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Autore: Nijinsky    22/08/2011    5 recensioni
Si tratta di una storia di schizofrenia, di paranoia, di pazzia.
Non ci sono momenti di lucidità, frangenti di calma in cui il cuore può riprendere a battere a un ritmo più tranquillo, ma solo crudo subconscio che si proietta nell'aria, saturandola, avvelenandola, rendendola irrespirabile. Capitoli brevi, rapidi, come una coltellata, come un colpo di pistola. Nella pazzia non valgono le parole, ma solo le immagini che come una reazione a catena esplodono nel cervello nell'udire un solo suono, nel respirare un solo odore.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Faccio il mea culpa di una situazione che mi aveva tolto la gioia di vivere
Questo é quanto, come imputato ammetto il mio reato
Spero che non mi abbiate condannato
Spero di essere stato chiaro più di qualsiasi indizio
Confido in un rinvio a giudizio
E non è che l'inizio di un nuovo capitolo
Mi metto in gioco come un gatto col gomitolo
Pronto a superare ogni ostacolo
A scongiurare ogni oracolo
A strappare a morsi ogni tentacolo”
Mea culpa – Caparezza

 

«Buonasera, Near!» cinguettò Mello, allegro di un’inspiegabile allegria, euforico di una cinica euforia.
«Buonasera a te, Mello, qual buon vento ti porta qui?»
«Il tuo umorismo ha un che di pessimo, latticino»
«Non intendevo fare umorismo, sono seriamente intenzionato a conoscere ciò che ti spinge a tanto»
«Fatti i cazzi tuoi, panna montata»
«Scusa, Mello»
«Lo sai già perché»
«Credo di non seguirti, mi dispiace»
«Sai benissimo perché mi trovo qui: è colpa tua»
«Colpa mia…»
«Sì, colpa tua, stronzetto»
«Colpa mia…»
«E smettila di mormorare che è colpa tua, lo so benissimo, cazzo!»
«Davvero è colpa mia se ora sei così?» chiese Near, con le lacrime che minacciosamente tentavano il suicidio rotolando giù per le perlacee gote.
«Certo, idiota»
«Mello, mi dispiace» mormorò Near piangendo.
«Troppo tardi»
Sarcasmo.
Freddo, gelido sarcasmo che al suo passaggio bruciava più del fuoco, maciullava la carne, la rendeva putrida cena per i vermi, uccideva lo spirito dilaniandone le viscere di emozioni e ricordi, i neuroni di istinto e sudore.
Near con le lacrime vomitava rabbia, cieca ira di chi non sa con chi ce l’ha, di chi non sa perché il sangue nelle vene bolle come acqua a 100 °C, di chi non sa più niente e per illudersi di non crollare strilla allo specchio il proprio disordine, il proprio rumore.
Sarcasmo, non vi era ironia in quella frase.
Era una mera constatazione della realtà.
Era troppo tardi.
Era davvero colpa sua?
Era era era.
Tutto al passato, niente al presente, un futuro che non c’è.
In realtà tutto vortica così velocemente che spazio e tempo si contraggono fino a tangersi.
Non ci sono dimensioni, solo fatti che invece di succedersi si sovrappongono, nel caos primordiale.
Nel rumore bianco.
Nel rumore buio.
Dormi, piccolo, così potrò tormentare anche i tuoi sogni rendendoli incubi.






  
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