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Autore: Lucifers Claw    17/08/2011    1 recensioni
Il solito vecchio pub, la solita vecchia compagnia, le solite vecchie battute, i soliti vecchi drink, il solito vecchio sabato...oppure no?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa shot è uno dei mille tentativi stilistici in cui mi sono cimentata quasi due anni fa.
La storia vi sembrerà molto sconnessa, particolarmente confusa ed è questo l'effetto desiderato: è pur sempre un'adolescente ubriaca a parlare.
Inoltre la grammatica e i termini non sono dei migliori, ma, ripeto, è un'adolescente ubriaca a parlare.
Spero tanto che questo nuovo tentativo sia un successo, anche se mi preparo alla pioggia di pomodori xD
Enjoy ^^


Same old story



Il solito vecchio pub, la solita vecchia compagnia, le solite vecchie battute, i soliti vecchi drink, il solito vecchio sabato.

“Stanotte mi voglio ubriacare” - dice il Serio.

“Lo dici ogni volta e, puntualmente, ti bevi solo una birra.” - dice il Fattone.

“Scusami tanto se ci tengo alle mie facoltà mentali” - risponde acidamente il Serio.

“Si, tutte scuse. La verità è che hai una paura fottuta di far incazzare i tuoi” - indovina il Fattone.

“Andiamo ragazzi, basta!” - dice la Bella.

“Tu sta zitta” - inveisce il Serio, ma, ovviamente, è lui quello che si ammutolisce.

Entriamo nel pub e ci sediamo intorno al solito vecchio tavolo circolare.
Un tempo, non rimaneva nessuna sedia libera, ma adesso, con il passare degli anni, la gente si è lentamente allontanata e siamo rimasti solo in cinque.

La Bella, il Fattone, il Serio, il Tormentato ed Io.

Io non so chi sono, non so cosa sono per il gruppo, non so nemmeno se faccio realmente parte del gruppo, non so nemmeno perché sto con loro.
So solo che da un paio d’anni frequento queste persone e che con loro mi trovo sufficientemente bene.

“Ordiniamo?” - chiede il Tormentato, accendendosi una sigaretta.

Al suono della sua voce profonda, il mio cuore accelera per poi tornare al suo normale battito.
Ecco perché faccio parte del gruppo.

“Ordiniamo” - rispondo.

Iniziamo con un giro di birre, come sempre.
La Bella prende una Heineken, il Fattone prende una Beck’s, il Serio prende una Nastro Azzurro per patriottismo, il Tormentato prende una Dab e Io prendo una Budweiser.
Arrivano le birre, iniziamo a bere.

Guardo il Tormentato attraverso il vetro marroncino della bottiglia di birra e mi sento sempre più stupida e confusa.
Bevo un altro sorso, ingollo un altro po’ di alcool, ascolto distrattamente le cazzate dei miei amici e continuo ad osservare il Tormentato mentre aspira la nicotina.

Tutti scoppiano a ridere, eccetto io e il Tormentato che, troppo presi dai nostri universi paralleli, ci siamo persi la battuta del momento.

“Mi fai fare un tiro?” - chiede la Bella al Tormentato, nel vano tentativo di farlo riemergere dai suoi pensieri.

Lei ha sempre cercato di piacergli, ha sempre tentato di conquistarlo, eppure, nonostante la sua bellezza, non è mai riuscita a fare breccia nel suo cuore.

Una volta le chiesi se era innamorata di lui. Mi rispose dicendo che lei voleva solamente possederlo. Da quel giorno iniziai ad allontanarmi da lei.

“No” - risponde apaticamente il Tormentato.

“Dai ti prego! Solo un tiro!” - inizia a piagnucolare la Bella.

Infastidito dalle moine della ragazza, il Tormentato le passa la sigaretta e ne prende un’altra dal suo pacchetto.

“Ma io volevo fare solo un tiro, non la voglio tutta!” - continua a lamentarsi la Bella

“E io non voglio la bava altrui sulle mie sigarette.”

Decido di fare un esperimento autolesionista.

“Ehi, posso fare un tiro?” - chiedo al Tormentato.

Mi da la sigaretta, aspiro un po’ di nicotina e gli ridò il bastoncino di tabacco.

Non capisco.
Perché io si? Perché non ha detto nulla e mi ha passato la sigaretta? Perché non ne ha tirata fuori un’altra per evitare di dover entrare in contatto con la mia saliva?

“Però lei può sbavare quanto le pare sulle tue sigarette! Sei uno stronzo!” - si intromette la Bella.

Il Tormentato fissa i suoi grandi occhi grigi nei miei e, facendo pressione sui suoi gomiti avvicina lentamente il suo volto al mio.

“Esatto. Lei può.”

Imbarazzata prendo la bottiglia di birra e me la finisco. Nel frattempo il Tormentato ha allontanato il suo sguardo dal mio e si è messo più comodo.

“Bene ragazzi, direi che è arrivato il momento di iniziare a fare le cose per bene. Diamo il via ai superalcolici” - dice il Fattone.

“Mi spieghi perché devi sempre dire tutte queste stronzate?” - gli chiede il Serio.

“Mi spieghi perché devi sempre riprenderlo?” - chiedo.

“Oh, finalmente qualcuno che mi difende!” - esclama il Fattone, posando un braccio attorno alle mie spalle.

Solitamente mi avrebbe infastidito un contatto fisico, ma il Fattone è il mio migliore amico, il suo corpo è molto caldo e stasera, io ho freddo.

“E comunque, caro,” - prosegue il Fattone - “ non sono io a dire stronzate! Sono i miei neuroni bruciati a dirle!”

“Allora non bruciarteli più, no?” - dice la Bella.

Roteo gli occhi: possibile che sia così stupida?

“Impossibile! Maria non si tradisce!”

“Se tu fossi così fedele alle tue ragazze non sarebbe male!” - dice il Serio.

“Giusto! Come si chiama l’ultima?” - gli da man forte la Bella.

“Uhm..a chi ti riferisci? A Carolina o a Cloe?”

Scoppio a ridere.

“Questo è il mese della C?” - chiedo al mio migliore amico.

“Esatto! Mi sono stancato della L, così ho optato per la C!”

La Bella, sentendosi esclusa, dice:

“Non dovevamo iniziare un altro giro? Io voglio un Mojito”

Chiama il cameriere e facciamo tutti le nostre ordinazioni.

Iniziano e finiscono il secondo, il terzo, il quarto, il quinto e il sesto giro.

La mia mente comincia a cedere all’alcool, perdo un po’ di colpi e la mia concentrazione lentamente inizia a svanire.
Il Fattone si rolla una canna; il Tormentato alterna la nicotina all’alcool, rendendo il suo cervello sempre più dipendente da entrambe le cose; il Serio continua a fingere di bere della birra mentre ci guarda preoccupato, la Bella è già ubriaca e si struscia addosso a tutti gli esseri di sesso maschile che ci sono nel pub.
I camerieri vanno e vengono, ci piazzano davanti shots di tequila, vodka, Long Island, gin e tanto, troppo alcool mentre noi continuiamo a buttare giù tutto quello che ci capita a tiro. E, inevitabilmente, il mondo scivola dalle nostre spalle permettendoci, per alcune ore, di lasciarci totalmente andare al nostro istinto troppo spesso represso.

Mi avvicino al Tormentato, prendo una ciocca dei suoi riccioli neri tra le dita e dico:

“Sai, mi sono sempre piaciuti i tuoi boccoli”

Incatena la mia mente nel suo sguardo e dice:

“Davvero?”

“Davvero.”

Avvicina nuovamente il suo volto al mio. Sento il suo respiro caldo sfiorare le mie guance, apre la bocca per dire qualcosa ma, magicamente, ricompare la Bella.

“Ei! Che fate voi due?”

Mi allontano rapidamente dal Tormentato e, con fare seccato, rispondo:

“Niente. Problemi?”

“Oh, come sei acida!”

“Oh, come sei ubriaca!”

Mi alzo con l’intento di andare in bagno ma le mie gambe non sono sufficientemente stabili da reggere il mio peso e così ricado sul divanetto.
Incazzata con il mondo, poso una mano sul tavolo e mi aiuto ad alzarmi.

“Spostati” - dico al Fattone.

Lui si sposta, lasciandomi passare.

Mi incammino verso il bagno, ma mi rendo conto di non ricordare più dov’è.
Fermo un cameriere, gli chiedo dov’è il bagno, mi risponde guardandomi sprezzante.
Cosa cazzo vuole la gente?!
Se lui guadagna qualcosa è anche grazie a tutte le bevute che mi sono fatta qui!

Finalmente trovo la porta del bagno, entro dentro e mi ritrovo davanti alla mia figura riflessa su uno specchio che mi fissa.

Merda.

Ho toccato il fondo.

Prima di uscire di casa avevo raccolto i miei capelli in una bella coda alta, ma adesso la coda si è sciolta, lasciando vagare liberi i miei capelli.

Ho un aspetto a dir poco pietoso.

Faccio schifo.

Mi faccio schifo.

Sono sudata, ho caldo.

No, io ho freddo.

Nessuno mi riscalda, sono sola.

Eppure dai miei pori esce alcool misto a sudore, ho caldo.

NO, CAZZO, IO HO FREDDO!

Apro il rubinetto, esce solo acqua sporca perciò la faccio scorrere finché non torna alla sua normale purezza.

Mi sciacquo il volto e quando rialzo il capo vedo una ragazza nello specchio.

Abbasso gli occhi.
Quella ragazza mi giudica, lo so, ne sono certa.
Beh, nessuno può giudicarmi.

Alzo gli occhi, decisa ad incenerire con lo sguardo quella ragazzina insolente, ma nel momento in cui i nostri occhi si incontrano, mi rendo conto che quella ragazza nello specchio sono io.

Cristo, sono così sconosciuta a me stessa?
Faccio così schifo alla mia coscienza?
E chi è lei per potermi giudicare?

Sai che c’è di nuovo, cara la mia coscienza?
Mi hai rotto.
Non ti voglio più vedere, non ti voglio più sentire, scompari dalla mia vita.

Lei rimane e continua a fissarmi attraverso lo specchio.

Inizio ad agitarmi, voglio urlare, voglio farmi rispettare, ma se non riesco a farmi rispettare nemmeno dalla mia coscienza, come faccio a farmi rispettare dalla gente là fuori?

Sono incazzata.
Voglio urlare.
Prendo a calci il lavandino.
Ho caldo.
No, io ho freddo.

Cazzo, Coscienza, BASTA!
Vuoi fare a botte?

Sto per tirare un pugno al mio riflesso nello specchio, quando una ragazza dolorante entra nel bagno.
Si avvicina al lavandino, faccio appena in tempo a scostarmi che il rumore e l’odore del suo vomito offuscano quasi completamente i miei sensi.

Esco dal bagno schifata e mi dirigo barcollando verso il tavolo.
Il Fattone sta facendo “amicizia” con una tipa bionda, sicuramente il suo nome inizia con la C.
La Bella si struscia addosso al Tormentato, il quale, innervosito, cerca di scansarsi e nel frattempo parla, chissà di cosa, con il Serio.

Mi siedo di fronte al Tormentato e alla Bella per osservarli, come se il pensiero di loro due vicino non fosse sufficientemente irritante.

Minchia, quanto sono masochista.

Continuo a pensare che il Tormentato e la Bella sarebbero una coppia perfetta: entrambi dannatamente affascinanti, entrambi avvolti da un alone di mistero, lui freddo e intelligente, lei stupida e espansiva. Si completerebbero.
Però il Tormentato non riesce a sopportarla, a volte mi chiedo persino per quale diamine di motivo esca con noi se non la sopporta.

Soprattutto, io mi chiedo perché.
Perché non mi vede?
Perché non mi guarda?
Perché io lo guardo?
Perché seguo ogni singolo movimento, persino quelli impercettibili, che fa?
Perché noto ogni maledettissima cosa di lui?
Perché io lo vedo?
E, di nuovo, perché lui non vede me?
Sono davanti ai suoi occhi, ovunque lui sia ci sono anche io, perché continua a non vedermi?

Voglio urlare, di nuovo.
Voglio urlare al mondo intero: “PERCHE’?!?!?”
Voglio urlare in faccia al Tormentato: “APRI GLI OCCHI, CAZZO!”

Presa dallo stranissimo impulso di porre fine ai punti interrogativi che alleggiano nella mia mente, mi chino verso di lui e, davanti a tutti, gli chiedo:

“Perché non mi vedi?”

Mi guarda stupito.

“Come scusa?”

“Hai capito benissimo.”

“Io ti vedo. Ti vedo più di quanto tu non creda.”

Non mi aspettavo questa risposta.

“Ah si? E allora spiegami perché?”

Ancora più allibito mi chiede:

“Perché cosa?”

Non faccio in tempo a rispondere che il Serio si intromette dicendo:

“Credo che sia partita, la riporto a casa.”

Il Serio mi prende tra le sue braccia, saluta tutti, esce dal pub, apre la sua macchina e mi fa stendere sui sedili posteriori.

Vorrei urlargli di lasciarmi stare, di riportarmi indietro, di farmi finire di parlare con il Tormentato, ma sono talmente priva di forze da non riuscire nemmeno a muovere le labbra.
Il Serio mette in moto la macchina e parte.
Il movimento dell’auto e l’impercettibile rumore del motore mi stanno facendo scivolare nel sonno, ma il Serio mi ripesca dal mio inconscio.

“Cosa diamine volevi fare stasera? Perché ti sei comportata in quel modo?”

È per caso scemo?
Ha per caso qualche rotella mancante?
Come gli viene in mente di chiedermi certe cose?
Saranno affari miei?!?

“Non mi rompere.”

“Non mi rompere?! Stai scherzando, spero! Ti rendi conto dello stato in cui ti ritrovi? Sono sicuro di no, sei talmente ubriaca da non riuscire nemmeno a pensare”

“Beh, anche fosse? Qual è il problema?”

Già, qual è il problema?
Non riesco davvero a capire per quale motivo il Serio mi stia facendo questa lavata di capo e non mi lasci dormire in santa pace.

“Qual è il problema? Cristo, sei ubriaca fradicia e vieni anche a chiedermi qual è il problema? Non ci arrivi da sola?!”

“No, evidentemente no, non ci arrivo da sola! Ho già abbastanza casini per conto mio, perciò puoi stare zitto, guidare e lasciarmi dormire?!”

Il tono della sua voce si alza decisamente troppo.

“NO, NON POSSO. Sono stufo di dover raccogliere ogni volta i pezzi di te che perdi, non ce la faccio più!”

“Nessuno ti ha chiesto di farlo. Nessuno. Puoi anche smettere.”

“Smettere? E dimmi, chi è che ti riporterebbe a casa se non lo facessi io? Chi è che ti chiamerebbe la mattina dopo per sapere se stai bene? Chi lo farebbe? Credi che il Tormentato sarebbe in grado di prendersi cura di te? Inutile che mi guardi con quell’espressione stupita, so benissimo che sei innamorata di lui. Lo so perfettamente.”

Non riesco a capire.
Credevo di averlo nascosto piuttosto bene.
Non riesco a capire perché il Serio fa così.
Cosa vuole da me? Perché non mi lascia cadere e basta? Perché non mi permette di lasciarmi andare?

“Senti, basta! Lasciami in pace! Non ho chiesto la tua protezione, non ho chiesto le tue cure, non ti ho chiesto niente! Credi che a me faccia piacere stare in questa situazione? Credi che a me faccia piacere essere innamorata di un qualcuno che non mi vede neanche? Credi che a me faccia piacere riuscire a non pensare a lui solo quando la mia mente è talmente offuscata da non riuscire a comporre una semplicissima frase? Credi che a me faccia piacere aspettare ogni cazzo di sabato, agognando il momento in cui rivedrò la sua fottutissima faccia? Credi che a me faccia piacere essere innamorata di un coglione, troppo preso dai suoi pensieri e dai suoi sentimenti per poter vedere qualcosa o qualcuno al di fuori del suo naso? Beh, la risposta è no! No, non mi fa piacere, quindi smettila di dirmi tutte queste cose perché non le voglio sentire!”

E, dopo aver utilizzato le mie ultimissime forze per urlare al Serio i miei laceranti sentimenti, perdo i sensi scivolando nell’oblio più profondo.

Mi risveglio un paio d’ore dopo nel mio letto, immersa nel buio della mia stanza.

Non mi ricordo niente e di certo il mal di testa che mi sta perforando il cervello non mi aiuta.

Mi alzo per andare in bagno, torno a letto e, prima di ricadere nel sonno, penso di aver passato il solito vecchio sabato, nel solito vecchio pub, con la solita vecchia compagnia, a bere i soliti vecchi drink e a ridere per le solite vecchie cazzate.
  
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