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Autore: F l a n    22/08/2011    4 recensioni
[Glee!HP Alternate Universe. I personaggi di Glee nel mondo Harry Potter :)]
Avete mai provato ad immaginare come sarebbero stati i ragazzi del Glee Club ad Hogwarts? A quali avventure e misteri avrebbero potuto incontrare? Questa fic è un tentativo di 'ricreare' (senza troppe pretese) le atmosfere potteriane mischiate a quelle un po' musicali, sentimentali e intricate di Glee.
[Il rating potrà subire dei cambiamenti!]
1: Prologo. "Incontri" Parte 1&2 [ambientata al 1° anno]
"La stazione di King Cross era veramente enorme agli occhi di Rachel; non che fosse la prima volta che prendeva il treno da lì, ma in quel momento gli sembrò più grande del solito. Immensa. [...]"
[Per più informazioni sulla fic vi raccomando di leggere le note ad inizio capitolo!]
- 1° avventura: Lo specchio delle brame (primo anno)
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash, Het, Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Quinn Fabray, Un po' tutti
Note: AURaccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Lo specchio delle brame
Rating: PG
Fandom: Glee/Harry Potter
Pairing/Personaggi: Kurt Hummel, Finn Hudson, Sue Sylvester
Wordcount: 2356 (fdp)
Scritta per:  [info]bingo_italia con il prompt JOLLY (Specchio)
Betareader: [info]naripolpetta <3
Avvertimenti: Alternate Universe, Accenni di morti (la madre di Kurt, il padre di Finn, la sorella di Sue).
Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e questa è tutta illusione. Non ricavo niente da ciò e tutti i diritti sono di RM e della Fox.
Note:
Finalmente sono riuscita a trovare un pretesto per scrivere un' altra fic su questa versione del mondo di Glee.
In realtà è collegata ai capitoli precedenti dove introduco tutti i personaggi di Glee nel mondo di Harry Potter e racconto dei loro smistamenti e di come le loro storie s'intreccino. Non è fondamentale averla letta per capire questa fic, di per suo molto semplice, ma aiuterebbe comunque ad apprezzarla.
Dovete sapere che farò una serie di avventure slegate l'una dall'altra, a volte totalmente, alcune no quindi potrete trovare riferimenti a cose scritte in precedenza, ad ogni modo linkerò sempre nelle note.
- In secondo luogo, passo a spiegarvi velocemente gli smistamenti che vi servono per comprendere questa fic nel caso non abbiate letto la prima parte:
Kurt è un serpeverde.
Finn è un tassorosso di un anno più grande.
Sue è l'insegnante di pozioni e capo Casa di Serpeverde.


Non era permesso a nessuno studente aggirarsi nei corridoi di notte, ma era risaputo che non tutti riuscivano a star bene attenti alle regole.
Nella scuola di Hogwarts c’erano oggetti di ogni genere oggetti segreti, oggetti pericolosi, oggetti desiderati da milioni di persone e quasi sempre male intenzionate, per questo era un luogo sicuro dove poterli custodire, laddove nessuno sarebbe mai entrato.
Nessuno tranne loro
.

-

Kurt girovagava per il castello con aria stanca; era solo il suo primo anno nella scuola di Hogwarts, ma ciò non gli impediva di commettere qualche birichinata. In realtà, l’obiettivo di Kurt, quella sera, era di vedersi di nascosto in un area del castello con Mercedes, che doveva ridargli alcuni prodotti per il corpo che gli aveva prestato.
Se solo non se li fosse dimenticata il pomeriggio! Doveva ricordarsi di non prestare più cose del genere, neanche agli amici. E poi usare prodotti per il corpo alla loro età era troppo precoce. Per gli altri, ovviamente, non per lui. Lui poteva.
Uscì dal sotterraneo con il cuore in gola; sapeva che stava rischiando per una cosa sciocca, ma era una sua cosa sciocca. Se c’era qualcosa che Kurt adorava erano le cure estetiche, e non importava se era effettivamente troppo piccolo per curarsene, a lui interessavano da quando aveva visto per la prima volta un barattolo di crema per il viso nelle mani di sue madre.
Schizzò velocemente per i corridoi, sperando di non incontrare nessun custode; peccato che la scuola fosse buia e lui non conoscesse ancora qualche incantesimo per farsi sufficientemente luce. Si basò sul suo istinto e sulla flebile luce della luna che filtrava dalle grandi vetrate e dalle poche lampade rimaste accese con un fuoco discretamente basso.

Kurt non si accorse nemmeno di come ci arrivò la prima volta, fatto sta che le scale di Hogwarts erano la diavoleria più incantata e più infernale che avesse mai incontrato nella sua vita.
Nel momento in cui si era ritrovato davanti alla porta ed aveva capito che non era lì che Mercedes gli aveva promesso di farsi trovare, avrebbe dovuto girare i tacchi e rassegnarsi a salire di nuovo le scale; invece, spinto da una genuina curiosità, Kurt aprì la porta e si ritrovò davanti a qualcosa di enorme, qualcosa che, a giudicare dalla stanza praticamente inutilizzata, doveva esser lì da un po’ di anni. Il drappo che lo ricopriva sembrava esser intriso di polvere e se faceva scorrere gli occhi fino alla base, poteva notare dal lembo scoperto che quella cosa coperta era nientemeno che un semplice…
“È uno specchio…” mormorò a voce bassissima, afferrando il telo da un lato e lasciandolo cadere sul pavimento.
La superficie era polverosa nonostante il telo, e sembrava che fosse rimasto lì coperto da anni.
Non appena sentì dei rumori, Kurt si voltò per guardarsi alle spalle con aria spaventata, ma non c’era nessuno - forse era solo qualche creaturina magica intrappolata in quella buia stanza.
Rimase per qualche minuto davanti allo specchio, incantato dalla sua grandezza e dalla sua cornice dorata, incuriosito dal perché un simile oggetto dovesse stare in un angolo remoto del castello, lontano dagli occhi di tutti.
Ovviamente, Kurt non fu stupito di vedere se stesso ritratto nello specchio, era la cosa più naturale, ma ciò che cominciò ad inquietarlo fu il fatto che, accanto a lui, cominciava a formarsi una figura, una figura che nella realtà materiale non era presente.
Il ragazzino rimase immobile davanti allo specchio, con gli occhi e la bocca spalancate incapace di dire qualunque cosa; la donna accanto a lui era sua madre.
Deglutì con forza, spaventato; che diavoleria era mai quella? Perché mai ritraeva il suo riflesso accanto a quello di sua madre? Come faceva a sapere che aspetto aveva? Il cuore cominciò a battergli a mille e la voglia di fuggire era tanta, ma allo stesso tempo, vedere la propria madre accanto a lui dopo quegli anni in qualcosa che non fosse un sogno – perché oh, no, quello non lo era, - gli sembrava una cosa a dir poco straordinaria.
Kurt si sedette per terra, aspettandosi che il suo riflesso facesse esattamente la stessa mossa, ma non sorprendendosi più di tanto quando lo vide rimanere in piedi accanto alla bella donna dai capelli castani.
Quella notte Kurt pianse davanti allo specchio e Mercedes lo aspettò invano.

*

Il mattino seguente Kurt si svegliò con un gran mal di testa ed una certezza; avrebbe dovuto raccontare l’accaduto a Finn e portarlo con sé. Se i calcoli di Kurt non erano errati, quello specchio, probabilmente, mostrava i desideri nascosti delle persone, ciò che vorrebbero vedere o avere ma non potevano ottenere nella vita reale. O magari era uno specchio che mostrava gli angeli custodi, o semplicemente i morti. Non riusciva a spiegarsi cosa fosse di preciso, ma non era importante: quello specchio gli aveva fatto rivedere sua madre ancora una volta.
“Finn, ti prego, devi credermi!”
“Amico, mi chiedi una cosa difficile in cui credere, non puoi davvero aver visto tua madre in uno specchio.”
“Vieni con me, stanotte! Posso dimostrartelo.”
Finn inarcò un sopracciglio, finendo di mangiare il suo pancake.
“Va bene, verrò…” biascicò, “ ma finiremo nei guai ed è una cosa che non possiamo fare! Lo sai che girare nei corridoi di notte è proibito!”
“Ma è importante! Dai, non te ne pentirai. Ti prometto che non correremo nessun rischio!”
Finn lo guardò storto, un po’ perplesso ed infine sospirò.
“Immagino di non avere scelta.”
Sul volto di Kurt si aprì un grande sorriso e gli diede una pacca sulla spalla.
“Penso di no.”

*

Era notte profonda quando Kurt e Finn si stavano aggirando con passo felpato per i corridoi del castello, cercando di evitare i vari controlli notturni. Se li avessero beccati avrebbero potuto dire addio ad Hogwarts, forse, o magari li avrebbero semplicemente puniti; ma Kurt non voleva andare nella Foresta Proibita – luogo assicurato per le punizioni, specialmente se queste venivano decise dalla professoressa di Pozioni Sue Sylverster.
“Ho paura…” confessò Finn, guardando il fratellastro che si muoveva con particolare attenzione, cercando di far il meno rumore possibile.
“Shhh! Zitto e seguimi!”
Scesero velocemente le scale, che per fortuna, quella volta, sembrarono essere dalla loro parte. Si poteva udire solo il fruscio dei loro movimenti ed i loro respiri affannati dalla corsa e dalla paura. Finalmente, Kurt tirò un sospiro di sollievo non appena riconobbe la porta della notte prima; erano arrivati.
La aprì con un incantesimo, facendo attenzione a non fare rumore ed entrò nella stanza, sempre facendo cenno a Finn di fare il maggior silenzio possibile.
“È quello?” chiese il più grande, vedendo lo specchio davanti a sé.
“Sì. Adesso mettiti davanti e rimani lì per qualche minuto.”
Kurt dedusse che nessun’altro era entrato dalla sera prima, poiché il drappo era ancora a terra e lo specchio ancora polveroso. La luce filtrava debole dalla piccola finestra con le inferiate presente nella stanza, e riusciva ad illuminare solo lo specchio, ma abbastanza per vedere le proprie immagini riflesse in esso.
Finn si avvicinò allo specchio, vedendo una figura cominciare a formarsi accanto alla sua.
“Kurt ma che diavolo…” quando vide la sua immagine riflessa ed accanto quella di una figura maschile che sembrava… suo padre, Finn rimase letteralmente a bocca aperta. Indietreggiò qualche passo, quasi spaventato, sotto lo sguardo compiaciuto di Kurt ed inciampò sopra i propri piedi, cadendo rovinosamente all’indietro.
“No-non è possibile! Che diavolo è?!” esclamò, voltandosi di scatto verso il fratello, parlando con voce troppo alta rispetto a quanto avrebbe dovuto.
“È uno specchio magico ma non so co-“ il discorso di Kurt fu interrotto da un’altra presenza nella stanza, che fece sussultare i due fratelli.
“È lo specchio delle brame,” era una voce femminile, ma né Finn né Kurt riuscirono ad individuare la sua figura, in quanto nascosta nell’ombra; la donna fece qualche passo avanti, lento, e rivelò il suo corpo alto e slanciato, avvolto da un abito nero.
“Può mostrarti ciò che più desideri al mondo, ma non può riportare in vita le persone care. Molti studenti, negli anni, lo hanno cercato. Qualcuno lo ha trovato, esattamente come voi, ma poi il preside lo ha nascosto in quest’area del castello, che quasi nessuno studente ha mai raggiunto.”
“Professoressa Sylvester!” esclamò Kurt, toccandosi il collo con agitazione e vedendo Finn scattare verso di lui.
Il tono acido della donna era stranamente più pacato, sembrava che non avesse intenzione di ammonirli.
“Non dovreste essere in piedi a quest’ora.” Il suo tono era gelido, categorico, ma una nota di dolore lo stava incrinando.
“Ci ha seguiti?” chiese stupidamente Finn, grattandosi la testa.
La donna spostò i suoi gelidi occhi azzurri su di loro, squadrandoli; non riusciva a capire cosa vedessero nello specchio, ma poteva augurarsi che non fossero cose idiote o megalomani.
“No. A dire il vero sono anni che non torno davanti allo specchio delle brame. Ho scoperto che il suo effetto mi danneggiava, creava nella mia testa l’illusione che lei fosse ancora qui.”
“Lei chi, professoressa?” azzardò Kurt, con voce tremula.
Non ricevette risposta.
“Comunque, fareste bene ad andarvene, prima che possa decidere di darvi una punizione… anzi, mi sto giusto chiedendo cosa io stia aspettando.”
Finn afferrò velocemente la mano di Kurt e lo trascinò verso la porta; non voleva che togliessero punti alle loro case per una cosa del genere. Non era il caso. Per quanto fosse sconvolto, emozionato dall’idea di aver rivisto suo padre, aveva capito che quella era una mera illusione, che oltre quella superficie non c’era altro che… la superficie, oltre non si poteva andare; e per quanto con forza avrebbe voluto conoscere suo padre, quello nello specchio era solo un’illusione e non poteva dargli niente. Finn chiuse gli occhi, sentendo il suo cuore sussultare e la voglia di piangere sopraggiungere.
“Prima che ve ne andiate… vorrei sapere cosa avete visto nello specchio.” Domandò la professoressa, gelandoli entrambi sul colpo e costringendoli a voltarsi prima di uscire dalla vecchia e polverosa stanza.
Kurt alzò il mento, mentre le lacrime cominciavano a solcare il suo giovane viso fino a bagnare la cravatta a strisce verdi e argento.
“La mia mamma.”
Sue chiuse gli occhi e le sue labbra tremarono.
“Tua madre?”
“È morta signora, è morta un po’ di anni fa.”
La professoressa non rispose, spostò solo il suo sguardo su Finn; i suoi occhi nella penombra sembravano ancora più gelidi.
“Mio padre. Mio padre è morto prima di potermi crescere.”
La donna si voltò di nuovo verso lo specchio, chinando la testa e camminando verso l’oggetto.
“Potete andare.”

Kurt e Finn si dileguarono oltre la porta, facendo ben attenzione per non essere beccati da qualcun altro; la professoressa Sylvester era stata stranamente indulgente, ma il preside forse lo sarebbe stato un po’ meno.
“Chissà perché la professoressa non ci ha ammoniti,” mormorò Finn sottovoce, tenendo la mano di Kurt e conducendolo nei corridoi della scuola, visto che era un poco più esperto di lui.
“Non ne ho idea.”
Kurt guardò dietro di sé, con la pura sensazione che in fondo, la professoressa dovesse veder qualche suo caro nello specchio, qualcuno morto a cui teneva più della propria stessa vita.
Chiuse gli occhi mentre le lacrime sopraggiungevano di nuovo, tentando di scacciarle; aveva pianto abbastanza per quella che era solo una mera illusione.

*

La donna si avvicinò allo specchio, sfiorandone la superficie e sussurrando un nome, mentre le lacrime solcavano le sue guance.
“È impressionante quanto riesca ancora a farmi male, non averti più qua con me, sorellina…” la figura al suo fianco, nel riflesso, gli sorrise ingenuamente, “a volte mi chiedo perché debba solo essere un illusione…” sospirò, chinandosi e raccogliendo il drappo che era stato tolto da Kurt qualche sera prima, scuotendo via la polvere e riadagiandolo sullo specchio, coprendone la superficie e facendo sparire il proprio riflesso e quello della sorella.
Sue uscì dalla porta e si asciugò le lacrime con la manica allungata del vestito; Sue Sylvester non piangeva mai, lo aveva promesso anche a lei.
Non avrebbe più pianto.

*

L’indomani, Kurt e Finn fecero colazione affianco – Kurt era dovuto andare al tavolo dei Tassorosso, fosse mai che uno di questi si sedeva assieme ai Serpeverde, - con gli sguardi abbassati e l’umore a terra. Entrambi avevano avuto occasione di riflettere su ciò che avevano visto, ed entrambi si erano ritrovati sconvolti e dipendenti da quell’incanto.
“Dobbiamo tornarci, Finn…” sussurrò Kurt, ricordando la sensazione di sollievo nel vedere sua madre nello specchio.
“Non possiamo Kurt, è solo più doloroso per entrambi.”
“Ma…”
Finn scosse il capo.
“Non è la realtà.”
Kurt continuò a bere il suo succo di zucca, cercando di ignorare il nodo che si era formato alla gola.

*

Kurt Hummel non era il tipo da arrendersi alla prima difficoltà o al primo ‘no’ sussurrato dalle labbra del suo fratello adottivo. Non importava se la visione nello specchio era solo un’illusione, lui si era sentito bene, lui aveva sentito il suo cuore scaldarsi come non succedeva da anni.
Tornò nuovamente nella stanza, anche quella notte, ma fu deluso nel trovarla completamente vuota; lo specchio non c’era più. Il sorriso sul suo giovane volto scomparve, lasciando spazio ad una smorfia di delusione.
“L’ho fatto portare via,” disse, una voce familiare alle sue spalle, rigida.
“Oh. Professoressa.”
“Dovrei ammonirti Hummel, è già la seconda notte che ti trovo fuori dal letto; non lo faccio solo perché sei uno dei miei studenti prediletti ed un Serpeverde.”
Kurt le sorrise, grato.
“Perché l’ha fatto portare via?” chiese.
“Non ci si può nutrire di illusioni. Tu sei ancora troppo piccolo per poter realizzare quanto possa diventare dannoso. Quello specchio mostra ciò che vorremmo, ma non ce lo ridà indietro. Non è una sofferenza? Poter vedere il riflesso delle persone che amavamo ma sapere che esse non torneranno più da noi. Non è la realtà, Hummel.
Sono anni che prego il preside di farlo portare via, finalmente mi ha dato ascolto.”
La donna poggiò una mano sulla spalla di Kurt, il quale gli rivolse uno sguardo abbattuto, triste.
“Non essere triste per qualcosa che non esiste, ragazzo. Goditi il presente, ciò che le persone vive possono darti.”
Il giovane annuì, vedendo improvvisamente la professoressa sotto una nuova luce, senz’altro più buona e diversa. Aveva voglia di un abbraccio, ma era cosciente che non lo avrebbe ricevuto, non da lei.
“Adesso vai a dormire, domani hai lezione con me e sarà meglio per te che tu abbia fatto i compiti,” sussurrò, conducendolo fuori dalla stanza e chiudendo la porta a chiave. Kurt s’incamminò a testa china verso i sotterranei.
Lo schiocco della chiave nella serratura risuonò in tutto il castello.
   
 
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