Anime & Manga > Pandora Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Fiamma Drakon    18/08/2011    1 recensioni
01. Hermes of Death: «... è morto... per colpa mia...».
02. Son of Darkness: Il giovane Vince era paragonato dalle serve ad un piccolo principe delle tenebre.
03. They simply hate each other: Tra Vincent Nightray e Xerxes Break non correva affatto buon sangue.
04. Like a dark sky: «Tu... vedi tutto con troppa negatività...».
05. Drowsy anger: «Vince, cosa volevi fare con quelle forbici, mh?».
06. Tutor-mode ~ ON: «Cominceremo con le lezioni di pianoforte, lady Ada».
07. It's red like my scissors' wound... and your eye: «Il tuo occhio rosso... ha lo stesso colore delle ferite di Cheshire, quelle delle tue forbici».
08. I want to call you "master"!: «Dai, Vincent... a sentirmi chiamare “padrone” mi sembra d’essere vecchio...».
09. The Curse of Awareness: «Perché... non è stata colpa mia, Gil...».
10. War on a white blanket: «Una dichiarazione di guerra?».
[scritta per la community dieci&lode]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti, Vincent Nightray
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
7_It's red like my scissors' wound___ and your eye Vincent aprì gli occhi e si ritrovò disteso supino in uno spazio buio che non riconosceva. Era come un’immensa stanza della quale non riusciva a vedere né il soffitto né le pareti.
Si rialzò, leggermente intimorito dal luogo dove si trovava e si guardò attorno: non c’era nessun altro con lui.
Era completamente solo.
Il pavimento su cui era steso fino a poco prima era piastrellato con mattonelle bianche e nere in un singolare ed alquanto sinistro motivo a scacchiera che per qualche strano motivo gli era familiare.
Indosso non portava il suo solito abbigliamento da notte, bensì una versione più lunga - data la sua notevole altezza rispetto a quand’era bambino - dell’abito bianco che ricordava d’aver portato a lungo mentre era a servizio della casata dei Bezarius, cent’anni prima.
Perché la stesse indossando, non lo sapeva. L’unica cosa di cui era certo era che quel posto non gli piaceva per niente: l’aria stessa trasudava qualcosa di macabro, un qualcosa che lo opprimeva e, stranamente, lo spaventava.
Voleva tornare nella sua camera, anche se non aveva la minima e più remota idea di che strada dovesse prendere per uscire - né se effettivamente un’uscita da quel luogo esistesse.
All’improvviso cominciò a correre. Veloce, verso una meta a lui stesso sconosciuta.
Tutto ciò che vedeva innanzi a sé erano le tenebre che campeggiavano ovunque, temibili ed impenetrabili.
Non c’era niente su cui basarsi per orientare il proprio cammino. Ovunque volgesse lo sguardo, tutto gli appariva uniforme e uguale.
Non doveva avere paura, non voleva, eppure più se lo ripeteva e più il suo cuore veniva stretto nella morsa d’acciaio di un panico che cresceva secondo dopo secondo.
«Dove sono? Cos’è questo posto? Perché sono qui? Dov’è... l’uscita?».
Tutte domande che martellavano incessantemente nella sua testa, rinforzando la sua pressante sensazione di terrore puro e semplice.
La sua pelle si ricoprì di sudore freddo nell’arco di una decina di minuti e la veste si appiccicò al suo torace snello e alla sua schiena, facendolo sembrare ancor più magro di quel che era. Quasi scheletrico.
Voleva uscire da lì, in fretta. Tornare alla normalità.
All’improvviso, dopo un lasso di tempo indeterminato, nell’immensità di quel luogo sperduto e lugubre un tintinnio risuonò, mistico, seguito da un debole miagolare.
Vincent continuò a correre verso l’ignoto, guardandosi intorno in cerca del gatto che aveva prodotto quei suoni, senza riuscire a scorgere niente che non fosse tenebra.
Il suono si ripeté, stavolta più vicino, ma il biondo non si fermò.
Il miagolio divenne sempre più forte e più acuto, somigliando sempre più al grido straziante di un gatto sofferente, finché...
Il Nightray s’arrestò di colpo quando vide, sdraiato di fianco sul pavimento innanzi a sé, un gatto dal pelo nero con il muso schizzato di sangue, che si era rappreso in una pozza scura sotto il capo. La linfa cremisi che gli striava il pelo proveniva dalle orbite, straziate e private del prezioso tesoro che custodivano: gli occhi.
Era un gatto che il biondo conosceva bene: era stato lui a cavargli i bulbi oculari con le forbici quand’era bambino.
«Te lo ricordi, vero...?».
Una voce miagolante e maschile riecheggiò attorno al ragazzo, che ispezionò d’istinto i dintorni un’altra volta, riscontrando di nuovo d’essere completamente solo.
«Cheshire non aveva fatto niente...».
O quasi: dinanzi al Nightray, infatti, il micio ferito era scomparso, sostituito da un ragazzo coi capelli rosso cupo e le fattezze in parte feline, accucciato a terra.
Il viso era alzato e rivolto verso Vincent, che poté così constatare che gli occhi erano bendati con una pezza bianca, sintomo inequivocabile della sua cecità.
«Cheshire era innocente... e tu l’hai accecato!» soffiò il gatto, improvvisamente rabbioso.
S’alzò con una spinta poderosa delle gambe e s’avventò contro il biondo, colto alla sprovvista dall’azione.
Si ritrovò a terra, gli artigli del felino che premevano sulle sue spalle come se volessero perforargli la pelle.
Il volto di Cheshire era a pochissimi centimetri da quello di Vincent, le labbra che fremevano d’ira. Sembrava intenzionato a sbranarlo, a giudicare dal soffiare continuo e minaccioso.
Il biondo cercò di sottrarsi, invano: era troppo pesante e grande perché potesse sgattaiolare via. Gli era sopra e - come se non bastasse - si era ancorato al suo petto con gli artigli che teneva ben piantati nella sua camicia.
«Il tuo occhio rosso... ha lo stesso colore delle ferite di Cheshire, quelle delle tue forbici».
Anche se non vedeva più doveva avere buona memoria, se era riuscito a ricordarsi del colore dei suoi occhi dopo tutto quel tempo, a dispetto della sua cecità.
Vincent sentì il gatto grattargli la pelle con le unghie e chiuse gli occhi, certo che l’avrebbe trafitto.
E invece, tutto ciò che sentì fu qualcosa di caldo che gli gocciolava sul viso, cadendo in gocce dense e viscose sulle sue guance per poi scivolare lungo di esse, cadendo ad inzuppargli i capelli sparsi disordinatamente sul pavimento, imprigionati in parte sotto la testa. Solo quando il liquido cominciò a divenire tanto, quasi una pioggerella, il biondo si azzardò ad aprire gli occhi.
Ebbe istantaneamente un tuffo al cuore quando vide il viso del ragazzo-gatto, a pochissima distanza dal suo: la pelle cerea sembrava quella di un cadavere riesumato. Era impressionante.
Nel suo viso spiccavano le due grosse e cave orbite vuote, circondate di una corolla di grumoso sangue rappreso, mentre dall’interno delle due cavità cadeva ancora altro sangue, che colava sul volto di Vincent.
Attorno alle palpebre si vedevano i segni di scavature violente, cicatrici di ferite che si ostinavano a non rimarginarsi, solchi inquietanti. La pelle sul margine delle orbite presentava innumerevoli slabbrature, come se fosse stata strappata via.
Tutto ciò che rimaneva del sopruso che il giovane aveva perpetrato un secolo addietro ai suoi danni. Ferite che, per quanto tempo passasse, non si sarebbero mai rimarginate del tutto.
«Cheshire vuole vendicarsi» miagolò il ragazzo-gatto con una certa soddisfazione malvagia nella voce.
«Cheshire vuole... il tuo occhio rosso».
Sollevò con impeto la zampa dal suo petto, lacerando il tessuto in cui era impigliata. Soffiò rabbioso ed abbatté gli artigli sul viso del biondo, che lanciò un grido lancinante nell’attimo in cui l’unghia raggiunse la sua palpebra, conficcandosi nell’orbita.
Poi tutto divenne rosso e doloroso.

Vincent Nightray si risvegliò gridando, mettendosi seduto sotto le coperte.
La mano corse istantaneamente all’occhio destro, che sentì ancora presente, intatto.
Del sangue che aveva sentito zampillare dalla palpebra o che Cheshire gli aveva gocciolato addosso non c’era la minima traccia.
Cercò di calmare il respiro ed il battito cardiaco respirando profondamente e lentamente.
Sbatté più volte le palpebre per liberare le ciglia dalle gocce di sudore freddo che le imperlavano, così come anche il resto del suo corpo.
«È stato... solamente un incubo...» mormorò tra sé e sé, sospirando, sdraiandosi di nuovo.
Quel gatto voleva il suo occhio rosso come il sangue che gli coronava le orbite cave. Voleva strapparglielo per vendicarsi o per infliggergli le stesse ferite che lui aveva subito o per tornare a vedere almeno in parte - difficile dire quale delle tre fosse l’ipotesi corretta, visto che erano tutte molto plausibili.
Fortunatamente, era stato solamente un frutto della sua immaginazione.
«Anche se... non avevo mai fatto incubi collegati così strettamente con quel gatto nero di Alice...».
Uno scampanellio risuonò debole nella stanza.
Vincent si allungò a prendere le forbici che la sera avanti aveva abbandonato sul comodino, cominciando a temere che quello non fosse stato semplicemente un incubo.
Che Cheshire fosse seriamente intenzionato a fargli provare il dolore di quelle ferite inferte a tradimento ai suoi occhi.





Angolino autrice
Ecco a voi il settimo capitolo! *-*
Stavolta condito con del nonsense e taaanto dark *O* e mi ci sono divertita troppo ù___ù *quando l'Ispirazione ti prende male*
Comunque - visto che mancano ancora tre capitoli - ho deciso di cercare di girare un po' coi personaggi, visto che usavo sempre Vince con Gil *amore fraterno <3*
Anyway, ringrazio GMadHattressFromUnderground per la recensione allo scorso capitolo, XShadeShinra per la recensione al primo e quanti hanno aggiunto la fic alle preferite/ricordate/seguite.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pandora Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Fiamma Drakon