Fanfic su attori > Coppia Downey.Jr/Law
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Autore: OperationFailed    16/08/2011    2 recensioni
«Cosa sei allora?»
Lui fa un passo avanti e adesso, adesso hai conosciuto i suoi occhi. Ti perseguiteranno per la vita Downey, per tutta la tua vita andata a male. Non sforzarti di trovare un colore che li descriva, non ce la faresti nemmeno se avessi il sangue libero. Non solo pulito, libero. Ti basti sapere che ti perseguiteranno. Le sue labbra si aprono e non è un sorriso. E' un ghigno affilato quello che gli illumina il viso. Allunga verso di te una mano guantata, stretta intorno ad un biglietto da visita.
«Sono la tua seconda possibilità»

[Dopo tempo immemore sono tornata su questo fandom, con una long che non è simile a nulla di ciò che avete letto in precedenza. Ne ho la certezza, questo è diverso da tutto quello che gira su questa coppia]
Genere: Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Via del campo ci va un illuso








La casa in Paper Street è un mucchio di mattoni avvinghiati al fianco della collina. Qualche lampione lungo il viale è ancora integro, qualche angolo di strada ancora pulito. Acqua piovana ammassata ai lati, cani ululanti in lontananza. Dove cazzo ti ha portato questo tale?

Tre piani in cemento e legno marcio ti stanno davanti, e un comignolo svetta nella notte, così alto da non vederne la cima. Sembra un castello di carte che un alito di vento potrebbe radere al suolo. Finestre sbarrate da assi, giardino pietrificato. Come se fosse in attesa di demolizione da decine d’anni.

Intorno c’è qualche magazzino in disuso, una vecchia cartiera. Si capisce dall’odore nell’aria. Tutto abbandonato, siete soli per un raggio di mezzo miglio.

Non fai domande e provi a guardare la torre infinita, ma le vertigini ti picchiano le nocche sulla testa. Segui il tale su per gli scalini d’ingresso, apre il portone. Non c’è serratura.

Entri.

Naso in giro, le travi sono gonfie d’acqua. L’umidità è la vera padrona della casa, dei muri scrostati e coperti di crepe. L’unico rumore è quello di un rubinetto che perde. Scoprirai poi che il pavimento ha un brutto mal di gola, che lo fa scricchiolare nel bel mezzo della notte. Non che tu distingua notte e giorno, comunque.

Camminate alla luce fioca di qualche lampadina spoglia, salite le scale che ad ogni passo crollano un po’. Secondo piano: qualche materasso su reti cigolanti.

«Qui stai tu» indica l’uomo, «là sto io», indica un’altra stanza.

«Ma vivi veramente qui?»

«No, ci vivo per finta»

Non vale la pena rispondergli, ti ignorerebbe e basta. Ti siedi sul materasso sformato, ti rialzi, spii da una fessura nelle finestre sbarrate. Cammini in tondo, guardi in giro. Chissà come si chiama quel tipo…

«Ah, per la cronaca, sono Jude!»

La sua voce ti raggiunge dalla tromba delle scale, poi una porta si chiude e tu sei immerso fino al collo nella vita a due. Con qualcuno che, per inciso, sembra leggerti nella mente.

Nascondi le bustine sotto la rete del letto, quelle devono durare almeno fino a domani. Anche perché non hai un centesimo.

Comunque, nei momenti in cui non sei impegnato a farti, sei un artista. Ti bastano un paio di gessetti e una superficie qualsiasi che assorba il tuo mondo. L’anamorfismo è il tuo effetto preferito. Riuscire a far vedere una figura nella sua forma reale solo se messa in una certa posizione. E di immagini distorte tu te ne intendi.

Esci da Paper Street. Ormai ti sta crescendo la muffa anche nelle orecchie – dannata umidità – hai bisogno di aria pulita. Ti porti dietro solo il rumore dei tuoi passi, nelle tasche tintinna qualche gessetto consumato. Il cielo si affaccia sopra gli edifici scrostati, ti regala un sorriso plumbeo, cariato da qualche nuvolone scuro. Intorno c’è l’ignoto, ma tu ci entri dentro di getto.

Non sai da quanto cammini, le nuvole lanciano uno sputo ogni tanto, e sei arrivato. Hai trovato uno spiazzo cementificato, forse un capannone demolito. L’aria è grigia, anche il cielo segue la moda.

Ti guardi un po’ intorno, giri su te stesso ma non c’è nemmeno un cane randagio. Sali su un muretto lì vicino e osservi lo spiazzo, vedi il disegno che gli si stende addosso e sospira come chi non poggia la testa da giorni. E’ sempre così, sono i colori a sussurrarti nelle orecchie, sono le figure che ti concedono di ritrarle.

Oggi non hai voglia di vender la tua arte. Oggi sarà solo tua.

Scendi dal muretto, t’inginocchi. Cominciano gioco, sogno e libertà. Strappi pensieri al cervello e li rinchiudi nel cemento. Quel che vien fuori è un groviglio di facce distorte, fiamme divoratrici, scarpe da clown color rosso fuoco. Passano le ore, il disegno si mangia il tuo tempo, poi il cielo lo scioglie. Rimangono rivoletti d’acqua colorata, un’alzata di spalle e via. E’ ora di rientrare.

E’ ora di un’altra dose, e non importa che in cucina ci sia il tizio misterioso. Anche se ormai dovresti chiamarlo Jude, sai? Senti i suoi occhi sulla schiena, è tornato chissà quando e ora sta appoggiato al piano della cucina. Braccia incrociate, occhi incrociati, il cuore chissà. Forse non ce l’ha nemmeno, chi ha bisogno di un cuore con quegli occhi?

«Quella qui dentro non esiste»

La droga Robert, si riferisce alla droga.

Ignori la voce, che si faccia gli affaracci suoi.

Fai strisciare la sedia traballante sul pavimento, ti siedi e stendi la coca sul tavolo. L’allarghi, la sminuzzi, la metti in fila. Arrotoli un pezzo di carta – banconote non ne hai – ma…

Un fuoco ti illumina il viso e arrostisce i cinque giorni di barba che ti crescono sul mento. In una fiammata – puff – la coca non c’è più. Sostituita da un allegro fuocherello che traballa sul tavolo.

«Che cazzo… ?!»

Ti spingi via dal tavolo, la sedia cade a terra con un colpo secco, ci inciampi sopra, barcolli, caracolli addosso ad una stretta di acciaio.

Jude.

Jude che stringe ancora in mano la scatola di fiammiferi, l’odore di zolfo sulle dita, che ne hanno acceso uno e lo hanno lanciato sulla tua merda di droga. Veleno, in realtà.

Jude che ti afferra da dietro e ti avvolge il torace, bloccandoti in una morsa che non ti lascia scampo.

Hai lo sguardo liquefatto, se si scioglie ancora un po’ finisce che t’impiastriccia tutta la faccia. Ti ci vorrebbe uno specchio davanti al muso, vedresti due occhi spalancati che si sono divorati tutto il resto.

Sei ancora inglobato dalle braccia di Jude, il suo respiro sul collo, le sue mani intorno al petto. Dovresti ringraziarlo sai? Ti ha salvato la vita.

Dovresti maledirlo. Ti ha salvato la vita, dovresti davvero maledirlo. E ti bisbiglia in un orecchio con voce roca. Lo senti quello che dice?

«Quella roba qui dentro non esiste»

Lo ripete. Lo sussurra, lo bisbiglia, articola le parole nello stesso modo in cui un serpente striscia tra le canne.

Continua a stringere e a sussurrare, e scivolate insieme sul pavimento, tremanti. Jude ti avvolge. E non sembra intenzionato a lasciarti andare. Mai.




-


Cominciamo ad entrare nel vivo della fic… La precisazione che ci tengo a fare è sulla droga che prende fuoco, perché temo che non sia molto chiara. Semplicemente, la polverina bianca non è coca. E’ veleno. Rob infatti ormai è diventato fastidioso per il suo giro, di tanto in tanto ha rubato qualcosa, ha fatto casini, non ha i soldi per pagare e accumula continui debiti. Insomma, vogliono sbarazzarsene, ormai non è più sufficientemente fruttuoso per i suoi spacciatori. Jude in qualche modo si accorge che quella non è semplice coca, e lanciando un fiammifero da dietro le spalle di Rob, dimostra che aveva ragione. Tutto qui.  

Se avete dubbi, domande, critiche, insulti (speriamo di no!) non esitate a contattarmi. Ah, i capitoli saranno tutti più o meno di questa lunghezza, quindi se siete amanti dei capitoli lunghi questa fic non fa per voi ><
Grazie a tutti (:
   
 
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