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Autore: Sacu    21/08/2011    5 recensioni
Un ragazzo si sveglia su una barca dopo essere stato colpito alla testa.
"qui siamo in mare e la gente si aiuta fra sé. Facciamo così, tu mi racconti come sei finito in mare e io ti spiego come ti ho preso con me.”
Storia vincitrice concorso "One-shot dell'Estate" 2011 sezione Sovrannaturale.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Odore salmastro. Ma cosa...?

Rumore di onde che si infrangono. Ma dove...?

Sciabordio. E' impossibile...!

Lentamente il dormiveglia finì e aprì gli occhi. Davanti a sé un tappeto nero con infinite piccole luci. Il Cielo?

Faticosamente, nonostante il suo corpo fosse intorpidito, riuscì a mettersi seduto.

“Ben svegliato!”

La voce che sembrava giungere da lontano in realtà apparteneva all'uomo davanti a lui. Al primo sguardo non vide niente, solo poche immagini sdoppiate; poi lentamente i suoi occhi si abituarono alla lanterna appesa a prua della piccola imbarcazione a remi e riuscì a distinguere la sua fisionomia: aveva la barba marrone tendente al rosso molto lunga e i capelli dello stesso colore legati a formare un codino; i vestiti non erano costosi, un paio di jeans e una semplice camicia a quadri azzurra con le maniche ripiegate a mostrare i muscoli che si tendevano mentre remava; poteva avere anche cinquant'anni, ma di certo una scazzottata con lui l'avrebbe evitata.

Niente di strano, sembrava un tipico marinaio, ma una cosa lo turbò: occhi neri così profondi da poterci rimanere intrappolati; sembravano la via d'accesso per un luogo oscuro da cui non poter fare ritorno.

“Dove siamo?” Disse portandosi una mano dietro la testa, dove sentiva dolore.

Per tutta risposta quello smise di remare e lo fissò ancora più intensamente di quanto avesse fatto fin'ora.

“Con tutte le domande intelligenti, proprio la più ovvia hai scelto?”

Già. Siamo in mezzo al mare.

Come ci sono finito qui? E tu chi sei?”

Da dietro di sé arrivò il rumore di un tuono. Si voltò di scatto e vide in lontananza una luce rosso sangue che si confondeva col mare mentre il cielo era illuminato a giorno da diversi lampi. Era troppo distante per capire di cosa si trattasse.

Il marinaio riprese a remare. “Ecco le domande giuste. Ma anche di queste conosci la risposta.”

Riportò lo sguardo su di lui. Non sapeva chi fosse questo uomo, probabilmente gli doveva essere grato per avergli salvato la vita, ma la pazienza non era il suo forte e non ottenere ciò che desiderava lo irritò.

Come diavolo potrei sapere come sono arrivato fin qui se ero privo di sensi? E poi dove staremmo andando?” Disse alzando la voce.

Ma il marinaio lo ignorò.

Dopo qualche secondo, riprese adirato: “Allora?”

Fossi in te farei attenzione a chi invochi. Comunque qui siamo in mare e la gente si aiuta fra sé. Facciamo così, tu mi racconti come sei finito in mare e io ti spiego come ti ho preso con me.”

Impiegò quasi un minuto buono prima di decidersi. Non aveva scelta, si trovava in mezzo al mare in balia di uno sconosciuto che per quanto ne sapeva poteva essere un serial-killer; non che non si fosse mai trovato in pericolo, ma visto che ne era uscito vivo preferiva rimanerlo il più a lungo possibile; optò quindi per non far arrabbiare il suo interlocutore e di parlare.

 

Avevo poco più di vent'anni, ero all'ultimo anno di Giurisprudenza e mancavano pochi esami. La mia famiglia era orgogliosa di me; non erano molto ricchi e per pagarmi gli studi ero costretto a lavorare, ma per fortuna presto i miei guai finanziari sarebbero finiti: ero il migliore del mio corso e grazie a questo avevo conosciuto dei facoltosi avvocati interessati ad avermi nel loro studio.

Tutto filava liscio, avevo anche conosciuto una bella ragazza, Michelle si chiamava. Mi fermavo sempre al suo negozio per comprare dei fiori da portare alla mia sorellina, morta quando aveva appena dieci anni. Fu un duro colpo per me che ne avevo diciassette, ma Michelle mi fu accanto e mi aiutò a superare quel momento così doloroso.

Quell'estate le avevo chiesto di sposarmi. Avevo risparmiato, aiutato anche dai miei genitori, e riuscì a comprarle un anello di fidanzamento. Non era molto, una piccola ambra incastonata in un cerchietto d'oro, ma mi piacque subito perché mi ricordava il colore dei suoi occhi.

Era tutto perfetto, la mia famiglia mi adorava, stavo per sposarmi con la donna che amavo e stavo per concludere la tesi. Cosa si poteva chiedere di più?

I soldi.

Un giorno di giugno mio padre morì, lasciandomi solo a prendermi cura di mia madre. Era estate, il mio lavoro stagionale era finito e non sapevo come fare.

Qualche giorno più tardi un mio compagno mi chiese di uscire per una serata tra amici. Non avevo molta voglia, ma mi convinse dicendo che presto avrei avuto una moglie e certe libertà mi sarebbero mancate. Fu così che mi trovai ad una partita di Poker. Fu così che trovai la mia rovina.

Quella sera vinsi una cifra spropositata. Ero euforico, non avevo mai visto tanti soldi in vita mia! Tanti soldi, troppi soldi facili.

Qualche giorno dopo lo stesso ragazzo mi invitò a giocare ai cavalli. Troppo stupido per capire che l'episodio della sera prima era un caso fortunato decisi di provare. E persi tutto.

Non so come sia successo. Le cose mi sfuggirono di mano, prima che potersi rendermene conto mi trovai a giocare a Poker per pagare le scommesse ai cavalli e a scommettere ai cavalli per permettermi le partite a Poker. Non sapevo come uscirne, anzi non volevo uscirne. Non potevo se volevo sentire il brivido di scoprire una carta, non potevo se volevo provare l'eccitazione di vedere un cavallo tagliare il traguardo. Era più forte di me.

Gli ultimi esami andarono peggio del previsto, ma riuscii comunque a terminare gli studi e cominciai subito a lavorare. Progettavo una bella casa dove portare a vivere la mia futura moglie, le promettevo tanti figli insieme e una lunga vecchiaia.

Poi un giorno mi vide arrivare pieno di lividi. Io non so come sia potuto passare per la testa, ma avevo paura: avevo mancato il pagamento di una scommessa non proprio legale e alcuni uomini mi avevano gentilmente intimato di trovare i soldi. I miei non bastavano e mia madre non poteva di certo darmeli, così andai da lei e la supplicai di ridarmi l'anello di fidanzamento. Già, l'anello per cui avevo sofferto per risparmiare i soldi con cui comprarlo, l'anello che avevo acquistato con tanta cura pensando a lei, l'anello che avrei presto impegnato per pagarmi una scommessa, l'anello che non avrei più riscattato.

Pianse. Se lo tolse dall'anulare dicendo che se lo avessi ripreso non l'avrei più rivista.

Lo presi.

Pagai il mio debito con un macigno in mezzo al petto e appena fui solo cercai di liberarmi della mia angoscia urlando più che potei in un vicolo deserto e sporco. Caddi in ginocchio tra i rifiuti piangendo per minuti o forse ore, non saprei.

Poi una mano sulla spalla mi fece voltare.

Era un giovane dai capelli neri, ben vestito, insomma uno di quelli con la faccia pulita. Mi propose un accordo. Io non riuscivo a capire cosa stesse accadendo, sapevo solo che quel tipo mi stava offrendo una speranza alla mia disperazione. Avevo toccato il fondo e stavo perdendo le cose più care e lui mi mostrava una via d'uscita. Mi parlò a lungo, faceva sembrare tutto così facile... Accettai. Acconsentii allo scambio. La mia anima per la fortuna al gioco.

Mi sembrava di essere il re del mondo! Vincevo alle scommesse, non c'era partita che non vincessi!

In poco tempo mi impossessai di una grande somma di denaro. Comprai una nuova casa a mia madre, feci costruire una tomba più degna per mia sorella e comprai un bellissimo anello pieno di diamanti per Michelle. Sì, tornai da lei con quel pacchettino in mano, supplicandola di perdonarmi e giurandole che non l'avrei più fatta assistere a scene misere.

Tutto ricominciò a girare dalla parte giusta, io e Michelle ci sposammo il luglio successivo in una chiesa piena di fiori e vivevamo felici, anche se dentro di me sentivo che qualcosa non andava bene, che c'era qualcosa di finto, di artefatto. Ma sempre questa vocina veniva messa a tacere da una vincita a Poker o da un cavallo vincente.

Passò del tempo, durante il quale le mie scommesse si ampliarono ad altre cose più o meno legali, come le corse tra cani o le lotte tra uomini di strada. E vincevo. Sempre. Troppo.

Talmente sicuro di me non mi rendevo conto di ciò che facevo così presto attirai sguardi invidiosi.

Un gruppetto di persone divenne geloso della mia fortuna e una sera, dopo una delle tante partite di Poker, mi tesero un agguato. Mi trascinarono in un vicolo e mi lasciarono lì, quasi in fin di vita e derubato dei miei soldi.

Fu lì che Gabriele mi trovò. E' un brav'uomo. Fa il muratore, lavoro duro ma onesto. Aveva appena finito il turno e dato che era una calda sera di agosto stava tornando a casa a piedi, quando sentì i miei lamenti e mi scoprì. Non avevo mai incontrato una persona tanto generosa fino ad allora. Mi prese con sé e mi portò a casa sua, dove sua moglie mi curò amorevolmente. Fu lì che capii.

Quando entrammo sua moglie Sofia e i suoi due bambini corsero a salutarlo come facevano sempre. Erano allegri e ridevano, felici di abbracciarlo dopo una lunga giornata di lavoro. I bambini non capirono subito che io ero ferito, invece Sofia mi sorrise e mi fece sdraiare sul divano, incurante del fatto che lo stessi macchiando di sangue. Per lei era più importante la mia salute.

Era più importante la salute di uno sconosciuto che l'unico divano della casa.

La guardai per tutto il tempo. Non era molto bella ma aveva una luce negli occhi che riusciva a mettere chiunque di buon umore. Si capiva che era una donna forte e indipendente eppure invece di lavorare stava a casa a prendersi cura dei bambini per sua scelta, perché non voleva perdersi la gioia di vederli crescere. Crescere in quella casa piccola, povera, ma pulita e decorosa che lei mandava avanti con una dignità innata che non avrebbe avuto niente da invidiare ad una regina. Insegnava ai suoi figli cosa era giusto e cosa sbagliato, li cresceva con amore e severità e nonostante avessero pochi soldi, avessero pochi giocattoli, vestiti rotti e più volte ricuciti, quei bambini erano felici e non avevano bisogno di altro. Nonostante la povertà a loro non mancava niente.

Fu lì che capii che avevo sbagliato tutto.

Non sono i soldi che fanno la felicità. Oh, sì certo, aiutano e spianano la strada. Ti possono far sentire bene, ma è un bene effimero, non felicità. La felicità la si trova nelle altre persone, nella loro fiducia e nel loro rispetto. Ma fino all'ora ero stato troppo stupido per capire. Ero accecato del brivido del gioco.

Si offrirono di ospitarmi, ma non volevo far preoccupare ulteriormente Michelle, così Gabriele insisté per accompagnarmi, dopotutto casa mia non era troppo lontana a piedi. Lui parlava orgoglioso della sua famiglia, mentre io lo ascoltavo cercando di dare un senso a ciò che avevo fatto. Senza trovarlo.

Di ciò che accadde dopo non ricordo molto. Vidi due fari davanti a noi a bloccarci la strada e voltandoci vedemmo un'alta macchina. Erano gli uomini che mi avevano aggredito prima. Ci avevano circondati.

Avevano cambiato idea ed erano tornati indietro per terminare l'opera. Per uccidermi.

Ci fu una scazzottata che coinvolse anche Gabriele. Era forte lui, era un muratore dopotutto, ma loro erano in cinque. Non so come, ma riuscii ad attirare la loro attenzione su di me e a farlo scappare. Poveretto, prima mi aiuta e poi rimane coinvolto in una rissa... Non lo meritava.

Non so cosa è accaduto, so solo che mente lui correva io sono stato colpito in testa, poi più niente.

Questo è tutto.

 

Il marinaio lo aveva ascoltato tutto il tempo in silenzio, sempre continuando a remare, instancabile senza diminuire il ritmo. Lui sapeva sempre la storia dei suoi passeggeri, ma gli piaceva sempre ascoltarla; era poco espansivo, ma la solitudine e la routine portano inevitabilmente ad apprezzare un po' di chiacchiere di quando in quando.

Appena il suo passeggero finì di parlare lo vide più tranquillo e meno incline ad arrabbiarsi. Era sempre così, una volta confessato tutto si sentivano sempre meglio.

Tu non sei mai stata una persona cattiva. Hai solo errato abbagliato da qualcosa che non hai riconosciuto come sbagliato e ti sei lasciato ingannare. Ma sei fortunato.”

Il suo passeggero lo guardava con fare interrogativo, evidentemente non aveva capito. Trattenendo a stento un sorriso per la sua ingenuità, riprese a spiegare.

Tu hai dato via la tua anima per la fortuna al gioco e questo è vero. Ma vedi, non è importante solo cosa facciamo ma anche il perché: tu sei convinto di averlo fatto per i soldi ma in realtà, come tu stesso hai detto, i soldi non li hai usati per te ma per aiutare la tua famiglia e per rendere felice tua moglie. E hai fatto la scelta giusta quando hai deciso di aiutare Gabriele a scappare. Potevi non farlo, magari far uccidere lui al tuo posto e dartela a gambe, invece no: sapevi che lui non c'entrava niente e ti sei preso le tue responsabilità dandogli l'opportunità di andarsene via.

E' per questo che sono potuti intervenire. Ma non credere di aver fatto tutto da solo, è stata tua sorella ad inoltrare la richiesta all'ufficio legale.”

...come? Mia sorella è morta...”

Anche tu lo sei.”

Il marinaio vide il passeggero spalancare la bocca incredulo, poi tastarsi le braccia e il resto del corpo.

Che scherzo è mai questo?”

Poi ci fu un rumore.

Siamo arrivati!” Disse il marinaio legando una corda al piccolo molo.

Avevamo un patto! Io ti ho raccontato tutto, ora rispondimi!”

Il marinaio si alzò in piedi e gli fece cenno di scendere.

Vedi, il colpo in testa che ti hanno dato quegli uomini ti ha ucciso. Avendo venduto l'anima al Diavolo ti avrei dovuto accompagnare da lui, ricordi i lampi che hai visto prima? Quello è l'Inferno.

Ma tu bene o male ti sei sempre comportato bene, o almeno nei limiti del bene. Inoltre hai costruito una nuova tomba per tua sorella, è grazie a questo che lei ha interceduto per te consegnando i moduli all'ufficio legale. Loro hanno valutato il tuo caso e hanno invalidato il patto.

Quindi ti viene data un'altra possibilità: puoi tornare in vita per mostrarti degno del Paradiso e raggiungere tua sorella. Ovviamente non avrai più la fortuna al gioco, ma presumo che tu abbia imparato la lezione, dico bene?

Ora scendi da questa barca, non sei il mio solo passeggero, sai?”

Quando il ragazzo sconvolto da quelle parole, ancora in dubbio sulla loro veridicità, fu sceso, il marinaio lo salutò dicendogli: “Questo giro lo offro io, ma sappi che al prossimo passaggio dovrai pagarmi.”

Ma tu chi sei?”

Esci sempre fuori con domande stupide come questa? Sai già la risposta!”

E il ragazzo vide la lanterna della piccola barca a remi di Caronte allontanarsi perdendosi nel mare.

   
 
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