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Autore: ponlovegood    20/08/2011    3 recensioni
Raccolta di cinque storie, una per ognuno di loro.
«Certo che ci farebbe davvero comodo un altro musicista per la band» sospirò e lentamente iniziò a raccogliere le sue cose per poi rimetterle nella borsa.
«Ehi, solo perché sbavi dietro a quel tipo io non acconsentirò a fargli far parte della band. Poi un chitarrista c’è già» esclamò Ryo con convinzione.
«Uno, io non gli sbavo dietro e due, era solo un commento generale. So perfettamente che un altro chitarrista non serve» replicò l’altro un po’ stizzito.
«Ah ok, mi stavo già preoccupando»
La campanella suonò. Era ora di ritornare alla triste realtà scolastica.

[da cap. 1 Sveglia pt. 4]
«Il mese prossimo vado a trovare i miei. Voglio presentarti a loro»
Al suono di quelle parole mi andò di traverso il the che stavo bevendo; lui invece continuò a guardarmi con tutta tranquillità.
«C-che… che cosa?»

[da cap. 2 La porta di casa pt. 1]
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aoi, Kai, Reita, Ruki, Uruha
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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La porta di casa

 

[pt. 4]

* * *

Ruki’s sight

Era presto, dannatamente presto.

E Takanori Mastumoto –ovvero io me stesso medesimo- non era affatto abituato ad alzarsi a un’ora del genere. Insomma, le otto nel mattino erano più vicine all’alba rispetto alle le altre. Perciò, in pratica, era l’alba, no?

Dalle tapparelle filtravano dei sottili raggi di luce grigiastra che illuminavano tristemente la stanza e quell’atmosfera non mi invogliava di certo ad alzarmi; me ne sarei stato molto più volentieri a crogiolarmi nel tepore del piumone. Sì, eravamo a maggio e avevamo ancora il piumone, problemi?

Mi rigirai pigramente nel letto e mi soffermai a guardare la figura che dormiva con molta poca grazia al mio fianco. I capelli biondi erano tutti arruffati e la bocca era semi aperta, mentre un braccio penzolava a mezza’aria. Cercai di trattenere una risata, ma allo stesso tempo mi chiedevo se anche io avessi un’espressione così imbarazzante mentre dormivo.

Gli lanciai un’ultima occhiata poi finalmente mi decisi a scendere e a recuperare qualche vestito pulito; da quando Yutaka si era ammalato, la lavatrice la facevamo sempre meno spesso e a fine settimana avevamo ben poco da mettere. Forse era il caso che mi decidessi a cercare l’indirizzo di una lavanderia o forse era meglio compare dei vestiti nuovi?

Avere quella nuova maglia leopardata blu non sarebbe stato male, in effetti. Anche quei pantaloni con gli inserti in oro erano belli. Avrei anche potuto comprare due T-shirt uguali, una per me e una per Ryo. Lui sicuramente ne sarebbe stato felice, me lo sentivo!

Mi infilai in una felpa nera pescata dal fondo dell’armadio e un paio di pantaloni di uno strano verde mela; non sapevo neanche di avere una cosa simile. Afferrai occhiali da sole, cellulare, chiavi di casa e portafoglio per poi uscire silenziosamente dalla nostra camera da letto.

Nostra.

Era ancora strano anche solo pensarlo, nonostante tutto quello stesse durando da ben due anni. A volte ero sorpreso che la nostra relazione fosse ancora in piedi; che lui non si fosse ancora stufato di me. Avevo paura di perderlo e per questo cercavo sempre di sorprenderlo, anche se il più delle volte sembrava che facessi solo casino.

Non volevo che si allontanasse da me; non avrei potuto sopportarlo.

Certo che però era ironico sentir dire una cosa dal genere da colui che lo aveva rifiutato per primo facendogli passare un anno assai poco piacevole.

Non andavo fiero di quello, no di certo.

 

«Takanori, io…» mormorò Ryo che in quel momento sedeva al mio fianco. Teneva lo sguardo puntato al suolo e stringeva i pugni sulle ginocchia, tanto che le sue nocche erano diventate bianchissime.

Un po’ perplesso rimasi in silenzio aspettando che continuasse quella frase lasciata a metà.

«Io credo seriamente di amarti» mi confidò tutto d’un fiato, mangiandosi la metà delle parole, ma la restante metà fu più che sufficiente per capire perfettamente cosa stesse dicendo.

«Ryo, spero per te che tu stia scherzando» così dicendo mi alzai e mi allontanai da quel divano e da lui.

 

Inizialmente non fu poi così difficile ignorare completamente i suoi sentimenti; facevo semplicemente finta che non esistessero.

Solo tre anni fa ero davvero una persona così odiosa?

Evidentemente sì.

Non avevo idea di cosa passò per la testa di Ryo facendogli decidere di non arrendersi con me, ma ringraziai per sempre quella sua decisione. Avrebbe potuto ingoiare la pillola, per quanto fosse amara, e andare avanti cercando di dimenticarsi di me e di quanto fossi stato meschino.

Ma non lofece. Decise di stringere i denti, provare e riprovare.

Ora ero io quello che faceva di tutto per lui o almeno ci provavo; non avrei rischiato di perderlo una seconda volta.

Quel giorno avrei fatto qualcosa di davvero speciale; sarebbe stato indimenticabile.

Accostai la porta alle mie spalle e procedetti dritto verso il soggiorno dove mi accolse, dall’alto del divano, uno scodinzolante Koron.

«Vieni con me» dissi prendendo il suo guinzaglio e lui subito scese dalla sua postazione per mettersi al mio fianco. «So che tu e Ryo non andate molto d’accordo, ma oggi gli faremo una sorpresa, ok?»

Koron non sembrò aver capito una sola parola di quello che avevo detto, dato che tutta la sua attenzione era stata catturata dal guinzaglio che tenevo in mano.

«Cane ingrato, perché non ascolti quando ti parlo?» borbottai e lui in tutta risposta abbaiò fragorosamente. Gli lanciai un’occhiataccia, ma ignorò anche quella. L’unica cosa che rimaneva da fare era uscire o avrei svegliato gli altri due; non mi sembrava il caso né di farmi scoprire da Ryo, né di attirare su di me l’ira di Yutaka.

Sgattaiolai fuori dall’appartamento in quella mattina piuttosto fredda e assai triste di maggio.

 

«Buongiorno cliente» mi accolse cordialmente una piccola ragazza con indosso la divisa del konbini. «Bei capelli» sorrisi facendo un lieve gesto con la mano in direzione delle ciocche blu che a tratti interrompevano il nero totale della testa. Lei mi sorrise di rimando un po’ imbarazzata.

Il proprietario di quel negozio doveva essere un tipo a posto; quando avevo tinti i miei di capelli, ero stato cacciato dal mio posto di lavoro in malo modo. Non che i miei genitori mi avessero concesso un trattamento migliore, comunque.

Con la massima concentrazione ispezionai i vari scaffali alla ricerca degli ingredienti per torte.

Farina. Eccola lì, vicino ai vari tipi di pasta e noodles. Ma quale tipo avrei dovuto scegliere?

Uno..due..tre.. afferrai due pacchi caso; andavano più che bene.

Il cacao doveva essere dolce per forza, amaro faceva schifo.

Rimanevano: lievito –del quale scelsi di nuovo una marca a casaccio-, uova, latte, burro…

 

Non sapendo bene le dosi avevo abbondato con le quantità, fatto sta che in quel konbini ci lasciai una fortuna e i commessi mi salutarono radiosi quando me ne andai seguito da Koron. Vista l’ingente quantità di pacchi e il loro peso non da poco, la mia idea di andare a comprare qualche vestito nuovo era sfumata ben presto. Peccato, avrei davvero voluto quella maglia.

Con passo un po’ malfermo mi avviai verso la strada di casa chiedendomi dove avrei trovato la forza per raggiungere il nostro appartamento al terzo piano, dato che l’ascensore era temporaneamente fuori uso; da notare che il cartello ‘Fuori servizio’ era stato affisso più di un mese prima.

Dieci minuti e parecchie rampe di scale dopo, ero finalmente arrivato tutto intero. Solo una scatola di uova mancava all’appello: era caduta e si era spiaccicata al suolo a soli cinquanta metri dal nostro palazzo.

Infilandomi le pantofole notai piacevolmente che nessuno era ancora sveglio. Avevo campo libero.

Koron tornò ad appostarsi sul divano e si mise a guardarmi con occhio critico; sempre che i cani possano avere quel tipo di sguardo.

Svuotai le buste sul tavolo e mi preoccupai di nascondere per bene il preparato per dolci che avevo preso insieme a tutto il resto. L’avevo comprato per uno sfortunato caso di emergenza, che sia chiaro.

Ora non mi restava che darmi da fare per riuscire a cucinare qualcosa di mangiabile. L’avevo visto fare a Yutaka un sacco di volte.

La differenza tra la teoria e la pratica non era poi tanta, no?

 

«Li hai fatti tu? Veramente?!» domandai sgranando gli occhi dalla sorpresa.

Il ragazzo seduto davanti a me annuì notevolmente imbarazzato; non la smetteva di tormentarsi le maniche della maglia.

Mi rigirai tra le dita un piccolo cioccolatino al latte, osservandolo con attenzione quasi minuziosa.

Sembrava un semplice cioccolatino, come tutti gli altri.

Né particolarmente bello o elaborato, né un ammasso di cioccolato fuso e poi raffreddato.

Sentii il biondo deglutire con forza.

Il mio parere lo spaventava sino a quel punto?

Senza esitare mi ficcai in bocca il cioccolatino e masticai per bene.

Quello fu il cioccolatino peggiore che mangiai in tutta la mia vita; era amaro, anzi di più. Ma lo mandai giù lo stesso e ne presi un altro dalla scatola rivestita di vellutino rosso.

«E’ buonissimo, Ryo» dissi mostrando un sorriso sporco di cioccolato.

Il viso del ragazzo che mi sedeva di fronte si illuminò improvvisamente.

Senza esitare feci sparire il secondo cioccolatino, poi il terzo e il quarto.

 

Probabilmente fu quello il momento durante il quale iniziai ad accettare i suoi sentimenti.

 

Mi sbagliavo e pure di grosso. Tra la teoria e la pratica c’era un’enorme, abissale differenza.

E fare una torta era un’impresa non alla mia portata, poco ma sicuro. Tutte quelle combinazioni di latte, farina, uova e varie erano degne di un chimico esperto; non stavo scherzando!

Sfogliai nervosamente il libro di cucina, ma non diceva niente su cosa fare quando l’impasto diventava peggio della colla.

Forse un po’ di latte avrebbe risolto le cose: afferrai uno dei cartoni e lo versai per metà dentro la ciotola contenente quello strano impasto colloso che profumava di cacao. Mescolai con la spatola ed effettivamente il tutto sembrò diventare più morbido.

Ce l’avevo forse…fatta?

Quello era davvero un impasto per dolci preparato proprio da me?

Con sguardo soddisfatto e orgoglioso immersi un dito in quella poltiglia marroncina e lo portai alla bocca: forse era un po’ dolce, ma poteva andare. Infondo le torte erano fatto apposta per essere dolci.

Versai tutto dentro una teglia e, sempre orgoglioso di me stesso, la infornai.

Infondo non c’era niente che non potessi fare, no davvero.

Ma quando mi voltai e i miei occhi si posarono sull’immane disordine che regnava in cucina, il mio orgoglio, la mia sicurezza e la mia felicità andarono a farsi friggere.

Il tavolo era un unico ammasso di farina, gusci d’uovo, cartocci del latte, bustine di lievito, spatole, cucchiai e un’infinità di altri oggetti che non ricordavo a quale scopo avessi utilizzato.

Recuperai un sacco della spazzatura e ci gettai dentro tutti i rifiuti; al diavolo la differenziata!

Il resto cercai di ammucchiarlo nel lavello e prima o poi avrei lavato tutto, promesso.

 

Stavo cercando di spostare dal tavolo due ciotole di metallo contenenti varie posate, quando queste pensarono bene di scivolarmi di mano e andare a cadere sul pavimento producendo un fracasso infernale.

Tirai giù qualche Kami e finalmente mi decisi a chinarmi per raccogliere gli oggetti sparpagliati per il pavimento. Mentre cercavo di raggiungere una forchetta che era andata a finire sotto il tavolo, sentii una voce che mi parve familiare.

Per la sorpresa mi alzai di colpo sbattendo una colossale craniata contro il piano del tavolo. Ecco altri Kami che venivano giù.

Lentamente riemersi da sotto il tavolo per vedere chi avesse fatto il suo ingresso in quell’inferno di cucina, ma sapevo bene quale sarebbe stata la risposta.

«Ryo?» mormorai con una voce terribilmente acuta e strozzata. Ormai la mia testa era completamente affiorata e avevo una visione perfetta del ragazzo biondo che mi fissava sconvolto.

Dovevo agire in fretta e farlo uscire da lì; non doveva venire a sapere niente.

«Cosa ci fai qui?!» gridai rialzandomi e portandomi subito davanti a lui. Dal suo sguardo allarmato capii che dovevo sembrare un pazzo, tutto ricoperto di farina e roba varia. «Non dovresti essere qui» mi lamentai sperando di persuaderlo ad andarsene, ma lui sembrava non volersi muovere.

Dovevo passare alle maniere forti?

«Via! Va via!» intimai cercando di spingerlo fuori dalla cucina, ma, vista la notevole differenza di altezza tra di noi, non era di certo un’impresa facile.

«Sei impazzito?!» mi gridò contro lui cercando di liberarsi di me e facendomi quasi perdere l’equilibrio. «Insomma Taka, ti decidi o no a lasciarmi andare?!»

No, non avrei ceduto. Lui non DOVEVA venire a sapere niente o tutti i miei sforzi sarebbero risultati vani.

«No, mai! Esci da qui Ryo, ti prego..» gridai in risposta mentre sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi. Sperai che lui non se fosse accorto. Per una volta avrei voluto essere in grado di fare qualcosa per lui, ma sembrava che fossi destinato a fallire sempre.

«Mi spieghi che dia…» iniziò con tono esasperato, ma si interruppe a metà della frase, mentre il suo sguardo si spostava con orrore in direzione del forno. «Taka, il forno!» gridò lui. «Eh?!» esclamai confuso e in quel momento mi sentii stringere forte dalle sue braccia senza riuscire a capire che diavolo stesse succedendo. Poi improvvisamente mi sentii spingere a terra; avevo le palpebre serrate, sapevo solo che le braccia di Ryo mi tenevano stretto a lui.

 

«Prendi!» mi sentii dire e dopo pochi istanti un borsone di mole piuttosto consistente mi colpì in pieno. Le lacrime tornarono a inumidirmi gli occhi e mi sentii ancora peggio di quanto già non stessi.

«Ci devi delle spiegazioni, Takanori»

Altra mazzata dritta al cuore. Una delle tante conseguenze della mia incapacità era stata farlo arrabbiare e non riuscivo a perdonare me stesso.

Lui aveva perfettamente ragione: dovevo loro delle spiegazioni decenti perché mica tutti i giorni uno manda a puttane la cucina e l’appartamento.

Il guaio era che le parole si rifiutavano di uscire dalla mia bocca perché esse stesse si rendevano conto di essere ridicole. Non potevo dire ‘Ho fatto saltare in aria tutto mentre preparavo una torta per te, Ryokun’.

«Insomma, parla!» sbraitò lui facendomi sobbalzare appena. Racimolando tutto il coraggio che avevo alzai la testa, ma non riuscii a guardarlo negli occhi se non per qualche breve istante.

 

«Ryo perché ti ostini a fare così? Dammi un dannatissima ragione!» sbottai irritato.

Lui mi guardava fisso negli occhi; facevo fatica a sostenere quello sguardo.

«Perché voglio farti capire che i miei sentimenti per te sono seri!»

 

Non aveva esitato. Mai.

Aveva messo in gioco tutto per me e non una sola volta aveva vacillato davanti alla possibilità di fallire.

Io invece non riuscivo neanche a prendermi la responsabilità per una tale cazzata.

Lui disse qualcosa, ma non prestai attenzione alle sue parole: ero troppo concentrato ad auto commiserare me stesso. Altre parole che non riuscii ad afferrare poi improvvisamente la sua mano si posò sulla mia spalla.

«Mi dispiace Ryokun» fu l’unica cosa che riuscii a dire anche se sapevo che avrei dovuto dare la priorità alle spiegazioni. Mi strinsi forte a lui, ma, anche in quel caso, sarebbe stato meglio comportami in modo diverso.

Ero una stupida donnicciola terrorizzata.

«Ryokun…»

Eppure non riuscivo a interrompere quell’abbraccio o a smettere di dire frasi per farmi compatire.

«Mh, che c’è?» domandò lui.

«Mi dispiace, ho combinato un casino…» dissi con tono sommesso mentre cercavo di ricacciare le lacrime indietro. Mi facevo pena da solo.

«Te l’ho già detto, Taka: non fa niente, davvero» insistette lui con tono rassicurante.

Ero un vero egoista, ma le sue braccia attorno al mio corpo e le sue parole gentili mi facevano sentire incredibilmente bene. Alla fin fine era sempre lui quello che dava qualcosa a me.

«Vedi, io… stavo cercando di fare una… cosa per te»

Non sarebbe stato necessario dirlo, no affatto. Ma volevo essere egoista ancora un po’ e sentirmi protetto da lui.

«Eh? Per me?» esclamò. Sembrava realmente sorpreso.

In notevole imbarazzo gli spiegai la faccenda della torta e tutto il resto senza riuscire a immaginare quale sarebbe stata la sua reazione. Tuttavia quando mi colpì in testa sgridandomi, ci rimasi un po’ di sasso. Lo guardai dubbioso, ma dopo pochi istanti lo sentii stringermi forte a sé e ringraziarmi.

Eh?!

«Eh? Ma non eri arrabbiato?» gli domandai, seriamente confuso.

«Grazie, davvero» ripeté lui.

 

«Non mi stancherò mai di ripeterti quanto io ti ami, lo sai Takanori?»

 

«Lo sai, Taka?» mi chiese improvvisamente mentre camminavamo lungo il marciapiede. Per un po’ saremo stati senza casa e di comune accordo avevamo deciso di alloggiare nell’appartamento di Yuu e Kouyou che, ora come ora, era vuoto.

Avevamo lasciato la macchina nel parcheggio e ora ci dirigevamo, carichi di borsoni, verso la palazzina dove abitavano i nostri due bandmates. Koron pareva entusiasta del cambiamento; Yutaka un po’ meno. Appena ci avessero pagati, gli avrei comprato una cucina nuova, promesso.

«No, cosa?» domandai di rimando.

«Non mi stancherò mai di ripeterti quanto ti amo, anche se fai saltare in aria la cucina perché non sai fare le torte» rispose lui ridendo.

 

-Kou… c’è un qualcosa che dovrei dirti… però è un qualcosina ina, non spaventarti. Forse Ryo te l’ha già detto, ma magari le nostre versioni sono un po’ diverse…-

Inviai quella mail dopo un paio d’ore da quando eravamo arrivati: il tempo necessario per mettere in salvo tutti gli oggetti che avrebbero rischiato di essere sbranati da Koron.

 

~

 

Mi sono fatta perdonare per l’obbrobrio pubblicato l’altro giorno? *^^*

Vi prego, ditemi di sì xDDD

Per scrivere questo nuovo capitolo mi sono impegnata molto, anche se non so se si vede. Personalmente mi piace, ma dovrò aspettare il verdetto di voi lettori u_u”

Che dire?

Mi è piaciuto molto impersonarmi in Ruki; ho cercato di rendere quest’episodio –visto dal suo punto di vista- un po’ più ‘serio’ rispetto a come lo avevo raccontato dal punto di vista di Reita.

Volevo mostrare a tutti un Ruki un po’ meno stupido del solito, ma un po’ infantile e insicuro. Spero che si sia capito che alla fine i suoi dubbi sono infondati, perché il tonno lo adora °A°

Inoltre mi auguro di non essere incappata di qualcosa di banale çOç

Due cose sui personaggi secondari:

- Ho dato un po’ di spazio anche a Koron u__ù Tra l’altro, oggi Ruki ha messo su twitter una suo foto, però a me non piace quel cane LOLOLOL *va a nascondersi*

- C’è una comparsa che potrebbe essere una nostra vecchia conoscenza. L’avete mica riconosciuta?

 

Credo di aver terminato qui.

Per eventuali dubbi/domande/insulti non esitate a contattarmi u__ù

Vi ringrazio tutti, dal profondo del cuore *^^^*

Se vi capita lasciate un commentino, per me è davvero davvero importante.

 

Un abbraccio,

pon ♥

 

PS: Mi scuso con tutti per vari errori di battitura, ma ho dei problemi alla vista e mi è molto difficile riuscire ad individuarli tutti. Scusate ç____ç

  
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