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Autore: Deirdre_Alton    19/08/2011    1 recensioni
C'è un piccolo ragno di nome Agravain che tesse la propria tela, nella sua trama saranno in molti a cadere. Sarà l'imprevisto però a far crollare il suo mondo.
C'è un'altra tela, grande, immensa, tessuta da Dio e dalla Dea. Questa trama si espande, oltre il mare, chi ne rimarrà impigliato?
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agravaine, Gawain, Mordred, Morgana, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 35

Arrivati nelle vicinanze di Camlann, Nimue mi disse che dovevamo prima raggiungere Avalon, per farlo dovevamo prendere una piccola barca e navigare sul Lago di Vetro.
«Ad io posso entrare ad Avalon come se nulla fosse? Quando me n'ero andato, voi sacerdotesse eravate delle persone piuttosto gelose oserei dire, gli uomini non erano molto graditi in casa vostra.»
Lei si fermò un istante mentre stava legando la sua cavalcatura ad un albero.
«Le regole sono cambiate Mordred, ora sono io la Dama del Lago e ad Avalon ci faccio entrare chi voglio, se ne è degno. E tu lo sei. Con questo la discussione è chiusa.»
Rimasi a bocca aperta.
«Ma-ma-ma! Ti pare normale essere la Dama del Lago, Signora di Avalon, Somma sacerdotessa ed andartene in giro a scorrazzare per la Britannia per andare a prendere-»
Con un gesto della mano mi zittì.
«La mia signora Morgana ha chiesto un favore. Io sono stata più che onorata di farle questo piacere. No! So già cosa sta macinando la tua testa maliziosa, non è lei a comandare Avalon muovendomi come un burattino. Semplicemente, la stimo profondamente. Ora basta. Andiamo.»
Oh, Dea. Nimue non era cambiata di una virgola, era sempre stata la sua specialità zittirmi.
Camminammo per un po' raggiungendo la zona paludosa, opposta alla pianura lambita dal lago di Vetro, Camlann. Lì seguendo una corda legata ad un palo, trovammo una piccola imbarcazione perfettamente mimetizzata da una coperta di telo verde.
«Sarebbero queste le magie di Avalon?» Le chiesi aiutandola a spingere verso l'acqua la barchetta.
«Mai sottovalutare le soluzioni semplici, Principe corvo.»
«Principe corvo, eh? Ho come l'impressione che le voci non circolino veloci solo a Camelot.»
Con i due remi che trovammo all'interno dell'imbarcazione, ci spostammo, inoltrandoci sempre di più verso la nebbia che copriva perennemente i confini di Avalon.
«Ed ora? Come farai a capire in che direzione stiamo andando?»
«Qui serve un po' di quella che tu chiami magia, ma che io chiamo abitudine e punti di riferimento.» Mi rispose lei sottovoce.
Dove li trovasse quei punti di riferimento per me era un vero e proprio mistero, non riconoscevo nulla di fisico in quello che mi circondava.
Non saprei dire dopo quanto tempo, mi parve che fosse un attimo, lei disse: «Ci siamo, non remare più.» Mi fermai ed intravidi un molo ed alcune figure vestite di scuro, che forse ci attendevano.
Riconobbi subito mia zia Morgana e vicino a lei, Ginevra. Quest'ultima si portò una mano alla bocca riconoscendomi.
Scesi a terra e mia zia corse ad abbracciarmi con dolcezza. Indossava lo stesso abito che avevo visto nel mio sogno. «Puoi immaginare quanto io sia contenta di vederti mio piccolo corvo?» Anche se non l'avrei mai ammesso, con la Regina Ginevra che mi guardava, così pallida e spaventata, ero seriamente emozionato di essere tra le braccia di mia zia e di essere stato ammesso ad Avalon.
«Mordred, purtroppo non abbiamo tempo per questo. Siamo passati di qui per prendere Lady Morgana con noi, la battaglia è già iniziata. Dobbiamo andare.» Disse Nimue stando sulla barca. Aiutai mia zia a salire a bordo, sentii Ginevra avvicinarsi. Mi voltai a guardarla, se era possibile, ma non lo era, mi sembrò ringiovanita. Forse l'aria di Avalon le era più congeniale di quella di Camelot.
Mi voleva parlare, ma forse non sapeva che dire di preciso. Parlai senza sapere cosa fosse il vero significato delle mie parole. «Porterò tuo marito da te, mia Regina.» Lei mi disse in un sussurro: «Grazie, Mordred.»
Ripartimmo, mi voltai una sola volta per guardare Ginevra che alzò la mano in segno di saluto. «Zia, è troppo se ti chiedo... come stanno le cose tra voi due?»
Morgana, che era seduta davanti a me e dietro di Nimue, emise un suono indecifrabile. «Posso solo dire che le cose stanno meglio dell'ultima volta che te ne ho parlato, tutto qui.»
«Mi fa piacere.» Le dissi chinandomi in avanti.
Anche questo viaggio fu sorprendentemente veloce, uscimmo dalla nebbia in pochissimo tempo e per prima cosa mi accorsi che il sole era ormai rosso, aveva iniziato a nascondersi dietro ad alcune nuvole all'orizzonte. Poi mi raggiunse il clamore delle spade, cavalieri e cavalieri che urlavano colpendosi l'un l'altro, cavalieri che urlavano per il dolore, straziati da altri cavalieri. La prima persona che riconobbi da lontano fu Lancillotto con la sua armatura bianca, scintillava grazie alla luce del sole in modo diverso dagli altri. Cercai con frenesia i miei fratelli, se lui era lì poteva solo significare che gli uomini di quella spedizione erano ritornati in patria.
Ci avvicinammo ancora, vidi Bedivere, senza elmo, rosso di sangue dalla testa ai piedi che con lo scudo cercava di farsi largo, doveva aver perso la spada nella lotta.
Non trovavo Gawain, non vedevo Gaheris da nessuna parte.
Sagramore?
Sentii finalmente la sua voce, la sua furia non si era placata. Lo trovai finalmente nella mischia e mi rilassai leggermente, se lui era lì, sicuramente Gawain era vivo, non avrebbe mai permesso che gli succedesse qualcosa di male.
«Mordred.» Nimue si voltò indietro. «Dobbiamo scendere e prendere Artù, è ferito e non possiamo fare molto qui se non salvare lui. Non posso permettermi di portare via tutti, ma lui sì, lo farai?»
Ebbi un attimo di esitazione. Bedivere? Bors? Gawain? Gaheris? Sagramore? Tutti gli altri potevano essere feriti anche in modo grave... li avremmo dovuti lasciare lì?
«Mordred, non puoi salvare tutti. Questa potrebbe essere l'ultima occasione che hai di parlare con tuo padre. Per favore...» Mia zia Morgana parlò così senza guardami, le mani intrecciate posate sulle gambe, lo sguardo fisso sulla strage che stava avvenendo sulla riva del lago.
Non dissi nulla, avevo già compiuto la mia scelta partendo da Sarras per tornare qui, se c'era la possibilità di fare qualcosa per mio padre, l'avrei fatta.
L'acqua era ormai bassa, mi alzai in piedi per poter poi scendere, vidi qualcosa con la coda dell'occhio che attirò la mia attenzione. Vidi mio padre, Artù, che si teneva il fianco destro, era sfinito. Il sangue gli scendeva rapido giù per la gamba. Riconobbi Costantino, lo sguardo inferocito, che con la spada in alto stava per dare il colpo di grazia al Sommo Re. Urlai con quanto fiato avevo in gola.
«PADRE!»
Artù si voltò, mi vide e successero molte cose contemporaneamente.
Lancillotto sentendo il mio urlo si accorse di Costantino e con un fluido colpo di spada, tranciò di netto il collo del Duca di Cornovaglia.
Vidi le labbra di mio padre muoversi formando il mio nome.
Vidi una freccia scagliata da lontano arrivare, lenta, lenta, lenta ma precisa verso di me.
Si piantò sul mio petto, a sinistra.
Sentii Nimue e Morgana urlare.
Prima pensai, strano, non dovrebbe fare male? Un male terribile? Poi il dolore arrivò tutto in un colpo, persi l'equilibrio sbilanciando la barca e caddi in acqua.
L'acqua era fredda e sentii un freddo come non l'avevo mai sentito. Mi arrivarono le voci, oh Dea, così tanti voci... ma attutite dall'acqua, c'era della gente che si preoccupava per me. Ero dunque così importante io? Pensavo che solo Galahad fosse abbastanza pazzo per poterlo pensare, ma lui era toccato da un Dio, era speciale.
Ma tutte queste persone che mi toccavano, che mi tiravano fuori dall'acqua, perchè lo facevano?
Mi misero sulla barca ed aprendo gli occhi vidi il cielo, ormai era troppo scuro, purtroppo non aveva lo stesso colore degli occhi di Galahad. La prima persona che vidi fu Lancillotto.
«Strano. Ho fatto tanta stra-da per salvare-salvare mio padre... se sapevo che ci avresti-ti pensato tu mi…»
«Non parlare. Ti stai sforzando per nulla.» Era la prima volta che mi parlava in modo così gentile. Oh Dea, sentii delle lacrime scendere dai miei occhi. Mi ricordava così tanto suo figlio.
«Lui sta-sta bene. E' re. Tutti-ti lo-lo aman…», il dolore era troppo forte ma era giusto che Lancillotto sapesse che suo figlio era un eroe, un santo, un re, un pazzo forse.
All'improvviso fu tutto buio ed io mi lasciai andare.


   
 
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