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Autore: Jo Shepherd    16/08/2011    3 recensioni
Ecco il concludersi dell'avventura di una ragazza, guidata solo dal forte desiderio di aiutare una vita a lei cara.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soggiogando

 

Aspettare che quei due imbecilli facessero il lavoro sporco al mio posto non era poi cosa così eccitante. Spazientita, non cessavo il mio andirivieni nella penombra del vicoletto, al riparo da occhi indiscreti. Volsi lo sguardo in alto, oltre le file di panni stesi e i tetti spioventi: la torre svettava imponente verso il cielo, con quelle finestre che emanavano una forte luce giallastra.

 

Mi chiesi dove fossero mai finiti quei due. Erano partiti da un paio d'ore, dovevano essere giunti già da almeno un’ora e mezza sulla cima. Perché ritardavano tanto? Erano stati scoperti? Guai a loro se avessero fatto il mio nome!

 

Gli scalpitii dei piedi impegnati in sfrenate danze paesane e lo scroscio degli applausi scanditi a ritmo di musica, aleggiavano fin dentro la cupa e fredda ombra dell'improvvisato nascondiglio. Le ombre della gente, che festeggiava attorno al grande rovo appiccato nel centro della piazza, si proiettavano tremolanti sulla facciata dell'abitazione appena fuori dal vicolo.

 

Un tintinnio alle spalle mi spaventò. Mi voltai tesa, temendo di esser stata scoperta e che quel rumore fosse la pesante e ingombrante armatura di una guardia che stava per arrestarmi. Un flebile miagolio dissipò ogni fantasia. Un tenero gattino bianco, dal pelo lungo e scompigliato, si sedette su una cassa accostata alla parete diroccata; si leccò la zampa per poi passarsela sulla capoccia.

Mi sedetti vicino al gatto regalandogli qualche carezza. Per nulla impaurito approfittò delle mie attenzioni rannicchiandosi sulle cosce. Chissà quanto tempo sprecai a fargli qualche coccola. Pensai anche di portarlo a casa. Avere qualcuno che mi facesse compagnia era una prospettiva molto allettante…

 

« Signora!»  bisbigliò qualcuno. Ero talmente presa dalla bestiola che sussultai per lo spavento. Riconosciuta la voce, subito mi ripresi e guardai verso l'alto. Sul tetto stavano eretti i due energumeni che avevo assoldato ore prima. Feci un sospiro di sollievo, scacciai via il gatto passato in secondo piano e m'avvicinai alla parete, avida e fremente di riscuotere il bottino.

Tenendosi alle sporgenze delle mura riuscirono a discendere con facilità e maestria, toccando il suolo senza emettere il benché minimo rumore. Niente da ridire: erano all'altezza delle voci elogianti le loro qualità.

« Allora? Dove sono? » Chiesi un filino furiosa per la troppa attesa che ancora m'avvelenava l'umore.

Senza rispondere, l'energumeno che teneva il sacco lo portò in avanti, in bella vista. L'altro l'aprì e subito fasci di luce bianca guizzarono fuori.

Mentre frugava, m'avvicinai rapita. Estrapolò uno dei due dischi. Stringeva quello bianco con nel centro un cerchio nero; sfavillava di luce forte e pura. L'adagiò fra le mie mani; mi agitai ed emozionai, come una giovane fanciulla che aveva appena trovato il suo primo vero amore, avevo le farfalle nello stomaco.

Voltai il disco diverse volte: una faccia era totalmente piatta, liscia e scivolosa, l'altra era decorata da uno stiacciato raffigurante un dragone imperiale, che s'avviluppava al cerchio nero posto al centro esatto del disco.

Calmato il forte entusiasmo, mi schiarii la voce e chiesi in modo affabile e seducente che mi dessero anche l'altro disco.

« Oh, glielo daremo ben volentieri. Ma prima... » L'altro energumeno mi sfilò brutalmente il disco fra le mani e lo ripose nel sacco, che venne richiuso subito. « Deve darci... » s'avvicinò gongolante; m'afferrò per la vita e strinse a sé « … che aveva promesso.»

Risi, isterica: « Ma certo!» Gli afferrai il collo facendo entrare le nostre labbra in collisione.

Durante l'effusione, abbassò la guardia catturato dal momento idilliaco (modestamente…), ne approfittai e feci scivolare la mano lungo il fianco, senza indugiare oltre, lesta, gli tolsi dalle mani il bottino.

A gambe levate mi precipitai come un fulmine verso la strada principale, ma, sempre più degni della loro fama, mi atterrarono in un batter d'occhio. Sì! Fui abbastanza stupida da credere di poterli fregare come tutti gli altri che li avevano preceduti. Ma avevo ancora un asso nella manica: sfoderai dallo stivale un piccolo pugnale e con gesto secco gli tagliai la guancia. Lui arretrò, ma l'altro mi prese per le spalle immobilizzandomi. Quello che ferii s’avvicinò e m’afferrò. Contorcendomi il braccio mi fece mollare la presa e la lama roteò per terrà conficcandosi fra i ciottoli.

« Brutta strega! Con chi pensavi di avere a che fare? Credevi di poterti prendere gioco di noi? » Ringhiò tenendosi la guancia sanguinante.

« Intanto, il l-lavoro sporco... l'avete fatto... per me. E p-poi... sì! Sono stata un po' stupida. Sapete, eh, eh, sono abituata ad allocchi peggiori di voi!» L’altro mi zittì stonandomi con un forte schiaffo. Sentii il sangue colarmi in bocca. Ancora una volta mi fu sottratto il sacco dalle mani.

« L-la-lasciatemi andare!»

« Già, sarebbe un peccato rovinare questo bel faccino.» Mi fissò sogghignante.

« Imbecilli cerebrolesi! Sottosviluppati!»

Un terrificante senso di impotenza m'assalì. Come mi avrebbero mai conciata?

Interdetta, vidi l'energumeno allontanarsi da me, e cacciò dal sacco il disco nero che emanava una flebile luce verdastra.

« Per quanto grossi e maneschi... non ci piace riversare la nostra forza bruta sulle donne.», fece roteare il disco sul palmo della mano con movimenti fluidi, come un giocoliere. Trasalii ogni volta che mi pareva di vederle già in mille cocci al suolo.

« che... che cavolo vuoi fare?»

Non mi rispose. Si limitava a guardarmi maligno. Scambiò un paio di sguardi col tipo che mi teneva stretta, gli vidi saettare lo sguardo sopra di me. Trasalii quando infine capii.

« Non provarci nemmeno!»

« O questo... o la tua faccia!»

« Io sceglierei quello!» brontolò l'energumeno che mi teneva.

I due cominciarono a ridere.

« Non devi farlo! Imbecilli renderete inutile tutto quello che avete fatto!»

« Pazienza.»

« Hai la benché minima idea di con che cosa stai giocando? Finiremo tutti nei guai se ne distruggi uno solo dei due! NON DEVI FARLO! »

« Cerchi di spaventarmi come il ragazzino nella torre?» Sussurrò con tono infantile.

« Cosa?... NO! » Mi dimenai più che potei. Tentai di assestare un calcio nelle zone meridionali, ma mi teneva troppo in alto, gli colpii solo il basso ventre. «Aspetta! Potreste venderlo! Ricavereste un bel po’ di grana!» Mi arresi quando lo stridulo infrangersi del disco sui ciottoli rese vani tutti i miei sforzi. Le loro risate malvagie incorniciavano il disgraziato momento.

 

Un viscerale ruggito selvaggio vibrò nell'aria.

L'energumeno, impaurito, mi lasciò cadere come un sacco di patate al suolo. Distrutta e del tutto disinteressata da ciò che m'accadeva intorno, m'avvicinai carponi ai cocci del disco nero che avevano perso il loro vitale sfavillio verdastro.

Seguì un accecante bagliore, dopo il quale la cima della torre esplose. Un'alta coltre di polveri s'espandeva in tutte le direzioni mentre scagliava detriti su tutta la città. Dalla spessa nube sbucò uno dei due dragoni imperiali; il corpo longilineo e chilometrico s'agitava violento nell'etere, la sua pelle esasperatamente diafana contrastava con le tenebre della notte.

Quando la coltre si disperse, la creatura s'avvinghiò all'architettura ancora in piedi, ma tremendamente provata, della torre. Ripeté il medesimo ruggito. Guardava in tutte le direzioni con lentezza. Si fermò di scatto verso di noi, sentivo i suoi occhi scrutarmi, e prima che potessi accorgermene si scaraventò sui due energumeni scivolandomi a pochi centimetri dalla testa. Si schiantò coi due sull'abitazione antistante il vicolo, polverizzandola. Il risucchio per il travolgente spostamento d'aria mi trascinava via, era così violento che dissolse l'ossigeno prima ancora che potessi inalarlo. Riuscii ad accucciarmi al suolo stringendo forte il sacco con all'interno l'ultimo disco rimasto: quello bianco.

 

Quando il corpo del dragone cessò di corrermi sopra la nuca, affamata d'aria ne feci lauti bocconi.

« Devi distruggere l'altro disco, profana. » Fece perentorio qualcuno.

Sussultai. Alzai lo sguardo e vidi stagliarsi di fronte a me la sagoma di un uomo. Aguzzai la vista e i lineamenti morbidi di un adolescente s'accentuarono ai miei occhi; mentre i suoi, ambrati, mi riempivano di smarrimento e soggezione.

Esitai al suo ordine, stringendo ancora di più il sacco al petto.

« Non intendo ripetermi donna! »

Non mi permisi di rispondergli. Lasciavo che il mio corpo parlasse per me.

« Se non vuoi, sappi che avrai molte vite sulla coscienza; anziché una sola.»

Trasalii a quelle parole. Sapeva!

« Questo mi serve!» Sbottai.

« Entrambi erano utili. Uno solo, può solo peggiorarne la vita. Preferirà la morte.»

Conosceva le mie intenzioni. Il fine ultimo a cui ambivo da tempo.

Erano mesi che viaggiavo. Mesi passati a sperare, per arrivare a stringere in tempo quei dischi fra le mani.

« Non ci rinuncerò mai! » dissi.

« Sei una povera stolta… Voglio farti solo una domanda.» Il silenzio della lunga pausa, fu colmato da urla, scalpitii, esplosioni. « Sei disposta... a compromettere l'equilibrio di un'intera nazione per una sola persona? »

M'agitai, respiravo affannata, ero in preda all’ansia più densa: qualsiasi scelta prendessi il dolore non mi avrebbe mai risparmiata. Cercavo una risposta, ma non ne vidi la benché minima traccia. La disperazione crebbe fino a sfogarsi con un pianto sommesso.

« In te c'è una guerra, figlia mia.»

« So che... con uno solo dei dischi... non potrebbe funzionare. » dissi.

« E’ così.» Proruppe alterato. « C'era bisogno dell'equilibrio ora spezzato. Ma questo lo sai bene.» Concluse con un tono tornato pacato.

Il pianto stava possedendomi, divenni meno lucida.

« M-ma io... non voglio lasciarla andare! »  

Non fiatò. Scambiava con me solo uno sguardo di compassione.

« Scegli!» Disse, prima di sparire avvolto in fasci viscosi di stoffa.

 

Tutta scossa da brividi d'ogni genere, liberai il disco bianco dalla sua prigione. Passai le dita sulle rifiniture dello stiacciato: il secondo dragone imperiale, avvinghiato al cerchio nero posto all'esatto centro del disco, era di una bellezza esasperante. Lo strinsi ancora una volta a me, dondolandomi come una dannata.

Udii nel frattempo la gente scappare, i palazzi sbriciolarsi, il dragone imperiale bianco ringhiare irato.

Mi issai barcollante sulle gambe, presi un forte respiro, e con un cagionevole: « mi dispiace! » gettai con tutta la forza in corpo il disco bianco al suolo, che s'infranse in mille pezzi.

Il bagliore che emanava si spense...

Sulla cima diroccata della torre, comparve il secondo dragone: longilineo e chilometrico anch'esso, dalla pelle più nera dell'oscurità. Emise il possente ruggito protendendosi nel vuoto mentre col resto del corpo s'avviluppava alla torre.

Di rimando sentii il dragone imperiale bianco ringhiargli contro. Entrato anche quest'ultimo nella mia visuale, lo vidi scagliarsi contro quello nero: i due svanirono in una vampata di fiamme e cenere.

 

I subbugli cessavano, tutto tornava calmo. Dappertutto, tranne che il mio cuore.

  
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