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Autore: elrohir    09/04/2006    4 recensioni
"Quel giorno pioveva, ricordo. Guardavo la strada bagnata e lucida, le auto passare veloci, e il cuore stringeva nel petto, sanguinava. Ad ogni squillo del telefono sobbalzavo, ma non andavo a rispondere. Non volevo sentire nessuno. E lui venne a me grondante di gocce, con gli occhi assolati e le ombre sul viso." Un essere tormentato e dolente racconta la propria storia di luce e tenebre e sangue, per distrarre una ragazza mortale dal suo dolore.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La bellezza commuove

Nota: alcuni miei amici hanno detto che faticavano a seguire, quindi per facilitarvi le cose premetto una specie di legenda: //parla Francesco\\

LA BELLEZZA COMMUOVE

 

La bellezza commuove. Sempre.

Francesco lo disse con amarezza, come se stesse pronunciando una condanna, una maledizione.

Qualunque bellezza, proseguì. Quella di un fiore, di un cielo. Della notte vellutata e profonda, di una persona. Di una poesia, della sua magica cadenza, delle sue parole assolute e perfette. Di un pensiero. Di un sorriso. Di una lacrima, di una goccia di sangue.

Tacque, aspettando una risposta.

Quel giorno pioveva, ricordo. Guardavo la strada bagnata e lucida, le auto passare veloci, e il cuore stringeva nel petto, sanguinava.

Ad ogni squillo del telefono sobbalzavo, ma non andavo a rispondere. Non volevo sentire nessuno.

E lui venne a me grondante di gocce, con gli occhi assolati e le ombre sul viso.

Non parlava. Almeno all'inizio.

Poi.

//La bellezza commuove, sempre.\\

Aspettai che continuasse. Ma ascoltando quel silenzio sentii il bisogno di voltarmi. Lui mi fissava. Allungò un braccio e sorrise.

La bellezza commuove.

-Che cazzo vuoi dire, si può sapere?- e davanti al suo tacere non resistetti e mi gettai su di lui, tempestandolo di pugni. -Che cazzo dici che cazzo credi di sapere, che cazzo ci fai qui non ti voglio voglio stare da sola…- eppure non avrei mai permesso che si allontanasse, lo tenevo stretto a me mentre piangevo, e lui non si muoveva sotto i miei colpi, il suo petto era così fermo, così terribilmente fermo…

Lentamente mi calmai. Restai aggrappata a lui, il viso nascosto nel suo vecchio maglione. Quelle dita gelide mi accarezzavano i capelli, scivolando senza restare impigliate nei nodi. Sentii il tocco delle sue labbra sulla pelle, mi fecero rabbrividire.

Mi stava baciando sul collo. Non l'aveva mai fatto.

Mi scostai da lui e lo guardai negli occhi, stupita. Lui sostenne il mio sguardo con fermezza, senza emozione. Quasi duro. Sembrava avere tutto sotto controllo, lui. Sembrava capace di rispondere a qualunque mia domanda, sembrava eterno, affidabile… non mi avrebbe mai lasciato.

La bellezza commuove.

Sentii gli occhi inumidirsi, e poi il nodo nel petto si sciolse, le lacrime presero a scorrere sulle guance senza freni. Finalmente libera, piansi stretta a lui per ore.

Avevamo tutto il tempo del mondo. Tutta la notte, e quella dopo, e quella dopo ancora. Tutte le notti del mondo sarebbero state nostre. Sue, lo erano già. Mie, avrebbero potuto diventarlo.

 

Le prime volte che l'avevo visto, avevo provato terrore.

In piedi davanti allo specchio, nel pettinarmi i capelli. Improvvisamente, alle spalle, il suo viso.

Bellissimo. Candido. Occhi e capelli neri, labbra pallide, serrate. Sguardo tenebroso.

Un'apparizione. Il tempo di voltarmi e già era sparito.

Camminando per casa, compariva all'improvviso, per pochi istanti. Rannicchiato sulle scale, seduto sulla poltrona. Disteso sul mio letto. Spettrale. Perfetto.

Una volta mi aveva sorriso, fulmineo. E avevo visto balenare nel buio i suoi lunghi bianchi canini.

Il terrore è qualcosa di irrazionale. Eppure si tenta sempre, in un primo tempo, di cercare una spiegazione. Di trovare un ordine, per delimitare il mondo. Incapaci di accettare quel che accettare è impossibile.

Avevo creduto di essere impazzita. Di soffrire di allucinazioni, di aver rielaborato qualche immagine vista in un film, in un libro, in una foto. Ma il viso di Francesco era troppo bello per essere sognato.

La bellezza commuove.

Come aveva ragione. La sera che me lo sono trovato davanti, uscita di casa, ho provato l'impulso, appena accennato, di piangere.

Lui si avvicinò a me come danzando, sorrise dolce. Mi chiamo Francesco, disse.

E io scordai il terrore, scordai la prudenza e la paura. Tutto in un istante. Per un solo, maledetto sorriso. Per un solo benedetto sorriso.

Seduti sulle panchine, a chiacchierare. Io rannicchiata tra le gambe di Fabio, lo sguardo perso nel cielo. Nel ricordo dei suoi occhi.

-Cosa pensi, dolcezza?

La voce di miele che mi strappava da quei pensieri, mi riportava sulla terra, tra loro, tra i miei giorni. I miei giorni…

E gli occhi di Marco, che sorridevano maliziosi…

Marco…

Francesco camminava per la stanza senza disturbare il mio pianto. Io pensavo a Marco, al suo continuo richiamarmi alla vita, ai suoi occhi, alla sua voce…

Mi sembrava che senza di lui a tenere il filo, sarei volata via, libera, troppo libera, a perdermi nel cielo…

Mi sembrava che senza di lui, senza i suoi occhi, la sua voce, le sue labbra il cielo non avrebbe avuto più colore…

Mi sembrava che senza di lui…

Francesco si accoccolò di fronte a me, rispondendo al mio richiamo. Mi prese il viso tra le mani e lo avvicinò al suo. Mi guardò negli occhi e mi baciò. Era così freddo…

Il gelo sembrò scendere nella gola, la rivestì di argento.

Francesco mi stringeva fortissimo e potevo quasi sentire il battito tenue, sciolto, del suo cuore, quel battito invisibile, insufficiente.

Il dolore è bellezza, disse. Il dolore quando è assoluto, atroce, bruciante e gelido, inconcepibile, insopportabile, accecante oscuro, incomprensibile, buio, fragile, folle… il dolore quando è dolore è bellezza.

Tutto è bellezza, disse Francesco. E la bellezza commuove.

Io scossi la testa, non volevo capirlo.

//No, amor mio, non devi fare così, devi guardare oltre questo, oltre l'apparenza, oltre l'orizzonte. Devi comprendere a fondo il gelo per amarlo. Dal fuoco nasce vita, nasce purezza.

La follia è dolore. La follia trasforma la realtà. La follia è ribellione.\\

-Francesco non capisco cosa vuoi dire.

Lui sedette contro il muro e mi cullò nelle braccia come una bambina. Posò la mia testa sulla sua spalla e mi baciò la tempia.

//La mia vita è scura, solo una persona l'ha saputa. La mia vita è stata scura, mentre adesso è lucida e notturna, insanguinata. La mia vita è stata pura, e adesso che il mondo si è allontanato, è corrotta. Cosa l'ha corrotta? Il dolore, forse…

Solo una persona ha saputo tutto, amore, e quella persona era il dolore, quella persona mi ha insegnato la bellezza. Quella persona era la bellezza.\\

Osservai i suoi occhi immensi. Erano pozzi pronfondi, e la sua voce vellutata pareva curare le mie ferite. Non volevo che smettesse di parlare.

-Chi era quella persona?

//Si chiamava Eljia. Aveva negli occhi i fiordi norvegesi, e la pelle candida come la neve. Voglio dire che la sua pelle era naturalmente bianca, la morte non ne aveva cambiato il colore.

Lo conobbi una notte in Spagna. Stavo disteso a guardare il cielo, a soffocare nell'immensità del buio tra le stelle, e il mare davanti a me era altrettanto sconfinato, pareva impossibile che potesse esserci una terra a fermare il movimento delle onde, da qualche parte dietro l'orizzonte. Piangevo, perché era bello, e la bellezza commuove.

La sua mano aveva ferito il buio, per posarsi sulla mia spalla.

Aveva occhi immensi nella notte. –Sei triste. Perché?

Io non avevo saputo rispondere. E il ragazzo si era seduto di fianco a me, continuando a guardarmi. –Perché piangi?

-Non sono triste- avevo mentito senza motivo. Ma lui aveva sorriso, tremendamente vecchio, tremendamente fragile. Mi accarezzò la guancia. –Menti. La tua tristezza è come una musica, per me, e mi fa male.

In quel momento capii di amarlo.

E più tardi, quasi all'alba, dopo che avevamo smarrito il tempo nel parlare, glielo dissi.

Lui sorrise di nuovo, questa volta quasi malizioso, e si ritrasse leggermente. Un pensiero parve visitare la sua mente, e una soddisfazione acuta invase il suo sguardo, ma poi questo stesso pensiero lo sgomentò, perché si voltò verso il mare, verso l'orizzonte che il sole stava ormai schiarendo. Mi guardò di nuovo, e nella luce tenue dell'alba i suoi occhi erano agitati da correnti misteriose.

Mi salutò senza parole, con un bacio dolce, tenero, a labbra chiuse. Si scostò prima che io potessi trasformarlo in qualcos'altro. Sparì nelle strade ancora buie del porto, con un ultimo sguardo inquieto.

Io, tornato nella mia stanza, mi resi conto con angoscia di non sapere neanche il suo nome.\\

Francesco tacque, e guardò lontano.

-L'hai più rivisto?-sussurrai, per non spezzare l'incantesimo.

Lui mosse la testa, e i capelli scesero sul suo collo. Il movimento ondulatorio delle ciocche nere sulla pelle bianca mi ipnotizzò mentre la sua voce riprendeva a mormorare.

//La notte dopo tornai alla spiaggia, nello stesso posto. E anche quella dopo, e quella dopo ancora, per una settimana di fila. Non lo vidi mai. Decisi di concedere un'ultima notte a quella follia. Poi, me ne sarei andato. Avrei abbandonato Barcellona, l'amore che dovevo a questa città aumentava solo il mio tormento. E quella volta lui venne a sedere al mio fianco, ombra inquieta. Non toccarmi, sussurrò, atterrito. Se mi tocchi potrei non rispondere delle mie azioni.

Pareva un ragazzino, Elisa. Un ragazzino esile, con i riccioli rossi come insanguinati, e gli occhi confusi. Non faceva paura. Neanche il luccicare tra le labbra dei suoi canini mi insospettiva.

Quella sua richiesta mi divertiva quasi. Era seduto di fianco a me, di nuovo dopo una settimana di sogni e attese brucianti, sarebbe bastato niente per stringerlo, abbracciarlo…

Ma quando sorridendo mi mossi, lui si alzò in piedi. Ti ho detto di starmi lontano, sibilò, fissandomi.

Io non capivo. Sapevo solo che non avevo mai desiderato qualcuno con tanta intensità.

Perché?,chiesi.

Lui tornò a sedersi, abbassò gli occhi, Ho paura.

Di cosa?

Di quel che potrei farti.

Partimmo insieme, quella notte. Occupammo i primi posti liberi che trovammo su un treno, senza neanche curarci di chiedere la destinazione.

Per l'alba eravamo già sistemati in una stanza d'albergo, distesi nello stesso letto. Mi addormentai con le sue braccia attorno al petto.

Ma quando mi svegliai non era più di fianco a me.

Attesi per sei snervanti ore, prima che tornasse, insieme col tramonto.

E questo continuò per settimane. Trascorrevamo le notti insieme, prima dell'alba lui insisteva per tornare all'albergo, e al mio risveglio invariabilmente era sparito. Tentai di non addormentarmi, di sorprenderlo nell'atto di andarsene, ma ogni volta che posavo la testa sul cuscino lo guardavo, guardavo il suo bellissimo sorriso enigmatico, e non potevo fare altro che chiudere gli occhi, come attirato in una nuvola di sonno.

Sapevo che era un suo incantesimo, e questo aggiungeva solo nuovo fascino alla sua persona.

Non l'avevo più avvicinato, dopo quella prima notte. Stavo al suo fianco come un fratello, come un amico, ma l'amore che provavo per lui non faceva che aumentare.

Era la prima volta che sperimentavo una passione omosessuale. Tuttavia, faticavo a etichettarla come tale, perché la figura di Eljia, nonostante l'indubbia sensualità di ogni sua movenza, era stranamente asessuata. Detto così sembra un paradosso, lo so… come posso spiegarti?\\

Si interruppe nuovamente, e io mi scoprii impegnata ad accarezzare le sue mani. Gli sguardi si incontrarono, e lui sorrise, nonostante gli occhi rannuvolati.

Non aveva nulla da spiegare. Sapevo già tutto. Mi bastava guardarlo. La sua straordinaria bellezza, l'attrazione che provavo per lui, terribilmente lontana da quella sessuale.

Francesco sembrava puro, immacolato. Ed anche Eljia doveva essere così.

Tutti loro dovevano essere così.

I vampiri sono come angeli.

Lui proseguì.

//Ma forse hai capito. Tu capisci tutto, Elisa, tranne le cose più semplici. Anche lui era così. Vi somigliate molto, in fondo.\\ sorrise, come se qualcosa in questa nostra somiglianza lo divertisse. Poi sospirò, simile a un gatto, e chiuse gli occhi. //Quella notte però non potrai mai capirla. Non dovrai mai capirla\\ si corresse, stringendomi più forte, come per proteggermi.

//Stavamo distesi sulla spiaggia. È strano, ma in tutti questi anni di vagabondaggio, Eljia mi ha sempre portato in posti di mare. Forse perché gli mancava la sua terra, la sua isola incantata e gelata. Non avrebbe sopportato di andare lontano dal mormorio delle onde. Ci sedevamo spesso sulla spiaggia, io guardavo il cielo, le stelle, lui taceva e giocherellava con la sabbia. A volte camminavamo. Quella notte stavamo distesi fianco a fianco, e io sentivo il profumo dei suoi capelli rossosangue, rossofuoco, che poi era lo stesso profumo del mare, del sale, del vento che li spettinava… sentivo il suo profumo e la sua presenza sembrava avvolgermi, come un suono, come il buio. Mi voltai e lo scoprii immoto, le palbepre abbassate su quegli occhi magnetici, che mi stregavano. I suoi occhi avevano la profondità dell'acqua, erano liquidi, cristallini, come laghi ghiacciati e tormentati. La sua bellezza era talmente perfetta che non resistetti. Lo baciai. Per la prima volta dopo mesi, libero dal suo sguardo guardiano, potei sfiorare le sue labbra. Con un movimento dolce, sciolto, mi abbracciò. Ci baciammo a lungo, allacciati su quella sabbia bagnata d'inverno, e io scoprii pianeti che vorticavano nelle sue iridi, improvvisamente diventate cieli, universi. Poi le sue labbra scesero a baciarmi il collo, e io mi abbandonai al suo tocco. Chiusi gli occhi. Qualche minuto dopo li spalancai di scatto, sconvolto, mentre sentivo la sua bocca aprirsi e poi chiudersi sul mio collo, così privo di protezione sotto il suo desiderio represso tanto a lungo, e i suoi canini affilati, candidi, penetrare come sottili lame nella vena che affrettò le pulsazioni. Richiusi gli occhi, senza riuscire a comprendere la sensazione sconosciuta del mio sangue che fluiva nella sua bocca, e il cuore battere nel polso che la sua mano stringeva, come a scandirne il ritmo. Per un attimo mi chiesi cosa stessi facendo, poi mi abbandonai al dolce dolore che i denti di Eljia scivolati nella mia carne mi provocavano, affogando nel delirio.

Quando mi risvegliai, lui stava al mio fianco. Eravamo nella nostra stanza, io disteso nel letto, le coperte rimboccate fino a coprirmi la bocca. Mi guardai intorno: fuori il cielo era nero, la notte appena iniziata.

Le guance di Eljia erano deliziosamente rosate, lui sembrava ancora più bello.

Tuttavia un'ombra oscurava i suoi occhi, e andava torcendosi le mani.

Fra, sei sveglio? sussurrò come impaurito. Io feci per parlare, ma mi accorsi di non riuscirci. Così annuii con la testa, e il solo movimento mi provocò dolore. Lui se ne accorse, con la sua solita tremenda empatia, e le lacrime invasero gli occhi chiari. Cominciò a piangere, con la testa affondata nel mio petto.

Scusami, Francesco, scusami amor mio, non avrei voluto, non avrei dovuto, ma non sono riuscito a trattenermi, maledizione Fra te l'avevo detto di non toccarmi, te l'avevo detto, stupito idiota perché non mi hai ascoltato?, singhiozzo, e nella sua voce il rimorso si mescolava alle accuse per la mia scarsa prudenza, per la mia stupidità. Eljia trovava incredibile che fossi stato così ingenuo, anche se lui preferiva la parola idiota, da non indovinarlo vampiro.

La mia sorpresa fu così grande nel sentire questo nome sulle sue labbra che non mi accorsi che avevano bussato alla porta.

Lui si precipitò ad aprire, e tornò conducendo con sé il dottore.

Questi mi visitò, cercando di rispondere alle incessanti domande angosciate di Eljia, stupito da questo ragazzino pallido che osservava impaurito ogni suo movimento.

"Non è niente di grave, piccolo, calmati. Ha solo preso freddo… la febbre è alta, certo, ma guarirà presto. Avete fatto qualche imprudenza, ultimamente?"

Quando il dottore se ne andò, Eljia riprese a piangere. Faticai a convincerlo che non era colpa sua, che era normale ammalarsi dopo aver passato la notte praticamente nudi su una spiaggia bagnata, sferzati dal vento gelido. Lui però non riusciva a perdonarsi di aver perso il controllo.\\

Francesco scosse la testa, ripensando a Eljia. //Lui non avrebbe voluto farlo mai più, sfuggiva ogni mio contatto. Ma io desideravo ancora sentirlo vicino, sentirlo in me. Mi pareva che questo gesto, questo atto di comunione, questo bacio di morte fosse infinitamente più privato di qualunque atto sessuale. E io volevo avere tutto di Eljia. Tutto. Non mi importava del resto.

Pian piano, lui cominciò a capirlo. Cominciò a capire il mio desiderio, e accettò, ogni tanto, di lasciarsi andare. Le prime volte era timido e impacciato come un bambino, pareva un adolescente imbarazzato, ma col passare del tempo divenne più sicuro, imparò a mordermi con dolcezza, eliminando anche il fastidio della puntura. Quel che provavamo quelle notti era quasi insostenibile, un piacere talmente intenso da somigliare al dolore.\\

Francesco si fermò, e come in un ripensamento mi baciò i capelli. Io mi abbandonavo alle sue braccia forti, il capo sul suo petto. La voce era una musica, cancellava ogni pensiero. E io avevo bisogno di non pensare.

//A lui raccontai tutto, Elisa. Gli raccontai della morte dei miei genitori quando avevo otto anni, del mio colpevolizzarmi, del periodo nell'orfanotrofio, del successivo affidamento. Della frontiera agognata dei diciotto anni, sufficienti per afferrare uno zaino e cominciare a camminare. Vagabondo sulla terra, zingaro con gli occhi persi nei libri. E nelle stelle. Le spalle coperte dall'eredità dei miei genitori, potevo staccarmi dalla realtà, annaquare il dolore ubriacandomi del mondo. Da solo. Finchè non conobbi lui.

E anche lui parlò, mi raccontò dei suo trecento anni di sofferenza, della sua breve vita in un'isola incantata, gelata, nell'immenso oceano antartico. Una terra di ghiaccio e di buio, di eterni inverni e di mari limpidi. Raccontò della sua morte giovane, annegato nella baia in una gara di immersione. Lui non sarebbe più risalito dagli amici che lo attendevano angosciati. Un strega sirena, ninfa del mare, lo accolse nelle sue braccia, gli ridiede vita mordendogli il collo. Non si curò di chiedere la sua opinione. Lo trasformò in vampiro perché non tollerava che il mondo venisse privato di una stella così splendente.

Eljia aveva gli occhi profondi, mentre parlava. La sua bellezza in quei momenti mozzava il fiato. Mi veniva voglia di baciarlo, di consolare quel pianto nascosto nella gola. Restare in silenzio assoluto per ascoltare il battere fioco del suo cuore di ghiaccio.

Eljia si scuoteva da questa tristezza, e mi sorrideva da dietro le lacrime. Sorriso tremante, luminoso e oscuro. A volte mi leggeva poesie a voce alta, brani di libri, passaggi intensi.

Ricordo una volta che stava seduto in un angolo, al buio, stringendo nelle mani un racconto sui vampiri. Carmilla, di Joseph Sheridan le Fanu. Avevo acceso la luce e sorpreso le sue guance bagnate. Sorrise incerto, e aprì il libro a una pagina.

Mia cara, il tuo piccolo cuore è ferito; non giudicarmi crudele perché obbedisco all'irresistibile

legge della mia forza e della mia debolezza. Se il tuo piccolo cuore è ferito, anche il mio sanguina con il tuo. Nell'estasi della mia grande umiliazione, io vivo nella tua calda vita, e tu morirai… morirai dolcemente… nella mia vita. Non posso farne a meno; come io io mi avvicino a te, così tu, a tua volta, ti accosterai ad altri, e capirai l'estasi di questa crudeltà che è sempre amore.

Finì di leggere, e pianse. Pianse a lungo per quella maledizione espressa magistralmente da uno scrittore inconsapevole, stretto nelle mie braccia, sotto la pioggia di baci.\\

La mia testa ebbe uno scatto, e Francesco si interruppe. //Che c'è?\\

-Se odiava così tanto la sua condizione, perché ti ha tramutato in vampiro?

Subito dopo mi pentii di questa frase. Ero talmente egoista… chiunque avrebbe cercato un compagno per diluire la sofferenza. Tuttavia, Eljia mi sembrava troppo innamorato di Francesco per cedere alla tentazione. Sollevai lo sguardo per osservare il suo viso. Mi guardava senza parlare.

-Perché è stato lui a ucciderti, vero?- chiesi, temendo di aver dato troppe cose per scontate. Tuttavia lui alzò lo sguardo, e c'erano le nuvole a schermare la luce calda dei suoi occhi.

//Lui mi ha tramutato, non ucciso. È stato un altro a farlo, un uomo sconosciuto, di passaggio… è quasi ridicolo, se ci pensi: a darmi la morte è stato qualcuno che non ha avuto legame alcuno con la mia vita. Sarebbe stato più naturale fosse stato Eljia.\\

Io non trovavo nulla di buffo in questo pensiero, ma non replicai e mi strinsi a lui. Non sembrò accorgersene.

//Mi uccise per follia, credo, perché era ubriaco, e solo, e triste, mentre io ridevo vicino a lui abbracciato a Eljia. Non sopportava la nostra felicità, ed era troppo stupido per leggere la sofferenza negli occhi del ragazzino che stringevo al mio fianco, e il tormento nei miei.

Si avvicinò e mi piantò un coltello nel ventre: fu solo un caso che la lama penetrò in me mancando invece Eljia. L'uomo voltò le spalle e sparì nei vicoli, barcollante, inseguito dal lungo urlo straziante di Eljia, gettato su di me, le mani che cercavano di chiudere la ferita, di fermare l'emorragia. Ricordo di aver sofferto più nel vedere la sua disperazione che per il colpo alla pancia. Prima di cadere nell'incoscienza, notai il sangue sui suoi capelli. E capii che non avevano affatto lo stesso colore. I riccioli di Eljia erano troppo accesi per somigliare al cupo defluire della vita dalle mie vene.

Mi ripresi qualche ora dopo, in un luogo più riparato. Eljia piangeva e mi baciava il viso, pregava perché mi svegliassi. Sentendomi terribilmente debole, gli parlai.

Lui alzò gli occhi e mi strinse a sé. Mi baciò sulla bocca, e sentii nella sua lingua il sapore del sangue. Era il mio o il suo? Non saprei dirtelo.\\

Francesco tacque di nuovo, e questa volta la pausa fu più lunga. Sembrava non avere intenzione di raccontare altro. Poi, come svogliato, proseguì. //È impossibile spiegare quei momenti. Io ero quasi morto, e non avevo la forza di capire nulla, mentre lui era sconvolto dal dolore e dalla paura di perdermi. Vuoi sapere se fu lui a decidere di trasformarmi, o se glielo chiesi io? Non lo so, Elisa, questa è la verità. Non so se ho voluto io la condanna, o se l'ho soltanto accettata. Forse la verità non esiste. Forse lo decidemmo insieme, senza bisogno di parlarci. Solo baciandoci, e guardandoci negli occhi. Perché questo è l'amore, Elisa. Questo.\\

Francesco mi guardò a lungo con intenzione, poi riprese a parlare. //Sai come vanno le cose, no? Mi diede da bere il suo sangue. Sono state scritte migliaia di pagine su questo gesto, e girati chilometri di pellicola, con risultati perlopiù scadenti. Elisa, quel succhiare il sangue di Eljia… non ebbe nulla di orrorifico, nulla di ripugnante. Fu solo… dolce. E disarmante. Fu come essere di nuovo bambino. Bevvi il sangue di Eljia come da bambino avevo succhiato il latte di mia madre, assumendo la vita con lui. Bevvi fino a saziare la mia sete, fino a essere di nuovo forte. Bevvi e diventai diverso… sentii di conoscere più a fondo Eljia, e di amarlo ancora di più. Lui mi guardava con occhi umidi, e il solito maledetto sorriso tremulo…

Ci abbracciammo spaventati, e poi ci baciammo… il mio primo bacio da vampiro.

Tutto cambiò, da quel momento. Era come se avessi un nuovo senso. Percepivo la bellezza in qualunque cosa mi fosse accanto. Riuscivo a vedere ogni singola scintilla di bellezza, e a entusiasmarmi per questa. Guardare Eljia era ogni volta una vertigine incontrollabile.\\

Francesco mi guardò e sorrise. Mi sfiorò dolcemente le labbra con le sue, poi mormorò senza staccarsi. //Adesso guardo te e provo la stessa cosa.\\

Avrei voluto fare qualcosa, magari stringermi a lui e baciarlo, senza paura di quel suo freddo respiro, e invece rimasi immobile, paralizzata. Stregata.

//Quegli anni furono bellissimi. Tutte le notti erano nostre, tutte le spiaggie, tutti i tramonti…

mi mancava il sole, certo. Tutto il parlare della nostalgia vampiresca per la luce è vero. Ma non me ne accorsi subito. Solo dopo qualche mese capii realmente di aver perduto il giorno. Ne parlai con Eljia, e lui era triste mentre ammetteva che ancora adesso soffriva per lo stesso motivo, anzi, ogni anno che passava diventata più difficile abbandonare l'alba. Innamoratosi di me, i primi tempi aveva provatoa una bruciante gelosia, perché io potevo passeggiare sotto la luce, sotto il giorno. E adesso invece soffriva anche per il mio dolore, come aveva sempre fatto. Più di quanto avesse mai fatto.

Neanche nutrirsi era difficile. Mi intrufolavo nelle case delle persone e succhiavo il sangue mentre dormivano. In quei momenti, potevo visitare i loro sogni, ed era strano, mi sentivo come irreale. Al risveglio, non ricordavano nulla. I segni sul loro collo erano lievi, praticamente nascosti, perché facevo attenzione a essere il più delicato possibile. E non ho mai sofferto di crisi di coscienza simili a quelle di Eljia. Non ho mai pensato che quel che facevo fosse male.\\

Io mi scostai da lui, a queste parole. –Perché allora me non mi hai mai morso?

Con un movimento fulmineo Francesco saltò in piedi. Si allontanò, tremando di rabbia. Sembrava un grosso felino che si aggirava nella gabbia sferzando l'aria con la coda.

//Elisa, non giocare con me. Non farlo. Ti ricordo che anche noi siamo stati umani, e non abbiamo perso del tutto la vostra debolezza. Non ci è sempre facile reprimere gli istinti. Quindi non mi provocare.\\

-Non ti sto provocando. Voglio solo sapere perchè, dato che non è niente di male, dato che è qualcosa di così dolce, di così bello, non mi hai mai morsa.

Lui mi guardò storto, e sembrò non voler rispondere.

Poi volse gli occhi fuori, e la sua voce era lontana, inseguiva le gocce. //Quando si ama qualcuno è diverso. Si sente il bisogno di proteggerlo da ogni cosa, da ogni dolore… e legarsi a un vampiro significa invariabilmente soffrire. Lo so per esperienza, l'ho provato. Elisa, dopo il bacio di Eljia… lo conoscevo talmente bene che sapevo distinguere ogni singola espressione sul suo volto. E la sofferenza di un vampiro è infinitamente più profonda di quella di qualunque umano, perché maggiore è la loro capacità di percepire il mondo, di vedere la bellezza. E la bellezza commuove sempre, ricordalo. Non puoi capirlo, Elisa, è inutile che ti sforzi. Non puoi. E non potrai mai.\\

Si voltò verso di me, con un sorriso triste.//Perché io sarò più forte di Eljia, io non cederò. Mai. Neanche se tu stessi morendo davanti ai miei occhi.\\

Tornò a guardare fuori, e terminò in un sussurro.//Morirei insieme a te.\\

Restammo in silenzio un po’. Io sentivo il dolore risvegliarsi, avevo bisogno di distrarmi, di non pensare. Altrimenti sapevo che avrei ricordato quel che non dovevo ricordare, avrei ascoltato di nuovo l'urlo straziante del vuoto che mi scavava dentro, quel vuoto che non capivo a cosa era dovuto, a quale fondamentale frammento della mia vita fosse riconducibile.

La sua voce mi rapì appena un attimo prima che ricordassi il viso di Marco, e i suoi occhi, e la sua bocca…

//Le notti con Eljia erano magiche. Camminavamo nell'acqua e ridevamo negli spruzzi, a volte guardavamo l'orizzonte e ci veniva voglia di cominciare a nuotare, e nuotare tutta la notte, per cercare di raggiungere il cielo, scoprire se davvero il confuso bacio che dà al mare è un'illusione. Non sai quante volte siamo stati sul punto di farlo.

Forse sarebbe stato meglio se ci avessimo provato. Forse…

Il fatto, Elisa, è che Eljia soffriva tantissimo. Ogni giorno era peggio. Non si era mai perdonato per avermi trasformato in vampiro, non si era mai perdonato realmente neanche per avermi avvicinato, quella prima notte. Avrei dovuto sapere cosa sarebbe successo, diceva spesso, con le lacrime agli occhi, avrei dovuto capirlo e guardarti, tirare dritto. Non fermarmi, non parlarti, anche se tu eri così teneramente triste e solo, così tremendamente bello…

So che il suo gesto fu il risultato di un processo lungo tre secoli, tuttavia mi sento colpevole per averlo lasciato solo quella notte, per essere corso via, ubriaco di sogni.\\

Francesco alzò gli occhi a guardarmi, e scoprii che erano lucidi, enormi. Sorrise. //Vedi, Elisa, questo è l'amore. Un continuo rimproverarsi per la sofferenza dell'altro, per gli sbagli, per il dolore… un continuo accusarsi di quel che è successo.

Quel che mi fa più male è non essermi accorto di nulla. Io, il suo stregato amante, io, il suo unico figlio, io, il suo compagno ormai da anni, non sentii niente, se non un improvviso vuoto, una sensazione di disagio, irrequietezza. Come l'eco ormai spento di un urlo di dolore, perduto nel buio nascosto della mente.

Stavo chino sul collo di un giovane, delicato e dolce come un giglio, cercavo nella pelle il punto più sottile, dove affondare i canini senza far male, quando avvertii questa sensazione.

Mi sollevai e guardai fuori. Il cielo era scuro, le stelle chiare. La luna appariva offuscata da un sottile velo rossastro, come di sangue. Solo il respiro del mio fanciullo turbava il buio silenzio.

Uscii dalla finestra e presi a camminare per le strade, incerto. Più passava il tempo e più mi sentivo inquieto. Infine, arrivai alla spiaggia. Sulla sabbia bagnata c'erano tracce di cenere, come i resti carbonizzati di un fuoco appena estinto. Osservando quelle braci provai un terrore sconosciuto. Mi guardai intorno, sperando di vedere Eljia sbucare, pallido e magro, dall'ombra dei vicoli. Ma lui non c'era. Non c'era più.\\

Francesco parlava e piangeva, singhiozzando sommesso. //Arrivai al nostro albergo, trovai una sua lettera in camera. Quella lettera…\\ singhiozzo //…quella lettera sembrava incandescente, le sue parole affondavano nella carne come lame, mi straziavano. Il suo addio era per me una condanna a morte. Come se leggendo morissi lentamente insieme a lui.

Le sue frasi d'amore erano pregne di un dolore acuto, mi erano ancora più insopportabili perché sapevo che tutto era già successo. Sapevo che non avrei potuto raccontargli più niente, nessun segreto da confidare, niente da svelare. Non avrei più ascoltato la sua voce… non l'avevo neanche salutato, Elisa. Neanche questo.

Tornai alla spiaggia, ricordavo il fuoco, la mia angoscia nel vederlo, e sapevo che i vampiri possono morire solo bruciati. Accarezzai il carbone: tutto quel che mi restava di lui. Lo raccolsi in un fazzoletto di seta, insieme a una manciata di sabbia salata. Non riuscivo a separarmene.

Presi a girovagare da solo, di nuovo, e mi accorsi che la corrente mi stava portando al nord. Arrivai alla sua isola incantata una mattina limpida e gelata. Rovesciai il mio fazzoletto nel mare turchino della notte boreale, piansi per ore infinite.

Lasciai Eljia là, dove era nato.\\

Francesco respirava lento per calmarsi, il dolore era ancora vivido come nel primo istante. Il tempo per i vampiri è qualcosa di personale, estraneo. Non misurano la vita come i mortali.

-E poi che è successo?

Sorriso tra le lacrime. //Poi ho visto te. Era una sera, camminavi da sola per strada, andavi dai tuoi amici. Ti ho seguita senza farmi vedere, sono abilissimo a fingermi un'ombra. Mi sono immorato del tuo modo di camminare, di muovere i capelli. Di salutare con un bacio il ragazzo che ti era venuto incontro, quel ragazzo alto e sorridente.\\

-Marco.- mormorai, mentre tutto tornava.

Lui annuì serio, e il suo sguardo sembrava risucchiare il mio dolore. Al posto, lasciava il vuoto.

E nel vuoto, i ricordi apparvero ancora più freddi, distinti. Come intagliati nel ghiaccio da un coltello.

 

Marco quella mattina, all'alba, aveva guardato fuori dalla finestra. Il cielo era sereno, ma le nuvole si indovinavano lontane, minacciose.

Lui aveva pensato che era il tempo ideale per quel che doveva fare.

Si era aggirato per la stanza accarezzando i muri e i poster appesi. Aveva riso davanti a qualche foto, esistato per un attimo nello scrivere qualche frase.

Aveva riletto alcuni brani di alcuni libri, riascoltato alcune canzoni.

Poi aveva spalancato la finestra, e gettato lo sguardo nell'orizzonte scuro.

Aveva pensato che probabilmente quella sera sarebbe piovuto.

Si era lasciato cadere leggero, come un angelo, come una piuma. Il prato lo aveva accolto con un abbraccio dolce, aveva carezzato i suoi capelli. Ma gli occhi erano già chiusi…

Io l'avevo saputo mentre tornavo a casa da scuola. Il cielo era sempre più buio, le nuvole si gonfiavano come se respirassero. E il vento mi spettinava i capelli, asciugava le lacrime prima che potessero uscire.

Non avevo voluto vedere nessuno. Nessuno.

Mi ero chiusa in camera guardando fuori dalla finestra, senza capire, senza pensare. Sentivo solo male nel petto, nella pancia, in tutto il corpo.

E Francesco mi abbracciava con dolcezza, cercando di purificarmi dal dolore. La sua storia era strana, era dolce e stranamente amara. Come lui.

//Elisa, la morte di Marco è stata perfetta. Ha scelto, quasi nessuno ci riesce. La morte di Marco è limpida, pulita. Bella. È bella, come era bello Eljia, come sono belli i disegni nel ghiaccio.\\

Abbassai la testa sulle mie lacrime. Questo continuo accostare la bellezza al dolore gli veniva da Eljia? Quella creatura incarnava perfettamente entrambe le idee. In lui convivevano naturalmente, come nel mondo. Due opposti nello stesso corpo. Qualcosa di vertiginoso.

Guardai fuori dalla finestra. La storia di Francesco aveva attraversato tutta la notte, il sole stava per sorgere.

Anche lui se n'era accorto.

In piedi accanto alla porta, si voltò ancora a guardarmi. I suoi occhi erano duri e teneri, bui.

La voce musicale, mielata come quella di Marco, mentre con la dolce cadenza spagnola sussurrava una poesia che io conoscevo bene.

//"Come può la bellezza/essere così vicina/che io posso allungare/le braccia e toccarla/e ancor più voglio nominarla/dar voce a un sentimento/preterito e confuso/al di là della vita di dio di tutto?/Io dovrei guardare/soltanto la bellezza/contemplare ciò che per gli occhi/è simile al divino/al mistero della vita/qui al mio fianco/È tutto ciò che voglio/ed è così triste/come una sonata/di Brahams per violoncello/musica profonda/doppiamente profonda/il singhiozzo di un'anima/che finalmente trova/nel corpo il suo specchio/Io ho sentito il desiderio di morire/soltanto a vederti/e sarei appagato/Solo voglio guardarti/ma vengo alle tue labbra/anche per baciarti/seguendo un impulso/da bambino/che non misura le sue azioni/Solo voglio baciarti/come si bacia un angelo/sfiorandogli le labbra\\. E dopo, nel chiudere le porte, //Ti desidero la morte/bellezza/perché non esista niente."\\

Yolanda Pantin.

Mi sorrise, e io sentii gli occhi inumidirsi.

Aveva ragione. La bellezza commuove.

Sempre.

 

 

   
 
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