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Autore: Nausicaa Di Stelle    21/08/2011    4 recensioni
One-shot per il Concorso d'estate.
La storia di un amore che ha saputo attraversare indenne i secoli con la forza di un'ossessione per una creatura che non può più morire. Lo scopo stesso dell'intera esistenza di Anthony, ammaliato dal "profumo" di Zaliah, donna dolce e crudele ad un tempo. E molto meno umana di quello che appare.
Genere: Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Luna di sangue




Il sole del mattino proseguiva il suo corso nel cielo e il calore si faceva sempre più intenso mano a mano che s’innalzava sopra il mare. Le piccole onde della bassa marea s’increspavano trasparenti sulla riva, ancora fresche e piacevoli sulla pelle. Era ora di rientrare. Appena il tempo di rimettersi in ordine togliendosi la sabbia dalle gambe e nella grande sala da pranzo dell’hotel sarebbe stata servita la colazione.

Anthony avanzava nell’acqua che gli bagnava le caviglie, lo sguardo fisso sull’orizzonte punteggiato di schegge luminose. Era alto, magro, ben proporzionato e dalla muscolatura asciutta e tornita. I lunghi capelli castani tirati all'indietro gli ricadevano sulle spalle, protette da una leggera camicia di lino. All’apparenza non dimostrava più di ventisette anni. Immerso nei suoi pensieri, camminava senza far caso ad altro che allo sciabordio delle onde. Ancora si chiedeva come avevano fatto a convincerlo ad andare al mare. Non era certo il suo ambiente ideale e per quanto si sforzasse, una risposta razionale non riusciva a venirgli in mente. Tuttavia gli bastò rivolgere di nuovo lo sguardo di fronte a sé per trovare la spiegazione al suo dilemma: le due creature che correvano davanti a lui, spruzzandosi con l’acqua salmastra mentre ridevano di pura gioia, erano la sola, valida risposta. Zaliah e Saphiria. Per loro non solo avrebbe affrontato il sole cocente e senza riparo di una spiaggia ma si sarebbe gettato tra le fiamme dell’Inferno. Anthony rimase a guardarle mentre un dolce sorriso gli illuminava il volto pallido e le loro risate gli riempivano l’anima. Era il suono più bello che avesse mai udito.

Forse adesso, mentre giocano nell’acqua così serene, nessuno dubiterebbe che sono umane. Volse attorno lo sguardo, posandolo sui passanti che incrociavano la loro strada passeggiando lungo la spiaggia: tutti si facevano da parte per non disturbarle, con un atteggiamento misto di riverenza e ammirazione, osservandole a lungo anche dopo averle superate. No, non si confonderebbero mai con gli esseri umani. In un modo o nell’altro non è possibile ignorarle.

Mentre attraversavano la strada per raggiungere l’albergo, Zaliah gli si avvicinò, prendendolo sottobraccio e stringendo nell’altra mano quella della piccola Saphiria.

- Ti dà già fastidio il sole? - gli chiese, vedendo che si era infilato gli occhiali.

- Solo un po’. - lei gli sorrise ed Anthony non poté fare a meno di ricambiare. Era così bella. Troppo, per essere soltanto una creatura mortale. Nell’albergo se n’erano accorti tutti appena arrivati, a partire dai proprietari. Zaliah si muoveva con suprema eleganza, il suo corpo magro e flessuoso sembrava danzare al ritmo di un’arcana melodia. I lunghi capelli avevano il colore del legno di noce ed erano lisci e luminosi come seta. E poi c’erano quegli occhi misteriosi e screziati d’ametista, grandi e gentili. Si sarebbero detti gli occhi di una creatura incapace di far del male. Come ingannano le apparenze! Un sarcastico sorriso increspò le labbra di Anthony a quel pensiero.

Infine, come se non bastasse, nessuno poteva resistere ad una sua richiesta. Così, la signora che si occupava delle pulizie al loro piano non aveva obbiettato nulla quando le aveva domandato con voce suadente di rifare sempre per prima la loro stanza; anzi, aveva risposto di sì senz’altre domande, aggiungendo solo diverse assicurazioni che sarebbe stato fatto come Zaliah desiderava.

- Faremo delle passeggiate lungo la spiaggia tutte le mattine, molto presto, per respirare l’aria del mare. Dopo colazione però, mio marito avrà bisogno di ritirarsi in camera per alcune ore: vi sarei grata se la stanza fosse pronta per allora.

Il cuore di Anthony aveva perso un battito quando aveva sentito quelle parole. “Mio marito”... perché lo aveva detto? Lei sapeva che era il desiderio di tutta la sua vita, una lunga vita solitaria in attesa di lei soltanto. Eppure non si era mai concessa, neppure una volta. Mai nemmeno un bacio e ogni volta che lui cercava di avvicinarsi di più aveva l’impressione di ottenere l’effetto contrario, come se si ritraesse dietro un’invisibile barriera di cristallo. Per tenerlo lontano. O per proteggersi. Il che, probabilmente, era lo stesso.

Quando le aveva chiesto spiegazioni della sua bugia, Zaliah aveva semplicemente risposto:

- Questa è una località tranquilla e anche l’hotel è pieno di famiglie con bambini. E’ la cosa più naturale fingerci anche noi una normale famigliola in vacanza. - sembrava che la considerasse un’ovvietà, tanto da non richiederle la fatica di domandarsi cosa potesse significare per Anthony. Ma Zaliah era troppo intelligente e perspicace per non averci neppure pensato. Tuttavia, era anche sufficientemente fredda per prendere una qualsiasi decisione senza farsi condizionare dalle emozioni. O dai sentimenti. Tanto dai propri quanto da quelli delle persone che le stavano accanto.

Ormai erano giunti al terzo giorno di permanenza ed il cliché era sempre lo stesso: facevano colazione assieme verso le nove, al termine della camminata di un paio d’ore lungo tutto il litorale, dove spesso si fermavano a raccogliere conchiglie, a spiare la vita dei pesci o dei piccoli paguri nascosti fra la sabbia, per la gioia di Saphiria che non aveva mai visto il mare. Vederla felice era la cosa più importante, tanto per Anthony quanto per Zaliah. E lei sembrava divertirsi come tutti i bambini della sua età, con le formine e i castelli di sabbia, come se fosse in tutto uguale a loro. Come se i suoi sei anni fossero reali.

Terminata la colazione, se Saphiria e Zaliah uscivano per andare alla spiaggia, Anthony tornava nella grande suite che avevano preso e lavorava al computer, faceva qualche giro di telefonate, insomma, “si portava avanti con il lavoro”, come diceva Zaliah. Ma quando il sole era troppo cocente anche per Saphiria, andavano tutti assieme a fare un giro per i pittoreschi negozietti del centro, dove il grande viale ombreggiato di tigli alti e frondosi schermava la luce e rendeva l’aria più fresca. Benché Anthony non amasse fare shopping, quelli erano tra i momenti che preferiva. Poteva stare con loro senz’essere tormentato dal sole come da un boia impietoso e le vedeva affaccendarsi tra vestiti e souvenir con la complicità che avrebbero avuto una madre e una figlia. C’era un solo problema: l’odore di tutti quegli umani assieme iniziava a procurargli sempre più fastidio. Si chiedeva quanto ancora sarebbe riuscito a resistere.

Quel giorno dopo colazione Saphiria aveva deciso di andare a nuotare nella piscina dell’hotel, assieme agli altri bambini che aveva conosciuto fin dal suo arrivo. La giornata era calda ma in cielo bianche nuvole facevano a gara per nascondere il sole, rivestendo ogni cosa sulla terra di un velo di piacevole ombra. Era il tempo ideale anche per lei: avrebbe potuto esporsi senza avere problemi.

- Si è già fatta la sua piccola corte... - osservò Anthony guardando Saphiria allontanarsi, circondata dal suo seguito di bimbi e bimbe, tutti su per giù della sua età.

- Dubitavi forse che sarebbe accaduto? - fu la risposta di Zaliah, che la fissava compiaciuta come se fosse sua figlia. - E’ bella e allegra e, soprattutto, ha un fascino innato e potente. Persino adesso nessuno può resisterle e mi chiedo cosa sarà capace di fare quando diventerà una donna.

Zaliah sorrise mentre i suoi occhi gentili si mutavano in abissi profondi e lontani, come se impalpabili visioni del futuro stessero già danzando davanti a loro. Anthony appoggiò la guancia sul palmo della mano e rimase a guardarla, con un lieve, enigmatico sorriso disegnato sulle labbra sottili, finché Zaliah non si volse verso di lui, sentendosi osservata. Lo fissò un instante interrogativa, prima di sorridergli nuovamente, perfettamente consapevole del significato di quel lungo sguardo. Sapeva che Anthony l’adorava, che provava per lei un amore tale che né la lontananza né il tempo avevano saputo smorzare. E conosceva bene quale grande potere le derivava da tutto ciò, poiché lui avrebbe fatto qualsiasi cosa lei gli avesse ordinato.

Saphiria stava camminando fra i tavoli dove molta gente era ancora seduta a fare colazione, diretta verso un bambino di circa sette anni, giunto la sera prima in hotel con la famiglia. Si fermò accanto a lui e i bambini che la scortavano fecero lo stesso, arrestandosi a pochi passi di distanza da Saphiria.

- Ciao, come ti chiami? - gli chiese, con quella sua voce melodiosa come un arpeggio. La risposta venne solo dopo un lungo momento di silenzio, durante il quale il bambino aveva fissato Saphiria a occhi sgranati, come se fosse stata un’apparizione.

- J... Jacob...

- Piacere, Jacob. - Saphiria sorrise, inclinando appena la testa. I lunghi capelli corvini le ondeggiarono sulla schiena. - Vuoi diventare mio amico?

Vedendo che Jacob esitava, Saphiria proseguì, sempre sorridente, gli ipnotici occhi azzurri fissi su di lui come su una preda:

- Questi bambini sono già miei amici e più tardi andremo assieme a nuotare in piscina. Vuoi venire con noi?

Il bambino deglutì, facendo un vigoroso cenno di assenso con la testa. Contemporaneamente giunsero il permesso della madre, seduta di fronte a lui, e i complimenti a Saphiria:

- Su Jacob, cosa ti prende? Non sei mai così timido! Guarda che bella bambina... vai a fare amicizia.

- Grazie signora. - Saphiria sorrise anche alla madre, socchiudendo i grandi occhi. Poi tese una mano, prese quella di Jacob e insieme sparirono in mezzo alla cerchia degli altri bambini, che vociando allegramente la seguirono nella hall.

- Un altro suddito. - commentò Anthony, alzandosi.

- Come sei pungente: è un nuovo amichetto. - replicò Zaliah, deponendo il tovagliolo sulla tavola, mentre Anthony cavallerescamente le scostava la sedia. Dal tono della sua voce però Anthony comprese che neppure lei sembrava convinta di quella sua affermazione: non erano, non potevano essere, soltanto degli amichetti. Non finché Saphiria non avesse trovato qualcuno simile a lei.

E’ il destino delle creature come noi. Si disse Zaliah, mentre schegge di ricordi lontani baluginavano rapide nella sua memoria. Chiuse gli occhi, per impedirsi di ricordare, quindi raggiunse Saphiria nella grande hall, accarezzata a tratti dai raggi solari che penetravano dalle ampie vetrate, sfuggendo alle nubi. Saphiria splendeva tra gli altri bambini nel suo pallore quasi lunare. Appena Zaliah giunse nella hall, istintivamente guardò di nuovo verso la sala da pranzo, della quale s’intravvedeva ancora un’ampia porzione attraverso la porta spalancata: Anthony era sparito. Probabilmente è già arrivato in camera da letto. Sospirò al pensiero delle lunghe ore che avrebbero trascorso separati.


La luna scintillava sul mare disegnando increspature d’argento sulle onde. Piano piano comparivano tutte le stelle, sebbene la luce del plenilunio fosse così intensa da eclissare molte di quelle che brillavano con meno vigore. Zaliah uscì dalla camera di Saphiria, i lunghi capelli annodati in una morbida treccia, vestita solo di una corta camicia da notte, bianca e trasparente come la luna di quella sera, tanto da lasciar intravvedere le sue curve più di quanto fosse lecito immaginare. Anthony rientrò dalla terrazza quando ne avvertì la presenza nella stanza e i suoi occhi sfavillarono appena la vide. Le si avvicinò, cingendole i fianchi sottili con le mani, attirandola a sé.

- Saphiria dorme. - gli bisbigliò Zaliah ad un orecchio, mentre lui le baciava le spalle scoperte, salendo via via la delicata curva del suo morbido collo. Anthony non disse nulla.

- Stai uscendo? - riprese Zaliah. Troppo occupato a baciarla, Anthony rispose solo con un verso di assenso, iniziando a far scorrere i lunghi canini sulla delicata pelle del suo collo, mordicchiandola lievemente. Zaliah non si sottrasse, ma reclinò indietro la testa, esponendo anche la gola. Emise un gemito soffocato quando Anthony strinse con più forza la sua carne e le punte acuminate dei canini premettero contro la pelle.

- Ayrin... - quel nome, pronunciato dalla voce di lei, aveva sempre il potere di riportarlo in sé. A malincuore si staccò da quel contatto, emettendo un sospiro roco. Zaliah tornò a fissarlo, piantando i suoi occhi d’ametista in quelli di lui. - Hai sete? - l’espressione decisa del suo sguardo ammetteva solo la verità.

- Solo un po’. - non era tutta la verità e Zaliah se ne accorse. Accarezzò la gola di Anthony con le sue dita affusolate, giungendo fino alla base del collo. Anthony chiuse gli occhi, trattenendo il respiro, il bel viso affilato immobile.

- In questi giorni hai mangiato sempre meno e a ulteriore prova della tua sete c’è la tua pelle, che è gelida.

- Avrò sempre sete se sto con te. - Anthony replicò con noncuranza. Zaliah inarcò un sopracciglio e il suo volto si fece serio.

- Ormai dovresti saperlo. - Anthony inspirò profondamente e i suoi occhi azzurri luccicarono come stelle fredde. Si staccò da lei e andò verso la finestra aperta: la brezza della sera penetrava nella stanza facendo ondeggiare le tende d’organza - E’ il tuo profumo a farmi quest’effetto... Ti desidero e non posso averti e questo non fa che aumentare il fuoco che m’inaridisce la gola, divorandomi l’anima.

Zaliah rimase dov’era a fissare la figura dell’uomo che aveva presentato come suo marito stagliata contro la notte e il mare.

- E’ me che desideri... o il mio sangue? - chiese.

- Tutt’e due.

- Sei incontentabile. - non c’era rimprovero nella sua voce. Sembrava solo una banale constatazione.

Anthony sorrise e riprese:

- Che differenza fa? Ti desidero e non ti posso avere e per questo voglio bere il tuo sangue? O desidero il tuo sangue che non potrò mai ottenere e per questo bramo il tuo corpo? - ci fu un momento di silenzio, rotto solo dallo sciabordio lontano del mare. I due giovani rimasero immobili come due statue intagliate nell’avorio. - No, la verità è che ti voglio, tutta, per me.

Anthony chinò la testa e in un sussurro aggiunse:

- E anche questo è irrealizzabile.

Per un attimo il volto di Zaliah si velò di tristezza. Si avvicinò a lui e gli accarezzò il profilo delle guance con le dita. Anthony si voltò e di nuovo il suo sguardo si fermò sulle impenetrabili iridi ametista di Zaliah.

- Se fosse possibile... ti lascerei bere un po’ del mio sangue. Ma sai bene che sarebbe più pericoloso che benefico per te.

- Lo so. Ma anche se potessi a questo punto non so se lo berrei. - vedendo che lei lo fissava dubbiosa, Anthony proseguì. - L’ho desiderato troppo a lungo e troppo intensamente: finirei per ucciderti.

- Ho molti modi per difendermi, ma non è questo il punto. Tu non puoi continuare così, devi placare la tua sete.

- Mi stai suggerendo di andare a caccia? - Anthony sorrise beffardo.

- Certo. - rispose lei con candida franchezza ed Anthony la fissò, incredulo. - E quale posto migliore di questo? Siamo in un’affollata località marittima e qui attorno è pieno di locali notturni e discoteche. Sarà facile prendere una preda dal mezzo del branco senza che nessuno se ne accorga. Basterà allontanarla un attimo e coglierla quand’è sola.

Impercettibilmente, gli occhi di Zaliah erano mutati: non erano più gli occhi angelici con cui tutti l’avevano conosciuta da che erano arrivati. No, erano freddi e determinati, affilati come il dolore. Anthony sapeva bene che era quella la vera natura della creatura che gli stava di fronte. Ed era proprio così che gli piaceva.

- Non è a questo che stavi pensando poco fa? Ad una battuta di caccia, intendo.

Anthony sorrise, divertito dal fatto che Zaliah la mettesse su quel piano.

- Sì, stavo valutando l’ipotesi. - disse – Ma non credevo avrei ottenuto la tua benedizione o che addirittura mi avresti incoraggiato.

- Non puoi arrivare al limite di sopportazione, Anthony. E ti ci sei già avvicinato troppo. - gli parlava con dolcezza, come se lo stesse esortando a prendere delle medicine per la febbre. - Non credi sia meglio evitare che accadano spiacevoli incidenti, qui in hotel?

- Non preoccuparti, non ci saranno spargimenti di sangue in albergo, se è questo che temi: so controllarmi.

- Meno di quello che pensi. - replicò Zaliah pacatamente.

- Non è vero e lo sai benissimo! - Anthony la squadrò, torvo.

Zaliah gli accarezzò il viso con entrambe le mani con estrema delicatezza: a contatto con i muscoli tesi di Anthony sembrò il tocco di una piuma.

- Su, ora va’: sei stato tutto il giorno chiuso in questa stanza, avrai voglia di farti un giro e vedere un po’ di gente, prima di bere qualcosa.

- Che spiritosa! - Anthony sollevò il mento di Zaliah con la punta delle dita e si chinò su di lei per baciarla ma questa, scostandosi con un rapido, fluido movimento, si allontanò.

Il giovane sospirò, irritato e assetato. Si avvicinò alla porta, l’aprì di scatto e uscì.


La notte lo osservava con occhi gialli dai lampioni lungo le strade e dalle finestre illuminate dei resort. Anthony camminava senza far caso alla gente che incrociava e che subito si scansava al suo passaggio, evitandolo come si fa con un predatore affamato. Stava ancora ripensando alla conversazione con Zaliah e al suo ambiguo comportamento.

- Quando fai così sei esasperante: ti avvicini, mi accarezzi, lasci che ti tocchi, che assapori il profumo del tuo corpo e quello del caldo sangue che palpita sotto la tua pelle. Non ti sottrai... ogni volta sembra che tu sia pronta ad abbandonarti al mio desiderio, anzi, pare che tu mi brami allo stesso modo!

Svoltò in un vicolo non illuminato, fiancheggiato solo dalle alte mura di alcuni alberghi: aveva fatto molta strada, camminando più spedito di quanto avrebbe dovuto sotto gli sguardi di quegli umani.

- E invece alla fine mi allontani... te ne vai... - portò indietro il braccio e con un ampio, fulmineo movimento, conficcò le unghie nel muro alla sua destra, lasciandovi impressi quattro lunghi solchi. Si fermò, gli occhi fissi al suolo. - Non capisco cosa vuoi: ti prendi gioco di me oppure... - I suoi artigli stridettero contro i mattoni portati a nudo. Serrò la mano a pungo, stringendo con forza l’intonaco che aveva staccato, polverizzandolo. - Oppure stai aspettando qualcosa?

Rimase immobile per un interminabile minuto, mentre la collera ripetutamente scemava e montava dentro di lui. Non riusciva a calmarsi, ma doveva farlo o avrebbe rischiato di non riuscire a controllarsi quando fosse stato il momento. Ma i pensieri di quella sera non cessavano di vorticare furiosamente nella sua testa, impedendogli di riconquistare la calma. E tra tutti, uno in particolare continuava a martellargli la coscienza. Perché all’improvviso capitava che lo chiamasse di nuovo con il suo antico nome? Quel nome che in lui risvegliava tanti ricordi dolorosi e lontani? Quelli del tempo in cui si era innamorato di lei e subito dopo l’aveva perduta.

- Dannazione! - imprecò, scagliando lontano i frammenti che ancora serrava fra le dita.

Il suo sguardo saettò attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno, quindi, con la rapidità di un gatto, Anthony si portò sul tetto dell’edificio alla sua destra, fermandosi alcuni istanti a scrutare la città in lontananza. Dal tetto dell’hotel, uno dei più alti della zona, poteva facilmente individuare quali erano i quartieri più frequentati e, ancora oltre, le zone della movida nelle città vicine, vivacemente illuminate. Sapeva che era più opportuno andare a caccia lontano dalla tana e per questo scelse di dirigersi a sud, dove c’erano le località più trendy, dove la vita notturna continuava fino all’alba, in un guazzabuglio di discoteche e locali frequentati da giovani che cercavano lo sballo. Lì sarebbe stato tutto più facile. Un paio di ampie falcate, una breve rincorsa e poi un balzo nel vuoto: Anthony era scomparso, teletrasportatosi esattamente nella città prescelta.


Profumi dalle diverse fragranze. Odori di femmine e di maschi. Sudore. E tanto caldo, ribollente sangue che gli giungeva in effluvi ora pungenti, ora dolci, ora acri: sangue che non avrebbe mai bevuto nemmeno se gli fosse stato spontaneamente offerto, sangue insipido e comune come un vino dozzinale, sangue giovane, dall’aroma pregiato e invitante. Le informazioni che arrivavano all’olfatto sviluppato di Anthony erano molte eppure vi si destreggiava con la maestria di un veterano. Erano molti anni che praticava quell’esercizio, ormai. Più di due secoli. Fu facile fare il conto: ricordava con esattezza il giorno in cui aveva smesso di essere umano. Aveva ventisette anni. Chissà quanti ragazzi quella sera avevano la sua stessa età di allora?

Anthony si guardò attorno, in cerca della sua preda: i giovani continuavano a ballare sul lastricato che si stendeva sul retro della discoteca, digradando lentamente verso la spiaggia. Laggiù era proibito andare: buttafuori e sorveglianti ben piazzati vigilavano che nessuno si allontanasse verso il mare per evitare disordini e spiacevoli incidenti. Ma gli angoli in cui nascondersi lì attorno erano molti. Gli sarebbe bastato trovarne uno per agguantare la sua preda e poi sparire con lei. Aveva già deciso: niente maschi, quella sera. Per un motivo sconosciuto, in quel momento la sola idea gli dava la nausea. Voleva il sangue di una fanciulla. Aveva anche scelto a che tipologia doveva appartenere il suo plasma: dolce, morbido, vagamente pungente. Non sarebbe stato difficile trovarla.

L’importante è che non si sia fatta. Era una condizione essenziale perciò si mise a scartare una dopo l’altra alcune ragazze molto avvenenti che sedevano assieme attorno ad un tavolo ma che emanavano il sentore di una recente sniffata. Continuò a camminare fra la folla, respirando profondamente ogni persona che incrociava, finché dopo una manciata di minuti di quella ricerca avvistò la ragazza che faceva al caso suo: giovane, graziosa, dal profumo vellutato. Isolata. Non deve avere più di diciassette anni. Ma pazienza: la prossima volta imparerà a starsene a casa. Con un ironico sorriso diede inizio alla breve caccia.

Agguantarla e sparire fu ancora più facile: nessuno badava a lei ed era troppo lontana da sorveglianti o amici perché qualcuno potesse notarlo mentre l’afferrava alla gola con velocità fulminea, dileguandosi con lei nel nulla in un battere di ciglia. Per placare la sua sete aveva scelto la spiaggia, precisamente quel luogo di confine dove le onde che scivolano sulla sabbia cancellano ogni traccia. Era trascorso un solo istante da quando l’aveva catturata ma non poteva permettersi tentennamenti: per evitare problemi e soprattutto per non essere riconosciuto, doveva sbrigarsi a consumare il suo pasto. Con un secco, preciso colpo le zanne di Anthony penetrarono nel collo della giovane vittima, incidendo fori netti e regolari. Provò un immediato sollievo: il sangue gli scorreva caldo in gola, smorzando un poco la sete. Ormai il suo corpo sapeva da solo quando era ora di smettere per non dissanguare la vittima e proprio per evitare di perdere il controllo succhiava il più lentamente possibile quella piacevole linfa scarlatta.

Improvviso il pensiero di Zaliah lo trafisse come uno stiletto: senza che lo avesse evocato, rivide il suo volto imperscrutabile di quella sera e gli occhi di quarzo screziato. Trascinata da quella visione, una girandola di ricordi sopiti si ridestò in un istante nel cuore di Anthony, risvegliando ognuno un’emozione diversa. Nella sua mente di vampiro tutto guizzò a una velocità di molto superiore a quella umana. Ricordò il giorno in cui l’aveva conosciuta e amata per la prima volta: si trovava in Austria, sotto il regno di Francesco I, durante l’epopea napoleonica, alla festa di compleanno della contessa von Lacy. Rammentava tutto di lei, anche il colore del vestito, bianco e avorio ricamato d’oro come quello di una sposa. Sottile e pallida come una silfide, le lunghe ciglia che ombreggiavano quegli occhi misteriosi, pietre vive e splendenti nel volto ovale, Zaliah era giunta a festa già iniziata, accompagnata da quello che, scoprì poi, era suo fratello maggiore.

Anthony l’aveva intravista in mezzo alla folla mentre danzava con un uomo alto che odorava d’acqua santa e omicidi: Zaliah non aveva fatto in tempo a staccare la sua mano da quella del momentaneo cavaliere che Anthony già le chiedeva di concedergli il prossimo ballo. Solo che all’epoca lui non si chiamava ancora Anthony, ma Ayrin Von Drejka. Era così che si era presentato durante il valzer... il loro unico ballo assieme, che non poterono mai terminare. Ed era stato proprio in quell’occasione che Anthony aveva potuto assaporare il profumo di lei, l’intima unione dell’aroma del suo sangue con l’aura che promanava dalla sua persona. In questo modo, senza neppure avvedersene, Zaliah lo aveva stregato per sempre. Ma il corpo di Zaliah era debole, minato da quello stesso male che ancora adesso, nel presente, le causava tanta sofferenza. Ayrin se n’era reso conto appena l’aveva vista eppure, quando lei svenne tra le sue braccia, lo sgomento che provò fu inaspettato e terribile. Ricordare quei momenti, il suo bel volto cereo, le labbra esangui, gli occhi chiusi in un abbandono simile alla morte, gli procurava ogni volta lo stesso dolore, lo stesso senso di perdita ineluttabile.

Per questo quando, poco tempo dopo, Zaliah gli chiese di non cercarla più e di cancellarla dalla sua vita, Ayrin immaginò ci fosse una sola spiegazione possibile: pensava che il presentimento della morte imminente la spingesse ad allontanare da sé tutte le persone che le si affezionavano. E credette di poterla salvare. Bastava renderla immortale. Bastava renderla come lui. Ma Zaliah scomparve improvvisamente, senza lasciare traccia: nessuno sapeva dirgli dov’era andata e, quel ch’era più singolare, nessuno sapeva bene neppure chi fosse o da dove venisse quella fanciulla dal fascino soprannaturale. Nessuno pareva conoscerla davvero, quasi che la sua esistenza non fosse stata altro che una fugace apparizione in un mondo che non le apparteneva. E chi sapeva la verità all’epoca tacque, di comune accordo con lei.

Zaliah, però, non aveva fatto i conti con l’ossessiva tenacia di un vampiro: per interi decenni Ayrin la cercò ovunque, mentre la disperazione e il vuoto scavavano nella sua anima ferite che neppure il tempo avrebbe potuto cancellare. Finché non si rese conto che era troppo tardi e che in ogni caso ormai lei doveva essere morta.

E invece non era morta! Era qui, nel presente, fragile come una foglia d’autunno, ma viva. Viva! Rivederla dopo due secoli ha ridestato la mia ossessione, come se tutti questi anni fossero trascorsi invano, come se non avessi mai smesso d’amarla! E anche lei non è cambiata affatto: sfuggente e irraggiungibile come allora, sempre in lotta contro gli stessi uomini che odorano di orazioni spergiure che l’hanno ridotta in fin di vita. E non è ancora mia!

Improvviso, come richiamato dai suoi stessi pensieri, Anthony avvertì distintamente il profumo di Zaliah, che gli giunse in scarlatti, pungenti, dolci effluvi. Non era possibile, lei era lontana diversi chilometri: doveva essere la sua mente che, con uno scherzo crudele, gli restituiva un’impressione, ma vivida e precisa, dell’odore del suo sangue. Nonostante avesse già bevuto alcuni sorsi, la sua gola tornò a bruciare in maniera insopportabile. Anthony affondò ancora più forte i canini nella carne della sua vittima, con un solo pensiero nella mente: Zaliah.

   
 
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