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Autore: Miss Kon    19/08/2011    3 recensioni
La prima volta che l’aveva vista, con quel suo modo di fare impacciato e sempre in costante imbarazzo, Itachi aveva subito pensato che non sarebbe sopravvissuta molto in un mondo spietato come quello dell’arte.
Infatti per quanto si potesse essere bravi, la giusta capacità la possedevano in pochi e tra questi pochi la fama ne baciava sempre e comunque solo una parte; tanto più che in quel contesto, la pittura, l’arte era la più varia.
Incredibilmente invece lei aveva resistito e lo aveva fatto con una tenacia stoica
Attenzione!!! Questo lavoretto contiene CRACK-PAIRING, se non vi paice il genere astenetevi! La coppia in questione è HinataxItachi
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Ok, so che dovrei magari concentrarmi di più sulla raccolta di lavori dedicati a Sugetsu e Karin [giusto per farmi un po' di indecente pubblicità, il lavoro si chiama:Karin&Suigetsu: dieci motivi per cui ti odio e per cui mi piaci un casino], però questa storia ce l'aveva in magazzino da tempo e ho trovato che fosse, magari, una buona idea pubblicarla.
Essendo una grande amante dei crack pairing questo lavoro è ovviamente incentrato su una coppia "strana" ed è la ItachixHinata.
Mi ispirano quei due, non so perchè ma mi ispirano. In compenso so che sparsi e spersi nel web ci sono alcuni sporadici fan di questa coppia che spero apprezzeranno questa breve AU!



Comunicare.

La prima volta che l’aveva vista, con quel suo modo di fare impacciato e sempre in costante imbarazzo, Itachi aveva subito pensato che non sarebbe sopravvissuta molto in un mondo spietato come quello dell’arte.
Infatti per quanto si potesse essere bravi, la giusta capacità la possedevano in pochi e tra questi pochi la fama ne baciava sempre e comunque solo una parte; tanto più che in quel contesto, la pittura, l’arte era la più varia.
Incredibilmente invece lei aveva resistito e lo aveva fatto con una tenacia stoica.
Ogni volta che la vedeva, quando andava a parlare con i vari direttori di gallerie in cerca di qualcuno che volesse darle una possibilità di fare un piccola mostra, non piangeva mai e in quegli occhi chiari portava sempre dipinta una determinazione che stonava con il rossore che ogni volta le imporporava le guance a ogni minima sciocchezza.
Lui da tempo ormai era divenuto famoso, grazie ai suoi quadri innovativi e carichi di emozioni, e con la notorietà aveva anche ottenuto due nomignoli che sinceramente gli erano in egual misura indifferenti: “il genio dell‘illusione” e “l‘artista degli occhi”.
Itachi, se doveva essere sincero, non aveva mai fatto arte con l’intento di divenire famoso o di far conoscere le proprie opere, aveva sempre disegnato e dipinto per pura passione. Trovava che i disegni e le sfumature di colori che imprimeva sulla tela, pennellata dopo pennellata, fossero l’unico modo che aveva di esprimere sé stesso.
Il vero sé stesso che da tempo aveva chiuso in un forziere, con delle catene, che poi aveva gettato nelle profondità della sua anima.
Ed era certo, per quale oscuro motivo neppure lui lo sapeva, che anche per quella giovane ragazza, Hinata Hyuuga l’arte fosse esattamente la stessa cosa.
Aveva sempre percepito nel suo modo di fare contenuto, timidamente riservato e costantemente mite qualcos’altro di ben nascosto sotto.
Come braci che sotto la cenere se ne stavano nascoste ma ancora calde.
Era come se fosse un contenitore troppo piccolo per una vastità esagerata di emozioni che trovavano via di fuga solo attraverso il colore che distribuiva nei suoi lavori e proprio i quadri della giovane Hyuuga gli avevano confermato quella sua ipotesi. Ogni pennellata sembrava una parola non detta e nel complesso i due lavori che aveva visto, fatti da lei, sembravano lunghe confessioni riguardo sé stessa.
Ciò che non capiva era quel suo desiderio di far conoscere al mondo quelle parole, che invece erano rivelazioni estremamente personali e forse quasi intime.
Proprio quella domanda, che gironzolava insistentemente nella sua testa, lo spinse ad avvicinarsi a lei e a inclinare un poco l’ombrello per fornirle un riparo migliore dalla pioggia rispetto la sua giacca.
La ragazza sentendo la poggia fermarsi sopra la sua testa si voltò curiosa e subito lo vide.
La sua pelle assunse un colorito più roseo in pochi istanti.
“U-Uchiha-sama…!” esclamò con una voce un po’ incerta.
Itachi la osservò in silenzio poi si posizionò affianco a lei, avanzando di un passo.
“Stai andando a casa?” le domandò guardando la strada.
La giovane Hyuuga proseguì ad osservalo per un’altra manciata di secondi poi, rendendosi conto del fatto che le aveva posto una domanda, abbassò il capo e si affrettò a rispondere.
“Sì! Ma l‘autobus sembra in ritardo” disse sorridendo, rassegnata di fronte alla pessima efficienza dei sistemi di trasporto.
Il moro le lanciò un’occhiata di scorcio e poi tornò a concentrarsi sulla strada.
“Se vuoi ti do un passaggio io” disse cogliendo completamente di sorpresa la giovane che sgranando gli occhi si voltò nuovamente a fissarlo. “Tanto sono di strada” spiegò voltando il capo un po’ verso di lei.
Gli occhi lillà della ragazza incontrarono quelli scuri dell’interlocutore e per un attimo lei si sentì come se quelle iridi magnetiche stessero indagando dentro i suoi pensieri in cerca di chissà cosa.
Imbarazzata da quella sensazione chinò in fretta il capo e tornò a guardare per terra, l’asfalto grigio.
“O-ok…” esalò in fine con un sospiro un po’ tremulo.
Itachi le disse, allora, di seguirlo e i due si diressero alla macchina.
Durante il tragitto lei gli spiegò con brevi, e a volte imbarazzate, frasi dove doveva girare o da che parte andare; per il resto, durante il viaggio, l’unica cosa che dominò l’aria dentro l’auto fu un silenzio un po’ imbarazzato e sinceramente strano.
Quando furono arrivati la ragazza scese ma prima di chiudere la portiera esitò un attimo.
“Vo-vorresti…bere qualcosa?” gli domandò facendo un po’ di fatica a battere l’imbarazzo che la pervadeva, nel fare un simile invito a un ragazzo che sostanzialmente era un estraneo.
L’Uchiha la guardò per alcuni istanti senza proferir verbo poi, ancora una volta mosso dalla curiosità che quella strana ragazza gli suscitava, accettò.
Quando arrivano all’appartamento della ragazza, situato all’ultimo piano di un vecchio edificio un po’ in periferia, Hinata lo fece accomodare.
Lui si sedette su divano come la ragazza gli aveva indicato e si guardò attorno notando ben presto alcune tele su cui erano accennate delle sagome e scarabocchiati degli schizzi.
“Ho solo del tea alla pesca” esordì tornando con due bicchieri e una bottiglia di tea, la moretta.
“Va benissimo, non ti preoccupare” la rassicurò l’uomo tornando a fissare uno dei lavori che popolavano quella stanza.
La giovane Hyuuga parve accorgersene ed arrossì.
“Non sono nulla di che, non è vero?” commentò sorridendo un po’ rassegnata.
Itachi non parve accorgersi di quelle parole poiché proseguì a fissare i lavori dell‘interlocutrice. “Non dovresti dire così” mormorò in fine.
Hinata non rispose a quelle parole e voltandosi lentamente si mise anche lei a guardare quei suoi quadri incompleti.
“Sai?” cominciò a dire all’improvviso attirando l‘attenzione dell‘interlocutore“Può sembrare assurdo però io…io li sento come se fosse una parte di me” ammise sorridendo e osservando con occhi colmi di sentimento il quadro che aveva davanti.
“Perché ci tieni così tanto a far pubblicare i tuoi lavori, se li senti come se fossero un pezzetto di te?” volle sapere a quel punto l’Uchiha cui le parole gli erano sgusciate via dalle labbra quasi senza che se ne rendesse conto.
“Vedi, quando ero all’accademia ci fu un periodo in cui ero certa che non ce l’avrei mai fatta, ma incontrai una persona così piena di forza e di volontà ardente che a mia volta fui contagiata da questa sua tenacia e rimasi completamente impressionata sia dalla sua ostinazione sia dalla nobiltà con cui la portava avanti. Fu grazie a quella persona e all’amore che sentivo nei suoi confronti che riuscii a sopravvivere tutte e cinque gli anni senza mai arrendermi. Però tutto ciò…non sono mai riuscita a dirglielo.” spiegò tutto d’un fiato quasi senza rendersi conto che stava rivelando a un, praticamente, completo estraneo qualcosa di estremamente personale. Eppure con Itachi, fin dal primo istante in cui l’aveva visto, sentiva che poteva esprimersi liberamente senza sembrare sciocca.
“Ecco” proseguì “Perché voglio che questi pezzetti di me vengano esposti. Non mi interessa se centinaia di gente vedrà così un angolo della mia anima messo a nudo, purché questo serva a far arrivare a lui queste mie parole. Voglio che lui sappia di questo sentimento che ho provato tanto forte per lui.” spiegò con voce mite mentre stringeva tra le mani la stoffa del bordo della sua maglia.
Itachi posò il bicchiere e la guardò attentamente per l‘ennesima volta in quella sera.
Si alzò in silenzio e si avvicinò a lei e al suo quadro, guardando attentamente quest’ultimo.
“Capisco” disse semplicemente mentre le sue pupille seguivano le linee delle pennellate “E apprezzo questa tua determinazione” proseguì con un tono insolitamente delicato.
Hinata rincuorata gli sorrise, felice di vedere qualcuno capace di comprendere le sue intenzioni senza ritenere che fossero una banale sciocchezza.
Itachi scrutò per alcuni istanti ancora il quadro della moretta poi si concentrò su di lei.
Le sfiorò una guancia con il dorso della mano e sentì la sua pelle tiepida scaldarsi per l’imbarazzo.
Trovava che quella ragazza delicata come un’orchidea ma determinata e resistente come un vecchio salice fosse davvero particolare come persona e soprattutto trovava che fosse davvero bella in questo suo essere gracile eppure forte.
Si chinò un poco su di lei e le loro labbra si sfiorarono.
Hinata per istinto chiuse di scatto gli occhi e si irrigidì impercettibilmente, ciò nonostante il moro si accorse della sua ritrosia e discreto si allontanò un poco da lei.
Piegò le labbra in un lievissimo sorriso comprendendo appieno la sua reazione ed educatamente la salutò per poi andarsene, prima però che oltrepassasse la soglia Hinata lo fermò chiamandolo.
Quando si voltò la vide mentre, con le guance un po’ imporporate, si torturava la maglia guardandolo.
“I-io…” provò a parlare ma le parole le appassirono in gola, così fu costretta a prendere un profondo respiro dopo del quale riprese a parlare “Se ti va…torna ancora” disse in fine.
Itachi le sorrise e poi se ne sparì dietro la porta salutandola nuovamente.
  
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