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Autore: evenstar    09/04/2006    12 recensioni
Eccomi di nuovo con una Tonks/Lupin (mi piace molto scrivere su di loro..non so se si era capito). La storia parte nell'infermeria di Hogwarts, subito dopo il ferimento di Bill nel 6 libro, e da lì prosegue seguendo Remus, che ripensa a quello che gli è appena stato detto e al suo passato.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Just Tonks

 

Questo racconto è stato scritto per il concorso di Acciofanfiction sui momenti mancanti del "Principe mezzosangue", ho cercato di essere quanto più in canon possibile, sia per quanto riguarda i caratteri, sia per quanto riguarda le situazioni. Come al solito riguarda la mia coppia preferita e i motivi che posso aver spinto Lupin a cedere alla corte di Tonks, dopo la morte di Silente.

Fatemi sapere che cosa ne pensate e, se vi piace e avete voglia, andate a votarlo sul sito!

 

- Visto? - Fece una voce nervosa. Tonks guardava torva Lupin. - Lei vuole sposarlo lo stesso, anche se è stato morso! Non le importa!

- E’ diverso, - ribatté Lupin, muovendo appena le labbra, d’un tratto agitato. - Bill non sarà un vero lupo mannaro. I casi sono completamente…

- Ma anche a me non importa, non m’importa! - esclamò Tonks, scuotendo Lupin per la veste. - Te l’ho detto un milione di volte.

- E io ti ho detto un milione di volte, - replicò Lupin, rifiutandosi di guardarla - Che sono troppo vecchio per te, troppo povero… troppo pericoloso…

- Ho sempre pensato che la tua sia una posizione ridicola, Remus, - intervenne la signora Weasley da sopra la spalla di Fleur, senza smettere di darle pacche sulla schiena.

- Niente affatto, - ribadì Lupin con fermezza - Tonks merita uno giovane e sano.

- Ma lei vuole te, - osservò il signor Weasley con un sorrisetto. - E dopo tutto, Remus, gli uomini giovani e sani non restano necessariamente tali. - E fece un gesto triste verso il figlio che giaceva tra loro.

- E poi, come sarebbe a dire che merito uno giovane e sano? Remus non devo comprare un cavallo, - disse Tonks ora furiosa, continuando a tiraggi la veste. Poi lo lasciò andare, abbassando lo sguardo per terra -non… non puoi scegliere di chi innamorarti, capita e basta.

- Questo non è… il momento di discuterne, - tagliò corto Lupin, evitando gli sguardi di tutti e guardandosi attorno, tormentato. Sapeva che nessuno capiva il suo punto di vista, erano mesi che continuavano a ripetergli le stesse cose. - Silente è morto, - aggiunse quasi in un sussurro, come a prendere lui stesso coscienza di quello che era successo.

- Silente sarebbe stato più felice di chiunque altro nel sapere che c’è un po’ d’amore nel mondo, - dichiarò asciutta la professoressa McGranitt.

Lupin, sentendo le sue parole, la guardò con un misto di speranza, per quello che aveva detto, e astio, nel vedere che anche lei non riusciva a comprendere le sue ragioni. Sentì le porte della stanza aprirsi e si voltò per vedere entrare Hagrid che si avvicinò al gruppo, per andare a parlare con la professoressa McGranitt. Lupin approfittò della distrazione degli altri per scivolare fuori; sentiva il bisogno di rimanere da solo, per pensare a quello che era successo e a quello che gli avevano appena detto. La posizione di Tonks sulla questione la conosceva già, e molto bene anche e, più in generale, sapeva che tutti la pensavano come lei, ma sentire le parole di Arthur Weasley, e poi quelle di Minerva, lo aveva colpito molto. Per un attimo aveva sentito vacillare le sue convinzioni, per un secondo solo aveva sentito l’impulso di attraversare la stanza e stringere la ragazza tra le braccia; ma per fortuna era riuscito a riprendere in fretta il controllo, ripetendosi il suo solito catechismo ...” Sono povero, sono vecchio, sono un licantropo. ”

Continuò a camminare, diretto verso la sala d’ingresso del castello, voleva uscire nel parco per rinfrescarsi le idee e stare da solo; a metà della scalinata si sentì chiamare.

- Remus aspetta!

Si girò di scatto per vedere Tonks che stava scendendo gli scalini di corsa, per raggiungerlo.

- Tonks, per favore, - mormorò Lupin, non aveva più la forza per un altro scontro, non quella sera.

- Ascoltami, - disse lei prendendolo per la manica e trattenendolo.

- Ti ho ascoltato Tonks, lo so come vedi la questione e tu sai come la vedo io, è… inutile continuare a discuterne.

- Sono tutte scuse le tue, lo sai, lo so io e ormai lo hanno capito anche tutti gli altri. Li hai sentiti…

- Tonks non mi interessa di quello che pensano gli altri,- rispose lui indicando con la mano dietro di sé, verso il castello. - Non saranno loro a sentirsi in colpa se ti uccido per sbaglio durante una luna piena, non… non sono loro a non avere un lavoro e a non poter mantenere una famiglia, - sbottò lui, arrabbiato. Vide la ragazza sgranare gli occhi e trattenere il respiro, prese fiato e aggiunse, tristemente - non possono capire quello che provo. E neanche tu.

- Invece lo capisco, - rispose lei lasciandolo andare. - Capisco i tuoi dubbi, le tue paure, ma chi non ne ha in questo periodo? Siamo in guerra Remus, anche se non fossi un licantropo e se fossi ricco, non avremmo comunque alcuna certezza per il futuro.

Lupin si ostinava a non volerla guardare negli occhi, aveva la testa china e lo sguardo fisso sulle scale di marmo, si muoveva di continuo, spostando il peso del corpo da un piede all’altro, Tonks gli appoggiò la mano sul mento, costringendolo ad alzare la testa e a fissarla. Si rendeva conto che quello non era il momento giusto, Silente era appena morto e lei sapeva bene quanto il vecchio preside contasse per l’uomo: era lui che gli aveva sempre creduto, che gli aveva dato una possibilità quando nessun altro lo aveva fatto. Eppure, forse, quello era anche il momento perfetto. Remus aveva sopportato sempre tutte le avversità da solo, ma nell’ultimo anno, forse per quello che aveva dovuto affrontare, sembrava più triste, più rassegnato di quanto non l’avesse mai visto, Tonks temeva che non avrebbe retto anche questo da solo.

Lui aprì la bocca per risponderle, ma le parole gli mancarono e la richiuse di scatto, Tonks decise di tentare la sua ultima carta.

- Ha ragione Arthur, guarda cosa è successo a Bill, guarda… guarda cosa è successo a James e Lily.

Lupin la guardò finalmente negli occhi, con stupore e tristezza, probabilmente non l’avrebbe mai perdonata per quel colpo basso, ma ormai non aveva più nulla da perdere con lui, quindi decise di andare avanti - Loro hanno voluto vivere in pieno la loro vita…

- E sono morti, Tonks, - le disse con tono secco.

- Ma almeno hanno vissuto, - gli rispose lei, altrettanto seccamente.

- Devo andare.

Remus si allontanò in fretta, lasciando Tonks sulle scale, da sola, a guardarlo dirigersi verso i confini del parco.

Le parole della ragazza gli rimbombavano nella testa e per quando cercasse di scacciarle, non riusciva a schiarirsi la mente. Una piccola parte di lui cominciò a pensare che forse lei aveva ragione, da sempre aveva vissuto una vita a metà, solo poche persone erano riuscite ad avvicinarlo quel tanto da conoscerlo bene, ed ormai erano tutte morte. Aveva sempre temuto per l’incolumità di chi gli stava intorno, inoltre non era mai stato bravo ad esprimere agli altri i suoi sentimenti, era sempre stato una persona introversa, al contrario di Tonks, che invece era un vulcano di emozioni incontenibili.

“ Almeno loro hanno vissuto, ” gli aveva detto, ed era vero. James non si era mai lasciato frenare da niente e da nessuno, non lo aveva fermato Lily, quando caparbiamente non aveva accettato di uscire con lui per mesi e mesi, non lo aveva fermato Voldemort; aveva voluto vivere la sua vita sfruttando ogni secondo.

Ma lui, Remus Lupin, stava vivendo?

No, se ne rendeva conto perfettamente. Non stava vivendo, aveva smesso di vivere già da molto tempo, stava semplicemente sopravvivendo, cercando di andar avanti, giorno per giorno, di trovare dentro di sé la forza di alzarsi dal letto tutte le mattine e di affrontare un’altra triste giornata.

Che senso aveva continuare in quel modo?

Nessuno, stava vivendo per gli altri, viveva perché poteva ancora essere utile all’Ordine, perché forse Harry avrebbe avuto bisogno di lui, perché Silente gli aveva affidato un compito. Già Silente… adesso anche l’anziano mago era morto; ripensando a quello che era successo nelle ultime ore sentì una fitta nel petto, fu come se una mano, gelida, gli si stringesse attorno al cuore.

“ Silente sarebbe stato più felice di chiunque altro nel sapere che c’è un po’ d’amore nel mondo. ” Le parole di Minerva gli tornarono alla mente, un senso di vertigine si impadronì di lui, dovette fermarsi e prendere una lunga boccata di aria fresca. Alzò lo sguardo dal sentiero che stava seguendo e si rese conto di essere arrivato, senza quasi accorgersene, al cancello di ferro battuto che delimitava i confini della scuola; decise di tornare a Londra, per quella notte non sarebbe servito più a niente alla scuola, i funerali sarebbero stati organizzati molto probabilmente dal corpo docente, quindi era inutile tornare indietro.

Si smaterializzò per ritrovarsi in un quartiere periferico della città, non era sicuro per i maghi materializzarsi in zone troppo frequentate, c’era sempre il rischio che qualche babbano di passaggio li potesse vedere. Decise di raggiungere il suo appartamento a piedi, approfittando della bellissima serata estiva: una leggera brezza si era alzata nelle ultime ore, ripulendo l’aria della città dallo smog e dall’inquinamento, le stelle brillavano luminose nel cielo senza luna. I suoi pensieri tornarono a vagare senza meta, rivide nella mente il volto di Tonks, come lo aveva visto qualche minuto prima, sulle scale della scuola, mentre lo fissava caparbia e piena di speranza; per quanto si sforzasse non riusciva a capire come una ragazza come lei avesse finito per innamorarsi di lui.

Per lui era stato semplice, lei era così piena di vita, così attiva, così estroversa, in poche parole così diversa, che non aveva potuto fare altro che amarla; un sorriso gli increspò le labbra, ma subito dopo scosse la testa, rendendosi conto di quello che stava succedendo, e riprese il suo catechismo “ Sono povero. ”

“ Sì ma… “ Una voce si era inserita nei suoi pensieri, interrompendo la sua solita litania, una voce che assomigliava tremendamente a quella di Lily Evans. “ In fondo chissà, un lavoro potresti trovarlo, la guerra contro Voldemort ormai è ricominciata apertamente, saranno tempi duri, per tutti, ” gli disse la voce, con un tono tranquillo.

“ Sono vecchio ” riprese a pensare Remus, ignorandola; di nuovo la vocina si fece sentire, opponendosi a lui, ma sempre dolcemente “ Vecchio? C’è una bella differenza di età, questo è vero, ma in fondo ha poi tutta questa importanza l’età, in amore, Remus? ” Anche questa volta decise di ignorare la vocina, continuando imperterrito nel suo ragionamento, arrivando infine al suo punto forte, quello davanti al quale non era mai riuscito a trovare alcuna soluzione. “ Sono un licantropo, ” si disse. La voce di Lily rimase in silenzio e Remus sorrise tra sé e sé per quella implicita vittoria.

“ Sì ma…”

No, non era possibile che su questo punto si trovassero delle attenuanti.

“ Pensaci Remus, Tonks è un Auror, è più che capace di badare a se stessa, nonostante sia un’inguaribile sbadata, e sa tenersi lontana durante la luna piena. E poi hai pur sempre la pozione, e male che vada la stamberga dove andare, per essere sicuro di non farle del male. ”

Remus si fermò in mezzo alla strada deserta, pensando al vero motivo per cui aveva tenuto lontano Tonks. Si rese conto che, se all’inizio era per paura di quello che lui le avrebbe potuto fare, con il tempo, e una buona dose di ragionamento, quella paura era scemata sempre più. Quello che lo aveva frenato veramente era stato il terrore per quello che avrebbero potuto farle i licantropi, con i quali era vissuto per quasi tutto quell’anno, se qualcosa fosse andato male e loro avessero saputo dell’affetto che nutriva per lei. Ma in fondo adesso anche quella storia era finita.

Lupin si guardò intorno, era così preso dai suoi pensieri che non si era preoccupato di dove stava andando e, senza neanche accorgersene, si era ritrovato nel quartiere dove abitava Tonks; avrebbe potuto passare a vedere se era tornata a casa, forse aveva bisogno di qualcosa, forse non si sentiva bene; anche lei era rimasta molto scossa dalla morte di Silente, come tutti loro, e poi quella loro discussione… era giusto che andasse a controllare come stava.

Si avviò verso la sua casa, fermandosi poi a fissare il campanello, senza muovere la mano per suonarlo. Rimase così per quello che gli sembrò un’eternità, cercando di decidere cosa fare, sentendosi dilaniato nel profondo dell’animo, combattuto in quella immensa lotta tra i suoi sentimenti e la sua ragione. Allungò la mano, pronto a premere il pulsante che splendeva di un blu acceso nella notte buia, lo sfiorò con l’indice, sentendo il freddo contatto con il metallo sotto il suo polpastrello, poi si ritrasse di scatto, abbassando il braccio lungo il corpo e chinando il capo.

Non lo avrebbe fatto, non sarebbe stato giusto per lei, non la poteva vincolare a sé.

- Che cosa volevi fare? - chiese una voce dietro di lui.

Remus si voltò di scatto, arrossendo leggermente, vedendo Tonks che lo fissava - Niente.

- Non mi sembra. Hai bisogno di qualcosa? - sospirò lei con tono stanco, avvicinandosi a lui.

- No. Volevo solo sapere come stavi, passavo di qui…

Rimase a guardarlo negli occhi; una cosa che aveva sempre ammirato in lei era la sua capacità, anche nelle situazioni più imbarazzanti, di piantargli gli occhi addosso e non abbassarli mai. Lui non ne era capace, evitava, se possibile, di fissarla, per paura che potesse capire la profondità dei suoi sentimenti.

- Sto bene, - gli rispose, passandogli vicino e dirigendosi verso la porta; poi ci ripensò, si girò di scatto, il volto a pochi centimetri da quello di lui, gli occhi sempre fissi nei suoi. - Non è vero. Non sto bene.

Ecco di nuovo una sua caratteristica, il suo bisogno assoluto e incontrollabile di esprimere sempre e comunque quello che provava, senza paura di mettere in difficoltà chi si trovava davanti, senza paura di mostrarsi realmente per quello che era.

- Mi dispiace, - riuscì solo a dire lui.

- No, non è vero, - disse lei. - Se ti dispiacesse veramente, o meglio ti importasse qualcosa di chi ti sta attorno, a parte te stesso, non ti comporteresti come stai facendo, - rispose Tonks, con voce dura.

Lupin non riuscì più a sostenere il suo sguardo e abbassò gli occhi, quello era stato un colpo basso da parte sua, aveva sempre cercato, in tutta la sua vita, di non far soffrire gli altri; anche lei parve accorgersi di aver esagerato - Mi dispiace Remus, non intendevo quello.

- Lo so cosa intendevi. Ho passato tutta la sera a pensare a... te, a noi, - disse lui alzando gli occhi. La vide trattenere il respiro, in attesa di quello che sarebbe venuto. Lupin la guardò come non aveva mai fatto, vedendo quello che il suo comportamento aveva prodotto, in quei mesi si era trasformata nell’ombra di se stessa, anzi, nella sua ombra.

- E...? - chiese lei.

Lui rise, mai che riuscisse a tenere la bocca chiusa ed aspettare che gli altri finissero il discorso, lei doveva per forza chiedere, strappare l’interlocutore al flusso dei propri pensieri, inserirsi sua nella mente, come un ciclone che porta una ventata di vita. Si avvicinò di un passo,  Tonks rimase ferma, ad osservare quello che stava facendo, lui alzò le braccia, appoggiandole le mani sui capelli, così simili ai suoi, fece scivolare la mano sulla sua guancia, accarezzandola leggermente. Si chinò verso di lei, sfiorando le sue labbra con le proprie, in un bacio appena accennato, poi si scostò lentamente, tornando a guardarla.

- Ti amo, - disse semplicemente, non c’era altro da dire, niente da aggiungere a quel semplice concetto, tranne forse un ultimo tentativo, dovuto alla sua coscienza - Sai quello a cui vai incontro stando con me?

- Certo che lo so, - disse lei, corrucciandosi.

- E’ veramente quello che vuoi?

- Remus...- rispose Tonks, con tono esasperato, come se stesse parlando a un bambino un po’ lento a comprendere le cose.

Lui rise, per la prima volta quella sera, e per la prima volta anche da molto altro tempo, una risata genuina, non un sorriso forzato di circostanza; tornò ad avvicinarsi a lei ma poi si fermò, lasciandole la mossa successiva. Tonks si alzò in punta di piedi e appoggiò le labbra contro le sue, muovendole lentamente, poi si allontanò abbracciandolo e nascondendo il volto nell’incavo del suo collo.

Lupin la tenne stretta, sentendo che la veste logora veniva bagnata dalle lacrime della ragazza, si chinò a sfiorarle i capelli con le labbra - Non piangere, - mormorò, maledicendosi per non essere in grado di fare di più, di dire di più. - Va tutto bene, - si ritrovò a sussurrarle, imbarazzato, notando che lentamente i capelli stavano cambiando colore, scurendosi e passando da un pallido color sabbia ad un brillante rosa acceso.

- Adesso sì, - gli rispose lei, allontanandosi da lui e tornando a guardarlo, con gli occhi arrossati e ancora lucidi. - Adesso sì, - ripeté, aprendosi in un sorriso.

 

FINE.

 

  
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