Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: GaTTaRa PaZZa    16/08/2011    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tic, tac, tic, tac,tic,tac.
La lancetta dei minuti dell' orologio della mensa dell' Akamura tichettava instancabilmente, segnando mezzogiorno e cinque minuti. L' ora del pranzo.
Tutta la scuola era ammassata in quella grande sala, stipata nei lunghi tavoli e nei tavolini color avorio. Era uno spettacolo piuttosto ilare: c' era il tavolino dei punk, uno delle truzzette, uno dei nerd, uno dei giocatori di kendo, uno dei fighetti supertirati, uno degli otaku, quello del club di teatro, quello della biblioteca, quello di musica leggera e il resto della comune plebe. In quest' ultima categoria, sedute sui tavolini da quattro, c' erano Satō, Sakuranbo, Kurumi e Yuki Hinata, l' amica/avversaria amorosa della bionda.
«Sono stanca. Stanchissima. Quante volte l' ho detto che odio lavorare a quel caffè?» cominciò la moretta, sospirando. Ok, magari l' ambiente era anche carino e simpatico, e Yuzu, una volta unita, si era rivelata leggermente più accettabile -e lavorava- ma... RYOU... proprio non lo poteva accettare. Era sempre a dare ordini, con una strana aura malvagia attorno e quell' ironia perversa e maligna che usciva dalla sua stramaledetta linguaccia biforcuta.
Lo odiava con tutto il cuore, gonfio nella sua ira, e un giorno sicuramente avrebbe reagito. E quel giorno era molto vicino...
Keiichiro aveva acquistato una padella nuova di zecca, grande, rilucente, e Satō appena l' aveva vista aveva notato che s' intonava molto bene con la zucca del biondo... Già immaginava il bernoccolo sulla sua testa e il segno del cranio sulla padella splendente. Tutto questo era appagante, ed era l' unico pensiero che la distraeva dal lavoro. La vendetta!!!!
«Ma è così divertente starsene lì e guardarvi sgobbare ^_^ E poi faccio l' assaggiatrice e bevo e mangio tutto quello che mi pare.. io amo quel posto...» ribatté Sakuranbo con un sorrisone, mentre vagava col pensiero a un compito di giapponese che avrebbe dovuto fare tra un paio d' ore...
«E tu, Sheru-san, che ne pensi?» chiese Yuki con la sua vocetta gentile, tanto interessata fuori quanto menefreghista dentro: Chukonen lo sapeva bene, che quella lì era falsa fino al midollo. E poi, le voleva fottere il fidanzato, siamo sinceri.
«Io posso solo dalle cinque alle sei, perchè dalle tre alle quattro ho ripetizioni... e devo dire che mi spettano i compiti più facili, dato che il grosso del lavoro è già stato fatto. Devo solo prendere le ordinazioni, tutto qui!» spiegò, disinvolta. Non è che fosse il compito principale di una mew mew stare dietro ai clienti,ecco.
«Capisco... allora, Saku-chan, ti ho detto le novità?!» esclamò, con un sorrisone e lo sguardo impaziente. Era dalle sette di mattina che voleva sputare il rospo, non sapeva trattenersi oltre.
La ragazza gelò, lo sguardo duro e i bastoncini in mano; cadde il pezzo di yakisoba che stava mangiando. «Cioè?» sibilò, diffidente. Odiava quando iniziava a stressarla, con eventi di cui non gliene fregava un' emerita mazza.
«Itsuki-kun mi ha chiesto di uscire questo pomeriggio!» trillò, sovraeccitata. Aspettava quel momento da ere, glielo si leggeva in faccia.
Tutto il tavolo si bloccò, desiderando ardentemente dei pop-corn: questa era meglio di beautiful! Tutte sapevano che entrambe morivano dietro a Funsui, ma sapevano anche che Hinata non sapeva della palese cotta della tigrotta. Chukonen, invece, sapeva troppo, troppo bene di quella stramaledetta biondastra [i miei capelli sono molto più biondi dei suoi,tsk! cit] dell' "amica".
«Ah. E sarete.. soli...?» domandò, con uno strano nodo alla gola. Dov' era il coltello per tagliare il pesce?! Sarebbe tornato molto utile...
«Suppongo di sì, non so, ha detto che avrebbe forse invitato una sua amica... Tsumi Daisuke, dell' Hikarizaka come lui...» rispose, facendo spallucce.
Sakuranbo diede un sospiro di sollievo. Ah ecco, c' era il trucco! Non si sarebbero visti da soli, passeggiando romanticamente per la baia di Tokyo alla luce della luna piena mano nella mano...
Ci fu un po' di silenzio, interrotto solo dalle bacchette che sfregavano sul piatto: in questo modo ascoltarono i discorsi degli studenti dei tavoli vicini.
«Avete visto quel video su Youtube?! Quello con 1234678987654345787654 visualizzazioni?! Delle supereroine in costume che combattevano quel serpente enorme?!» attaccò qualcuno, una otaku con i capelli tinti di azzurro.
«AAAAAaaah kawaiiiii,ne? :3 Le mew mew! Hanno un nome così adorabile!! E quella che faceva "Nyan!"? Era così.. puccioooosa!» le rispose qualcuno, una con degli occhialoni enormi che le deformavano gli occhi.
La biondina si sentì esplodere d' orgoglio: oh sì, era figa, ma quanto era figa!!
«Ah è vero, le ho viste anche io! E' pazzesco, non credevo fosse possibile una cosa del genere!! Qual' è la vostra preferita?? Io non sopporto quella con le orecchie da tigre, è così spocchiosa!!» commentò Yuki gesticolando come al suo solito. I mille braccialetti tintinnavano sui polsi ogni volta che si muoveva.
Delle bacchette si spezzarono, cadendo per terra; indovinate un po' di chi erano?!
«Ehmmm, ma noooooo! E' così simpaaaaaatica!!» s' intromise l' orsetta con un ghigno falsato sul volto. Non era il caso di ritrovarsi feriti in mensa.
«Sisisisi sono tutte favolose, ascoltiamo cosa ne pensano gli altri?» propose Kurumi, interrompendo il probabile litigio che sarebbe scoppiato. Annuirono, e tacquero rizzando bene le orecchie.
«Quanto gnocca è quella vestita di azzurro?! Ti giuro non sono mai riuscito a guardarla in faccia, ma di sicuro era splendida... e poi era una coniglietta :Q___» diceva un ragazzo, un riccioluto semi-italiano di nome Bernardi.
«Boia è vero! A me piaceva anche quella tutta bianca, aveva degli shorts così... short! Dovrei proprio sapere chi ha fatto loro quei costumi, che quasi quasi ne ordino uno per la mia ragazza...» rispose un amico, rosso di capelli.
«Quella nera era così terribilmente malinconica, aveva un' espressione fredda e l' animo glaciale... era stupenda... certo però che avrei preferito una gonna molto più corta...» si sentì dal depresso tavolo dei goth, presi a mangiare depressamente il loro depresso cibo del depresso bento.
Le tre mew mew dovevano trattenersi per non scoppiare a ridere; o meglio, Satō era talmente rossa e talmente nevrotica che prima o poi, di sicuro, avrebbe preso a padellate il ragazzo pel di carota.
"Ma che cose le è venuto in mente?! Non poteva starsene zitta? Dannata Chukonen..." pensò, scuotendo la testa con aria di disapprovazione.
A interrompere quell' aria complice fu un BIP BIP del cellulare di qualcuno: Yuki frugò nella tasca e in mezzo nanosecondo ce l' aveva già in mano, pronta a leggere. «Ommioddio ragazze, è Itsuki-kun!» esclamò, con un' espressione radiosa. Sprizzava felicità da tutti i pori. «Konnichiwa, Hinata-chan, come va? Uuuuh mi ha chiesto come sto, che dolce!! Mi spiace avvertirti che per dopo non posso vederti, ho scoperto di essere impegnato.. ooooooh nooooooo, che sfiga! Ciao bella, ci sentiamo...» lesse ad alta voce, la delusione che appariva man mano sul volto.
Ok, sarebbe stata scocciata per il resto della giornata.
Qualcun altro invece sorrideva sotto i baffi, gongolante. Ohohoohoh, che guioia!
«Ehehe, scusatemi, ehm, ehehe, ma devo andare in bagno.. ihihi... » mormorò la mew mew, alzandosi con quel ghignetto malvagio.
Dai corridoi si sentì urlare a pieni polmoni un misterioso YA HOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!

***


Il compito di giapponese era andato molto bene, Sakuranbo si sentiva realizzata perché aveva scritto molto. Era un tema a proposito del consumismo americano, e con tutti i telefilm che aveva visto su megavideo qualcosina da dire ce l' aveva.
Stava, come al solito, prendendo la strada per la fermata del tram con Satō e nessuna delle due sentiva l' esigenza di blaterare a vanvera. Fra un po' comunque si sarebbero viste al Caffé, e avrebbero di sicuro chiacchierato là.
«SAKU-CHAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAN!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!» gridò una voce, molto ben nota, seguita da una sgommata impressionante che assordò le amiche.
«Oh no, l' idiota!» commentò sottovoce la bruna, alzando gli occhi al cielo. Non sopportava nemmeno lui, sebbene non le avesse fatto niente.
«Funsui, ora, ti ho detto e te lo ripeto ogni volta: SAI FRENARE DECENTEMENTE?! DEVO FARTI LEZIONI DI GUIDA?!» strillò, agitando l' indice con fare accusatorio.
Il ragazzo non si prese nemmeno la briga di togliersi il casco, ormai era riconoscibilissimo. «Tu che mi insegni a guidare?! Ahahahahahahahah questa è bella! Saresti un' arma di distruzione di massa!» la contraddisse, sarcastico.
«Nooo! Saku-chan non è così impedita! E poi scusa che ci fai qua? Non avevi dato buca a Hinata? Perché è già andata a casa..» mugugnò, incrociando le braccia. Le ragazze giapponesi, per darsi un' aria più carina, parlano di sé in terza persona.
«Scusami, ma io e te avevamo un appuntamento in sospeso e sinceramente è pesante quella donna...».
Mentre i due parlavano, Satō era rimasta a rigirarsi i pollici, ma aveva capito come sarebbe andata: lui l' avrebbe caricata dietro e lei se ne sarebbe stata ferma là da sola come una scema. Perciò, senza dare nell' occhio, se l' era squagliata con uno scatto fulmineo...
«Oh è vero! Ehm, dove andiamo di bello?» chiese, già con le farfalle nello stomaco.
Lui tirò fuori un casco, che l' altra prese al volo, e prima di rispondere la fece salire dietro. «Parco Inohara!» affermò, partendo come solito a razzo, infrangendo praticamente tutto il codice stradale... semafori, strisce pedonali, attenzione alla nonnina che cammina...
La ragazza nel frattempo era avvinghiata come un panda ad un albero, terrorizzata. «VAI PIANO, CRISTO SANTO!» urlò a pieni polmoni, gli occhi ben serrati.
Una ragazza con i capelli marroni, su un tram blu, aveva sospirato qualcosa della seria "Quella è Sakuranbo".
"Ecco, adesso ci schianteremo su un palo della luce, moriremo insieme, non avrò neanche una soddisfazione nella vita, non potrò mai tirare uno schiaffo a Kisshu, non ucciderò mai il coniglio della mia migliore amica, non avrò bimbi, marito, famiglia.. la mia giovine vita stroncata così alla prematura età di sedici anni..." pensava mesta la fanciulla, mentre affondava le unghie nelle spalle di Itsuki.
«Ahia, fai male! E poi calma.. siamo arrivati» l' assicurò, frenando in modo civile.
La bionda scese immediatamente, nauseata, con la testa che girava e lo stomaco in subbuglio. Era sempre così quando andava in moto con quel pazzo. Si levò il casco -inceppandosi con il cinturino- e mancò poco che glielo tirasse in faccia.
«Maledetto infame...» borbottò, appoggiandosi al cancello del parco, gli occhi ben serrati. Doveva passarle il mal di testa.
«Easy cucciolina, puoi pure reggerti a me se non riesci a camminare...» propose, malizioso.
«Smettila di prendermi in giro» affermò, cercando un attimo di dignità. Ok, stava meglio, poteva farcela benissimo da sola.
La coppia (^o^) cominciò a passeggiare, seguendo il selciato che zigzagava tra l' erba verde del prato, cominciando a bisticciare come al solito di argomenti assai ininfluenti.
In un momento di silenzio, mentre Itsuki si sistemava i vestiti (Sakuranbo l' aveva picchiato talmente da stropicciargli la divisa scolastica) la ragazza s' immerse nei propri pensieri. "Magari ha voluto portarmi in un posto tranquillo per stare da solo con me e farmi una dichiarazione... maledizione! Il cuore mi batte fortissimo! Dai, Saku-chan, stai calma, non farti prendere dall' emozione, calmati ora... calmati!"
«Eccoci, siamo arrivati... ti piace?» domandò il ragazzo,facendo un cenno alla piccola radura circolare in mezzo al boschetto, ombrata solo dal grande ciliegio in mezzo.
«Che strano, quel ciliegio è ancora verde... strano,vero?» aggiunse, facendo spallucce. Non che gli interessasse, ma in mezzo a tutto il giallo e l' arancione delle altre foglie, spiccava. Dopodiché si sedette sotto la sua ombra, mettendosi le mani dietro la nuca.
La mew mew fece altrettanto, mettendosi vicina a lui. «Hai. Perché mi hai portato proprio qui?»
«Qua è tutto molto calmo, mi sembrava fosse il posto adatto per portare una ragazza»
«Mi sa che hai ragione... Yuki non sarà gelosa?» commentò, sogghignando.
Il moro sembrò sorpreso; sbatté le ciglia, confuso, facendo gli occhi da cucciolo.«Dovrebbe?»
«Ma non te ne sei accorto?! Ma è così evidente che ti muore dietro! Andiamo, fa sempre quella faccia da baka quando ci sei tu, c'è, praticamente la vedo ballare in mezzo alle nuvole rosa con le alucce da angioletto addosso mormorando parole senza senso della serie "oooh, itsuki-kun!" e compagnia bella!»
«Ah, ora si spiegano molte cose... aaaaah!! Ma cosa devo fare con lei?! A me non piace affatto!!» cominciò a lamentarsi il poveretto, scuotendo la testa.
«Ah no? E chi ti piace allora?» la buttò lì la bionda con nonchalanse, l' ansia che scavava con le sue unghie affilate dentro di lei. Doveva saperlo, non poteva restare in quella situazione di stallo per la vita.
Itsuki smise di guardarla negli occhi e puntò i suoi, di quel marrone quasi nero, alle nuvole bianche del cielo. «Ma dai che lo sai già, l' avrai capito ormai...» borbottò, scompigliandosi i capelli sulla nuca, chiaro simbolo di nervosismo.
"Si riferisce a me?! Sta parlando di me?! Oppure no?!?!" pensò subito, fermo il cuore e rosso il volto. «A essere sincera, non ne ho la più pallida idea...» mormorò, diventando improvvisamente rigida e seria. Faceva così, quando era molto in imbarazzo o a disagio.
«Beh, vedrai che ben presto lo scoprirai»
Sakuranbo era curiosa. E molto. Doveva assolutamente sapere chi era riuscita ad ottenere l' amore di Funsui-san. Senza rendersene conto aveva frugato in cerca del cellulare, e distrattamente aveva guardato l'ora... «Oh no, devo andare al Caffé! Itsuki-kun, dato che sei tu che mi hai portato qui, sarai anche tu che mi porterai là!» decise, perentoria, la mew mew. Effettivamente poteva anche arrivare in ritardo -tanto non avrebbe fatto niente comunque- ma a quell' ora c'era Keiichiro che sfornava qualcosa di nuovo e di delizioso, che faceva sempre assaggiare a lei perché aveva il palato fine. Non poteva rinunciare, o Shikimi le avrebbe soffiato il posto!
«Come desiderate, padrona -.-! Ohi la prossima volta scegli tu dove andare, ok?» propose, prendendo la mano della ragazza, che subito si sentì arrossire. Cavolo, stavano camminando per manina come due fidanzatini!!
«Per me va bene ovunque...» rispose, in un tono di voce acido. In realtà era semplicemente nervosa, ma ogni volta che era agitata sembrava solo incazzata, ma il moro lo sapeva. La conosceva bene. "... basta che ci sia tu" aggiunse mentalmente, con un sospiro.

***




«Kanzou, hai letto il volantino che ti ho dato?». Questa era Sanae, appena tornata dal lavoro, che si era intrufolata nella camera della figliola per socializzare. A lei faceva piacere parlarne ogni tanto, ma la mew mew tentava sempre di cacciarla dalla sua stanza il più velocemente possibile. Le dava fastidio avere gente intorno nell’ unico posto in cui possa stare nella sua bolla deprimente senza fingere di essere una normale adolescente superesaltata.
«Quello del balletto di danza?» chiese, in tono perfettamente impassibile. Aveva un’ espressione neutrale, priva di espressioni. Era stanca, confusa, stressata.
Stanca perché lavorava come una matta al Caffè, sgominava Chimeri di quell’ imbecille, lottava contro di lui e tutto quello che si addice a una supereroina.
Confusa perché non riusciva a capire cosa provasse per le sue compagne di ventura; non erano delle tipe ordinarie, come le sue compagne di classe, ma avevano personalità spiccate ed appariscenti. Erano diverse, speciali, ma nonostante questo non poteva fidarsi di loro. Avrebbe dovuto, perché senza fiducia non c’è legame, però non ci riusciva. Lei non riusciva a confidare in nessuno, sicché troppo ostile e diffidente.
Stressata per via della marea di compiti che doveva fare in ogni buco di tempo libero e per lo studio notturno, che le toglieva molte ore di sonno e questo problema si riscontrava la mattina, sul banco, quando la testa ciondolava terribilmente e aveva una voglia matta di dormire hic et nunc.
«Sì. Secondo me ti piacerebbe andare a dare un’ occhiata. Non avevi forse desiderato provare danza classica un giorno?» propose la donna, sedendosi sul letto con un’ espressione gentile e disponibile.
«Era solo un’ idea. Faccio già atletica e un mucchio di attività al Caffè. Non ho tempo di fare altro, altrimenti devo dire addio a una buona media scolastica» rispose, sospirando.
«Magari l’ anno prossimo…? Da bambina eri così brava e bella!»
Kanzou assunse una faccia scocciata. Eh no, due complimenti nella stessa frase erano insopportabili. –Come può una nanetta di sei anni essere brava?! E bella non direi proprio, ero tutta grassoccia e ho una faccia orribile!- si lamentò, con un tono irritato. Fra poco avrebbe scacciato Sanae dalla stanza, sicuro come l’ oro.
«Beh tu lo eri. Peccato che non avessimo mai tempo di portarti… pazienza. Allora, vai al balletto? Sono tutte ragazze, vengono da Fukuoka. La più brava verrà ammessa alla scuola più prestigiosa di Tokyo; vivrà nell’ Accademia, mantenuta dalla scuola stessa. Non ti sembra eccitante?»
«Va bene, andrò, sei felice?» l’ interruppe secca la ragazza; prima accettava, prima Sanae l’ avrebbe lasciata in pace.
«Perfetto. T’ accompagno io in macchina. Vuoi portare qualcuno?» domandò, affabile. Chissà perché tutta quella gentilezza: era quasi sospetta.
«Mmm… chiederò a Yuzu-sama. Le piace la danza classica… solo guardarla, però» rifletté, pensierosa. Chissà perché, la rossa rifiutava con tutta sé stessa la possibilità di frequentare delle lezioni di danza, ma amava ammirare le ballerine eseguire quei movimenti armoniosi e leggiadri che l’ incantavano sempre.
Non era una questione di soldi, perché altrimenti Yuzu avrebbe espresso il desiderio anche solo per conversare. Ma lei odiava ballare. Forse perché era costretta a farlo durante i concerti. In discoteca o alle festicciole private, e danzare le ricordava quella sorta di bordello. Povera ragazza. Per soldi però era disposta a farlo, anche se odiava la musica commerciale ed atteggiarsi da puttana.
«Perfetto. Domani alle sette e mezza dovete essere pronte»

***


La madre, la figlia, e l’ amica sgattaiolarono silenziosamente nel buio della sala, cercando la fila del loro posto. Erano, ovviamente, arrivate in ritardo. Il biglietto era costato abbastanza, forse anche troppo. Probabilmente dovevano ripagare le spese del volo da Fukuoka e Tokyo aumentando il prezzo. Beh, presto avrebbero scoperto se ne sarebbe stata valsa la pena.
Si sedettero velocemente, per non farsi sgridare dagli spettatori, e sprofondarono nelle soffici poltroncine rosse della sala numero 3 del teatro.
Qualche secondo dopo le luci bianche illuminarono il palco, e si aprì il sipario.
Disposte a volo d’ uccello c’ erano undici ragazze splendidamente abbigliate. Quella al centro sembrava la più giovane; era l’ unica vestita di bianco. La luce l’ illuminava e la pelle abbronzata pareva splendere. Tutte indossavano abiti arabeggianti, con veli e diademi grondanti finti diamanti. La pancia era scoperta, e tutte avevano un brillantino sull’ ombelico.
«Tsk, dilettanti! Il mio è più bello!» commentò a voce bassissima Yuzu, sapendo che l’ udito da pipistrello di Kanzou l’ avrebbe sicuramente sentita. Mostrò il piercing a due palline sull’ ombelico, e lo fece ondeggiare come una danzatrice del ventre. Non che avesse mai fatto danza del ventre, ma diciamo che era pratica di quel movimento.
«Sicuramente» rispose in un soffio l’ amica, alzando gli occhi al cielo. Anche senza farlo apposta, quella ragazza aveva comunque un modo di fare piuttosto volgare. Almeno finché non faceva la bimba fuori di testa quando era particolarmente felice ed euforica.
La ballerina in bianco cominciò con il primo movimento: era fluida, rilassata, con un’ espressione pacata. Gli occhi e la bocca erano truccatissimi, ma era impossibile riuscire a capire il colore delle sue iridi. Le scarpette non facevano alcun rumore sul legno, tanto era delicata.
La musica che l’ accompagnava era la Bayadere, sinuosa e complicata, e la danzatrice sembrava essere saltata fuori dalla melodia. Aveva un senso del ritmo impressionante, e uno sguardo seducente. Ma forse solo per via del trucco.
Poi, a canone, la seguirono a ruota le due dietro, vestite di verde. E dopo un po’ anche quelle rosa, azzurro, ed infine, per ultime, le ragazze in giallo.
Il palco si trasformò in un mosaico di colori, le ballerine s’ alternavano avanti e indietro, ma in mezzo restava sempre quella bianca. Era anche la più carina.
Il primo balletto terminò dopo una manciata di minuti, dopo un singolo della fanciulla protagonista. Sicuramente sarebbe stata lei a prendere il posto nell’ accademia.
«Cavolo, sono state fantastiche!» si lasciò scappare Kanzou, durante lo stacco del cambio di costumi. Oltre all’ entusiasmo, però, Yuzu poteva sentire benissimo una nota di insensata invidia. Probabilmente era gelosa dei loro corpi, o forse solo della loro bravura. Invidia insensata; la mora sembrava scolpita nell’ acciaio, ed era proprio magra. Ma non lo vedeva, doveva lamentarsi lo stesso.
«Sai quanto si sono allenate? Tutti lo sarebbero con costanza e forza di volontà» ribatté la rossa, indifferente. L’ aveva detto proprio per destare l’ autostima di Kanzou, che con ogni probabilità era ancora sepolta sotto il livello del mare.
Poi si zittirono, perché ricominciò la musica. Sta volta era l' Habanera della Carmen, ed entrarono sul palco prima il terzetto delle più grandi, facendo frusciare i loro ventagli neri con il bordo di pizzo. Anche i vestiti erano neri di pizzo, con una fascia dorata in vita, pomposi e con un tulle vaporoso per tenere alta la gonna con ricami d’ oro. Avevano una rosa rossa nello chignon, e le labbra dello stesso colore.
Piroettavano, facevano brevi salti con spaccata, e prima di uscire per dare spazio al resto del gruppo, aprirono di scatto il ventaglio, creando un effetto coreografico molto bello e provocante.
Poi entrò un quintetto, i costumi di scena uguali, che però eseguivano passi molto meno complicati. Stavolta le punte avevano il gesso,e spesso facevano plié veloci e precisi. Anche loro giocavano molto con i ventagli.
Per ultimo, il terzetto delle più giovani, tra cui quella che prima indossava il velo bianco. Anche questa volta stava in mezzo, ma non aveva più un ruolo importante come prima. Restava comunque la più brava delle tre, la più coordinata. Ed era indiscutibilmente stupenda con quel tutù; Yuzu non poté fare a meno di constatare che avrebbe fatto strage quella ragazza, se avesse partecipato a uno dei suoi concerti in discoteca. Le augurò però di non vedere mai a uno spettacolo così repellente e triste come quello.
La squadrò attentamente, invidiosissima. Poteva rimproverare Kanzou quanto voleva, perché lei non aveva il diritto di autocommiserarsi carina com’ era, però Yuzu sapeva che non era affatto al loro livello e quindi poteva deprimersi quanto le pareva. Sentiva il cuore sprofondarle in qualche meandro oscuro del petto, risucchiato da un buco nero che le polverizzava l’ anima. Si accasciò nella poltroncina, scuotendo la testa. No, non poteva concedersi di fare paragoni… eppure, non riusciva a resistere. Ma doveva farci l’ abitudine.
“Yuzu smettila. Sei nata così. non è colpa tua. Concentrati sulla coreografia” pensò, ma scoprì che la sua attenzione era riservata alla graziosa ballerina. E mentre la fissava, si accorse di un particolare che prima non aveva notato, per via delle maniche lunghe del top di prima: aveva un qualcosa, una voglia, un segno o un tatuaggio sulla spalla.
«Onee-chan» chiamò, tirandole una ciocca dei capelli neri.
«Cosa c’è?» sussurrò, uscendo da un momento di trance. Probabilmente stava avendo gli stessi pensieri della compare.
«La tizia in mezzo, quella brava, ha qualcosa sulla spalla...» osservò sottovoce, indicandola con il mento.
«E allora? Che eventualità c’è che sia proprio quel segno?» chiese retorica Kanzou, tranquilla. No, non credeva possibile che fosse proprio lei l’ ultima mew mew. Veniva da una città straniera; come potevano Ryou e Keiichiro averle iniettato il DNA?
«Potrebbe sempre essere. Finito lo spettacolo andiamo a congratularci con lei, così da poter vedere da vicino cos’ è quella cosa sulla pelle» propose, cauta. Il suo istinto le gridava quel suggerimento, e quando si è mezzi volpe, bisogna sempre ascoltarlo. L’ intuito animale era mille volte migliore di quello umano.
«Va bene, ma non illuderti. E ora stiamo zitte; sta iniziando il Flauto Magico!»

***


La vincitrice del concerto sarebbe stata scelta dopo una mezz’ oretta alla fine dello spettacolo, e in quella pausa Yuzu e Kanzou ne approfittarono per andare a congratularsi con la ballerina con il segno sulla spalla. Cercarono gli spogliatoi e s’ acquattarono all’ uscita di essi, pronte ad avventarsi sulla ragazza appena fosse uscita da quella stanza misteriosa.
«La cosa mi sta gasando un sacco. Mi sento una specie di agente segreto» commentò Yuzu ridendo, gli occhi accesi di divertimento.
«Se ci pensi bene, siamo una specie di agenti segrete. Super eroine in incognito… mi sembra di essere dentro un film tipo Charlie’s Angels» rispose Kanzou pensierosa. Stava ripensando al video in rete di loro sei che distruggono il Chimero di Kisshu, di quanti miliardi di visitatori, quanti milioni di “mi piace”. Era una cosa impressionante, e anche un po’ inquietante. Sperò intensamente che nessuno scoprisse il suo segreto, o sarebbe stato esageratamente imbarazzante. La stampa, la TV, e magari in un futuro una serie televisiva ispirata a loro… no, sarebbe stato un suicidio. Non sarebbe neanche potuta uscire di casa senza imbroccarsi in curioso.
«Hai ragione. Sai che hanno fatto un servizio sul telegiornale? Uno speciale con il nostro video… devi vedere com’ erano esilaranti le supposizioni degli scienziati e degli esperti, che tentavano invano di trovare una spiegazione a questo “incredibile fenomeno”. Qualcuno credeva che avessimo preso troppi steroidi animali, altri dicevano che siamo organismi ottenuti grazie alla clonazione… dovresti vederlo per farti due risate. Ci stanno scambiando per tartarughe ninja o qualcosa di simile» replicò la volpetta, per poi fare un’ altra raffica di risate. Avrebbe un sacco voluto vedere Sakura Chukonen in quel momento, con loro, fare l’ investigatrice privata o comunque la spy girl. Le scappò un sorrisetto.
«Ho letto qualcosa del genere sul giornale locale» affermò la mora, scuotendo la testa con rassegnazione. Stava proprio per aggiungere qualcos’ altro, quando la porta si aprì ed uscirono due ragazze. Erano le due più giovani; si erano tolte il trucco pesante e indossavano entrambe dei jeans.
Si fermarono quando si trovarono davanti le due ragazze. «Cosa ci fate qui?» chiese una delle due, una bionda tutta pelle e ossa, i capelli legati con una crocchia semplice.
«Stiamo aspettando una ragazza. Comunque complimenti, siete state tutte molto brave!» esclamò Kanzou, sincera. Non lo diceva così per fare, sentiva veramente il bisogno di dirglielo.
L’ altra, la mora, più alta e formosa della biondina, sorrise. «Domo. Probabilmente vorrete parlare con Chinoko. Ha quasi finito. Beh, noi andiamo. A dopo!»
«Ganbatte!» le gridò dietro Yuzu, agitando la mano con un sorriso. Le stava simpatica; sperava che vincesse lei il premio, ma naturalmente preferiva che se lo aggiudicasse la ragazza che stava aspettando.
Nel frattempo uscirono le tre più grandi, tutte con i capelli neri, alte, più o meno magre. Sembravano immerse in un’ appassionata conversazione. Discutevano di Cannes e di Milano; a quanto pare si erano esibite anche lì.
Finalmente uscì anche la bella ballerina che le aveva tanto colpite; portava anche lei una pratica crocchia casual ed era struccata. Aveva delle ciglia molto lunghe anche senza trucco, e le labbra cremisi naturali.
Indossava un top celeste e dei pantaloncini in denim, più le converse. Non sembrava più la reginetta di malizia di prima; sapeva recitare bene anche danzando. Ora invece aveva un’ espressione neutra, forse un po’ emozionata, e sorpresa quando Yuzu le strinse la mano.
«Konnichiwa! Congratulazioni, sul palco sei stata una bomba! Super brava! Sono strasicura che vincerai tu il concorso!» trillò, con un sorriso aperto e caldo. La guardò negli occhi –era più alta di lei di una buona spanna, almeno una dozzina di centimetri– e notò che erano molto particolari. Verde muschio screziati di nocciola chiaro, con il sottile bordo dell’ iride grigio scuro.
«Ehm, grazie… ma chi sei?» domandò quella, alzando un sopracciglio. Aveva una voce acuta e dolce, ma sembrava quasi forzata. Era proprio l’ immagine della ballerina-tipo.
«Mi chiamo Hana Yuzu, e lei è la mia amica Jundo Kanzou!» presentò, mettendo una mano sulla spalla alla pipistrellina che arrossì. Si sentiva un po’ stupida e sicuramente a disagio.
«Io sono Kuroi Chinoko» rispose, lievemente stupita. Non riusciva a capire cosa volessero quelle due da lei.
«Che bel nome!» commentò Kanzou, sorpresa. Già quello era un segnale; tutte le mew mew avevano nomi di cose da mangiare, e lei si chiamava “funghetto”. Che avesse ragione Yuu-chan? Le guardò la spalla sinistra; c’ era un disegno delicato rosa scuro, come un marchio. Rappresentava una coda di foca, o lamantino, con dei segni orizzontali sotto. Il tutto contornato da un finissimo intreccio che chiudeva un cerchio. Non c’ erano dubbi, era proprio il segno. «E anche un tatuaggio particolare» concluse, lanciandole uno sguardo serio. Voleva trasmetterle con gli occhi qualcosa di importante, ma non voleva arrischiarsi di spiegarlo così pubblicamente.
«Ehm, arigatou. Beh, felice di aver fatto la vostra conoscenza, ma devo andare alla premiazione…» l’ interruppe, improvvisamente nervosa. Se ne andò a passi lunghi con la borsa sulla spalla, lasciando le amiche sole.
«Haivistochevevoragione??» sparò tutto d’ un fiato la rossa, un ghigno soddisfatto sulle labbra. Adorava la sensazione di dare una spenta a Kanzou; di solito non accadeva praticamente mai, e quando ce la faceva si sentiva realizzata.
«E va bene. E ora andiamo anche noi. Incrocia le dita e spera soltanto che Kuroi-sama vinca!» sussurrò, trascinandola per il polso dentro la sala illuminata.
Le ballerine erano tutte schierate sul palco, probabilmente in ordine alfabetico. Ne mancavano ancora un paio, e intanto la direttrice stava cercando di sistemare il microfono con le casse.
Si sedettero vicino a Sanae, che non chiese loro nulla. Avevano detto che sarebbero andate in bagno. Fecero appena in tempo a mettersi comode, che le ultime due arrivarono sul soppalco e le luci si spensero. I riflettori inquadravano la direttrice, una donna rigida con un portamento invidiabile ed un orrendo cardigan arancione di cotone grumoso. Sembrava anche lei truccata da teatro, ma pareva che fosse il suo make-up abituale.
Cominciò il discorsetto: sono felice di essere qui… in tutti questi anni non sono mai stata così orgogliosa… bla bla bla… Fukuoka… bla bla bla… grande opportunità…. Bla bla bla… da quindici anni ormai… bla bla bla.
Dopo quaranta minuti di ciarla -ai presenti però sembravano ore- la donnina si fece da parte e arrivò uno dei giudici del concorso, un tale praticamente calvo con gli occhialini e un naso affilato. Teneva una grande busta gialla in mano. «Sarete tutti curiosi di sapere chi avrà il grande privilegio di frequentare la nostra Accademia» cominciò, facendo una pausa ad effetto tentando di creare suspense. «Non è stata una scelta facile, tutte le danzatrici sono state eccezionali. D’altronde non ci si poteva aspettare altro da una direttrice così dotata» aggiunse, con un sorriso forzato alla donna ridacchiante. Fece un gesto di falsata modestia.
«Comunque, sono fiero di annunciare che la vincitrice è…» riprese, aprendo la busta. Il foglio era talmente grande… probabilmente era una specie di diploma. «… Kuroi Chinoko!» concluse, mentre una sbalordita ragazza veniva illuminata dalle luci verdi dei riflettori. Tutte le altre l’ abbracciarono, la baciarono, si congratularono, ma lei sembrava non credere alle proprie orecchie. Una delle più grandi, una venticinquenne massimo, la spinse verso il giudice, che le passò l’ attestato in una mano, e il microfono dall’ altra.
«M-mi sembra quasi di vivere in un sogno!» esclamò in un brusio confuso e timido. Gli occhi zigzagavano per tutta la sala mentre la gente rideva ed applaudiva per incoraggiarla. «Ehm, s-sono davvero molto felice di poter aderire a un’ occasione del genere. Ringrazio le mie insegnanti, le mie amiche e compagne, ed anche mia madre per avermi dato quest’ opportunità. Spero solo di poter essere abbastanza brava per frequentare la scuola di Tokyo» aggiunse, diventando sempre più rossa ad ogni parola.
«E lo sarai di certo, signorina Kuroi! Ancora complimenti!» rispose il giudice, mettendo il braccio intorno alle spalle della stupefatta moretta per stringerla in una specie di goffo abbraccio di benvenuto.
In quel momento perfetto, mentre tutti applaudivano, una voce gelida e tagliente interruppe l’ idillio della serata: «Bene bene, che abbiamo qui?»
Kisshu si era materializzato dentro il teatro, ed ora svolazzava a diversi metri di altezza, mentre tutti gli spettatori levarono lo sguardo per fissarlo.
«Eh no! Non con mia madre qui!» sbuffò Kanzou, mentre la gente andava in panico. Avevano riconosciuto il ragazzo dai capelli color foresta; era lo stesso del video. Il cattivo, il malvagio, colui che creava quei mostri.
«Andiamocene prima che possa chiamarti “bambolina” davanti a tutti» sibilò Yuzu, alzandosi e scomparendo con l’ amica nel delirio totale. La gente usciva di corsa dal teatro, e nel caos sentivano chiaramente la voce preoccupata e apprensiva di Sanae: sembrava il lamento di una cerva che ha perso i cuccioli.
Che aveva intenzione di fare quell’ idiota? Non era nei piani. Come faceva a sapere che andavano a vedere quel balletto? E perché era venuto? Avrebbe dovuto avvisarla, prima di fare qualunque cosa che la riguardasse. La volpetta si sentiva tradita; che significato aveva quell’ attacco a sorpresa?
Kanzou la stava trascinando dentro lo spogliatoio. Chiuse la porta, tirò fuori il ciondolo dalla tasca e si trasformò con un rabbioso: «Mew Kanzou Metamorphosis!».
Yuzu fece altrettanto, pronta a combattere seriamente contro Kisshu. Non le andava giù di non sapere di quell’ attacco, avrebbe assolutamente dovuto dirglielo.
«A posto. Ora andiamo, e sfasciamogli il culo» grugnì la mew mew arancione, correndo verso il palcoscenico… ed inorridì.
Sul soppalco c’ era un Chimero, probabilmente appena creato, che accerchiava le ballerine terrorizzate. Sembrava uno di quelli normali, cioè senza l’ Ankh di qualcuno. Era un ragno gigantesco, disgustoso e terrificante. Le orecchie di mew Yuzu si abbassarono, e cominciò ad oscillare la coda. Le facevano impressione i ragni grossi, figurarsi un aracnide altro tre metri. Deglutì, sbiancando in volto. Kisshu aveva trovato proprio il punto debole… come aveva fatto?
«Eccole qui, le mie bamboline!» salutò con un sorriso, da cui spuntarono i canini appuntiti. «Ciao principessa, mi sei mancata» aggiunse dolcemente, rivolgendosi alla pipistrellina, che digrignò i denti.
«Vai a farti fottere» brontolò mew Kanzou, facendo apparire la falce. L’ impugnò con forza, pronta a ridurre a pezzettini l’ alieno.
Yuzu invece non riusciva a distaccare gli occhi dal Chimero, e da quelle poverette che sembrano dei fantasmi. Le facevano premura. Sembravano però un po’ speranzose ora che erano arrivate loro, le mew mew, le paladine della giustizia. Chinoko era in mezzo a loro, non meno spaventata. Se ci fosse stato Mash le avrebbe dato il ciondolo, si sarebbe trasformata e insieme avrebbero sconfitto quella mostruosità creata da Kisshu… ma Mash non c’ era. E doveva trovare in fretta una soluzione. Chiamare le altre era impossibile; la borsa era in spogliatoio e poi ci avrebbero messo troppo tempo ad arrivare… «O-o-onee-chan» balbettò, sempre fissando il Chimero.
Kisshu ancora non aveva dato ordine alla sua creatura di attaccare; pareva godersela un mondo a vedere la sua complice spaurita in quel modo. Faceva quasi tenerezza, ma lui era troppo sadico per provare alcunché di compassione.
«Cosa c’è? Sto per andare a uccidere il mio nemico giurato. Fai in fretta» ribatté, lanciando un’ occhiata assassina al ragazzo che si spanciò dalle risate. Sapeva benissimo che lei non sarebbe mai riuscita a sfiorarlo… almeno in battaglia. Sarebbe stata libera di sfiorarlo quanto voleva, in un altro ambito.
«A-avrei un’ idea… però ho bisogno del tuo consenso» cominciò, pentendosi subito delle parole che stava per dire. Si sentì sudare le tempie e il petto, come sempre quando era sconvolta. La mora annuì, un’ espressione seccata. «Dovresti dare il tuo ciondolo a Chinoko. I tuoi attacchi sono potenti sì, ma… ehm, se io riuscissi ad appiccare fuoco al ragno, lui non potrebbe cercare di respingerlo, mentre i tuoi boomerang di luce può sempre schivarli. Ma ho bisogno di un aiuto, e forse la nuova arrivata potrebbe darmelo» concluse, guardando la ballerina con la coda dell’ occhio. Aveva la bocca spalancata.
Mew Kanzou ci pensò per un secondo. «È rischioso rimanere umana con il Maniaco nelle vicinanze. Potrebbe attaccarmi quando gli pare» constatò, accennando a Kisshu che non perdeva quel sorrisino soddisfatto dalle labbra.
«Ma Chinoko non crederà mai di essere una mew mew, se non si trasforma!» ribatté, al che l’ interpellata le urlò dietro: «Potete smetterla di discutere come se io non ci fossi? Fate scegliere a me cosa fare, no?» chiese sarcastica, con una faccia scocciata. La voce argentina di prima non esisteva più: era bassa e calda, molto più bella e particolare di quella precedente. Sembrava la voce di Shakira.
«Dai fate in fretta che mi sto annoiando. Non vedo l’ ora di movimentare un po’ il teatro secondo il mio copione!» s’ intromise Kisshu, rotolandosi su sé stesso come lo Stregatto della Disney.
«Tu stai zitto che non ti riguarda! Allora, dicci cosa vuoi fare: vuoi trasformarti e combattere, diventando una mew mew e facendo parte della nostra squadra oppure restare lì nell’ ombra, spaventata, ma senza rischiare?» la sollecitò la mew mew nera, formulando la domanda in modo che scegliesse la prima opzione.
Chinoko parve esitare, ma alla fine si sciolse dal gruppo compatto e abbracciato delle ballerine, per avvicinarsi a Kanzou con passi lenti e inarrestabili. «Se siete così sicure ch’ io sia una di voi, combatterò» decise. La pipistrellina chiuse gli occhi, poggiando le dita sul ciondolo, e si ritrasformò davanti a tutti. Ormai la sua identità non aveva più importanza; la comitiva sarebbe tornata a Fukuoka, scioccata dall’ evento non ne avrebbe parlato a nessuno. E comunque non l’ avrebbero mai creduta. «Tienilo, e pronuncia le parole che senti nascere dal cuore» le consigliò, dandole direttamente in mano la capsula d’oro che scintillava.
Kisshu sbadigliò sonoramente.
La ballerina strinse tra le dita il ciondolo luccicante, e chiuse gli occhi. Sentiva… sentiva il suo cervello lanciarle delle parole. Sentiva lo stomaco contorcersi e il cuore battere. Sentiva chiaramente le voci che le venivano dal cuore; pure, semplici, dirette.
Tutti la fissarono, sospesi.
«Chimero?»
Era il momento decisivo: aprì le labbra, gli occhi ancora chiusi, e pronunciò lentamente e chiaramente: «Cotoletta alla viennese, impanata e croccante, la carne calda e sdruccevole nel palato, le patatine fritte che scendono nella gola con quell’ aroma delizioso dell’ olio…»
Mew Yuzu si schiaffò il palmo della mano sulla faccia: ok, non c’ eravamo affatto.
«ATTACCA!»
Il ragno gigante si voltò verso le mew mew, facendo vibrare la ganasce della bocca. La volpe impallidì, facendo apparire nella mano l’ attizzatoio arancione. «Ribbon Yuzu Pain!» strillò, con una voce esageratamente acuta.
La fiammata era più lunga e potente del solito; probabilmente era la paura a spronarla in quel modo. Il chimero si spostò con quelle rivoltanti otto zampe pelose di lato, evitando il fuoco arancione brillante.
Dall’ addome cominciò a filare la tela, ad una velocità impressionante e anche notevole.
«RIBBON YUZU PAIN! RIBBON YUZU PAIN!» strepitò la ragazza, continuando a lanciare fiammate. Questa volta si intrecciavano tra loro come due serpenti, ma il Chimero era troppo veloce. Si scansò giusto in tempo, e poi lanciò il filo appena prodotto addosso a mew Yuzu, che subito fu avvolta da quella tela bianca ed appiccicosa. Come una mosca.
Il Chimero attirò nelle sue spire la volpetta, la bocca imbavagliata con la tessitura viscida che la ricopriva interamente. Chiuse le zampe centrali attorno a lei, che spalancò gli occhi per il disgusto e l’ orrore. Si sentivano chiaramente i suoi gemiti soffocati.
«IMOUTO!!» gridò Kanzou, con un forte istinto di correre verso di lei e liberarla. Subito fulminò Chinoko con lo sguardo. «O ti trasformi, o lo faccio io. Non c’ è tempo per girarsi i pollici» annunciò, cercando con la coda dell’ occhio l’ amica. Era quasi avvolta completamente: si vedevano solo gli occhi arancio-giallastri supplicanti.
Chinoko strinse forte il ciondolo: «Ho detto che vi avrei aiutate. E lo farò. Sento… delle parole… stavolta seriamente… MEW CHINOKO METAMORPHOSIS!» enunciò, e dalla capsula dorata partirono mille raggi di luce, sempre più forti, finché il raggio grigio non dominò sugli altri. Un fascio di luce argentea ricoprì il corpo aggraziato della giovane, che lentamente cominciava a mutare: sentiva i vestiti cambiare. Le converse erano diventati degli stivaletti, il top era diventato un corsetto terminante in tre punte grigie. Gli short erano diventati una gonna a balze, pomposa, voluminosa, attaccata al corsetto. Sentiva anche due fasce scenderle fino all’ incavo delle ginocchia: tipo le code di un frac.
E poi, in viso sentiva spuntarle qualcosa sopra le labbra: dei baffi lunghi e sottili, simili alle vibrisse di un gatto ma diversi di consistenza.
E infine, una coda pesante, scomoda, liscia e umida le comparve in fondo alla schiena. L’ agitò; era quella di una foca.
Mentre tutto questo accadeva, lei si esibiva in dei perfetti passi di danza, complicati come non l’ aveva mai fatti, delicati e precisissimi.
La metamorfosi terminò in una spaccata vertiginosa, e il ciondolo le brillava ora attaccata a un collarino di stoffa lucida e morbida, seta probabilmente.
La delicata mew Chinoko comparve in tutto il suo argenteo splendore; sentiva dentro di sé una forza straordinaria, e una grande eccitazione. «Che figata!» esclamò, e tutta la soavità sparì in quel grido entusiastico. Era una persona completamente diversa. Grintosa, comica, strana.
«Fantastico, la mia collezione di bamboline è terminata! Sono proprio curioso di vedere di cos’ è capace» commentò Kisshu mentre faceva delle carezze sulla testa del Chimero. Yuzu ormai non si vedeva più, nascosta com’ era tra le grinfie di quel mostro.
«Ora devi attaccare! Urla le parole che senti! E che non riguardino il cibo…» specificò sospirando Kanzou. Non sembrava proprio l’ icona di una supereroina, però sembrava simpatica. Ma doveva muoversi a salvare l’ altra mew mew.
Mew Chinoko si avvicinò a passi decisi verso il ragno gigante: chissà perché, non le faceva poi così paura. «Caro mio, se tu fossi delle dimensioni normali, io ti potrei tranquillamente spiaccicare con la scarpa di mia sorella. Ora la situazione è invertita, ma ti farò vedere di cos’ è capace la grande, sublime e perfetta FOUCA MOUNACA!» disse, come se il Chimero potesse capirla. «Ribbon… Chinoko… Spice!» formulò con convinzione, mentre le appariva in mano una padella dall’ aria molto robusta. Spiccò un salto in alto, e stringendo il manico, la padella s’ ingigantì sempre di più fino a diventare delle dimensioni di un toro ciccione. Con tutta la forza che aveva in corpo e soprattutto sulle braccia, la scaraventò in testa al Chimero - tentando di acciuffare anche Kisshu, che però si era smaterializzato in tempo sbigottito da quell’ arma assurda- che subito, privo di sensi, svenne a terra, crollando sul palco e riducendolo in briciole. Le ragazze nel frattempo se l’ erano squagliata da diversi minuti.
Le zampe si afflosciarono, lasciando andare la presa da mew Yuzu, impacchettata nella tela. Sembrava una matriosca dalla pelle blu.
Kanzou e mew Chinoko si adoperarono per strappare via la poveraccia da quella roba appiccicosa, e dopo poco tempo riprese i sensi. Era ancora livida. Il veleno che l’ aracnide le aveva iniettato doveva avere breve durata.
«G-grazie» mugugnò, riconoscente, verso le due.
«Ringrazia Kuroi-sama. È stata lei a sconfiggere il chimero… con una padellata in testa» raccontò, rendendosi conto di quanto sembrava pazzesco. Il modo più strano per distruggere un Chimero,davvero.
«Arigatou, Chii-chan!» esclamò, gettandosi addosso alla mew mew, che ancora doveva ritrasformarsi.
«Non finisce qui, sappiatelo. Questa era solo una prova!» s’ intromise Kisshu, che a quanto pare era stato troppo tempo lontano dall’ attenzione generale per i suoi gusti egocentrici. Dopo tre cori di “vaffanculo”, si smaterializzò, facendo ondeggiare l’ aria attorno a sé.
«Ehm, Hana-san…» sussurrò mew Chinoko, che ancora stava abbracciando la rossa.
«Sì?»
«Sei appiccicosa»

TO BE CONTINUED XD
  
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