Purtroppo questa volta non c'è il disegno, ma tra qualche giorno o metterò. Mi scuso per il ritardo, ma l'ispirazione era andata via.
Spero vi piaccia^_^
My
last breath
L’arsura
del tardo
pomeriggio pareva non sfiorare la ragazza mora che camminava sul ciglio
della
strada. Era l’unica persona in giro nel raggio di chilometri,
probabilmente
stavano tutti rinchiusi in casa con le finestre abbassate per
proteggersi dall’afa
oppure in piscina, con la speranza di trovare sollievo nell’
acqua fredda. La
ragazza, Maka Albarn, era in uno stato catatonico, camminava
lentamente, con lo
sguardo dritto e le spalle distese.
Era
uscita di casa
senza dire niente a Kid, appena Crona era svanito dalla sua vista,
senza sapere
neppure dove andare, ma con il cuore e la mente in tumulto. Era stato
diretto e
sbrigativo, senza soffermarsi sui dettagli, lasciandola inebetita a
fissarlo “
Maka
ho trovato Liz e Patty, sono vive, perciò ci sono buone
probabilità che anche Soul e Tsubaki
stiano bene, ho fatto come mi avevate chiesto anni
fa..’” Aveva aggiunto
anche qualche altra cosa, ma il suo cervello non aveva recepito altre
informazioni, dopo aver ascoltato la meravigliosa notizia. Mentre Crona
le
parlava avrebbe voluto chiedergli dove si trovassero, in che
condizioni, ma uno
strano groppo alla gola le aveva impedito di aprire bocca fino alla
fine. Non
era neanche stata in grado di ricambiare il suo saluto mentre si
allontanava.
Liz
e patty, chissà
come erano cambiate, chissà cosa avevano passato. In un
attimo una nuova
consapevolezza la travolse; Crona
aveva
parlato di loro al plurale, e le aveva trovate insieme, che non le
avessero
separate?
A
pensarci bene non
riusciva neanche ad immaginare l’una
senza l’altra, che quei maledetti avessero compiuto un atto
di clemenza
permettendoli almeno di restare assieme?
Si
bloccò, sconvolta
dal luogo in qui si trovava. Inconsciamente, aveva attraversato tutta
la città
ed era arrivata davanti all’appartamento dove un tempo lei e
Soul erano
vissuti.
Le
lacrime
cominciarono ha uscire quasi senza che se ne accorgesse.
<<
Mi spiace
signore, ma qui non abita nessuna Maka Albarn, da anni ormai ..
>>.
Mr.Mc
Tullsiz serrò
la mano in un pugno, stropicciando il foglietto di carta con qui andava
in giro
da quella mattina. << Ma prima abitava qui vero? Non
è che ha lasciato un
recapito telefonico, il suo nuovo indirizzo a
qualcuno?>>, Tentò ancora,
sperando con tutto il cuore che quella donna, Maka, avesse pensato
all’eventualità
che la cercassero, che quel Soul la cercasse.
<<
No mi
spiace, ha lasciato l’appartamento in tutta fretta tre anni
fa, se non ricordo
male era pure in cinta, mi ha ridato le chiavi ed è sparita
>>. Concluse
la donna assumendo un aria pensierosa, come se improvvisamente il tutto
le
sembrasse strano.
Mc.Tullsiz
ringraziò
la portinaia, che ritornò dentro il palazzo dopo aver finito
di spazzare per
terra, mentre lui si lasciò andare contro la parete,
combattuto tra rabbia e
delusione.
Non
appena quello
strano ragazzo, che se ne andava in giro con i subordinati del
Kishin(Gente insopportabile,
tra l’altro) e dai capelli tutt’altro che ordinari,
gli aveva consegnato quel
messaggio chiaramente criptato, e spiegato vagamente la situazione
aveva capito
tutto. E si era sentito in dovere di consegnare quel messaggio il prima
possibile. Gli aveva mostrato che cos’era, una falce, un arma
e questo era bastato
perché si fidasse di lui.
Aveva
lasciato il bar
nelle mani di un suo assistente in tutta fretta, cercando di sembrare
perfettamente calmo e non mostrare alcun segno di turbamento. Dopo di
che si
era armato di cartina e aveva cercato l’Abitazione.
<<
Maledizione!>> Sussurrò frustrato, voltandosi
per uscire, nella sua mente
la voce del ragazzo risuonava ancora. “Maka
Albarn è bionda, ha due grandi occhi verdi, molto esile e
slanciata di
corporatura, piuttosto bassa per la media, ed ha ventidue anni
compiuti”.
Quante
donne in
America potevano corrispondere a quella descrizione?Migliaia!
Si
voltò per
andarsene e restò impietrito. Di fronte a lui
c’era una ragazza, che a primo
impatto avrebbe anche potuto corrispondere alla descrizione, tranne che
per i
capelli, scurissimi; Piangeva appena, ma non faceva niente per
asciugarsi le
lacrime, ed immobile fissava il palazzo dal quale lui stava uscendo. Il
suo
sguardo era vacuo, spento, perso. Poteva
essere lei?
Si
sgranchì la gola,
come per richiamare la sua attenzione, ma la ragazza non sembrava aver
ancora
notato la sua presenza. Si ritrovò costretto a colpirla
lievemente sulla
spalla, dopo svariati tentativi orali. La ragazza si
spaventò e la vide
rabbrividire quando si accorse di lui. Non sapendo bene che fare
provò subito a
tranquillizzarla, cercando di assumere un espressione distesa.
<<
Mi scusi
signorina, non volevo spaventarla. E’ solo che sembra
turbata, tutto
apposto?>>. La ragazza lo guardò con ansia per
qualche secondo, turbata
era dire poco, sconvolta forse era un termine più corretto.
<<
Si, sto
bene, non si preoccupi. >>, Rispose la ragazza, dopo vari
secondi,
acquistando improvvisamente un’espressione seria, composta;
Come se le lacrime
non ci fossero mai state, e per un attimo il dubbio di essersi
immaginato tutto
lo sfiorò, ma immediatamente notò il rossore
sulle guance che spiccava,
nonostante l’abbronzatura color carota, e che alcune lacrime
pendevano ancora
dal suo viso.
Mc.Tullsiz
sorrise, sapeva
bene che effetto aveva il suo volto allegro sulle persone. Ispirava
fiducia,
rasserenava, sopratutto ora che il tempo aveva addolcito i suoi
lineamenti.
<<
Bene, meno
male .. prenda questo, ne ha bisogno.>>. Gli porse un
fazzoletto di
stoffa bianco che teneva nella tasca dei pantaloni.
La
ragazza sembrava
restia ad accettarlo, fissò attentamente il viso cordiale
del uomo prima di
accettarlo ed asciugarsi immediatamente le ultime tracce della sua
disperazione.
Doveva
imparare a
controllare meglio le emozioni, come aveva potuto scoppiare a piangere
così,
pubblicamente, per di più in una zona dove era conosciuta.
Non si sarebbe
neanche dovuta avvicinare a quella parte della città.
Nessuno doveva
riconoscerla.
<<
La ringrazio
signore .. >>, Disse, restituendogli il fazzoletto, un
po’ in imbarazzo
per al figura che aveva fatto. Finalmente stava tornando pienamente
cosciente
delle sue azioni.
<<
Niente
signorina… Per caso lei vive da queste parti?
..>>, Chiese McTullsiz,
ormai si buttava, come si dice o la và o la spacca.
<<
No, cioè, ci
abitavo qualche tempo fa, perché?ha bisogno di
un’informazione?>>.
<<
Si
signorina, sto cercando qualcuno che un tempo abitava qua, mi hanno
detto.. Mi
scusi ma non le ho detto il mio nome.. Carter, Carter McTullsiz.
Lei?>>,
finì la frase porgendo la mano.
La
ragazza tentennò
qualche momento prima di stringere la mano e pronunciare, a voce bassa
ed
agitata, << Il mio nome è Clarissa
Newton, piacere .. allora chi cerca lei?.. >>,
la ragazza vide l’uomo
annuire appena, sempre sorridendo. Lei sospirò di sollievo,
per fortuna non si
era accorto della sua bugia. Era così maldestra nel mentire,
si tradiva sempre,
arrossendo o peggio, agitandosi inutilmente. Per questo non appena
aveva
assunto una nuova identità le era stato così
difficile abituarsi a mentire, era
stata Kid ad aiutarla, facendo sembrare tutto un gioco stupido. Dentro
casa era
Maka, fuori Clarissa, una ragazza di origini miste con una figlia avuta
da uno
sconosciuto incontrato in un pub.
<<…
Cerco una
ragazza che abitava qui fino a tre anni fa, Maka Albarn, mi hanno detto
che è
sparita senza lasciare tracce .. Lei la conosceva?>>.
Maka
restò di stucco.
Chi era quell’uomo?Perché la cercava?
Certo,
sicuramente,
quando tre anni fa erano iniziate le sparizioni delle armi
c’era chi cercava i
rispettivi partner, forse per fargli una specie di lavaggio del
cervello, ma
non ne avevano mai avuto la conferma. Dopo la cattura di Shinigami-Sama
Kid
doveva sparire, e lei e Black*Star non ci avevano pensato neanche un
attimo
prima di seguirlo, nonostante le sue condizioni.
Si
risvegliò dai
pensieri grazie alla vibrazione del cellulare, mollò la
presa da Carter per
rispondere.
<<
Mi scusi un
attimo, signor McTullsiz.. >>, e si affrettò a
rispondere.
Si
soffermò un attimo
davanti al display,
<<
Pronto?
>>
<<
SI PUO’ SAPERE DOVE SEI
MAKA?>>.
Maka
fu costretta ad
allontanare il cellulare per non spaccarsi il timpano,
aspettò pazientemente
che kid smettesse di urlare, prima di ribattere.
<<
Scusami Kid,
okay?Sto bene, ma c’è un problema, o meglio..
penso sia un problema.. >>,
Bisbigliò appena, non volendo che l’uomo vicino a
lei sentisse.
<<
Che tipo di problema?cos’è
successo?>>.
<<
Sistemati,
lascia Ivy con Ai, e vieni al vecchio palazzo dove abitavamo io e soul,
c’è una
cattura.>>, Riattaccò subito dopo, senza
lasciare a Kid il tempo di
rispondere, mostrando un sorriso brillante a Carter McTullsiz.
Kid
aveva fatto
esattamente quello che Maka gli aveva detto, dopo aver chiesto ad Ai di
stare
con Ivy(Era piuttosto giù di morale, per la partenza di
Black*Star, perciò
sicuramente la compagnia della piccola l’avrebbe rallegrata)
aveva preso il
furgone verde militare dal garage e caricato corde di ogni genere.
Al
telefono Maka
sembrava tranquilla, non aveva captato alcun segno di agitazione nella
sua
voce. Ed ora non sapeva cosa fare, mancava solo una curva e si sarebbe
trovato
di fronte al palazzo.
Svoltò
e accostò
proprio davanti, riconoscendo la sagoma di Maka da dietro.
Parlava
con un uomo
di mezza età, che sembrava tutto fuorché
pericoloso, ecco, ora ci capiva ancora
meno.
Il
cellulare vibrò,
per cinque secondi, un messaggio di Maka.
Kid,
appena batto il piede per terra
esci fuori e prendiamolo, non sembra molto atletico e neppure tanto
giovane
perciò dovrebbe essere facile.
Il
ragazzo si impose
di non chiedersi il perché di quella cattura,
abbassò il capellino, in modo da
nascondere meglio il viso, non si sa mai, pensò, in quella
zona avrebbero
potuto riconoscerlo.
Fissava
attentamente
i piedi di Maka, in attesa. Pronto a scattare.
<<
Ma lei
proprio non sa dove si trovi?se era sua amica è strano
… >>.
<<
Non ha
lasciato niente a nessuno, purtroppo, mi dispiace di non esserle molto
utile.
>>.
Batté
il piede, quasi
impercettibilmente. Sentì il suono di una portiera aprirsi e
chiudersi
provocando un forte frastuono. E dire che lei sperava in un attacco a
sorpresa,
silenzioso.
Mr.
McTullsiz non
fece in tempo a capire cosa stesse succedendo. Si voltò
appena per vedere chi
stava arrivando e si ritrovò incapace di parlare, bloccato
da un fazzoletto
bianco.
Davanti
a lui
Clarissa sorrideva, quasi cattiva, trionfante, e capì tutto.
L’avevano seguito, i subordinati del Kishin si erano insospettiti, ed ora per lui era finita.
Allora?che ne pensata?
Baciii!!!!!!!!!!!
Ellenweiss.