When the sun goes down.
PROLOGO
La
vita di
Albert Grey era sempre stata monotona, condita di tante piccole
azioni che ormai erano diventate automatiche. Alzarsi alle sette del
mattino ogni giorno -lo faceva da così tanto tempo che
ormai, grazie
al suo orologio biologico, non aveva neanche più bisogno
della
sveglia, anche se si ostinava a reimpostarla ogni sera, con il
risultato che ogni giorno si svegliava qualche minuto prima che
l'aggeggio suonasse, giusto in tempo per disattivare l'allarme-,
prendere la metropolitana per andare a lavoro –suo padre
aveva
sempre affermato, non senza una certa dose di disprezzo e stizza, che
fare il commesso in un negozio d’abbigliamento maschile non
era un
vero lavoro; l’avvocato, l’ingegnere, il
medico… questi erano
mestieri degni di un figlio di Jonathan Grey, stimato avvocato
di
fama mondiale-, poi tornare in quel piccolo appartamento in periferia
e cenare con una pizza presa al volo dal ristorante dietro
l’angolo.
Albert Grey era un uomo che si
accontentava delle piccole cose che il mondo sapeva donargli, come la
sua anziana vicina che ogni giovedì suonava al suo
campanello e
lasciava sullo zerbino una pirofila di lasagne appena fatte,
così,
senza mai farsi vedere in volto, senza aspettare i consueti
ringraziamenti e senza scambiare quattro chiacchiere. Albert credeva
che non sarebbe mai riuscito a vederla in viso, se non fosse stato
che per qualche sporadica volta in cui la intravedeva alle riunioni
di condominio, dove non proferiva parola.
Molte volte si era fermato a pensare a
come fosse la vita di quella donna, se avesse dei figli, dei nipoti,
se qualche volta qualcuno andasse a farle visita, anche se in tutti
quegli anni non aveva mai visto nessuno suonare alla sua porta,
né
aveva mai sentito chiacchiericci provenire dal piccolo appartamento
accanto al suo.
Una persona noiosa, molti avrebbero
così definito Albert Grey, un uomo che, nonostante fosse
destinato
alla grandezza, si era accontentato di una vita modesta, mediocre a
vista di molti. Non certo un uomo di brutto aspetto, anzi, aveva
avuto molte donne nella sua vita, anche se nessuna vi si era fermata
mai abbastanza. Occhi smeraldo, morbidi capelli dorati, tratti
eleganti e fisico asciutto; forse era questo il motivo per cui era
subito stato preso come commesso in un negozio di abbigliamento
maschile di una nota marca anche senza avere un carattere espansivo e
il sorriso stampato in faccia.
Ogni cosa per lui era ormai di routine,
tutto si svolgeva regolarmente nella sua vita, nessuna complicazione,
nessun evento imprevisto…
Perché Albert era un uomo che amava
avere tutto sotto controllo, senza lasciare mai nulla al caso, senza
che qualcosa gli sfuggisse. Era una persona estremamente logica, un
po’ come suo padre d'altronde –almeno una cosa,
odiava
ammetterlo, ma l’aveva ereditata da quel padre che, ne era
estremamente sicuro, l’aveva sempre visto come un elemento di
disturbo, come una mina vagante-; Albert Grey odiava non avere il
controllo su ciò che accadeva nella sua vita.
Peccato che il destino –quella forza
superiore in cui non ha mai creduto, di cui ha sempre disprezzato
anche solo l’idea- avesse per lui una via del tutto
differente, una
strada che l’avrebbe fatto incontrare con il più
grande ostacolo
della sua vita, il punto interrogativo che avrebbe albergato nella
sua mente per molto molto tempo, l’unica cosa che non sarebbe
mai
riuscito a tenere sotto controllo.
Lei, Margaret Turner, la sua nuova
vicina di casa.
Angolo di -franklyn-
Eccomi tornata con una nuova storia, nata inspiegabilmente dopo aver
visto per la trecentesima volta il film "Johnny Stecchino" con Roberto
Benigni.
Decisamente diversa da tutto quello che ho scritto finora, lo ammetto,
ma l'ispirazione era arrivata così prepotentemente che non
ho potuto far altro che scrivere.
Ditemi cosa ne pensate, anche se il prologo è davvero
piccolo ^^''
Alla prossima. Un bacio,
-franklyn-