolo scrigno che ora era in suo possesso.

“E’ giunto il momento?”

“Siamo stati chiamati… non possiamo tirarci indietro.”

“E l’al…”

Selene non lo fece finire.

“Al sicuro.”

Negli occhi di Watari si dipinse la pietà, nel vedere quelle giovani vite immolate ad un destino imperscrutabile. Ad un tratto, Selene si chinò sul figlio, ancora addormentato e sfiorandogli la fronte adornata di piccole ciocche bianche e ricciolute con un baciò, si accomiatò da lui.

“Addio amore mio… perdonaci un giorno, se potrai…”

Caroline non seppe dire se fu emozione o vacillamento di nervi… si sentì sul punto di svenire e cadde a terra.

Attorno a lei, spire di tenebre cominciavano ad avvolgerla.



***


Aprì gli occhi di colpo, inspirando come se fosse rimasta in apnea per ore e cominciò a dimenarsi per voler uscire da quella tomba di ferro e acqua in cui si trovava; subito il dottor Reiver fu da lei, aprendo i portelloni del Memorarium e tendendole una mano per alzarsi. Una volta fuori dal macchinario, la coprì con il lenzuolo per impedire che prendesse troppo freddo.

RE= Come si sente signorina Seyrig?

Caroline si aggrappò con tutte le sue forze al braccio che l’uomo le stava porgendo; vedendone la fragilità emotiva e l’essere sotto shock da quello che aveva vissuto, la tenne ben salda, facendola appoggiare a lui. Quando gli rispose, la voce della ragazza gli sembrò come quella di una bambina spaventata.

CA= Io… io… io ho visto tutto… Tutti i ricordi di quella persona, le sue sensazioni, i suoi pensieri… è stato orribile!

RE= A volte i ricordi sono molto più dolorosi delle esperienze odierne… Caroline, durante l’esperimento ci sono stati due momenti in cui i segnali del suo cervello, provenienti dalla regione che gestisce le emozioni, hanno avuto due picchi altissimi, che avrebbero quasi potuto portarla al mancamento… che cos’è accaduto?

CA= Io… ho visto la persona che amo.

RE= Direi che per questa seduta, tutto questo è sufficiente…

Andando dietro di lei, le sfilò il microchip dall’ipotalamo tamponandole le gocce di sangue che ne fuoriuscirono, mentre la ragazza si staccava i restanti chip dal polso, dalle tempie e dal petto; quando le arrivò davanti e la guardò in volto, gli occhi del medico si riempirono di stupore.

RE= Signorina… ma cos’è successo ai suoi occhi?!

Non capendo, e palesandolo al medico, questo le mise davanti un piccolo specchio. Quello che vide le ghiacciò il sangue.

I suoi occhi non erano più del suo colore naturale, quell’insolito azzurro-verde… erano neri come la pece… e cerchiati da pesanti occhiaie.

Gli occhi di Ryuzaki.

La sua entità, dentro il corpo muliebre, stava cominciando ad emergere sempre di più; in un misto di orrore e consapevolezza si guardò le mani, che dal diafano candore stavano mutando in un pallore cadaverico dalle sfumature violacee.

CA= Dottor Reiver mi perdoni.. ma io devo andare…. ed alla svelta.

RE= Si, capisco… vada pure signorina.

Rivestendosi in fretta e furia ed asciugandosi alla bell’e meglio i capelli, uscì fuori dalla stanza quasi correndo, per poi imboccare con altrettanta furia le scale; arrivata però al terzo piano, una fitta lancinante alla testa la costrinse a fermarsi di colpo, per poco non facendola cadere. Portandosi le mani alle tempie e strizzando gli occhi dal dolore, si addossò con la schiena alla parete, piegando il busto in avanti; quando provò a parlare, la voce le uscì incrinata dal dolore, apparendole fastidiosa come un gesso stridente passato su una lavagna.

CA= Ryuzaki! Esci…. esci! Esci dal mio corpo, SUBITO!

Avvertendo il malessere della ragazza, lo spettro obbedì repentinamente alla sua richiesta; nel momento stesso in cui l’entità lasciava il suo corpo, Caroline avvertì un groppo alla gola ed un momentaneo blocco ai polmoni che quasi la soffocarono. Una volta che Ryuzaki ricomparve davanti a lei, a riprova del fatto che aveva abbandonato il suo corpo, dal gelo iniziale la ragazza risentì il tepore dei muscoli e del sangue di un corpo vivo, circolare nuovamente dentro di lei.

RZ= Mi dispiace tesoro, so che è stato orribile…

CA= “Sai”?

RZ= L’esperimento del Memorarium non mi è nuovo… io stesso ne avevo usufruito.

CA= Per… per le memorie di chi?

RZ= Per le memorie del mio predecessore… Colui che è stato L prima di me…

CA= Era morto?

RZ= Avvelenato… ed io avevo usato il Memorarium per incastrare il suo assassino… essere L è un po’ come una maledizione per chi si accolla il peso che questo nome porta…


Quasi istintivamente, Caroline si guardò le mani e con sollievo si accorse che erano tornate del loro candore naturale.

RZ= Tranquilla, anche i tuoi occhi sono tornati normali…

CA= Perché c’è stata questa “reazione”?

RZ= In quella vasca non solo tu, ma anch’io, ho rivissuto tutti quei ricordi… e l’emozione ha avuto il sopravvento.

CA= Insisti ancora a non volermi dire chi è Kira?

RZ= No Caroline… non te lo dirò.

CA= Ma è importante! Potrebbe essere anche un modo per vendicarti, per vedere il tuo assassino nelle mani di quell’ideale che hai sempre perpetrato con forza!

RZ= Caroline… io non posso dirti chi è Kira semplicemente perché non mi è permesso… tutto quello che deve accadere è già stato scritto, e rivelarti in anticipò l’identità di Kira costituirebbe un’interruzione di tutto quello che ancora deve succedere… il destino deve andare avanti nel modo in cui è stato predisposto.

CA= Capisco… quindi non mi dirai neanche di cosa stavate parlando tu e Mello, e di cosa centri la Yotsuba a tutti gli effetti…

RZ= Esatto… dovrai scoprirlo da sola.

CA= Oh… fantastico.

Nel vedere la sua espressione sconsolata, Ryuzaki le sorrise portandole una mano alla guancia.

RZ= Coraggio, ora torniamo a casa… hai bisogno di darti una lavata e di toglierti quelle gocce di sangue secco dietro al collo… poi dovrai riposarti, oggi pomeriggio hai l’appuntamento per il Trial.

CA= Già… forse hai ragione.

E con la docilità di una bambina, inusuale in lei, si lasciò condurre verso l’auto da una persona, un fantasma, che solo lei poteva vedere e sentire…

Ma mentre camminava, non poté far a meno di domandarsi chi tra loro fosse il fantasma e chi la persona vivente.

***


Per la prima volta, vuoi lo shock del Memorarium, vuoi la spossatezza, ebbe un sonno tranquillo, silenzioso, immerso nel buio profondo quasi dell’incoscienza; quando si risvegliò, ritrovò accanto a lei Ryuzaki, seduto sulla poltrona e con lo sguardo giocante con le nubi fuori dalla finestra.

RZ= Stasera sarà freddo… il vento sta cambiando.

CA= Tempo adatto al mio umore… quanto ho dormito?

RZ= Due ore… di un sonno così profondo che sembravi morta. Eri perfettamente immobile, in due ore non ti sei mossa una volta.

CA= E’ stato il primo sonno tranquillo che sono riuscita a fare da quasi un mese…

RZ= Mentre dormivi Light ha telefonato… ma visto che non rispondevi ha lasciato un messaggio nella segreteria.

CA= Con detto?

RZ= Che sarebbe passato stasera alle otto e mezza per portarti fuori.

CA= Oh… ha spiegato dove?

RZ= No… ma visto che tra mezz’ora hai l’appuntamento all’ospedale e poi l’appuntamento, ti conviene renderti presentabile.

Ubbidendo a Ryuzaki, andò in bagno e si fece una doccia; non volendo perdere tempo a ricambiarsi una volta uscita dall’ospedale, optò per un completo di Ralph Lauren che le aveva regalato sua madre tempo addietro e che aveva indossato giusto quelle due o tre volte per farla felice; consisteva in pantaloni alla cavallerizza piuttosto aderenti in tartan sui toni del castano che aveva infilato dentro a morbidi tronchetti di cuoio scuro, maglioncino color caffè  a collo alto aderente impreziosito da una cintura mediamente grande con fibbia d’ottone dello stesso materiale degli stivaletti. Dato il fisico magro i vestiti le ricadevano addosso in maniera perfetta,ma si vedeva strana quasi poco a suo agio in quegli abiti firmati… in più, i quasi 15 centimetri di tacco su cui svettava, la facevano sentire più adatta ad una passerella che al passeggio quotidiano per le strade urbane.

Quando andò in sala, gli occhi che Ryuzaki le riservò le fecero venire voglia di cambiarsi immediatamente per andare ad indossare un sacco di juta.

RZ= Accidenti, se avessi ancora qualche annetto da spendere su questa terra e le mie pazienti fossero tutte così, diventerei medico a tempo di record!

Lo sguardo trucido che Caroline gli rivolse, bastò a farlo ridere; quando vide però che la ragazza si accese una sigaretta, divenne serio.

RZ= Dovresti smetterla con quella merda… in più alla tua tubercolosi non fa granché bene…

CA= Di qualche morte dobbiamo morire, e sinceramente preferisco scegliermela io che andare a casaccio o mettermi sotto una campana di vetro timorosa di tutto quello che potrebbe arrivarmi!

RZ= Scegliere non vuol dire farla arrivare prima…

CA= (AFFERRANDO LA BORSA) Ok, ciao Ryuzaki, ci si vede!

E mentre lei chiuse la porta ed uscì, Ryuzaki non poté far a meno di borbottare:

RZ= Testa di rapa…



***



Quattro ore dopo…

Finito il Trial, che si prolungò per tre quarti d’ora in più del dovuto, Light passò puntale a prendere Caroline, per portarla in uno dei più bei ristoranti di Tokyo; finita la cena passeggiarono a lungo, abbracciati, per il centro della città, un turbine sempre attivo di vitalità ed eventi.

Mancavano pochi minuti a l’una di notte, quando l’auto di Light si fermò silenziosa davanti alla casa di Caroline; in un gesto di cavalleria, il ragazzo scese dall’auto per poi andare ad aprirle la portiera.

LI= Madame… prego.

CA= Ogni giorno mi stupisci sempre più… dovrò scoprire qual è il tuo segreto!

Ma fu anche un’altra cosa a stupire la ragazza: chiusa la portiera, Light la prese tra le braccia, sollevandola come se fosse stata una piuma, per poi poggiarla delicatamente a sedere sul muso della macchina.

LI= (SORRIDENDO) Mica ho detto che il servizio è gratis…

CA= (C. S) Oh… è qual è il prezzo?

Light, prendendole dolcemente il mento con le dita, si avvicinò a lei.

LI= Questo….

Si baciarono voluttuosi, incuranti di essere su una pubblica strada ancora piuttosto trafficata nonostante l’ora tarda. Erano passate due settimane da che lei e Light si frequentavano, ma ancora lei rabbrividiva piacevolmente come una ragazzina ogni volta che lui la toccava.

Con un ultimo bacio, e la promessa di rivederla, a malincuore Light dovette lasciarla andare; appena entrata in casa, con il cuore leggero e la mente svuotata, si stupì della mancanza di Ryuzaki, ormai diventato come un suo coinquilino. Poggiando la giacca e la borsa sulla poltroncina dell’ingresso, accese le abat-jour della sala e del corridoio, conferendo un’atmosfera morbida e rilassata all’ambiente, immerso nell’aranciata penombra delle lampade… poi si diresse in camera, per potersi cambiare per la notte.


***


L’amore che tutto perdona
è l’amore di Dio o dei folli.

Ian McEwan.


***


Era davanti al letto, intenta ancora a spogliarsi dei vestiti… sorrise, sentendo ancora su di se il profumo della pelle di Light; andò a sfiorare con la punta delle dita lo smeraldo che le aveva regalato giorni addietro. Ma fece appena a tempo ad infilarsi un paio di short di grigio cotone, quando sentì bussare insistentemente alla porta.

CA= (MERAVIGLIATA) Chi diavolo può essere all’una e mezza di notte?!

Ritenendo poco opportuno indossare solo il reggiseno sopra ai pantaloncini, si infilò, incamminandosi verso l’ingresso, una canottiera nera.

CA= ARRIVO, ARRIVO!!! Un att…

Quando aprì la porta e si trovò davanti chi la stava cercando con tanta furia, il suo cuore smise di battere.

La sua ossessione. La sua nemesi. Il suo diabolico angelo.

Con un’espressione di furiosa gelosia che avrebbe fatto arretrare Cerbero negli inferi.

“E così, ora il signorino Yagami ti sta simpatico…”


CA= Mello…

Il ragazzo le rispose in tono duro, velato di sardonia.

ME= Wow… ti ricordi ancora come mi chiamo.

CA= Che cosa vuoi?

ME= Sono venuto a pagare il conto.

CA= Cosa?

ME= Sei stata come una prostituta… mi hai dato qualcosa, illuso, rifiutato e poi ti sei gettata tra le braccia del miglior cliente sulla piazza. Le prostitute si pagano, perciò sono venuto a saldare il mio debito.

CA= Addio Mello.

Fece per chiudere la soglia, ma quando fu lì per raggiungere il punto d’incastro con la serratura, Mello diede alla porta uno spintone talmente violento, che Caroline si trovò a dover balzare all’indietro per non farsi del male; il ragazzo fece il suo ingresso, chiudendo rabbiosamente la porta dietro di sé.

CA= Che stai facendo?!!!

ME= Che cosa credi, che diritto pensi di avere nel liquidarmi così?! Chi cazzo ti credi di essere?!

CA= CHI CAZZO CREDI TU DI ESSERE! Mi entri in casa di notte, mi porti a letto, poi scompari e non torni se non per dirmi, su un letto d’ospedale, che non te ne frega un cazzo di me, piombi a Venezia chiedendomi di essere tua e ti aspetti che ti creda?! Un po’ presuntuoso da parte tua!

ME= Vedo che ti sei consolata subito.

CA= Almeno Light ha dimostrato di tenere a me! A differenza tua che l’hai fatto per il puro piacere di una scopata!

Senza accorgersene erano giunti in sala, Mello a stento si tratteneva dal saltarle addosso e, se fosse stato necessario, a violentarla… il desiderio si stava facendo insopportabile.

ME= Siete perfetti assieme… una meravigliosa coppia di assassini…

CA= Non ti azzardare a dirlo.

ME= Chissà, forse finirete alla forca assieme…

CA= Smettila.

ME= Ed io sarò là, a godermi lo spettacolo…

CA= TACI!

E partì. Secco, sonoro, inaspettato, lo schiaffo colpì la guancia sana di Mello, cogliendolo alla sprovvista. Quando parlò, il suo tono era lento, tranquillo e caustico.

ME= Guarda guarda come si batte per la difesa del suo principe… hai ancora addosso il suo odore, si sente il fetore di morte da chilometri…

Le parole uscirono dalla bocca di Caroline simili ad un sibilo.

CA= Lui mi ama…

A quelle parole però, Mello eruppe come un vulcano in eruzione.

ME= NO! LUI TI STA SOLO USANDO E TU NON TE NE ACCORGI! SVEGLIATI RAGAZZA, TI STA SOLO PORTANDO A LETTO!!

CA= SE LO FA, LO FA IN MANIERA UN PO’ PIU’ RIGUARDEVOLE DI COME FACESTI TU!

ME= GUARDA IN FACCIA LA REALTA’ CAROLINE, TI STAI SOLO FACENDO SCOPARE!

CA= FORSE A ME VA BENE COSI’!!!

ME= PUTTANA!

CA= AH!

Questa volta fu Mello a schiaffeggiare Caroline, colpendola con il dorso e le nocche della mano; rimase immobile, ansante ad osservarla mentre si portava una mano alla guancia offesa; quando le rivolse nuovamente la parola, la sua voce trasudava veleno.

ME= Sei solo una puttana… una piccola, sciocca puttana che sta giocando con il fuoco.

CA= Decido io come condurre la mia vita, e anche se f… COUGH! COUGH COUGH!

Un attacco di tosse colpì Caroline all’improvviso, mozzandole il respiro e macchiando di gocce vermiglie il fazzoletto… e nel vederle, Mello si sentì morire.

ME= Come stai?

CA= Non vedo perché dovrebbe interessarti.

ME= Io e te non abbiamo finito.

CA= Oh, abbiamo finito eccome!

Vedendo che stava cercando di andarsene, la rincorse afferrandola per un braccio e scaraventandola contro il muro; vedendo che si divincolava, la chiuse contro la parete spingendo il proprio braccio sul suo seno.

CA= LASCIAMI! LASCIAMI SUBITO, BRUTTO FIGLIO DI PUTTANA!

Con la mano libera dell’altro braccio, andò a sollevare lo smeraldo ancora al collo di Caroline, guardandolo con palese disprezzo.

ME= Ora capisco… ecco perché mi hai rifiutato… lui ti aveva già pagata meglio.

CA= Non dire stronzate.

ME= Sa che ti sei fatta scopare da quello che vuole la sua testa insanguinata su un piatto d’argento?

CA= Lui si fida di me…

ME= Quando l’amore si da al miglior offerente non c’è fiducia, e senza fiducia non c’è amore.

CA= Beh, è strano detto da uno che l’amore non sa neanche cosa SIA!

Con quest’ultima parola, Caroline si liberò dalla stretta di Mello piegando la gamba e facendo leva sullo stomaco del ragazzo con il piede; il colpo lo lasciò un attimo spiazzato.

ME= SE SONO SPARITO, L’HO FATTO PER UNA RAGIONE! E NON CREDERE CHE PER ME SIA STATO FACILE! OGNI SGUARDO, OGNI PAROLA O TOCCO CHE YAGAMI TI RIVOLGEVA, FACEVANO SALIRE IN ME LA VOGLIA DI AMMAZZARLO!

A quel discorso, Caroline gli andò davanti, con occhi che avrebbero potuto pietrificare anche l’acqua; gli arrivò vicinissimo al viso, fissando il suo sguardo in quello maschile.
Era meravigliosa.

E il desiderio lo stava tormentando.

CA= Coraggio… c’è una cosa che vuoi fare ora… l’unica che hai sempre voluto fare con me. Avanti… fallo.

Afferrandole brutalmente la mandibola con la mano, la portò ad un centimetro dal suo viso, guardandola fisso negli occhi.

ME= Sei così fragile… talmente delicata che potrei ucciderti in qualsiasi momento, anche solo usando questa mano, che ora stringe il tuo viso…

CA= Ti accontenteresti  solo di un corpo… l’anima me l’hai uccisa tempo fa… avanti, fa quello che devi fare.

E lui lo fece. Stringendo di più la presa attorno alla sua mandibola, tanto da formare solchi dove le dita erano a contatto con la pelle, la baciò divoratore; quando si staccarono, lei incatenò nuovamente i suoi occhi ai propri.

CA= Avevo dimenticato… quanto… sai essere convincente.

Accadde tutto all’improvviso. Presolo per la nuca, Caroline lo attrasse nuovamente verso di sé con uno scatto e catturò di nuovo la bocca di Mello in un bacio che avrebbe potuto incendiare la casa, spingendola nella propria tanto da farsi male, mentre il ragazzo la stringeva convulsamente a sé.

Le bocche cominciarono una danza violenta, le lingue si intrecciavano voraci.

Qui non c’era romanticismo, non delicatezza.

C’erano solo fuoco, passione e piacere carnale ad accompagnare quell’amore violento, passionale e distruttivo che pareva erompere da quei corpi, tanto era immenso. Mello cominciò a spogliarla frenetico, quasi strappandole la canottiera che indossava mentre lei lo privava della felpa nera, lasciandolo a torso nudo. La nuova vista del suo corpo, dei suoi seni, lo inebriò.

L’eccitazione non aveva più freno, il sangue cominciava ad irrorare il basso ventre del ragazzo, dove la pelle morbida era stata sostituita da del ferro rovente. Le baciò l’incavo dei seni, mentre lei reclinò la testa all’indietro.

La lussuria li aveva attanagliati entrambi, il desiderio di possederla stava diventando insostenibile per lui… sembravano animati da una furia incontenibile: Mello affondava le mani tra i capelli di lei con forza, ne artigliava la pelle della schiena spingendola sempre più verso di sé.

La pressione del suo seno sul petto lo esaltava. Doveva averla. Adesso.

Comprendere appieno l’atto in cui l’amore metafisico prende il tratto terreno, è un miracolo percepibile solo dai diretti interessati poiché diverso di caso in caso. La magia di ritrovarsi rispecchiati, bocca su bocca, palmo su palmo, mostra quanto l’intelletto umano abbia impreziosito l’stinto.

Caddero assieme sul morbido tappeto davanti al divano, padroni solo delle loro emozioni. E lei fu sua.

Definitivamente, completamente e perdutamente sua.

Si amarono. Si ritrovarono. E si amarono nuovamente.

***


Si muove sul suo corpo come se stesse danzando: folle, perso, bellissimo.

La sua pelle brucia, il suo profumo la stordisce e non può a fare a meno di toccarlo, saggiare ogni centimetro del suo paradiso, prezioso, dolce e liscio.

I suoi occhi socchiusi che la scrutano nella penombra, gemme di inestimabile valore che illuminano il suo mondo; le sue labbra schiuse, come petali delicati e soffici, umide porte che si aprono sull'universo del piacere, e la lingua timida, vascello di desiderio che naviga sul suo collo.

"Ti amo Mello." pensa.

"Tu che impugni una pistola e non esiti ad uccidere,
tu che urli e colpisci,
guerriero dall'animo feroce, felino indomabile e crudele;
tu che mi chiami tra i gemiti scivolando sulle mie carni,
tu che ansimi e sorridi,
così diverso ma sempre tu, mio angelo caduto."


Potrebbe morire per lui, per ogni secondo in cui le concede di averlo, possederlo, tenerlo stretto tra le proprie braccia.

"Io, che non so cos'è l'amore, io, che non conosco la paura, io, che non riesco ad odiare... io ti odio per il male che mi hai fatto,io ho paura di te… io ti amo.

E quando le tue mani scivolano lente sul mio seno, quando il tuo sguardo supplica e dalla tua gola sale quel mugolio sensuale che richiede attenzioni, io muoio Mello... io muoio... mentre ti tocco e gemi più forte, mentre ti muovi sopra e dentro di me ed insieme ci innalziamo al cielo: sei folle... indomabile... mio.

Sapere che domattina potrebbe essere l'ultima,
sapere perfettamente che mi amerai,
percepire sulla pelle il tuo calore,
che non durerà per sempre,
Mello... non andartene....

Voglio dirti ti amo tutti i giorni,

Voglio addormentarmi con te al mio fianco, e incontrare il tuo sguardo tra i raggi del sole.

E se arriverà il giorno che dovrò lasciarti, voglio morire... tra le tue braccia...”



Il mondo brucia sotto il giudizio di un Dio ingiusto,
le anime supplicano per la redenzione,
il cuore le scoppia nel petto mentre si accorge che sta baciando l'angelo di cui si è perdutamente innamorata,
mentre stringe la mano e trova la sua a riempire quel vuoto.

CA= Mello…

Un sospiro, quasi un singhiozzo uscì da quella bocca ultraterrena, da quelle labbra che non si sazierà mai di baciare.

ME= Si…

Si cercano… tra i sospiri, i gemiti, si cercano… forse per convincere se stessi che quello che stanno vivendo non è un fallace sogno destinato a diventare cenere alle prime luci del mattino, ma una meravigliosa realtà.

CA= Dimmi che non sparirai di nuovo… dimmi che tutto questo è reale….

Mello si fermò per un attimo, non poté fare a meno di sollevarsi tendendo le braccia e guardare quella splendida creatura che prima l’aveva affrontato con tanto ardimento, e che ora giaceva tra le sue braccia, fragile e tremante. Le sorrise mentre le parlava, mentre il cuore gli batteva così velocemente quasi a fuoriuscirgli dal petto.

ME= No amore mio… non ti lascerò… non ti lascerò mai.

Si strinsero in un altro abbraccio, in un altro bacio mentre lui la riebbe.

In quel momento, in quell’istante la vita, la morte, l’inferno ed il pericolo non avevano più nessun peso, nessuna importanza… non sarebbero mai arrivati a toccarli con le loro mefitiche dita.

In quel momento…. loro erano immortali.


***

Poiché io non potevo fermarmi per la Morte,
lei gentilmente si fermò per me.
La carrozza bastava a contenere noi due soltanto
e l’Immortalità.

Emily Dickinson “La Carrozza”


***


La mattina seguente, Caroline si svegliò con i raggi tiepidi del sole che le intiepidivano il viso. La allarmò il fatto di trovarsi nel suo letto, ma anche se questo portava i segni di una seconda persona accanto a lei, si accorse con orrore che il posto dove avrebbe dovuto trovarsi Mello, era vuoto.

CA= No… non è possibile… non può avermi mentito un’altra volta…

Rimanendo seduta sul letto e coprendosi il seno con un lembo del lenzuolo, si guardò attorno finché l’occhio non le cadde sulla poltroncina all’angolo tra la finestra e l’armadio, dove vide appoggiata la felpa del ragazzo… e nel vederla si sentì sollevata: sotto Mello non indossava altro ed a meno che non fosse andato in giro per Tokyo a torso nudo…
Questi pensieri ebbero conferma quando sentì dei rumori provenienti dalla cucina, seguiti da delle imprecazioni mugugnate, che erano il chiaro segnale della presenza del ragazzo. Caroline scese dal letto, indossò un paio di mutandine nere, la felpa dalle mille zip appartenente a lui che lasciò, provocatoriamente, un po’ aperta sul seno, si riavviò i capelli e si diresse verso la cucina; quando arrivò, si fermò sullo stipite della porta ad osservare la scena non senza un sorriso. Trovò Mello di schiena, intento ad armeggiare con la macchina del caffè che, dopo lunghi borbottii di ingiurie da parte del ragazzo, era partita con un ronzio; indossava i pantaloni, ma era scalzo e, ovviamente, a torso nudo con i lunghi capelli biondi che gli accarezzavano la base del collo e delle spalle. La giovane donna osservò quella schiena perfetta e magra, dalla pelle liscia e nivea… seguì il contorno delle scapole e delle braccia esili, toniche con i muscoli che guizzavano leggermente ad ogni suo movimento.

Poi il ragazzo si girò, e nel vederla il suo viso angelico si illuminò dei suoi rari, e per questo bellissimi, sorrisi.

ME= Buongiorno…

Si avvicinò a lei che ricambiò il sorriso, e la baciò leggero.

CA= Buongiorno..

ME= Ho fatto del caffè, ne vuoi? Non so come sia venuto, di solito è sempre Matt che lo fa.

Così dicendo, passò una tazza ricolma di fumante liquido nero a lei che nel contempo si era seduta sul tavolo accavallando e lasciando penzolare le magre gambe ed i piccoli piedi scalzi.

CA= Che stai mangiando?

ME= La mia colazione, no?

CA= Una tavoletta di cioccolata? Alle otto del mattino? :)

A quest’affermazione, Mello la guardò ironico e posando la tazza si staccò dal piano cottura della cucina ed avanzò verso di lei, che dopo aver sorbito un piccolo sorso della bevanda, posò a sua volta la tazza, per poi guardarlo con un sorriso ironico.

CA= Me ne daresti un pezzettino?

Per tutta risposta Mello le andò più vicino e sciogliendole le gambe sovrapposte, ne fece aderire i polpacci ai fianchi così da averla ancora più vicina; poi staccò un frammento di cacao dalla tavoletta e gliela avvicinò alla bocca.

ME= Vediamo… forse…

Quando ormai lei stava per afferrare il cioccolato con le labbra, lui velocemente lo spostò e lo mangiò, ridacchiando.

CA= Mel!

ME= Ok, ok non ti arrabbiare, questo te lo do…

Ne staccò un altro pezzo e cominciò a porgerglielo verso la bocca.

ME= Tieni… anzi…

E immancabilmente il secondo pezzetto fece la fine del primo; Caroline, tra il divertito e il piccato, cominciò a colpirlo lievemente sulle spalle, mentre lui rideva.

CA= MELLO! SEI COME, ANZI PEGGIO, DI UN BAMBINO!

Tra le risate, Mello riuscì a parlare.

ME= Va bene, va bene non picchiarmi streghetta… questo è tuo, promesso. Ecco…tieni…

Finalmente il terzo pezzettino che le porse, Caroline riuscì a mangiarlo; dopo averla imboccata, Mello ne delineò dolcemente il contorno delle labbra con la punta del pollice, mentre la guardava sorridendo. La ragazza intanto osservava quel viso che tanto le era mancato, quella cicatrice che la notte prima aveva baciato con adorazione di devota… osservava quel petto glabro, magnifico, con i pettorali e gli addominali appena accennati; poi si perdette nei suoi grandi occhi azzurri e profondi come il mare… si rese conto di quanto la devastante bellezza di Mello la mettesse in soggezione.

CA= Guarda che non sei ancora del tutto fuori dai guai sai? Dopotutto mi hai schiaffeggiato…

ME= Nemmeno tu ci sei andata leggera… ma so di aver sbagliato, la gelosia era insopportabile, una tortura quotidiana al quale ero ogni giorno più debole…

Gli occhi di Caroline si spostarono sulla sottile catenina al collo del ragazzo, reggente una medaglietta d’oro che riconobbe immediatamente.

ME= Si… è la tua… l’ho presa la mattina dopo il primo nostro incontro, quando sono piombato a casa tua durante la notte..

Alzò le braccia all’indietro, cercando il piccolo gancio della catenina… ma Caroline, afferrandogli i gomiti e riportandogli le braccia verso di lei, lo fermò.

CA= Tienila… voglio che la tenga tu…così avrai sempre una parte di me accanto, ovunque tu vada..

ME= Grazie…

Lo sguardo del ragazzo si fece sensuale,mentre le barriere di Caroline cominciarono a vacillare.

ME= E riguardo all’altra cosa… devo trovare il modo di farmi perdonare da una splendida dea…

CA= La ruffianeria non attacca…

Dopo aver ridacchiato, Mello la baciò e le difese di Caroline scesero sotto lo zero. Continuarono a baciarsi, poi con il crescendo della passione, le lingue si intrecciarono sensuali e tranquille; ad un certo punto, il ragazzo l’afferrò dolcemente per la vita e facendola scivolare in avanti, la fece aderire completamente a sé. Cominciò quindi, senza smettere di baciarla, ad abbassarle la zip della felpa, fin quando i seni di lei non si svelarono completamente ai suoi occhi ed al suo tatto; lei nel frattempo aveva cominciato ad armeggiare con i pantaloni di Mello, riuscendo già a slacciare il primo bottone. Ora si trattava solo di tirare giù la lampo….

…se solo il cellulare non avesse cominciato a suonare.

Nel sentirlo, Mello mormorò un “accidenti” a denti stretti e poggiò la fronte su quella della compagna.

CA= E’ Near…

ME= Come fai a saperlo?

CA= Per lui ho impostato una suoneria diversa…

ME= Questa eh?

CA= Già…

ME= Almeno è carina… su vai pure a rispondere…

Il ragazzo sbuffò e si scostò da un lato per lasciarla passare; Caroline si diresse verso il tavolino della sala, afferrò il cellulare e rispose mentre Mello, dopo essersi riallacciato i pantaloni, stette a fissarla a braccia conserte.

CA= Near?

NE= Posso chiederti perché c’è tua cugina qui?

CA= Audrey è lì?!?!

NE= Si, ed io non sono molto bravo a gestire la cosa! Aggiungendo il fatto che sono da solo all’SPK.

CA= Dammi un quarto d’ora e sono da te.

NE= Ok.

E chiuse la telefonata.

ME= Tempismo perfetto… degno di Near.

CA= Scusami…

ME= Dai, va pure a vestirti…

Andando in camera di volata, si vestì a tempo di record con un paio di leggings neri, ballerine di vernice e maglioncino a collo alto aderente dello stesso colore, cui mise sopra una camicia bianca dal taglio maschile, un poco più lunga del normale, fermata sui piccoli fianchi da una cintura nera.
Quando tornò di là, Mello era seduto sul divano ad attenderla; appena la vide si alzò in piedi.

ME= Accidenti, beato Near che ti vede tutti i giorni così! Beh… io ti vedo nuda, ed è di gran lunga meglio a pensarci bene!

CA= Ti ritrovo qui stasera?

ME= Ovviamente…

CA= Allora c’è una cosa che voglio darti… ti sembrerà una stupidaggine forse…

Si diresse verso un cassetto del mobile-libreria della sala e dopo aver armeggiato qualche secondo, tornò davanti a Mello.

CA= Voglio che tu sappia che con questo non voglio porre dei confini alla tua libertà, ne mi aspetto chissà cosa… ma per me è importante….

E così dicendo gli mise in mano una copia…delle sue chiavi di casa.

CA=…oltre che per preservare l’integrità delle mie serrature. :)

Nel vedere quelle due chiavi, apparentemente insignificanti per tutti gli altri, il suo cuore si riempì di commozione… per la prima volta nessuno lo scantonava o lo emarginava definendolo troppo strano, quasi al limite dell’anormale… lei, consegnandogli le chiavi della sua casa, gli stava dando il libero accesso alla sua vita.

Per una sua personale concezione, forse incrementata dall’essere orfano e dal non aver mai avuto una vera dimora, aveva sempre considerato una casa come la seconda anima della persona che vi abitava… e se quella persona decideva di consegnarle a qualcuno, significava che si era guadagnato la sua fiducia. Le guardò a lungo e poi le strinse nel palmo, ricatturando gli occhi di lei.

ME= E’ il regalo più bello che potessi farmi…

CA= (ACCAREZZANDOLO IN VOLTO)Ci vediamo stasera…

Si congedò da lui con un ultimo bacio e si diresse verso il portone; ad un tratto però, prima di andare, si fermò voltandosi verso di lui.

CA= Mel?

ME= Si?

CA= Grazie…

ME= Per cosa?

CA= Per tutto… per tutto quello che è stato, è e per tutto quello che sarà.

E lasciandolo tra il commosso ed il sorpreso, chiuse delicatamente la porta dietro di sé, consapevole che l’avrebbe trovato al suo ritorno.

***


Non aveva mai capito perché la gente provasse interesse verso altra gente… aveva sempre avuto una particolare concezione dei rapporti umani… l’attrazione? una connessione scriteriata di neuroni e stimoli nervosi, l’amore? una miscellanea ben riuscita di feromoni e genetica, destinata a bruciare in fretta ed a lasciare dietro di sé solo brandelli di cenere…
Eppure c’era qualcosa in lei che lo muoveva, un qualcosa che catturava i suoi occhi, calamitandone l’attenzione e non lasciandolo concentrare sul resto… un richiamo simile a quello della pagliuzza di ferro verso il magnete.

Era abituato a considerare gli uomini come semplici macchine biologiche, non sempre perfette ma rieducabili, o con le buone o con le cattive. Sezionava anime con freddezza chirurgica, scomponeva ricordi e sensazioni in frammenti ben distinti, riduceva le esperienze a semplici, inanimati numeri.

Non si era mai fermato ad ascoltare una di quelle anime, mai aveva pensato che sotto quell’involucro di carne, sangue e ossa vi fossero vite, emozioni, passati… no, non aveva mai letto nessuno di quei cuori, mai aveva perso il suo tempo ad indagare su di loro.

Ma per la prima volta, aveva trovato qualcuno particolarmente ostinato a leggere e vagliare il suo.

E di questo aveva paura.


***


Arrivò all’SPK leggermente in ritardo rispetto a quanto aveva previsto; appena entrò, stupendosi anch’ella che l’ufficio fosse deserto, venne accolta dai saluti festosi di Audrey e dallo sguardo tra lo snervato e il terrorizzato di Near.

AU= Buongiorno Caroline! Come sei bella stamattina!

CA= Ehm… grazie… ma cosa ci fai qui?

AU= Oggi è il mio giorno libero…niente prove!

CA= Sei mattiniera allora…

AU= No, a dire la verità mi ha mandato qui zia Janice…

Caroline si irrigidì; se c’era di mezzo la madre, non erano sicuramente belle notizie.

CA= Per cosa?

AU= Mi ha detto di darti questo…

Le consegnò un piccolo biglietto, in cui vi erano scritte poche righe che lesse interdetta.

CA= Un indirizzo?!

NE= Non sei un po’ vecchia per giocare alla caccia al tesoro?

AU= Non ho idea di cosa voglia dire… mi ha solo raccomandato di darlo a te.

CA= Beh, allora andiamo a vedere di cosa si tratta… Audrey, vuoi venire con me?

AU + NE= SI!!!

Le due ragazze guardarono Near con espressione interrogativa.

NE= Ehm… cioè… volevo dire che sarebbe molto meglio se venisse con te! Dopotutto sei sua cugina, qui sarebbe noioso, un sacco di roba da fare…

Caroline, per pietà o divertimento, resse il gioco a Near.

CA= Oh, ehm…si, Near ha ragione! E poi sono sicura che tra poco arriveranno anche gli altri a dargli una mano! Vero Near?

NE= Ehm.. si, proprio così, Caroline dice la verità!

AU= Certo che siete tutti un po’ strani… O.o

CA= Andiamo tesoro…

Quando uscirono dall’ufficio, Near non poté non tirare un sospiro di sollievo….
….cosa che non fece Caroline quando arrivò davanti alla sua automobile.

CA= E tu cosa ci fai qui?

“Ehi, è così che si salutano gli amici?”

CA= O mio dio… -_-‘ Audrey questo è Matt… Matt,mia cugina Audrey.

AU= Piacere!

MA= Il piacere è mi…PER TUTTI I SANTI, CHE MI VENGA UN COLPO!

CA= Cosa?!

MA= Siete la coppia di cugine più strana che io abbia mai visto…

CA= E perché , di grazia?

MA= Siete…. DUE GOCCE D’ACQUA!

CA= Addirittura… mai pensato ad un paio di occhiali, oltre a quelli inutili fanali catarifrangenti che hai in testa?

MA= Ehi, i miei goggles sono sacri!

CA= Ah perché, ora hanno anche un nome?

MA= Tesoro cos’hai mangiato stamattina a colazione? Biscotti all’acido muriatico inzuppati nel caffè al cianuro?

CA= Simpatico…

MA= Lo so, sono irresistibile.

Durante tutto questo “scambio d’opinioni”, Audrey non aveva potuto frenare le risate… trovava l’istrionica simpatia di Matt, divertente.

AU= Comunque si, ci assomigliamo parecchio… ce lo dicono spesso!

CA= Ok, chiudendo il simpatico siparietto, noi avremmo una cosa da fare…Audrey, Sali pure in macchina.

MA= Oh, ma allora vengo anch’io, tanto non ho niente da fare!

CA= Ehi, no, ma veramente io…

Prima che potesse finire la frase, Matt era già balzato in macchina, allacciato le cinture e rivolto un gran sorriso all’amica.

MA= Allora lumachina, vuoi partire o no? Questa bellezza d’automobile sta smaniando per divorare un po’ d’asfalto…

Dirigendosi verso il posto di guida, Caroline alzò gli occhi al cielo e salì in macchina.

***


“E’ tutto pronto mio signore… stiamo solo aspettando un vostro segnale.”


“Bene… ora.”




***


Guidò per circa dieci minuti, finché non arrivò al luogo avente per indirizzo ciò che sua madre le aveva scritto.

CA= La biblioteca cittadina!?

MA= Che ci devi fare lì dentro?

CA= Non ne ho idea… ma ora sono più curiosa che mai!

E si incamminarono.

Appena entrarono, una segretaria sui sessant’anni piuttosto robusta li accolse.

CA= Buongiorno, io…

SEGRETARIA= La signorina Hale, giusto?

CA= Ehm… si, sono io. O.o

SEGRETARIA= La stanza che le dovrebbe interessare è di là.. ultima porta a destra.

CA= Oh, grazie.

Seguendo le indicazioni della donna, arrivarono in un’ala della biblioteca completamente… vuota.

MA= Questa cosa non mi piace…


Ma lo sguardo di Caroline era già vagante sulle migliaia di libri accuratamente impilati.

CA= (AVVICINANDOSI AD UNO SCAFFALE) Iliade… Odissea… commedie di Aristofane… gli Annales di Livio… i Sermoni di Orazio… ma si, certo!

MA= Certo?

CA= Non sai che ottima idea che hai avuto a venire qui Matt!

MA= Perché mi suona come una presa per il culo?

Audrey gli sorrise e passandogli accanto per seguire la cugina, gli batté bonariamente una mano sulla spalla.

AU= Chissà… forse lo è.


***


Erano lì dentro da più di mezz’ora, Caroline in piedi a frugare tra gli scaffali tirando fuori libri l’uno più impolverato dell’altro, ed Audrey con Matt seduti al lungo tavolo ligneo coperto di scartoffie, illuminato da due lampade verdi in stile ragioniere.
Vedendo l’amica buttare sul tavolo libri su libri, decise di far valere le sue ragioni.

MA= Non per essere noioso, ma io non ho ancora capito a che ti servano tutti questi libri…

CA= Che vuoi dire?

MA= Sarò ignorante, ma puoi spiegarmi cosa possono avere in comune “Trattato sulla magia nera” e “Poeti romani: da Cesare a Nerone”?

AU= Forse tutto può esserci utile…

CA= Esatto Audrey… compreso, off, questo!

Sbatté sul tavolo un enorme libro che pareva sgretolarsi al solo posarci gli occhi sopra, dalla copertina in cuoio giallo zafferano estremamente consunta dal tempo e dal lavoro laborioso delle termiti; Audrey allungò il collo per leggere.

AU= “Teologia, divinità e luoghi oltre la morte” interessante…. Matt, è tutto tuo!

MA= Oh, fantastico, chi ci salterà fuori, Topolino apprendista stregone? Campanellino? E io dovrei mettermi a leggere questa roba da preti freschi di seminario?!

Caroline non parlò, ma lo guardò con fare molto eloquente.

MA= (SARDONICO) Da bravo Matt, mettiti a leggere tutto questo polpettone… ho capito, ho capito…

CA= Le mani di Virgilio… le mani… cosa diavolo vorrà dire?

Ad un tratto però, Caroline si bloccò, la testa china e le orecchie ben aperte.

CA= Avete sentito?

AU= No… che c’è?

CA= Una specie di sibilo…

MA= Saranno gli elfi di Avalon che si vendicano…

Audrey e Caroline lo guardarono truci.

MA= (ALZANDO LA TESTA DAL LIBRO E GUARDANDOLE) Beh, che c’è? Che ho detto? Caspita, siete proprio cugine!

Il rumore si ripeté… stavolta molto più nitido.

CA= Ora avete sentito?

Audrey si alzò e le andò accanto.

AU= Adesso si… ma cos’è stato?

CA= Non lo so…

MA= Ehi, che succede al tavolo?!

Le ragazze si voltarono verso l’amico… il tavolo, le lampade, gli scaffali, persino le finestre ed il pavimento avevano preso a tremare violentemente, mentre le luci stavano cominciando a sfarfallare, perdendo tensione.Visto questo, anche Matt affiancò le due ragazze.

MA= Che diavolo sta succedendo?!

CA= (IRONICA) Chissà, forse Campanellino?!

MA= Tu le cose te le leghi al dito vero?

AU= (IMPAURITA) Ragazzi… che cos’è quello?

A mezz’aria, nel centro della stanza, un piccolo tornado di cenere nera stava cominciando a formarsi, vorticando e scompigliando abiti e capelli al trio che lo osservava attonito. Ad un tratto si fermò, per poi diradarsi e rivelare una cosa mai vista prima.

MA= O santo cielo…

Sollevato a circa tre metri da terra, vi era un individuo estremamente alto: il suo corpo era costituito solo da uno scheletro ricoperto solo da una muscolatura ormai avvizzita e di color rosso cupo; aveva una fila di denti simili a quelli di un lupo per biancore e ferocia, una benda lurida a coprirgli l’occhio destro ed il braccio sinistro terminante in un uncino, appuntito e sporco di sangue vecchio. L’essere li guardò uno per uno, mentre loro cominciavano ad indietreggiare  lentamente con gli occhi fissi sulla creatura.

CA= Calmi ragazzi… dobbiamo stare calmi…

MA= Linne quello non è un cane, che se stai fermo non ti morde!

AU= Ma che diavolo è?!

CA= Quello è…

MA=…uno….

CA+MA= SHINIGAMI! VIAAAAAAAAA!!!!

Cominciarono a correre verso la porta, mentre lo shinigami, con un grido infernale, si gettava su di loro; arrivati alla porta, Audrey ne afferrò la maniglia, scuotendola violentemente.

AU= E’ SBARRATA!

Caroline si voltò, appena in tempo per vedere lo shinigami tendere una mano verso di loro.

CA= A TERRA!!!!!

Il trio si lanciò sul pavimento, scansando all’ultimo momento la presa della creatura, che si voltò con un ringhio. Poi posò gli occhi sulla sua preda… la cui identità fu subito chiara a Caroline; l’essere si lanciò nuovamente su di loro, mentre la ragazza afferrò le spalle di Audrey e la tirò giù con sé.

CA= GIU’ !!!!!!

Lo shinigami si schiantò sopra di loro, mandando in frantumi parte della libreria e sommergendole di schegge e volumi; terrorizzata, Audrey gridò mentre Matt, rimasto poco distante, cominciò a correre verso di loro.

MA= RAGAZZE!

Quando fu più vicino, lo shinigami si voltò di scatto e colpendo Matt con uno schiaffo, lo scaraventò dall’altra parte della stanza sbattendo brutalmente la schiena contro la parete.

CA= CRISTO SANTO! MATT!!!

Vedendo però che il ragazzo si stava rialzando, il dio della morte creò un semicerchio di alte fiamme attorno a lui, chiudendolo tra il muro ed il fuoco.

CA= MATT!! STAI BENE?!

MA= SI, STO BENE! MA ORA PENSATE A SALVARVI!

CA= Audrey, tesoro ti senti pronta?

AU= (TERRORIZZATA) S-si… credo di si…

CA= Bene, allora al mio tre… uno, due, TRE!

Veloci, passarono sotto lo shinigami, cominciando a correre come il vento; ma il dio della morte, alzandosi in volo le raggiunse in pochi secondi, ed afferrando Audrey per una caviglia, la portò sospesa in aria, buttando a terra Caroline con una poderosa spinta.

CA= AUDREY!!!!!

AU= CAROLINE, AIUTO!!!! AAAAHHHH!!!!!!

Lo shinigami, sempre tenendo la ragazzina per una caviglia ed a testa in giù, aveva cominciato a farle vorticare attorno migliaia di libri, mentre viaggiava con lui per tutto il soffitto.

MA= CAROLINE! IL TAVOLO!

Caroline, salendo sul lungo tavolo e cominciandovi a correre sopra, prese la rincorsa per saltare ed aggrapparsi alle braccia della cugina.

CA= Ti tengo! Ora cerca di liberarti!

Ma lo shinigami, accorgendosi del peso eccessivo, mosse in avanti il braccio, in modo che Caroline venisse lanciata via, andando a sbattere contro una libreria, che le riversò addosso un fiume di libri; il colpo ricevuto la lasciò intontita e con il respiro mozzato per qualche secondo, per poi rialzarsi barcollante. Nel frattempo, lo shinigami aveva lasciato cadere a terra Audrey, lasciandola priva di sensi.

CA= AUDREY!! (ALLO SHINIGAMI) Brutto figlio di puttana…

MA= CAROLINE, NELLO SCAFFALE DEI TROFEI C’E’ UNA SPADA! USALA PER DIFENDERTI!

Scansando un altro attacco del dio della morte, Caroline si diresse dove l’aveva indirizzata Matt ed afferrò la pesante spada puntandola contro lo shinigami, che per la prima volta fece sentire la sua voce, roca e cupa come il mondo infernale da cui proveniva.

SH= Tu… stupida mortale… che cosa pensi di fare?

CA= Che vuoi fare ad Audrey?

SH= Non sono io che la desidero… ma il mio re.

CA= Cosa?!

SH= Il vostro mondo è divertente da osservare… e il mio signore ha visto quella mortale…

CA= Che cosa vuole da lei?

SH= Il mio padrone ha bisogno di una compagna… per creare nuovi figli della morte…

CA= Non te lo permetterò mai!

SH= Allora incontrerai la morte!

Con un ruggito infernale, lo Shinigami si lanciò su di lei, alzando l’uncino pronto a colpirla; con prontezza di riflessi, la ragazza smorzò il colpo, incastrando la lama semi arrugginita della spada nell’uncino, provocando uno stridio metallico.
La mortale e lo shinigami si guardarono per una frazione di secondo, dopo il quale la creatura irata, le strappò via l’arma dalle mani con uno  scatto, gettandola lontano; con la mano antropomorfa la afferrò per il collo, chiudendola tra lui ed il muro e sollevandola da terra.

MA= CAROLINE!!

Da dentro la sua prigione di fiamme, che si innalzavano ogni qualvolta cercasse di scavalcarle, Matt poteva fare ben poco per l’amica, tenendo anche conto che Audrey era ancora priva di sensi.

Nel frattempo, la ragazza stava cercando di liberarsi dalla mano dello shinigami, che ogni attimo si faceva sempre più serrata attorno alla sua gola, gelando e macchiando di nero la pelle al suo contatto; tastando febbrilmente ed alla cieca lo scaffale contro cui era schiacciata, cercava qualcosa con cui potersi liberare e difendere: salendo con la mano incontrò la consistenza metallica di un lampadario a due braccia. Lo afferrò, per poi scagliarlo con tutta la forza possibile sulla fronte del dio della morte che, ringhiando dal dolore, si trovò costretto a lasciare la presa, facendola cadere rovinosamente a terra e lasciandola respirare a fatica, tossendo ed annaspando.

Quando Caroline rialzò lo sguardo, lo shinigami era sparito dalla sua vista.

Rialzandosi in piedi, riprese in mano la spada, brandendo l’elsa con entrambe le mani e tenendo la lama ben ritta davanti a sé e,camminando cauta per la stanza, si guardava attorno… sapeva, per istinto o consapevolezza, che lo shinigami era ancora lì.

CA= MATT! VA TUTTO BENE?!

L’amico, ancora stretto nella sua prigione infuocata, le rispose affaticato.

MA= SI, A PARTE CHE ORA CAPISCO COSA PROVA UN POLLO FATTO ARROSTO! MA NON OCCUPARTI DI ME!!!

Arrivò guardinga al centro dell’ambiente, guardò Audrey ancora svenuta mentre avvertiva uno spostamento d’aria gelida attorno a sé, accompagnata da un sibilo ben noto; quando si voltò per vederne l’origine, si trovò davanti lo shinigami, che con uno schiaffo la buttò a terra facendole battere la nuca sul pavimento.

SH= La tua insulsaggine è irritante… come pensi di potermi fermare, inutile e fragile mortale?

CA= Ancora non lo so… ma giuro che appena l’avrò trovato, sarai il primo a saperlo!

Si lanciò contro lo shinigami, menando fendenti a più non posso. Ad un tratto, la punta della spada si infilò nel “fianco” della creatura, cominciando a venire diabolicamente corrosa; il dio della morte, in perfetto silenzio, guardò prima la spada conficcata del suo fianco e poi la ragazza che ne brandiva ancora l’elsa.

SH= Voi umani siete così stupidi!

Creando uno spostamento d’aria estrasse la lama dalla propria carne, e con questa scaraventò Caroline lontano; dopodiché si scagliò nuovamente contro di lei che, strisciando a ritroso, si trovò seduta con le ginocchia contro il petto, chiusa contro una parete; infiammata dall’ultimo slancio di coraggio e istinto di sopravvivenza, strinse più forte l’elsa della daga,ormai ridotta ad un moncone di circa 50 cm, puntandola contro il dio della morte.

Quando quello poi le fu quasi addosso, si alzò di scatto lanciandoglisi contro.

CA= QUESTA E’ L’ULTIMA VOLTA CHE MI SBATTI PER TERRA, STRONZO!

Affondò con tutta la sua forza il rimanente della spada nello sterno dello shinigami; la creatura si fermò di colpo, e dopo essersi guardato il petto, eruppe in un urlo infernale, mentre dalla ferita cominciò a gorgogliare del sangue nero e vischioso come pece, che inondò le braccia ed il busto di Caroline… la quale, dopo averne estratto di colpo la lama, cominciò ad alzarla per poi calarla molto più in alto.

CA= TORNA DALL’INFERNO DA CUI PROVIENI, FIGLIO DI PUTTANA!!

Con un suono simile alla stoffa che si lacera, la testa dello shinigami si staccò dal collo, per poi rotolare a terra con un tonfo sordo mentre il corpo decapitato, dopo essere rimasto per una frazione di secondo ancora eretto, la seguì nella caduta.

Di colpo le fiamme attorno a Matt si spensero, ed il caos fu miracolosamente riportato all’ordine; Caroline abbassò l’arma, inspirando ed espirando come se avesse appena fatto una corsa di migliaia di chilometri… ma sebbene il corpo dello shinigami stesse diventando cenere, in un diabolico procedimento di autocombustione, la testa sembrava ancora dotata di vita propria, con l’occhio visibile ancora aperto e saettante da destra a sinistra; quando Caroline gli si avvicinò, questo si fissò su di lei.

SH= Non…puoi fare… nulla… sciocca mortale… lui la prenderà…. ormai è iniziata, non c’è più tempo…. arrenditi….Nimue.

Nel viso della ragazza, al terrore ed al disgusto iniziale, si sostituì una profonda ira.

CA= Finché io avrò vita… finché dalla mia bocca uscirà respiro…. NIENTE AVRA’ INIZIO!

La testa della creatura cominciò a ridere, sebbene questa si riducesse ad un rantolo; animata dall’ira, Caroline levò nuovamente in alto la spada, per poi calarla con un grido rabbioso sul capo dello shinigami, dividendolo in due metà perfette che si ridussero subito dopo in cenere.

Dopo essere rimasta in piedi a fissare il vuoto per un tempo indefinito, scattò verso
Audrey, inginocchiandosi accanto a lei quasi correndo e lasciando cadere accanto a sé l’arma… spaventata, le prese il volto con una mano.

CA= Audrey!! Audrey ti prego svegliati, rispondimi!!!

Mentre la ragazzina si stava lentamente riprendendo, Caroline sentì una mano posarsi sulla sua spalla; si girò di scatto afferrando al contempo la spada, per puntarla violentemente contro chi l’aveva toccata.

MA= Woooo, piano ragazza!

Sospirando di sollievo, Caroline buttò l’arma a terra, per poi alzarsi.

CA= Come stai?

MA= Bene… un po’ accaldato, ma bene…

Si abbracciarono stretti, come per stemperare la tensione.

MA= Sei stata grande tesoro… una vera guerriera!

AU= Linne…. uhn, ma che è successo?

Chinandosi nuovamente su di lei, Caroline l’accarezzò e le sorrise.

CA= E’ tutto finito tesoro, siamo al sicuro ora… ce ne andiamo.

Troppo debole e scossa per camminare, Audrey fu presa in braccio da Matt mentre Caroline andò ad aprire la porta della stanza… barcollante, tremante e sotto shock, il trio lasciò quel luogo maledetto, ripromettendosi di non farvi più ritorno.















  
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