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Autore: TittiGranger    20/08/2011    12 recensioni
- Fino a prova contraria, Ronald, sono io che mi sono fatta un viaggio di otto ore oggi - protestò lei, con la testa praticamente infilata nel baule - Per di più, ora sto anche sistemando tutto questo - disse, riemergendo e alzandosi a fatica, con i capelli stravolti e stringendo tra le braccia un mucchio di pergamene - Mentre tu te ne stai spaparanzato sulla poltrona! - aggiunse, scaraventando le pergamene sul copriletto violaceo del suo baldacchino - Ergo, non sei nella condizione di poter essere stanco!___(Raccolta missing moments).
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Se non fosse stata così stanca e accaldata, avrebbe fatto le scale a due a due

Summer fever

 

Se non fosse stata così stanca e accaldata, avrebbe fatto le scale a due a due.

Ma una giornata di agosto- trascorsa nei tentativi vari di stare dietro a tutti i progetti, a scorrazzare su e giù per tutto il Ministero, con l’aggravante di un inaspettato caldo che aveva invaso tutti loro-  era stata in grado di intaccare persino l’efficienza e l’impeccabilità dell’instancabile Hermione Granger.

Raggiunse la porta con un sospiro, sventolandosi in viso con la mano libera.

Tentando di fare il più piano possibile, abbassò la maniglia.

Nella stanza, le tende erano tirate, con l’intento di limitare l’entrata di quel sole che da giorni sembrava non voler dare tregua.

Entrò in punta di piedi, chiudendo la porta, che cigolò in modo ormai familiare; al solito, fu accolta dai gesti di esultanza dei Cannoni di Chuddley. Posò la borsa sulla sedia della scrivania, ricoperta da un groviglio di magliette colorate.  Fece qualche passo in avanti, scavalcando alcuni giornaletti sul Quidditch abbandonati a terra, non prima di avergli lanciato un‘occhiata di disapprovazione mista a rassegnazione. Il suo piede ricadde su una trave del pavimento particolarmente instabile, che gracchiò pesantemente.

- Ma’, ti ho detto che non ho fame - mormorò una voce da un punto imprecisato del letto, sotto un groviglio di lenzuola azzurre - Lasciami stare.

Hermione scosse la testa, ma si lasciò sfuggire un sorriso. Senza dire nulla, si inginocchiò ai piedi del letto - Caspita, devi stare davvero proprio male per rinunciare ad un pranzo di Molly, allora.

All’istante, in uno svolazzo di stoffa turchese, Ron Weasley riemerse dalle lenzuola. La disordinata zazzera di capelli rossi ornava un viso stanco e arrossato, ma i suoi occhi, sebbene lucidi, si illuminarono quando incontrarono quelli scuri di Hermione, inginocchiata accanto a lui.

- Ciao, straniera - le disse, cercando di mettersi a sedere - Che ci fai qui a quest’ora?

Hermione piegò la testa di lato, posandogli una mano sulla fronte e percependo subito il calore, evidentemente non dovuto all’elevata temperatura esterna.

- Come stai? Scotti - disse lei, ignorando la sua domanda. Prese una pezza umida e dopo averla resa più fredda con un incantesimo, gliela poggiò in fronte.

- Sto bene - mentì lui, beandosi della frescura momentanea del panno - Davvero - confermò nuovamente, prendendole la mano con cui lei gli stava si sistemando il panno e posandole un bacio sul palmo - E’ solo un po’ di febbre. Un po’ di…alterazione, ecco.

Hermione sollevò un sopracciglio - Hai la temperatura di un  Thoroughbred, Ron. Non la definirei “alterazione“.

Ron tossicchiò, non riuscendo a trattenersi dal sorridere - Come è possibile che non ti sfugga mai niente? - la prese in giro, giocherellando con una ciocca arricciata sfuggita alla coda con cui Hermione teneva legati i capelli in quelle giornate afose - Capisco che la quasi- responsabile- del- dipartimento per la Protezione delle Creature Magiche debba essere informata su tutto, ma davvero non ci sono limiti?

Lei si morse le labbra, scuotendo la testa - Primo: smettila di usare quell’espressione, perché la promozione non è ancora sicura…

- Ma se l’ha detto anche Harry! - protestò Ron, debolmente - Il Ministro non fa altro che dire che sei senza dubbio la candidata più perfetta per…

- “Più perfetta” non si dice - lo corresse lei. Ron alzò gli occhi al cielo - E comunque, non è questo il punto, adesso - con poca delicatezza, tirò le coperte, rimboccandolo come un bimbo - Potevi avvertirmi! - gli disse - Avresti potuto mandarmi un gufo, ieri sera! - continuò a rimproverarlo, mentre Ron sprofondava sempre più nelle coperte - Invece l’ho dovuto sapere da Harry… per puro caso!

Ron colse al volo l’occasione per “redimersi” - Hai ragione - le disse subito, tirandosi un po’ su, lasciando che la pezza umida gli scivolasse dalla fronte, cadendo sul letto accanto a lui - Solo che non volevo farti preoccupare - tentò, cercando di assumere la sua migliore espressione da cucciolo malato.

Hermione lo guardò senza smuoversi, incrociando le braccia.

- E p-poi ero sicuro che mi sarei rimesso entro dopodomani - aggiunse, scansandosi i capelli resi umidi dalla pezza bagnata, senza guardarla - D-dato che in questi giorni avevi detto che eri impegnata, probabilmente non ci saremmo visti e… non ti s-saresti accorta di nulla, perché sabato starò benissimo. Pronto a fare tutto ciò che vorrai - concluse, soddisfatto di come fosse riuscito a svincolarsi da quella situazione.

Hermione inarcò un sopracciglio, continuando a fissarlo. Le braccia ancora strette in una morsa.

Cercando di sfoggiare la più convincente “nonchalance” di cui era capace, Ron le gettò uno sguardo e… gettò la spugna.

- E va bene - sospirò, incrociando a sua volta le braccia sopra le coperte ed alzando gli occhi al cielo- Non te l’ho detto perché volevo evitare che mi dicessi…

- Te lo avevo detto, Ronald! - sbottò Hermione, non riuscendosi più a trattenere. Con uno scatto nervoso afferrò la bacchetta, sotto lo sguardo orripilato di Ron - Giocare a Quidditch sotto l’acqua, ma come vi è venuto in mente? - continuò, infervorata, agitando la bacchetta. Ron, vagamente preoccupato, scivolò di nuovo verso il basso, curandosi di non staccare gli occhi dal sottile pezzo di legno che Hermione continuava a brandire come un’arma letale - E’ stato totalmente da incoscienti, Ron! E ve lo avevo anche detto - proseguiva imperterrita lei - Ma voi, niente! “Dobbiamo finire la partita!” - fece, imitando la voce maschile di Ron - “Cosa vuoi che siano due gocce!”.

Solo in quel momento Hermione sembrò rendersi conto di aver sventolato la bacchetta sotto il naso di Ron per tutto il tempo. La guardò un momento, come se si stesse chiedendo perché la tenesse in mano, ma il suo cervello impiegò meno di una frazione di secondo per riportare alla memoria ciò che la fomentazione della ramanzina aveva messo in secondo piano.

Riscuotendosi, puntò la bacchetta contro Ron e in attimo il rossore dovuto alla febbre venne sostituito dal bianco, probabilmente causato da un vago terrore.

- Oh - fece lei, scuotendo la testa, in gesto di errore e deviò la traiettoria della bacchetta, puntandola contro la pezzetta di stoffa ancora abbandonata sul letto accanto a Ron - Aguamenti.

Dopodiché, la strizzò e con un’inaspettata dolcezza la depositò sulla fronte di Ron, sfiorandogli la guancia ispida con un sospiro.

- Scusami - gli disse, senza guardarlo in faccia. Sospirò di nuovo e si alzò in piedi, per poi sedersi sul bordo del letto accanto a lui - E’ che… quando Harry mi ha detto che non eri venuto al lavoro perché stavi male… - disse, lisciando spasmodicamente il lenzuolo - E io non ne sapevo niente! Ho ripensato a quando… - si passò una mano sulla fronte e sorrise stancamente - Sono una sciocca.

 

- Hermione!

Alzò lo sguardo dal brano di antiche rune che aveva dovuto tradurre per quella mattina, nel tentativo di dare un’ultima controllata ad alcune parole che non la convincevano del tutto.

Scorse subito Ginny, affannata, farsi spazio tra gruppi di studenti vogliosi di mettere qualcosa sotto i denti per colazione.

- Buongiorno, Ginny - la salutò Hermione, prendendo il suo succo di zucca, ancora concentrata sul brano di rune.

- Hermione, ascoltami. Ron…

Ma Hermione la bloccò con una mano - No, senti, non mi interessa cosa tuo fratello ti abbia mandato a dirmi - iniziò subito, correggendo una parola della traduzione - Anzi, trovo infantile il fatto che lui abbia mandato te…

- Hermione - Ginny le afferrò un braccio e quando Hermione alzò lo sguardo, incontrò la paura nei suoi occhi - Ron è in infermeria. Lo hanno avvelenato.

E una pozza di liquido arancione si allargò sul tavolo, inondando le rune tracciate dall’ordinata calligrafia di Hermione, sparendo in un miscuglio indefinito di inchiostro e succo di zucca…

 

Scosse la testa - Sì, proprio una sciocca - ripetè, mordendosi le labbra.

Ron tossì, coprendosi la bocca con una mano, mentre con l’altra afferrava quella di Hermione - No che non lo sei - le disse, portandosela alle labbra e baciandole più volte il palmo.

Si scoprì leggermente, ora che il pericolo sembrava essere stato scampato, dato che un’ondata di calore lo aveva appena fatto avvampare.

Ad Hermione non sfuggì, perché subito si raddrizzò, efficiente. Dopo aver spostato la pezza, gli piazzò una mano sulla fronte - La febbre sta ancora salendo - disse, preoccupata.

- Tranquilla, non…

Ma la ragazza non lo stava già più ascoltando. Si era alzata in piedi e stava trafficando con delle boccette posate sul comodino - Tua madre ha detto di aver lasciato la Pozione Sfebbrante e che in caso di bisogno potevi prenderne due cucchiai - disse, armeggiando con le bottigliette - Accio Pozione Sfebbrante.

All’istante, un’ampolla tozza e rossiccia svolazzò fino a raggiungere le sue mani. Hermione la stappò e ne odorò il contenuto, mentre Ron la osservava attentamente, tentando di captare una qualche reazione - Non è poi così male - fece lei, riempendone un cucchiaio.

Un gemito sfuggì dalle labbra del ragazzo che, prontamente, si rintanò sotto le coperte.

- Ron, esci immediatamente - gli disse lei, in piedi accanto al letto, con il cucchiaio ricolmo della sostanza giallastra.

In risposta ricevette solo un borbottio indistinto.

- Ron! - lo richiamò, tenendo sott’occhio il cucchiaio pieno, attenta a non far cadere nulla - Avanti, Ron. Esci di lì!

Ma la massa bitorzoluta di lenzuola azzurre sembrava non avere alcuna intenzione di darle retta. Alzando gli occhi al cielo e soprattutto cercando di trattenere la pazienze, Hermione si sporse verso di lui nel tentativo di afferrare un lembo di quel lenzuolo e tirarlo via, ma il liquido appiccicoso traballò pericolosamente nel cucchiaio, rischiando di finire a terra, di sporcare il suo vestito a fiori e di imbrattare le lenzuola.

- Va bene - fece lei, facendo un forte respiro - Te lo dirò una sola volta, Ronald: se mi cade anche solo una goccia di questa roba…

In un immediato svolazzo, Ron riemerse, rosso in viso e alquanto contrariato.

- Ma io sono malato! - esordì, posandosi le braccia sulla testa - Non puoi minacciarmi, per Merlino!

Stavolta Hermione si trattenne dall’alzare gli occhi al cielo, ma ci volle tutta la pazienza che fu in grado di racimolare.

- Infatti, non l’ho fatto - disse semplicemente lei, tagliando corto - Ora apri la bocca - fece, avvicinando il cucchiaio.

Ron guardò con orrore il cucchiaio, poi di nuovo lei.

Dal suo sguardo, era evidente che stesse prendendo seriemente in considerazione l’idea di tornare a rintanarsi sotto le coperte.

- Lo avresti fatto, se ti avessi fatto finire la frase! - protestò lui.

Hermione sospirò - Apri, Ron - e stavolta la minaccia era a dir poco evidente.

Ron assunse la sua migliore espressione di disgusto e finalmente, in uno slancio di coraggio, si decise ad aprire un pochino la bocca, lasciando intravedere uno spiraglio.

Poi un altro po’.

Poi ancora un pochino…

E il cucchiaio si avvicinava, nel frattempo.

Ancora un altro po’.

Un pizzichino…

- Ma sei sicura che sia la pozione giusta? - fece, arretrando - Sai che spesso la mamma confonde le boccette.

- Santo cielo, Ron! - fece Hermione, esasperata - Ho usato l’incantesimo, certo che è questa! Ora basta. Non può essere così male!

Con uno sbuffo beffardo, Ron si sistemò meglio sul cuscino, ignorando completamente il cucchiaio che Hermione teneva ancora sospeso a mezz’aria - Anche l’ultima volta hai detto così - le disse, in tono accusatorio - Ricordi?

Dopo un attimo di esitazione, Hermione annuì.

E, malgrado tutto, sorrise…

 

 

Si morse le labbra, fissando ostinatamente la porta di vetro satinato che le sbarrava la strada.

Si dondolò sui piedi, lasciando che l’indecisione prendesse il sopravvento sulla sicura e decisa Hermione Granger.

Ma non era indecisione la sua. Sapeva benissimo cosa doveva fare.

Lo sapeva da quando Ginny le aveva detto che…

Scosse la testa.

Il giorno precedente, si erano precipitate in infermeria, dove li attendeva Harry.

Hermione aveva ancora vivida l’immagine del suo volto: triste, colpevole.

Colpevole di cosa, poi? Era stato lui a salvargli la vita.

Era stato lui a salvarglielo.

Lei lo aveva abbracciato subito, sentendo gli occhi gonfiarsi di lacrime; si era dovuta fare coraggio per voltarsi a guardare quel letto dove Ron giaceva apparentemente sereno, privo di sensi.

Per qualche secondo era rimasta impalata a fissarlo, mentre Harry e Ginny borbottavano insieme a Madama Chips, nell’attesa dei signori Weasley.

Si era avvicinata, senza staccare gli occhi dal suo viso, si era avvicinata…

“Basta!” Hermione scosse la testa, tentando di scacciare il ricordo del giorno prima “Ora sta bene. E’ sveglio. Ed è dietro quella porta”.

E’ sveglio.

Forse era proprio quello il problema.

Era stato facile stargli vicino, il giorno prima.

Era stato facile accarezzare la sua mano.

Era stato facile mettere da parte il suo orgoglio.

Era stato facile fare tutto quello senza dover incontrare il suo sguardo.

Ma adesso era diverso.

Ron si era svegliato.

Ed ora, cosa avrebbe visto in quello sguardo? Astio?

Risentimento per le ripicche che si erano fatti l’un l’altra nei mesi precedenti?

O forse, indifferenza?

Ma d’altra parte… Ron era il suo migliore amico. Doveva farlo per quello, per la loro amicizia.

Bugiarda.

Sapeva perfettamente perché lo stava facendo, e non c’entrava nulla la volontà di onorare un valore importante come l’amicizia.

Lo faceva per se stessa.

Lo faceva perché era consapevole che non avrebbe trovato pace finché non avesse incontrato gli occhi di Ron.

Finché non si fosse assicurata che ci fosse di nuovo la vita in quell’azzurro, indipendentemente dal sentimento che si nascondeva dietro di essi.

Si aggiustò la borsa che teneva sulla spalla e con decisione abbassò la maniglia, accompagnata dal rumore vibrante del vetro, mentre la porta si apriva.

Subito, l’odore di disinfettante e di pulito le arrivò al naso.

La fresca penombra dell’infermeria la avvolse, mentre la porta si richiudeva silenziosamente alle sue spalle.

- Non più di dieci minuti - la voce di Madama Chips giunse chiara e autoritaria dal suo ufficio.

Hermione annuì, come se l’infermiera potesse vederla. Strinse la tracolla della borsa con la mano sudata.

Gettò uno sguardo alla stanza: c’era una fila di letti completamente vuota. In fondo, un paio di tende erano tirate.

Una qualche forza a lei estranea la costrinse a muovere un passo.

Oltrepassò i lettini dalle lenzuola candide.

Le sembrò di camminare per chilometri prima di raggiungere il suo letto.

Tentennò davanti a quelle tende chiuse, ma fu un attimo.

Aveva deciso cosa fare e non si sarebbe di certo ritirata all’ultimo momento.

Ma quando i suoi piedi si mossero con decisione, oltrepassando le tende, per un attimo si pentì di tale decisione.

Quando i suoi occhi incontrarono lo sguardo stupito di Ron si disse che non sarebbe riuscita a sopportare di leggergli dentro astio, risentimento, indifferenza. Non lo avrebbe sopportato.

- Hermione - le disse lui, imbarazzato.

Lei rimase ferma, in fondo al letto. Si voltò verso l’uscita, come se stesse prendendo in considerazione l’idea di fuggire… come se si aspettasse che da un momento all’altro qualcuno le dicesse che quello non era il suo posto e che doveva andarsene.

Ron nel frattempo, spostandosi a fatica, si era tirato su, reggendosi sui gomiti: paradossalmente, anche la sua espressione tradiva la paura che lei scappasse via.

- Ciao - disse, invece, Hermione e per Ron non fu difficile percepire un tono di sfida nella sua voce.

Nascose un sorriso colmo di sollievo mentre la guardava, ferma davanti a sé, che si dondolava sui piedi in maniera nervosa. Si accorse che lei evitava accuratamente di guardarlo, troppo presa a fissarsi la punta delle scarpe.

Si mise meglio sul letto e si passò una mano tra i capelli scompigliati, pentendosi di non essersi dato una pettinata quando Ginny, quella stessa mattina, gli aveva intimato di farlo.

Ma la cosa non lo preoccupava più di tanto.

La sensazione che aveva provato nel trovarsela davanti era stata talmente piacevole e inaspettata che si sentiva quasi affannato, come se avesse appena fatto una corsa forsennata per poterla raggiungere.

Aprì la bocca per parlarle, ma non uscì alcun suono… forse perché erano davvero troppe le cose che voleva dirle, era impossibile sceglierne una sola.

Le avrebbe voluto dirle che era felice di rivederla.

Che era stato uno stupido egoista.

Che quello in cui erano stati lontani, era stato il periodo più brutto della sua vita.

Che quando aveva aperto gli occhi e non l’aveva trovata, aveva sentito una morsa allo stomaco.

Che quando era ancora privo di sensi aveva percepito la sua presenza, si era beato del suono dei suoi sussurri.

Le avrebbe voluto chiedere di avvicinarsi, per poterla anche solo sfiorare…

Ma lei fu più veloce, come sempre.

- Come stai? - gli chiese, ingoiando il vuoto e decidendosi, finalmente, a guardarlo.

Tuttavia, non si mosse. Rimase là, in fondo, impacciata in modo innaturalmente formale.

- Pensavo che non saresti venuta - le disse Ron e subito si rese conto di come questa osservazione potesse essere scambiata per una frecciatina.

Lo pensò subito e quando vide Hermione corrugare la fronte, ne ebbe la conferma.

- Senti, Ron, non sei nelle condizioni per poter discutere - gli disse, mettendo una mano avanti - Per cui me ne vado prima che…

- No! - la interruppe lui, deciso. Si drizzò a sedere con impeto - Resta! - si portò una mano alla testa che, a causa del movimento improvviso di poco prima, aveva iniziato fastidiosamente a girare - Per favore, Hermione. Resta - le disse, sporgendosi in avanti per avvicinare la sedia al letto, indicandole di sedersi.

Hermione, che si era avvicinata quando lo aveva visto chiudere gli occhi, lo guardò preoccupata e si sedette dove lui le aveva indicato, ma rimase rigida, seduta sul bordo della sedia.

- Non ti mangia mica, eh! - scherzò lui, sorridendole speranzoso. Lei sembrò rilassarsi un tantino; poggiò la borsa a terra e gli lanciò un altro sguardo apprensivo.

- Sei sicuro di stare bene? - disse voltandosi, indietro, come se cercasse qualcuno - Perché se vuoi chiamo…

- Non ho bisogno di nessun altro - la frenò lui e subito arrossì. Ma quell’uscita riuscì a farla sciogliere un po’ di più -  Sto bene. Benissimo.

Stavolta fu il turno di Hermione di arrossire. Annuì, mordendosi le labbra per non dargli la soddisfazione di vederla sorridere.

Per non dare a sé stessa la speranza di ciò che si nascondeva dietro quel sorriso.

- Harry mi ha detto che… - si grattò la testa, a disagio. Ma stavolta non si sarebbe fatto fregare; non avrebbe sprecato un’altra possibilità - Che ieri… sei venuta.

Hermione alzò lo sguardo verso di lui, sorpresa - Oh… già - si limitò a dire, vaga.

- Beh… grazie - disse lui, sentendo improvvisamente troppo stretto il colletto del suo pigiama blu.

Lei alzò le spalle - Tu avresti fatto la stessa cosa, se fossi stato al mio posto - disse, distaccata, iniziando a sentire un fastidioso pizzicorio agli occhi.

Non doveva piangere.

Si era imposta di non farlo e così sarebbe stato. Punto.

Non doveva piangere.

Sobbalzò, quando lui le sfiorò il palmo della mano con la propria - Allora grazie per averlo fatto, senza che io me lo meritassi - le sussurrò lui, guardandola e sforzandosi di non smuovere lo sguardo da Hermione, mentre sentiva il calore espandersi nella zona orecchie.

- Oh, Ron… - il desiderio di piangere fu più forte dell’intenzione di non farlo, a quel punto. Le lacrime che fino a quel giorno erano rimaste prigioniere del suo orgoglio, di fronte a quelle parole, infransero la barriera che fino ad allora le aveva frenate.

Si coprì il volto con le mani, quasi come se  non volesse darsi per vinta.

Non devo piangere.

Le sfuggì un singhiozzo.

Le lacrime continuavano ad uscire silenziose… Hermione percepiva il bagnato sulle sue stesse mani, ma non riusciva a fermare quello scorrere muto.

- Hermione - la chiamò Ron e lei si sentì tirare con forza per un braccio - Vieni qui - fu tirata ancora e per un attimo capì di essere in piedi, poco prima che Ron la tirasse verso di lui, con decisione - Vieni qui - le ripeté, ma stavolta le parole arrivarono direttamente nelle orecchie di Hermione, proprio nell’istante in cui sentiva le sue braccia avvolgerla in un abbraccio.

- Mi dispiace. Scusa, Hermione, mi dispiace - le bisbigliò tra i capelli, affranto - Sono stato uno stupido.

- Sì, lo sei stato! - gracchiò lei, riemergendo dal suo abbraccio con il viso arrossato in parte dal pianto, in parte dalla rabbia - Sei stato uno stupido! - ripeté Hermione, tirando su con il naso e discostandosi da lui, nel tentativo di darsi un contegno.

- Vedo che non è stato difficile convincerti su questo punto - borbottò lui, ma in realtà era sollevato dal fatto che la ragazza non gli scagliasse di nuovo contro uno stormo di uccelli.

Hermione lo fulminò con uno sguardo - Semplicemente perché questo l’ho già assodato da anni - fece, mettendosi meglio seduta sul letto. Tentò di rimanere seria e distaccata, ma non riuscì a non sciogliersi in un sorriso.

Ron la guardò affettuosamente: davvero, da mesi sperava di poterla avere vicino, di poter vivere qualche minuto così, insieme a lei, a parlare con lei, o anche solo a guardarla.

La osservò, mentre aggiustava il lenzuolo stropicciato, stirandolo con le sue piccole mani.

Precisa, attenta, ordinata come sempre.

- Mi sei mancata - le disse, dandole un buffetto sul braccio. Gli era uscito senza riflettere.

Da anni Hermione lo rimproverava per il fatto che lui fosse solito parlare e poi pensare.

Anche in quel caso era stato così.

Ma forse, stavolta il “non pensare” non era stato del tutto negativo…

Perché non c’era assolutamente niente di negativo nello sguardo luminoso che lei gli rivolse, non appena quelle parole furono metabolizzate dal cervello sveglio e iperattivo di Hermione.

Ma tanto velocemente quanto era arrivata, la luce negli occhi della ragazza si spense.

Hermione si morse il labbro, sospirando - Non farti sentire da Lavanda! - disse, cercando di scherzarci su.

Ron si lasciò cadere all’indietro, sprofondando nei cuscini. Sospirò, posandosi le braccia sulla testa, con l’espressione assorta di chi sta cercando la soluzione ad un grave problema. Sbuffò - Capirai. Tanto già ti odia.

Hermione gli diede uno schiaffetto sulla gamba - Non mi odia! Semplicemente, non sono il tipo di persona con cui va d’accordo - disse, sulla difensiva.

- In poche parole, ti odia. E’ evidente - ribadì Ron, stiracchiandosi sul letto.

- Non mi risulta.

- A me risulta eccome - fece Ron, ridacchiando - Se potesse ti Schianterebbe ogni volta che ti incontra.

Hermione incrociò le braccia, chiedendosi come diavolo fossero finiti a parlare di Lavanda - E perché mai dovrebbe odiarmi?  - gli chiese.

Ron arrossì fino alla punta delle orecchie - Lo sai perché - disse, evitando il suo sguardo.

- No, non lo so!

- Sì, che lo sai - la rimbeccò lui, tirandosi a sedere raggiungendo definitivamente la gradazione- amaranto - Hermione, lo sai!

Lei scosse le spalle - No.

- E’ gelosa! - sibilò Ron, guardandosi intorno come se temesse di veder sbucare lavanda dal vaso da notte posto accanto al comodino - E’ gelosa di te! Lo sai benissimo.

Hermione corrugò la fronte - Non ne ha motivo - disse, aggiustandosi le pieghe della gonna - Lei è la tua ragazza.

- E tu sei Hermione - disse allora lui, soffermandosi sul suo nome, come se questo bastasse a spiegare ogni cosa.

Lei scrollò di nuovo le spalle, scuotendo la testa - Hai forse paura che ti chieda di scegliere tra lei e me? - chiese con tono leggero, sperando che non emergesse la paura alla base di quella domanda.

Ron la guardò incredulo, con i capelli scompigliati e il colletto del pigiama storto. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse. Di nuovo, si gettò all’indietro, precipitando sui cuscini.

Schioccò la lingua.

- Ho sperato per mesi che mi chiedesse di scegliere tra te e lei - disse, guardando il soffitto a volta dell’infermeria - Sarebbe già tutto risolto se mi avesse chiesto di scegliere, miseriaccia! - fece, gesticolando - Ho aspettato e sperato… e aspettato! Ma evidentemente non è tanto stupida da chiedermi di fare una scelta tra te e lei.

Hermione si morse le labbra, non riuscendo a trattenere una certa amarezza nell’udire quelle parole, - Bè, Ron. Non ci rivolgiamo la parola da mesi - disse, sperando di mantenere un tono di voce stabile - Non ti avrà chiesto di scegliere, ma… - sfortunatamente, la saldezza di Hermione in quel momento parve vacillare - E’ evidente che una scelta tu l’hai fatta, in ogni caso - disse, voltando la testa per non guardarlo.

Il cigolio gracchiante delle molle le fece capire che Ron si era di nuovo tirato su a sedere. Infatti, poco dopo, si sentì stringere il braccio.

Alzò lo sguardo e Ron era lì, poco distante da lei. La sicurezza era dipinta sul suo volto pallido - Ti sbagli. Hermione, io la mia scelta l’ho fatta da…

- Mi permetta di disturbarla, signor Weasley! - li interruppe Madama Chips, comparendo con un vassoio con sopra un paio di ampolle e dell’acqua.

Hermione, arrossendo, scese dal letto e tornò a sedersi sulla sedia, fissando il pavimento, mentre lo sguardo ammiccante di Madama Chips passava dall’uno all’altra. Ron imprecò a bassa voce, passandosi una mano sulla fronte.

- Deve prendere le sue pozioni, Weasley - fece la Chips, depositando il vassoio sul comodino ingombro di zuccotti di zucca e Api Frizzole.

- D’accordo, sì, va bene! - rispose Ron, impaziente, afferrando il vassoio in modo da velocizzare l’allontanamento dell’infermiera - Faccio da solo, grazie!

Ma quest’ultima lo guardò severamente - Weasley, deve prendere queste pozioni! Non faccia il bambino!

- Non si preoccupi, Madama Chips - intervenne Hermione, sorridendo all’infermiera - Mi assicurerò io che le prenda.

Di nuovo, la donna li guardò sospettosa, prima l’ui poi lei, facendo oscillare il suo impeccabile caschetto brizzolato da sotto la cuffietta - Mi fido di lei, signorina Granger - si arrese alla fine, girando i tacchi, non prima di aver scoccato un’altra occhiataccia minatoria a Ron.

Il ragazzo si adagiò sui cuscini, sospirando - Che stress. Sarà la terza volta oggi che mi costringe a prendere questo schifo - si lamentò - Che poi, voglio dire: ora sto bene! Sto benissimo! Non mi serve più - disse, incrociando le braccia sulle coperte - Grazie per avermi aiutato, comunque - le disse, lanciandole uno sguardo di soppiatto.

- Figurati .- rispose lei, distrattamente. Si era alzata in piedi e stava esaminando il contenuto della boccetta più grande - Quanto ne prendi di solito di questo? - chiese, mostrandogli l’ampolla.

Ron scrollò le spalle, disgustato - Un cucchiaio. E quella strega lo riempie fino all’orlo. Che stai facendo?

- Sto - fece Hermione, concentratissima, versando il liquido grigio nel cucchiaio - versando - riempì ancora - la tua - lo riempì fino al limite - pozione.

Ron la guardava a bocca aperta, come se non credesse ai suoi occhi - Pensavo mi stessi coprendo con la Chips!

Hermione lo guardò, scettica - Hai pensato male. Adesso, ingoia!

Ron emise un lamento - Ma questa sbobba è… disgustosa!

Lei lo guardò severa, avvicinandosi con il cucchiaio - Ron, santo cielo, sei stato avvelenato! Dobbiamo assicurarci che il veleno venga totalmente rimosso dal tuo corpo - disse minacciosa.

- Miseriaccia - borbottò Ron, preoccupato. In realtà, era difficile capire se la preoccupazione derivasse dall’idea del veleno ancora in circolo nel suo corpo, oppure dal dover ingoiare quella pozione.

- Dai - fece lei, incoraggiante, avvicinandogli il cucchiaio - Non sembra tanto male.

- Lo è - la contraddisse lui, ma, obbediente, aprì la bocca e storcendo il muso, ingoiò il contenuto del cucchiaio.

Hermione annuì - Vedi? Tanta tragedia per nulla - posò il cucchiaio vuoto sul vassoio e afferrò la sua borsa, lasciata a terra.

- Certo - protestò Ron, imbronciato - Non l’hai mica dovuto prendere te!

Lei alzò gli occhi al cielo, ma non rispose. Rimise la sedia al suo posto e impacciata, si portò i capelli dietro la testa con un gesto nervoso.

- Allora, Ron, io… sarà meglio che vada - disse, accennandogli un sorriso.

- Oh - fece lui, grattandosi il capo, dispiaciuto - Certo - disse, annuendo.

- Bè, allora… ciao! - gli disse lei, facendo qualche passo indietro e accennandogli un saluto con la mano, imbarazzata.

Non c’era mai stato tutto quel formalismo tra loro.

Non ci sarebbe dovuto essere.

Ma per Hermione era impossibile comprendere come doversi comportare, perché incompresi erano i limiti al loro rapporto.

- Hermione?

Si voltò subito a quel richiamo e la sua espressione si addolcì, quando si trovò faccia a faccia con le orecchie scarlatte di Ron.

- Sì?

Lui aprì la bocca ma all’iniziò non ne uscì alcun suono. Nel frattempo, il rossore si espandeva anche sulle gote - Mi… mi chiedevo… se… insomma… tornerai domani? - buttò giù, tentando di rimanere “sciolto”. Ma le mani, intente a stritolare un lembo del lenzuolo lo tradirono.

Un brivido le attraversò la schiena, mentre, in modo fastidiosamente inevitabile, si scatenava in lei la voglia di sorridere. Scosse le spalle, nel tentativo perfettamente riuscito di sembrare indifferente - Sicuro… se ti fa piacere.

Lui annuì freneticamente - Mi fa piacere! - confermò, subito.

- D’accordo, allora… a domani!

Ma non fece in tempo a muovere un passo…

- Hermione?

- ? - disse, all’istante, voltandosi verso di lui, speranzosa.

Lui sembrò tentennare di nuovo. Aprì e chiuse la bocca come un pesciolino fuor d’acqua.

- Ecco, io… - disse, passandosi una mano tra i capelli rossi - Grazie, per… - prese un respiro - Grazie, ecco - concluse, fissando il nodo con cui era riuscito ad intrecciare il lenzuolo come se fosse la cosa più interessante al momento.

- Oh - fece lei, confusa, corrugando la fronte - Bè… prego!

Folle.

Era quella l’unica parola che le veniva in mente per descrivere quella situazione.

Folle.

Se le avessero chiesto quale fosse stato il nocciolo di quell’ultima loro conversazione, non avrebbe saputo cosa rispondere. E dall’espressione vaga e confusa di Ron, probabilmente non lo sapeva neanche lui.

Rigidamente, ruotò su se stessa, riprendendo a camminare verso l’uscita.

- Hermione?

Stavolta la ragazza non si prese neanche la briga di rispondere. Si limitò a volgere il capo, con le sopracciglia talmente sollevate che per poco non rischiavano di perdersi tra i capelli.

- Cosa dovrei fare con Lavanda? - disse, candidamente.

Per poco non le cadde la borsa con i libri: tuttavia, le sue dita erano talmente strette attorno alla tracolla che la borsa rimase al suo posto.

Corrugò la fronte, stupita e spiazzata.

Ma Ron la guardava serio, in attesa di una risposta… come se davvero sperasse che lei gli risolvesse quel “problema”, problema che non era stato tale quando nei giorni in cui si lasciava pastrugnare la faccia in pubblico, davanti a tutti (lei compresa!).

E adesso pretendeva che lei, Hermione, trovasse la soluzione al casino che aveva combinato?

Come se non fosse stato già abbastanza difficile?

Come se non fosse stato già abbastanza doloroso?

Guardò Ron, poi l’ampolla della pozione.

Poi riguardò Ron e di nuovo la bottiglietta.

E dovette reprimere l’impulso di suonargliela in testa.

Scrollò le spalle - Io non… non credo che siano fatti miei - rispose, a denti stretti - Sono cose vostre, io non c’entro… niente - fece, imbarazzata, mordendosi le labbra.

- E se… se c’entrassi? - fece lui, arrossendo fino agli alluci. Ingoiò a fatica, grattandosi la nuca - Cosa… mi consiglieresti di fare, se c’entrassi?

Ad Hermione mancò un battito. Quell’assurda situazione la stava confondendo.

Aveva senso tutto ciò?

Davvero stavano parlando di ciò che pensava lei?

- Ti consiglierei di… fare quello che senti più opportuno - disse, sulla difensiva - Nessuno può sapere questo meglio di te, no? - ridacchiò, ma fu un suono nervosamente stridulo.

- Già - rispose lui, poco convinto.

Per la quarta volta, Hermione fece dietrofront, dopo aver salutato Ron con un gesto impacciato della mano, in uno stato di piena alterazione mentale.

Mosse qualche passò incerto verso l’uscita, ma subito si voltò.

- Ron?

- Sì? - rispose lui, alzando lo sguardo.

- Da quando io e te siamo così, talmente, idioti? - chiese Hermione, seria, visibilmente preoccupata.

Sul viso di Ron si aprì un sorriso. Scosse la testa - Da quanto mi dici di solito, io lo sono sempre stato.

Lei annuì, ancora pensierosa, le sopracciglia contratte e lo sguardo serio - Già - fece - Ma io no!

E, rigidamente, si voltò, arrancando verso l’uscita, con in testa molti più pensieri rispetto a quando era entrata…

 

 

- Niente giochetti, Ron - lo informò lei - Apri la bocca.

- Non ti senti neanche un po’ in colpa per avermi imbrogliato quella volta? - fece lui, offeso.

Hermione lo guardò scettica - Certo che no! - disse, semplicemente - Non ti ho imbrogliato! Hai fatto tutto da solo - sbuffò - Sai che ti dico? Non vuoi prenderla? Non prenderla!

- Davvero? - chiese lui, riemergendo dalla nuvola azzurra.

- Certo - disse Hermione, semplicemente - Vorrà dire che ci penserà tua madre più tardi - aggiunse, sogghignando.

Ron strabuzzò gli occhi, mettendosi la mano davanti per tossire - Piccola infame!

- A mali estremi…

- Va bene, va bene - fece Ron, gesticolando a fatica - Da’ qua - le disse, guardandola offeso.

Hermione gli passò il cucchiaio, che traballò pericolosamente e con una sola boccata ne ingurgitò tutto il contenuto senza batter ciglio.

Lei strabuzzò gli occhi - Tutto qui? - disse - Tutta questa tiritera e neanche una smorfia? Potevi prenderla prima, a questo punto!

Ron sollevò le spalle - E perdermi le cure della mia infermiera preferita? - disse, gettandosi sui cuscini - Non penso proprio.

Lei sedette sul letto accanto a lui e gli diede un buffetto - E poi sarei io, l’infame!

Ron ridacchiò, guardandola dal basso - Dammi un bacio.

- Scordatelo! - disse categoricamente lei - Tua madre non voleva neanche farmi salire. Le ho dovuto promettere che non mi sarei avvicinata troppo.

Ron sbuffò, guardando il soffitto - Che cara la mia mammina, eh?

- E poi, non ho nessuna intenzione di farmi venire la febbre - concluse, Hermione, scostandogli i capelli dalla fronte bollente.

- E dai, Hermione! - si lamentò - Non ti fa stare male sapere di poter fare qualcosa per farmi stare meglio e non farlo?

- Francamente, no.

Ron si finse oltraggiato - Ma brava. Sappi che me ne ricorderò!

Hermione ridacchiò, chinandosi su di lui - Se mi attacchi la febbre, troverò il modo di fartela pagare - gli sussurrò sulle sue labbra.

Percepì quelle di Ron schiudersi in un sorriso, mentre la mano di lui scivolava sul suo fianco - Correrò questo rischio…

 

 

 

Il suono dei suoi tacchi sul pregiato pavimento di legno rimbombava accompagnando i suoi passi.

Ma d’improvviso, un altro rumore giunse a rompere il silenzio.

Con uno sguardo accigliato, si accostò alla porta, infilando la testa - Hermione, tesoro, stai bene?

Hermione alzò i libri dalle scartoffie sparse sul suo letto, intenta a soffiarsi il naso - Sì, mamma - le disse sorridendo, gettando il cleenex nel cestino.

- Ti sei raffreddata, cara - fece sua madre, apprensiva.

Hermione aprì la bocca per parlare, ma fu colta da un nuovo attacco di starnuti. Afferrò un nuovo fazzolettino, non sapendo se sorridere o innervosirsi, mentre si soffiava nuovamente il naso.

- Ehm, sì, mamma. Deve essere stato un colpo di freddo - disse, sperando che sua madre non le chiedesse come fosse possibile prendere freddo nel bel mezzo di una delle estati più calde che Londra avesse conosciuto negli ultimi anni.

 

 

 

 

 

 

 

Sarà stato il caldo.

Sarà stata l’estate.

Sarà stato che questo capitolo è molto più lungo dei precedenti.

Ma scriverlo è stata una tortura.

Mi auguro che ne sia valsa la pena ;-)

Vi abbraccio, uno ad uno…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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