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Autore: Dei_Outsider    20/08/2011    0 recensioni
Credeva ancora alle mezogne. Credeva ai sorrisi falsi, credeva alle parole pungenti di chi lo aveva rinchiuso in un monastero.
Credeva di essere un mostro.
Credeva in Dio.
Finchè all'improvviso vide i suoi occhi.
Genere: Avventura, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Pain, Zetsu
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Buongiorno. Vorrei ringraziare chiunque iniziasse a leggere questa stranissima fanfict. GrazieH pìpol!
Ora, il primo capitolo non spiega fondamentalmente un tubo, quindi non crucciatevi se alla fine non capite assolutamente nulla.
Rileggendola non ci capisco nemmeno io D:
La coppia YahikoXZetsu è assurda, e me ne rendo conto. Eppure vorrei provare a proporvela. Dopotutto, che male c'è? <3
Ejoy :D


La Parentesi di una Mezz’ora.


[Passo Primo.Il peso del Cuore.]
Era stato tutto tremendamente veloce. La testa aveva acquisito considerevolmente peso, e le gambe si erano fatte fragili, schiave di una gravità incredibilmente ribelle.
Ogni senso aveva cominciato a vorticare, trasformandosi utopisticamente in un confuso miscuglio di sensazioni esplosive, che avevano lasciato sconvolta la polverosa tranquillità del proprio corpo.
Rapida, silenziosa ed efficace la ribellione sulla staticità di un’idea mummificata aveva prevalso sopra ad ogni logica, rompendo poderosamente ogni minuscolo contatto con la realtà.
Ruggendo il cuore si era rivelato, mostrando orgoglioso il suo sorriso al mondo, troppo abituato a vederlo nascosto tra le spire del proibizionismo, ed aveva azzerato ogni minima percezione terrena con un sonoro calcio nel culo.
Poi silenzio>/i>.
Il mondo si era fatto immediatamente nero, lasciandolo vittima delle ombre della propria mente, della propria follia.

“Guarda che figure mi fai fare. Siamo svenuti come due idioti, Zetsu. La prossima volta vedi di ricordarti di respirare, che se l’aria esiste, vuol dire che a qualcosa servirà pure.”
“ Vorrai dire che IO sono svenuto come un idiota…”
“ Ricordati che questo corpo è mio, piccolo. Tu sei mio.“
“Ti prego, lasciami in pace. Vattene, e toglimi queste ombre di dosso.”
“ Io non posso lasciarti andare. Io sono te. Le ombre sono solo un effetto collaterale della tua scarsa forza di volontà. Vedi di diventare più resistente, Zetsu.”
Più resistente. Mpfh, facile a dirsi.

Abbracciato da una coltre scura, contornata di riccioli pece, ricordò tempestivamente ogni singolo particolare degli ultimi istanti di vigile coscienza, stampati a fuoco nella sua mente instabile.
Quegli occhi.
Brillavano, splendevano, rompevano in un lampo le spire della propria patologia, della propria paura. E in un solo singolo istante, avevano conquistato i battiti del proprio cuore, ricordandogli della sua precaria esistenza, nascosto nella solida prigione toracica.

Erano le prove del matrimonio, le ultime, prima del decisivo passo che avrebbe legato indissolubilmente due giovani anime nell’indifferenza del mondo moderno, in un’eterna spirale di amore e fedeltà.
O almeno, questo è ciò che i passi della Bibbia e le ingiallite pagine del Vangelo avevano voluto fargli crede con tutta la loro santa autorità.
Oh, ovviamente a dover dire " Si, lo voglio!" non era lui. Quando mai.
Lui non aveva mai avuto a che fare con l’amore.
Non ne conosceva l’odore, non ne aveva mai assaporato il contatto, o la magia, raccontata nei volumi segreti dei libri proibiti che spesso gli avevano passato tra le fredde e mute colonne della Chiesa.

Se lo immaginava spesso, l’amore.
Placido, platonico, la ragione per la quale l’uomo lotta e per la quale l’uomo si spegne, portando per sempre un sorriso mesto sulle labbra sporche di sangue.
Tra le righe strette, rilegate da una copertina rosa confetto, aveva incontrato spesso opinioni che definivano l’amore come il vero scopo che spinge l’uomo a vivere davvero.
Il giovane monaco invece era stato da sempre alimentato solo e semplicemente dalla paura.
Dalle carezze graffianti, dalla freddezza delle sue parole, e dalle impressionanti ombre del suo sorriso.
Tra i complessi cunicoli della sua memoria non vi era il ricordo del bacio della madre, ne degli incoraggiamenti del padre. Sempre ammesso che ne avesse mai avuti davvero.
Era da sempre stato rinchiuso li, tra quelle quattro mura spirituali, Zetsu, per quanto mai gliene concernesse. Colpito continuamente dagli sguardi del divino, teneva la testa bassa di fronte alle manifestazioni di umano affetto, ben conscio che a lui mai sarebbero state riguardate, visto il solitario e buio percorso nel quale era stato incastonato con la forza.
Insomma, senza troppi giri di parole, sembrava uscito dalle Pagine dei Promessi sposi, timido e insignificante personaggio secondario destinato a gioire per gli altri.
Amen.

Il prete. La conquista del Priorato. Il Santo.
Questo era ciò della quale viveva, ciò che fin dai tempi dell’innocenza con brutalità gli era stato insegnato con fini strategie psicologiche e complesse reti di inganni, dettate dall’avarizia, dalla brama di quel potere ecclesiastico che in pochi riescono davvero ad ottenere con la sola forza della purezza d’animo.
Costretto a restare per sempre nella prigione del Paradiso, viveva in solitudine con la propria pazzia, con un avversario troppo forte da affrontare senza appoggio alcuno: se stesso.

Soffriva di un raro caso di schizofrenia, un accellerato processo di sdoppiamento della personalità, che in ogni minuscolo frangente di vita si mostrava in tutta la sua prepotenza, sfruttando la debolezza della sua volontà.

O almeno, così credeva Zetsu.

Terrorizzato da quel germe che sottopelle comandava i battiti della propria vita, evitava di ascoltare le sue parole, e prendeva continuamente le distanze da quell’oscuro lato della propria coscienza.
Continuamente tempestato dalla foga del vivere, o meglio del sopravvivere, era stato colto improvvisamente dal silenzio.
Etereo nella frettolosità di un tempo effimero, l’assenza di parole aveva totalmente scardinato le sue percezioni, aveva domato il suo mostro. Il tutto, quando due vitrei occhi di ghiaccio si erano posati impudicamente sul suo volto spezzato.

Si era zittito, Se stesso, era caduto a sua volta vittima di quello sguardo infinito, perso nella spirale di concernente profondità che essi procuravano al suo subconscio.

Ed il calore cominciò finalmente ad irradiare il suo respiro, ora affannoso, ora Eccitato.
Chissà se l'Altissimo avrebbe gradito tale dimostrazione di sessualità deviata davanti al suo altare.

Per la prima volta in lunghi anni, la cosa sembrò non importargli una benedetta sega.
Che cos’è questa strana sensazione?
  
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