Summer fever
Se non fosse stata così stanca e accaldata,
avrebbe fatto le scale a due a due.
Ma una
giornata di agosto- trascorsa nei tentativi vari di stare dietro a tutti i
progetti, a scorrazzare su e giù per tutto il Ministero, con l’aggravante di un
inaspettato caldo che aveva invaso tutti loro-
era stata in grado di intaccare persino l’efficienza e l’impeccabilità
dell’instancabile Hermione Granger.
Raggiunse la
porta con un sospiro, sventolandosi in viso con la mano libera.
Tentando di
fare il più piano possibile, abbassò la maniglia.
Nella
stanza, le tende erano tirate, con l’intento di limitare l’entrata di quel sole
che da giorni sembrava non voler dare tregua.
Entrò in
punta di piedi, chiudendo la porta, che cigolò in modo ormai familiare; al solito,
fu accolta dai gesti di esultanza dei Cannoni di Chuddley. Posò la borsa sulla
sedia della scrivania, ricoperta da un groviglio di magliette colorate. Fece qualche passo in avanti, scavalcando
alcuni giornaletti sul Quidditch abbandonati a terra, non prima di avergli
lanciato un‘occhiata di disapprovazione mista a rassegnazione. Il suo piede
ricadde su una trave del pavimento particolarmente instabile, che gracchiò
pesantemente.
- Ma’, ti ho
detto che non ho fame - mormorò una voce da un punto imprecisato del letto,
sotto un groviglio di lenzuola azzurre - Lasciami stare.
Hermione
scosse la testa, ma si lasciò sfuggire un sorriso. Senza dire nulla, si
inginocchiò ai piedi del letto - Caspita, devi stare davvero proprio male per
rinunciare ad un pranzo di Molly, allora.
All’istante,
in uno svolazzo di stoffa turchese, Ron Weasley riemerse dalle lenzuola. La
disordinata zazzera di capelli rossi ornava un viso stanco e arrossato, ma i
suoi occhi, sebbene lucidi, si illuminarono quando incontrarono quelli scuri di
Hermione, inginocchiata accanto a lui.
- Ciao,
straniera - le disse, cercando di mettersi a sedere - Che ci fai qui a
quest’ora?
Hermione
piegò la testa di lato, posandogli una mano sulla fronte e percependo subito il
calore, evidentemente non dovuto all’elevata temperatura esterna.
- Come stai?
Scotti - disse lei, ignorando la sua domanda. Prese una pezza umida e dopo
averla resa più fredda con un incantesimo, gliela poggiò in fronte.
- Sto bene -
mentì lui, beandosi della frescura momentanea del panno - Davvero - confermò
nuovamente, prendendole la mano con cui lei gli stava si sistemando il panno e
posandole un bacio sul palmo - E’ solo un po’ di febbre. Un po’ di…alterazione,
ecco.
Hermione
sollevò un sopracciglio - Hai la temperatura di un Thoroughbred,
Ron. Non la definirei “alterazione“.
Ron
tossicchiò, non riuscendo a trattenersi dal sorridere - Come è possibile che
non ti sfugga mai niente? - la prese in giro, giocherellando con una ciocca
arricciata sfuggita alla coda con cui Hermione teneva legati i capelli in
quelle giornate afose - Capisco che la quasi- responsabile- del-
dipartimento per la Protezione delle Creature Magiche debba essere
informata su tutto, ma davvero non ci sono limiti?
Lei si morse
le labbra, scuotendo la testa - Primo: smettila di usare quell’espressione,
perché la promozione non è ancora sicura…
- Ma se l’ha
detto anche Harry! - protestò Ron, debolmente - Il Ministro non fa altro che
dire che sei senza dubbio la candidata più perfetta per…
- “Più
perfetta” non si dice - lo corresse lei. Ron alzò gli occhi al cielo - E
comunque, non è questo il punto, adesso - con poca delicatezza, tirò le
coperte, rimboccandolo come un bimbo - Potevi avvertirmi! - gli disse - Avresti
potuto mandarmi un gufo, ieri sera! - continuò a rimproverarlo, mentre Ron
sprofondava sempre più nelle coperte - Invece l’ho dovuto sapere da Harry… per
puro caso!
Ron colse al
volo l’occasione per “redimersi” - Hai ragione - le disse subito, tirandosi un
po’ su, lasciando che la pezza umida gli scivolasse dalla fronte, cadendo sul
letto accanto a lui - Solo che non volevo farti preoccupare - tentò, cercando
di assumere la sua migliore espressione da cucciolo malato.
Hermione lo
guardò senza smuoversi, incrociando le braccia.
- E p-poi
ero sicuro che mi sarei rimesso entro dopodomani - aggiunse, scansandosi i
capelli resi umidi dalla pezza bagnata, senza guardarla - D-dato che in questi
giorni avevi detto che eri impegnata, probabilmente non ci saremmo visti e… non
ti s-saresti accorta di nulla, perché sabato starò benissimo. Pronto a fare
tutto ciò che vorrai - concluse, soddisfatto di come fosse riuscito a
svincolarsi da quella situazione.
Hermione
inarcò un sopracciglio, continuando a fissarlo. Le braccia ancora strette in
una morsa.
Cercando di
sfoggiare la più convincente “nonchalance” di cui era capace, Ron le gettò uno
sguardo e… gettò la spugna.
- E va bene
- sospirò, incrociando a sua volta le braccia sopra le coperte ed alzando gli
occhi al cielo- Non te l’ho detto perché volevo evitare che mi dicessi…
- Te lo
avevo detto, Ronald! - sbottò Hermione, non riuscendosi più a trattenere. Con
uno scatto nervoso afferrò la bacchetta, sotto lo sguardo orripilato di Ron -
Giocare a Quidditch sotto l’acqua, ma come vi è venuto in mente? - continuò,
infervorata, agitando la bacchetta. Ron, vagamente preoccupato, scivolò di
nuovo verso il basso, curandosi di non staccare gli occhi dal sottile pezzo di
legno che Hermione continuava a brandire come un’arma letale - E’ stato
totalmente da incoscienti, Ron! E ve lo avevo anche detto - proseguiva
imperterrita lei - Ma voi, niente! “Dobbiamo finire la partita!” - fece,
imitando la voce maschile di Ron - “Cosa vuoi che siano due gocce!”.
Solo in quel
momento Hermione sembrò rendersi conto di aver sventolato la bacchetta sotto il
naso di Ron per tutto il tempo. La guardò un momento, come se si stesse
chiedendo perché la tenesse in mano, ma il suo cervello impiegò meno di
una frazione di secondo per riportare alla memoria ciò che la fomentazione
della ramanzina aveva messo in secondo piano.
Riscuotendosi,
puntò la bacchetta contro Ron e in attimo il rossore dovuto alla febbre venne
sostituito dal bianco, probabilmente causato da un vago terrore.
- Oh - fece
lei, scuotendo la testa, in gesto di errore e deviò la traiettoria della
bacchetta, puntandola contro la pezzetta di stoffa ancora abbandonata sul letto
accanto a Ron - Aguamenti.
Dopodiché,
la strizzò e con un’inaspettata dolcezza la depositò sulla fronte di Ron,
sfiorandogli la guancia ispida con un sospiro.
- Scusami -
gli disse, senza guardarlo in faccia. Sospirò di nuovo e si alzò in piedi, per
poi sedersi sul bordo del letto accanto a lui - E’ che… quando Harry mi ha
detto che non eri venuto al lavoro perché stavi male… - disse, lisciando
spasmodicamente il lenzuolo - E io non ne sapevo niente! Ho ripensato a quando…
- si passò una mano sulla fronte e sorrise stancamente - Sono una sciocca.
-
Hermione!
Alzò
lo sguardo dal brano di antiche rune che aveva dovuto tradurre per quella
mattina, nel tentativo di dare un’ultima controllata ad alcune parole che non
la convincevano del tutto.
Scorse
subito Ginny, affannata, farsi spazio tra gruppi di studenti vogliosi di
mettere qualcosa sotto i denti per colazione.
-
Buongiorno, Ginny - la salutò Hermione, prendendo il suo succo di zucca, ancora
concentrata sul brano di rune.
-
Hermione, ascoltami. Ron…
Ma
Hermione la bloccò con una mano - No, senti, non mi interessa cosa tuo fratello
ti abbia mandato a dirmi - iniziò subito, correggendo una parola della
traduzione - Anzi, trovo infantile il fatto che lui abbia mandato te…
-
Hermione - Ginny le afferrò un braccio e quando Hermione alzò lo sguardo,
incontrò la paura nei suoi occhi - Ron è in infermeria. Lo hanno avvelenato.
E una
pozza di liquido arancione si allargò sul tavolo, inondando le rune tracciate
dall’ordinata calligrafia di Hermione, sparendo in un miscuglio indefinito di
inchiostro e succo di zucca…
Scosse la
testa - Sì, proprio una sciocca - ripetè, mordendosi le labbra.
Ron tossì,
coprendosi la bocca con una mano, mentre con l’altra afferrava quella di
Hermione - No che non lo sei - le disse, portandosela alle labbra e baciandole
più volte il palmo.
Si scoprì
leggermente, ora che il pericolo sembrava essere stato scampato, dato che
un’ondata di calore lo aveva appena fatto avvampare.
Ad Hermione
non sfuggì, perché subito si raddrizzò, efficiente. Dopo aver spostato la
pezza, gli piazzò una mano sulla fronte - La febbre sta ancora salendo - disse,
preoccupata.
-
Tranquilla, non…
Ma la
ragazza non lo stava già più ascoltando. Si era alzata in piedi e stava
trafficando con delle boccette posate sul comodino - Tua madre ha detto di aver
lasciato la Pozione Sfebbrante e che in caso di bisogno potevi prenderne due
cucchiai - disse, armeggiando con le bottigliette - Accio Pozione
Sfebbrante.
All’istante,
un’ampolla tozza e rossiccia svolazzò fino a raggiungere le sue mani. Hermione
la stappò e ne odorò il contenuto, mentre Ron la osservava attentamente,
tentando di captare una qualche reazione - Non è poi così male - fece lei,
riempendone un cucchiaio.
Un gemito
sfuggì dalle labbra del ragazzo che, prontamente, si rintanò sotto le coperte.
- Ron, esci
immediatamente - gli disse lei, in piedi accanto al letto, con il cucchiaio
ricolmo della sostanza giallastra.
In risposta
ricevette solo un borbottio indistinto.
- Ron! - lo
richiamò, tenendo sott’occhio il cucchiaio pieno, attenta a non far cadere
nulla - Avanti, Ron. Esci di lì!
Ma la massa
bitorzoluta di lenzuola azzurre sembrava non avere alcuna intenzione di darle
retta. Alzando gli occhi al cielo e soprattutto cercando di trattenere la
pazienze, Hermione si sporse verso di lui nel tentativo di afferrare un lembo
di quel lenzuolo e tirarlo via, ma il liquido appiccicoso traballò
pericolosamente nel cucchiaio, rischiando di finire a terra, di sporcare il suo
vestito a fiori e di imbrattare le lenzuola.
- Va bene -
fece lei, facendo un forte respiro - Te lo dirò una sola volta, Ronald: se mi
cade anche solo una goccia di questa roba…
In un
immediato svolazzo, Ron riemerse, rosso in viso e alquanto contrariato.
- Ma io sono
malato! - esordì, posandosi le braccia sulla testa - Non puoi minacciarmi,
per Merlino!
Stavolta
Hermione si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo, ma ci volle tutta la
pazienza che fu in grado di racimolare.
- Infatti,
non l’ho fatto - disse semplicemente lei, tagliando corto - Ora apri la bocca -
fece, avvicinando il cucchiaio.
Ron guardò
con orrore il cucchiaio, poi di nuovo lei.
Dal suo sguardo,
era evidente che stesse prendendo seriemente in considerazione l’idea di
tornare a rintanarsi sotto le coperte.
- Lo avresti
fatto, se ti avessi fatto finire la frase! - protestò lui.
Hermione
sospirò - Apri, Ron - e stavolta la minaccia era a dir poco evidente.
Ron assunse
la sua migliore espressione di disgusto e finalmente, in uno slancio di
coraggio, si decise ad aprire un pochino la bocca, lasciando intravedere uno
spiraglio.
Poi un altro
po’.
Poi ancora
un pochino…
E il
cucchiaio si avvicinava, nel frattempo.
Ancora un
altro po’.
Un
pizzichino…
- Ma sei
sicura che sia la pozione giusta? - fece, arretrando - Sai che spesso la mamma
confonde le boccette.
- Santo
cielo, Ron! - fece Hermione, esasperata - Ho usato l’incantesimo, certo che è
questa! Ora basta. Non può essere così male!
Con uno
sbuffo beffardo, Ron si sistemò meglio sul cuscino, ignorando completamente il
cucchiaio che Hermione teneva ancora sospeso a mezz’aria - Anche l’ultima volta
hai detto così - le disse, in tono accusatorio - Ricordi?
Dopo un
attimo di esitazione, Hermione annuì.
E, malgrado
tutto, sorrise…
Si
morse le labbra, fissando ostinatamente la porta di vetro satinato che le
sbarrava la strada.
Si
dondolò sui piedi, lasciando che l’indecisione prendesse il sopravvento sulla
sicura e decisa Hermione Granger.
Ma
non era indecisione la sua. Sapeva benissimo cosa doveva fare.
Lo
sapeva da quando Ginny le aveva detto che…
Scosse
la testa.
Il
giorno precedente, si erano precipitate in infermeria, dove li attendeva Harry.
Hermione
aveva ancora vivida l’immagine del suo volto: triste, colpevole.
Colpevole
di cosa, poi? Era stato lui a salvargli la vita.
Era
stato lui a salvarglielo.
Lei
lo aveva abbracciato subito, sentendo gli occhi gonfiarsi di lacrime; si era
dovuta fare coraggio per voltarsi a guardare quel letto dove Ron giaceva
apparentemente sereno, privo di sensi.
Per
qualche secondo era rimasta impalata a fissarlo, mentre Harry e Ginny
borbottavano insieme a Madama Chips, nell’attesa dei signori Weasley.
Si era
avvicinata, senza staccare gli occhi dal suo viso, si era avvicinata…
“Basta!”
Hermione scosse la testa, tentando di scacciare il ricordo del giorno prima
“Ora sta bene. E’ sveglio. Ed è dietro quella porta”.
E’ sveglio.
Forse
era proprio quello il problema.
Era
stato facile stargli vicino, il giorno prima.
Era
stato facile accarezzare la sua mano.
Era
stato facile mettere da parte il suo orgoglio.
Era
stato facile fare tutto quello senza dover incontrare il suo sguardo.
Ma
adesso era diverso.
Ron
si era svegliato.
Ed
ora, cosa avrebbe visto in quello sguardo? Astio?
Risentimento
per le ripicche che si erano fatti l’un l’altra nei mesi precedenti?
O
forse, indifferenza?
Ma
d’altra parte… Ron era il suo migliore amico. Doveva farlo per quello, per la loro
amicizia.
Bugiarda.
Sapeva
perfettamente perché lo stava facendo, e non c’entrava nulla la volontà di
onorare un valore importante come l’amicizia.
Lo
faceva per se stessa.
Lo
faceva perché era consapevole che non avrebbe trovato pace finché non avesse
incontrato gli occhi di Ron.
Finché
non si fosse assicurata che ci fosse di nuovo la vita in quell’azzurro,
indipendentemente dal sentimento che si nascondeva dietro di essi.
Si
aggiustò la borsa che teneva sulla spalla e con decisione abbassò la maniglia,
accompagnata dal rumore vibrante del vetro, mentre la porta si apriva.
Subito,
l’odore di disinfettante e di pulito le arrivò al naso.
La
fresca penombra dell’infermeria la avvolse, mentre la porta si richiudeva
silenziosamente alle sue spalle.
- Non
più di dieci minuti - la voce di Madama Chips giunse chiara e autoritaria dal
suo ufficio.
Hermione
annuì, come se l’infermiera potesse vederla. Strinse la tracolla della borsa
con la mano sudata.
Gettò
uno sguardo alla stanza: c’era una fila di letti completamente vuota. In fondo,
un paio di tende erano tirate.
Una
qualche forza a lei estranea la costrinse a muovere un passo.
Oltrepassò
i lettini dalle lenzuola candide.
Le
sembrò di camminare per chilometri prima di raggiungere il suo letto.
Tentennò
davanti a quelle tende chiuse, ma fu un attimo.
Aveva
deciso cosa fare e non si sarebbe di certo ritirata all’ultimo momento.
Ma
quando i suoi piedi si mossero con decisione, oltrepassando le tende, per un
attimo si pentì di tale decisione.
Quando
i suoi occhi incontrarono lo sguardo stupito di Ron si disse che non sarebbe
riuscita a sopportare di leggergli dentro astio, risentimento, indifferenza.
Non lo avrebbe sopportato.
-
Hermione - le disse lui, imbarazzato.
Lei
rimase ferma, in fondo al letto. Si voltò verso l’uscita, come se stesse
prendendo in considerazione l’idea di fuggire… come se si aspettasse che da un
momento all’altro qualcuno le dicesse che quello non era il suo posto e che
doveva andarsene.
Ron
nel frattempo, spostandosi a fatica, si era tirato su, reggendosi sui gomiti:
paradossalmente, anche la sua espressione tradiva la paura che lei scappasse
via.
-
Ciao - disse, invece, Hermione e per Ron non fu difficile percepire un tono di
sfida nella sua voce.
Nascose
un sorriso colmo di sollievo mentre la guardava, ferma davanti a sé, che si
dondolava sui piedi in maniera nervosa. Si accorse che lei evitava
accuratamente di guardarlo, troppo presa a fissarsi la punta delle scarpe.
Si
mise meglio sul letto e si passò una mano tra i capelli scompigliati,
pentendosi di non essersi dato una pettinata quando Ginny, quella stessa
mattina, gli aveva intimato di farlo.
Ma la
cosa non lo preoccupava più di tanto.
La
sensazione che aveva provato nel trovarsela davanti era stata talmente
piacevole e inaspettata che si sentiva quasi affannato, come se avesse appena
fatto una corsa forsennata per poterla raggiungere.
Aprì
la bocca per parlarle, ma non uscì alcun suono… forse perché erano davvero
troppe le cose che voleva dirle, era impossibile sceglierne una sola.
Le
avrebbe voluto dirle che era felice di rivederla.
Che
era stato uno stupido egoista.
Che
quello in cui erano stati lontani, era stato il periodo più brutto della sua
vita.
Che
quando aveva aperto gli occhi e non l’aveva trovata, aveva sentito una morsa
allo stomaco.
Che
quando era ancora privo di sensi aveva percepito la sua presenza, si era beato
del suono dei suoi sussurri.
Le
avrebbe voluto chiedere di avvicinarsi, per poterla anche solo sfiorare…
Ma
lei fu più veloce, come sempre.
-
Come stai? - gli chiese, ingoiando il vuoto e decidendosi, finalmente, a
guardarlo.
Tuttavia,
non si mosse. Rimase là, in fondo, impacciata in modo innaturalmente formale.
-
Pensavo che non saresti venuta - le disse Ron e subito si rese conto di come
questa osservazione potesse essere scambiata per una frecciatina.
Lo
pensò subito e quando vide Hermione corrugare la fronte, ne ebbe la conferma.
-
Senti, Ron, non sei nelle condizioni per poter discutere - gli disse, mettendo
una mano avanti - Per cui me ne vado prima che…
- No!
- la interruppe lui, deciso. Si drizzò a sedere con impeto - Resta! - si portò
una mano alla testa che, a causa del movimento improvviso di poco prima, aveva
iniziato fastidiosamente a girare - Per favore, Hermione. Resta - le disse,
sporgendosi in avanti per avvicinare la sedia al letto, indicandole di sedersi.
Hermione,
che si era avvicinata quando lo aveva visto chiudere gli occhi, lo guardò
preoccupata e si sedette dove lui le aveva indicato, ma rimase rigida, seduta
sul bordo della sedia.
- Non
ti mangia mica, eh! - scherzò lui, sorridendole speranzoso. Lei sembrò
rilassarsi un tantino; poggiò la borsa a terra e gli lanciò un altro sguardo
apprensivo.
- Sei
sicuro di stare bene? - disse voltandosi, indietro, come se cercasse qualcuno -
Perché se vuoi chiamo…
- Non
ho bisogno di nessun altro - la frenò lui e subito arrossì. Ma quell’uscita
riuscì a farla sciogliere un po’ di più -
Sto bene. Benissimo.
Stavolta
fu il turno di Hermione di arrossire. Annuì, mordendosi le labbra per non dargli
la soddisfazione di vederla sorridere.
Per
non dare a sé stessa la speranza di ciò che si nascondeva dietro quel sorriso.
-
Harry mi ha detto che… - si grattò la testa, a disagio. Ma stavolta non si
sarebbe fatto fregare; non avrebbe sprecato un’altra possibilità - Che ieri…
sei venuta.
Hermione
alzò lo sguardo verso di lui, sorpresa - Oh… già - si limitò a dire, vaga.
-
Beh… grazie - disse lui, sentendo improvvisamente troppo stretto il colletto
del suo pigiama blu.
Lei
alzò le spalle - Tu avresti fatto la stessa cosa, se fossi stato al mio posto -
disse, distaccata, iniziando a sentire un fastidioso pizzicorio agli occhi.
Non
doveva piangere.
Si
era imposta di non farlo e così sarebbe stato. Punto.
Non
doveva piangere.
Sobbalzò,
quando lui le sfiorò il palmo della mano con la propria - Allora grazie per
averlo fatto, senza che io me lo meritassi - le sussurrò lui, guardandola e
sforzandosi di non smuovere lo sguardo da Hermione, mentre sentiva il calore
espandersi nella zona orecchie.
- Oh, Ron… - il desiderio di piangere fu più forte dell’intenzione
di non farlo, a quel punto. Le lacrime che fino a quel giorno erano rimaste
prigioniere del suo orgoglio, di fronte a quelle parole, infransero la barriera
che fino ad allora le aveva frenate.
Si
coprì il volto con le mani, quasi come se
non volesse darsi per vinta.
Non
devo piangere.
Le
sfuggì un singhiozzo.
Le
lacrime continuavano ad uscire silenziose… Hermione percepiva il bagnato sulle
sue stesse mani, ma non riusciva a fermare quello scorrere muto.
- Hermione
- la chiamò Ron e lei si sentì tirare con forza per un braccio - Vieni qui - fu
tirata ancora e per un attimo capì di essere in piedi, poco prima che Ron la
tirasse verso di lui, con decisione - Vieni qui
- le ripeté, ma stavolta le parole arrivarono direttamente nelle orecchie di
Hermione, proprio nell’istante in cui sentiva le sue braccia avvolgerla in un
abbraccio.
- Mi
dispiace. Scusa, Hermione, mi dispiace - le bisbigliò tra i capelli, affranto -
Sono stato uno stupido.
- Sì, lo sei stato! - gracchiò lei, riemergendo dal suo abbraccio con il
viso arrossato in parte dal pianto, in parte dalla rabbia - Sei stato uno
stupido! - ripeté Hermione, tirando su con il naso e discostandosi da lui, nel
tentativo di darsi un contegno.
-
Vedo che non è stato difficile convincerti su questo punto - borbottò lui, ma
in realtà era sollevato dal fatto che la ragazza non gli scagliasse di nuovo
contro uno stormo di uccelli.
Hermione
lo fulminò con uno sguardo - Semplicemente perché questo l’ho già assodato da
anni - fece, mettendosi meglio seduta sul letto. Tentò di rimanere seria e
distaccata, ma non riuscì a non sciogliersi in un sorriso.
Ron
la guardò affettuosamente: davvero, da mesi sperava di poterla avere vicino, di
poter vivere qualche minuto così, insieme a lei, a parlare con lei, o anche
solo a guardarla.
La
osservò, mentre aggiustava il lenzuolo stropicciato, stirandolo con le sue
piccole mani.
Precisa,
attenta, ordinata come sempre.
- Mi
sei mancata - le disse, dandole un buffetto sul braccio. Gli era uscito senza
riflettere.
Da
anni Hermione lo rimproverava per il fatto che lui fosse solito parlare e poi
pensare.
Anche
in quel caso era stato così.
Ma
forse, stavolta il “non pensare” non era stato del tutto negativo…
Perché
non c’era assolutamente niente di negativo nello sguardo luminoso che lei gli
rivolse, non appena quelle parole furono metabolizzate dal cervello sveglio e
iperattivo di Hermione.
Ma
tanto velocemente quanto era arrivata, la luce negli occhi della ragazza si
spense.
Hermione
si morse il labbro, sospirando - Non farti sentire da Lavanda! - disse,
cercando di scherzarci su.
Ron
si lasciò cadere all’indietro, sprofondando nei cuscini. Sospirò, posandosi le
braccia sulla testa, con l’espressione assorta di chi sta cercando la soluzione
ad un grave problema. Sbuffò - Capirai. Tanto già ti odia.
Hermione
gli diede uno schiaffetto sulla gamba - Non mi odia! Semplicemente, non sono il
tipo di persona con cui va d’accordo - disse, sulla difensiva.
- In
poche parole, ti odia. E’ evidente - ribadì Ron, stiracchiandosi sul letto.
- Non
mi risulta.
- A
me risulta eccome - fece Ron, ridacchiando - Se potesse ti Schianterebbe ogni
volta che ti incontra.
Hermione
incrociò le braccia, chiedendosi come diavolo fossero finiti a parlare di
Lavanda - E perché mai dovrebbe odiarmi?
- gli chiese.
Ron
arrossì fino alla punta delle orecchie - Lo sai perché - disse, evitando il suo
sguardo.
- No,
non lo so!
- Sì,
che lo sai - la rimbeccò lui, tirandosi a sedere raggiungendo definitivamente
la gradazione- amaranto - Hermione, lo sai!
Lei
scosse le spalle - No.
- E’
gelosa! - sibilò Ron, guardandosi intorno come se temesse di veder sbucare
lavanda dal vaso da notte posto accanto al comodino - E’ gelosa di te! Lo sai
benissimo.
Hermione
corrugò la fronte - Non ne ha motivo - disse, aggiustandosi le pieghe della
gonna - Lei è la tua ragazza.
- E
tu sei Hermione - disse allora lui, soffermandosi sul suo nome, come se questo
bastasse a spiegare ogni cosa.
Lei
scrollò di nuovo le spalle, scuotendo la testa - Hai forse paura che ti chieda
di scegliere tra lei e me? - chiese con tono leggero, sperando che non
emergesse la paura alla base di quella domanda.
Ron
la guardò incredulo, con i capelli scompigliati e il colletto del pigiama
storto. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse. Di nuovo, si gettò
all’indietro, precipitando sui cuscini.
Schioccò
la lingua.
- Ho
sperato per mesi che mi chiedesse di scegliere tra te e lei - disse, guardando
il soffitto a volta dell’infermeria - Sarebbe già tutto risolto se mi avesse
chiesto di scegliere, miseriaccia! - fece, gesticolando - Ho aspettato e
sperato… e aspettato! Ma evidentemente non è tanto stupida da chiedermi di fare
una scelta tra te e lei.
Hermione
si morse le labbra, non riuscendo a trattenere una certa amarezza nell’udire
quelle parole, - Bè, Ron. Non ci rivolgiamo la parola da mesi - disse, sperando
di mantenere un tono di voce stabile - Non ti avrà chiesto di scegliere, ma… -
sfortunatamente, la saldezza di Hermione in quel momento parve vacillare - E’
evidente che una scelta tu l’hai fatta, in ogni caso - disse, voltando la testa
per non guardarlo.
Il
cigolio gracchiante delle molle le fece capire che Ron si era di nuovo tirato
su a sedere. Infatti, poco dopo, si sentì stringere il braccio.
Alzò
lo sguardo e Ron era lì, poco distante da lei. La sicurezza era dipinta sul suo
volto pallido - Ti sbagli. Hermione, io la mia scelta l’ho fatta da…
- Mi
permetta di disturbarla, signor Weasley! - li interruppe Madama Chips,
comparendo con un vassoio con sopra un paio di ampolle e dell’acqua.
Hermione,
arrossendo, scese dal letto e tornò a sedersi sulla sedia, fissando il
pavimento, mentre lo sguardo ammiccante di Madama Chips passava dall’uno
all’altra. Ron imprecò a bassa voce, passandosi una mano sulla fronte.
-
Deve prendere le sue pozioni, Weasley - fece la Chips, depositando il vassoio
sul comodino ingombro di zuccotti di zucca e Api Frizzole.
-
D’accordo, sì, va bene! - rispose Ron, impaziente, afferrando il vassoio in
modo da velocizzare l’allontanamento dell’infermiera - Faccio da solo, grazie!
Ma
quest’ultima lo guardò severamente - Weasley, deve prendere queste pozioni! Non
faccia il bambino!
- Non
si preoccupi, Madama Chips - intervenne Hermione, sorridendo all’infermiera - Mi
assicurerò io che le prenda.
Di
nuovo, la donna li guardò sospettosa, prima l’ui poi lei, facendo oscillare il
suo impeccabile caschetto brizzolato da sotto la cuffietta - Mi fido di lei,
signorina Granger - si arrese alla fine, girando i tacchi, non prima di aver
scoccato un’altra occhiataccia minatoria a Ron.
Il
ragazzo si adagiò sui cuscini, sospirando - Che stress. Sarà la terza volta
oggi che mi costringe a prendere questo schifo - si lamentò - Che poi, voglio
dire: ora sto bene! Sto benissimo! Non mi serve più - disse, incrociando le
braccia sulle coperte - Grazie per avermi aiutato, comunque - le disse,
lanciandole uno sguardo di soppiatto.
-
Figurati .- rispose lei, distrattamente. Si era alzata in piedi e stava
esaminando il contenuto della boccetta più grande - Quanto ne prendi di solito
di questo? - chiese, mostrandogli l’ampolla.
Ron
scrollò le spalle, disgustato - Un cucchiaio. E quella strega lo riempie fino
all’orlo. Che stai facendo?
- Sto
- fece Hermione, concentratissima, versando il liquido grigio nel cucchiaio -
versando - riempì ancora - la tua - lo riempì fino al limite - pozione.
Ron
la guardava a bocca aperta, come se non credesse ai suoi occhi - Pensavo mi
stessi coprendo con la Chips!
Hermione
lo guardò, scettica - Hai pensato male. Adesso, ingoia!
Ron
emise un lamento - Ma questa sbobba è… disgustosa!
Lei
lo guardò severa, avvicinandosi con il cucchiaio - Ron, santo cielo, sei stato
avvelenato! Dobbiamo assicurarci che il veleno venga totalmente rimosso dal tuo
corpo - disse minacciosa.
-
Miseriaccia - borbottò Ron, preoccupato. In realtà, era difficile capire se la
preoccupazione derivasse dall’idea del veleno ancora in circolo nel suo corpo,
oppure dal dover ingoiare quella pozione.
- Dai
- fece lei, incoraggiante, avvicinandogli il cucchiaio - Non sembra tanto male.
- Lo
è - la contraddisse lui, ma, obbediente, aprì la bocca e storcendo il muso,
ingoiò il contenuto del cucchiaio.
Hermione
annuì - Vedi? Tanta tragedia per nulla - posò il cucchiaio vuoto sul vassoio e
afferrò la sua borsa, lasciata a terra.
-
Certo - protestò Ron, imbronciato - Non l’hai mica dovuto prendere te!
Lei
alzò gli occhi al cielo, ma non rispose. Rimise la sedia al suo posto e
impacciata, si portò i capelli dietro la testa con un gesto nervoso.
-
Allora, Ron, io… sarà meglio che vada - disse, accennandogli un sorriso.
- Oh
- fece lui, grattandosi il capo, dispiaciuto - Certo - disse, annuendo.
- Bè,
allora… ciao! - gli disse lei, facendo qualche passo indietro e accennandogli
un saluto con la mano, imbarazzata.
Non
c’era mai stato tutto quel formalismo tra loro.
Non ci
sarebbe dovuto essere.
Ma
per Hermione era impossibile comprendere come doversi comportare, perché
incompresi erano i limiti al loro rapporto.
-
Hermione?
Si
voltò subito a quel richiamo e la sua espressione si addolcì, quando si trovò
faccia a faccia con le orecchie scarlatte di Ron.
- Sì?
Lui
aprì la bocca ma all’iniziò non ne uscì alcun suono. Nel frattempo, il rossore
si espandeva anche sulle gote - Mi… mi chiedevo… se… insomma… tornerai domani?
- buttò giù, tentando di rimanere “sciolto”. Ma le mani, intente a stritolare
un lembo del lenzuolo lo tradirono.
Un
brivido le attraversò la schiena, mentre, in modo fastidiosamente inevitabile,
si scatenava in lei la voglia di sorridere. Scosse le spalle, nel tentativo
perfettamente riuscito di sembrare indifferente - Sicuro… se ti fa piacere.
Lui
annuì freneticamente - Mi fa piacere! - confermò, subito.
-
D’accordo, allora… a domani!
Ma
non fece in tempo a muovere un passo…
-
Hermione?
- Sì? - disse, all’istante, voltandosi verso di lui, speranzosa.
Lui
sembrò tentennare di nuovo. Aprì e chiuse la bocca come un pesciolino fuor
d’acqua.
-
Ecco, io… - disse, passandosi una mano tra i capelli rossi - Grazie, per… -
prese un respiro - Grazie, ecco - concluse, fissando il nodo con cui era
riuscito ad intrecciare il lenzuolo come se fosse la cosa più interessante al
momento.
- Oh
- fece lei, confusa, corrugando la fronte - Bè… prego!
Folle.
Era
quella l’unica parola che le veniva in mente per descrivere quella situazione.
Folle.
Se le
avessero chiesto quale fosse stato il nocciolo di quell’ultima loro
conversazione, non avrebbe saputo cosa rispondere. E dall’espressione vaga e
confusa di Ron, probabilmente non lo sapeva neanche lui.
Rigidamente,
ruotò su se stessa, riprendendo a camminare verso l’uscita.
-
Hermione?
Stavolta
la ragazza non si prese neanche la briga di rispondere. Si limitò a volgere il
capo, con le sopracciglia talmente sollevate che per poco non rischiavano di
perdersi tra i capelli.
-
Cosa dovrei fare con Lavanda? - disse, candidamente.
Per
poco non le cadde la borsa con i libri: tuttavia, le sue dita erano talmente
strette attorno alla tracolla che la borsa rimase al suo posto.
Corrugò
la fronte, stupita e spiazzata.
Ma
Ron la guardava serio, in attesa di una risposta… come se davvero sperasse che
lei gli risolvesse quel “problema”, problema che non era stato tale quando nei
giorni in cui si lasciava pastrugnare la faccia in pubblico, davanti a tutti
(lei compresa!).
E
adesso pretendeva che lei, Hermione, trovasse la soluzione al casino che aveva
combinato?
Come
se non fosse stato già abbastanza difficile?
Come
se non fosse stato già abbastanza doloroso?
Guardò
Ron, poi l’ampolla della pozione.
Poi
riguardò Ron e di nuovo la bottiglietta.
E
dovette reprimere l’impulso di suonargliela in testa.
Scrollò
le spalle - Io non… non credo che siano fatti miei - rispose, a denti stretti -
Sono cose vostre, io non c’entro… niente - fece, imbarazzata, mordendosi le
labbra.
- E
se… se c’entrassi? - fece lui, arrossendo fino agli alluci. Ingoiò a fatica,
grattandosi la nuca - Cosa… mi consiglieresti di fare, se c’entrassi?
Ad
Hermione mancò un battito. Quell’assurda situazione la stava confondendo.
Aveva
senso tutto ciò?
Davvero
stavano parlando di ciò che pensava lei?
- Ti
consiglierei di… fare quello che senti più opportuno - disse, sulla difensiva -
Nessuno può sapere questo meglio di te, no? - ridacchiò, ma fu un suono
nervosamente stridulo.
- Già
- rispose lui, poco convinto.
Per
la quarta volta, Hermione fece dietrofront, dopo aver salutato Ron con un gesto
impacciato della mano, in uno stato di piena alterazione mentale.
Mosse
qualche passò incerto verso l’uscita, ma subito si voltò.
-
Ron?
- Sì?
- rispose lui, alzando lo sguardo.
- Da
quando io e te siamo così, talmente, idioti? - chiese Hermione, seria,
visibilmente preoccupata.
Sul
viso di Ron si aprì un sorriso. Scosse la testa - Da quanto mi dici di solito,
io lo sono sempre stato.
Lei
annuì, ancora pensierosa, le sopracciglia contratte e lo sguardo serio - Già -
fece - Ma io no!
E,
rigidamente, si voltò, arrancando verso l’uscita, con in testa molti più
pensieri rispetto a quando era entrata…
- Niente
giochetti, Ron - lo informò lei - Apri la bocca.
- Non ti
senti neanche un po’ in colpa per avermi imbrogliato quella volta? - fece lui,
offeso.
Hermione lo
guardò scettica - Certo che no! - disse, semplicemente - Non ti ho imbrogliato!
Hai fatto tutto da solo - sbuffò - Sai che ti dico? Non vuoi prenderla? Non
prenderla!
- Davvero? -
chiese lui, riemergendo dalla nuvola azzurra.
- Certo -
disse Hermione, semplicemente - Vorrà dire che ci penserà tua madre più tardi -
aggiunse, sogghignando.
Ron
strabuzzò gli occhi, mettendosi la mano davanti per tossire - Piccola infame!
- A
mali estremi…
- Va bene,
va bene - fece Ron, gesticolando a fatica - Da’ qua - le disse, guardandola
offeso.
Hermione gli
passò il cucchiaio, che traballò pericolosamente e con una sola boccata ne
ingurgitò tutto il contenuto senza batter ciglio.
Lei strabuzzò
gli occhi - Tutto qui? - disse - Tutta questa tiritera e neanche una smorfia?
Potevi prenderla prima, a questo punto!
Ron sollevò
le spalle - E perdermi le cure della mia infermiera preferita? - disse,
gettandosi sui cuscini - Non penso proprio.
Lei sedette
sul letto accanto a lui e gli diede un buffetto - E poi sarei io, l’infame!
Ron
ridacchiò, guardandola dal basso - Dammi un bacio.
-
Scordatelo! - disse categoricamente lei - Tua madre non voleva neanche farmi
salire. Le ho dovuto promettere che non mi sarei avvicinata troppo.
Ron sbuffò,
guardando il soffitto - Che cara la mia mammina, eh?
- E poi, non
ho nessuna intenzione di farmi venire la febbre - concluse, Hermione,
scostandogli i capelli dalla fronte bollente.
- E dai, Hermione!
- si lamentò - Non ti fa stare male sapere di poter fare qualcosa per farmi
stare meglio e non farlo?
-
Francamente, no.
Ron si finse
oltraggiato - Ma brava. Sappi che me ne ricorderò!
Hermione
ridacchiò, chinandosi su di lui - Se mi attacchi la febbre, troverò il modo di fartela
pagare - gli sussurrò sulle sue labbra.
Percepì
quelle di Ron schiudersi in un sorriso, mentre la mano di lui scivolava sul suo
fianco - Correrò questo rischio…
Il suono dei suoi tacchi sul pregiato pavimento di legno rimbombava
accompagnando i suoi passi.
Ma d’improvviso, un altro rumore giunse a rompere il silenzio.
Con uno sguardo accigliato, si accostò alla porta, infilando la testa -
Hermione, tesoro, stai bene?
Hermione alzò i libri dalle scartoffie sparse sul suo letto, intenta a
soffiarsi il naso - Sì, mamma - le disse sorridendo, gettando il cleenex nel
cestino.
- Ti sei raffreddata, cara - fece sua madre, apprensiva.
Hermione aprì la bocca per parlare, ma fu colta da un nuovo attacco di
starnuti. Afferrò un nuovo fazzolettino, non sapendo se sorridere o
innervosirsi, mentre si soffiava nuovamente il naso.
- Ehm, sì, mamma. Deve essere stato un colpo
di freddo - disse, sperando che sua madre non le chiedesse come fosse
possibile prendere freddo nel bel mezzo di una delle estati più calde che
Londra avesse conosciuto negli ultimi anni.
Sarà stato il caldo.
Sarà stata l’estate.
Sarà stato che questo capitolo è molto più lungo dei precedenti.
Ma scriverlo è stata una tortura.
Mi auguro che ne sia valsa la pena ;-)
Vi abbraccio, uno ad uno…