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Autore: Feel Good Inc    22/08/2011    1 recensioni
A Twilight Town non pioveva mai, prima. Tutti la conoscevano come una cittadina tranquilla e sonnacchiosa; mai un sentore di novità, mai un accenno di bizzarria – c’erano, sì, quelle che Pence amava definire «le sette meraviglie», ma nessuno di loro era rimasto sorpreso quando avevano scoperto che erano tutte frottole assecondate dalla soggezione e dall’ottusità di certi personaggi del luogo.
Però la Vecchia Villa era tutta un’altra storia; e poi era cominciata la faccenda del cimitero.
[ Personaggi: Axel, Hayner, Kairi, Naminè, Olette, Pence, Riku, Roxas, Sora, Xion - Warning: nonsense ]
Genere: Angst, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Roxas, Sora, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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5

Fantasmi

 

 

 

 

 

You put a knife in my back, shot an arrow in me

Tell me, are you the ghost of jealousy?

 

La Villa li aveva guidati fin da quando li aveva lasciati entrare, e Sora non aveva dubbi che le altre stanze fossero tutte inaccessibili. Guardò la porta aperta che dal pianerottolo conduceva a una nuova scalinata semibuia, passandosi la lingua sulle labbra secche. Non avevano scelta. Dovevano passare per di là.

Per l’ennesima volta, il pensiero di trovarlo lassù ad aspettare gli provocò un moto d’odio.

Ma il pensiero di Riku, Kairi, Naminè, Xion, Olette e Pence lo sostenne, rinsaldandogli la presa sul bastone, e fu senza un fremito che Sora fece un cenno ad Axel e Hayner guidandoli verso il portone spalancato.

Lo oltrepassarono.

In quella, un lampo più accecante degli altri filtrò dalle finestre, e i tre ragazzi chiusero gli occhi d’istinto. Riaprendoli, Sora sentì il cuore mancare un battito.

La rampa di scale che li avrebbe condotti al piano più alto della Villa non s’immergeva nei suoi meandri, ma si avvolgeva attorno a una torre, come una cengia di montagna, o i vecchi ballatoi esterni delle rocche medievali che Olette gli aveva mostrato una volta in un libro di storia che sembrava appartenere a un’altra vita. La loro strada si svolgeva simile a un serpente viscido nella notte burrascosa. In alto, molto lontano sopra le loro teste, quasi invisibile nello scroscio della pioggia e dei fulmini, un lumicino indicava un’ultima stanza aperta per il loro arrivo.

Eppure Sora avrebbe giurato che un attimo prima non ci fosse alcuna torre a svettare sulla Vecchia Villa.

Hayner fu il primo a scattare fuori. Axel e Sora gli tennero dietro come automi, ma una folgore che dardeggiò vicinissima all’amico indusse Sora a ricordare con chi avevano a che fare.

«Hayner, rallenta!» boccheggiò, almeno dieci gradini sotto i suoi pantaloni mimetici. «Non così in fretta! Così gli vai direttamente incontro, e lui non aspetta altro che di coglierci impreparati!»

Hayner ruggì una risposta sopra la propria spalla, senza smettere di correre. «Non m’importa! Non m’importa di cosa vuole fare! Non gli permetterò di tenerli qui, Sora, non gli permetterò di toccare Olette o Pence o chiunque altro!»

«Hayner, idiota, a loro non serve un fottuto eroe!» urlò Axel più forte ancora, sovrastando i tuoni. «Gli serve qualcuno che sappia cosa fa! Sta’ attento a dove metti i piedi e tieniti la testa ben piantata sul collo, accidenti a te!»

Hayner voltò di nuovo il viso per rispondergli qualcosa – Sora distinse un furore selvaggio nei suoi occhi – ma non udirono mai le sue parole. Fu sfiorato da un altro fulmine. Mise un piede in fallo, scivolò.

L’istante successivo, come al rallentatore, Sora lo vide precipitare dall’altezza vertiginosa che avevano raggiunto, le braccia aperte, in volto l’espressione attonita di chi ha appena visto un fantasma.

«Hayner

Si sporsero a guardare, urlando il suo nome alle urla del vento. Ma lui era già sparito nella pioggia che frustava i sottostanti tetti di quelle stanze maledette percorse invano.

Sora non si sentiva più la voce. Restò a guardare giù dalla scalinata, agghiacciato, finché Axel non gli strinse forte una spalla.

«Non possiamo fare nulla per lui... Andiamo avanti.»

Sora batté le palpebre. Axel si chinò per parlargli direttamente nell’orecchio. Non l’aveva mai sentito così vicino.

«Vai. Ti guardo le spalle.»

Si scosse. Annuì, e riprese la corsa.

Nel fiume di volti che lo incitavano ad andare avanti si era aggiunto ora anche lo sguardo stupito di Hayner.

 

 

Arrivarono in cima senza fiato; si lanciarono all’interno della stanza illuminata più veloci dei fulmini, e Axel si chiuse i battenti alle spalle con forza, sopprimendo il fragore degli elementi. Sora si guardò intorno ansante.

Era una stanzetta circolare, vuota, molto più piccola di tutte quelle finora incontrate. E anche qui regnava incontrastato l’abbandono, con l’unica differenza della totale mancanza di mobilia: l’ambiente era nudo, spoglio e umido, come la cella di una prigione. Kairi l’avrebbe certo definita la stanza più remota della torre più alta; solo che qui non c’erano principesse da svegliare con un bacio, si disse Sora stringendo più forte il bastone – e, in tutta onestà, ancora non sapeva quale fosse il modo più giusto di definire il suo nemico.

«Dov’è?» chiese Axel al nulla, dando voce ai suoi stessi pensieri.

L’ultimo eco della sua domanda ebbe appena il tempo di spegnersi. D’improvviso, nella stanza divampò il fuoco. Non c’era nessun camino – le fiamme sembravano sgorgare direttamente dall’aria, per magia, avviluppandosi alle ginocchia di Sora e spandendo intorno un debole sentore di bruciato.

Axel lo spinse immediatamente da parte, facendogli scudo col proprio corpo mentre Sora strisciava dal lato opposto della stanza e sollevava il bastone tremante: ma che avrebbe potuto fare il legno contro il fuoco?

E poi, tra le fiamme che ora lo separavano dall’ultimo compagno rimastogli, credette di vedere qualcosa. Una figura indistinta e scura sembrava rivolgersi direttamente ad Axel; e anche se non riuscì a sentire nulla, Sora capì cosa stesse succedendo dal modo in cui gli occhi verdi dell’eterno amico-nemico si dilatarono e si accesero di stupore. Nello stesso istante seppe anche che non era stato il fulmine, né l’acqua depositata sui gradini, a far precipitare Hayner dalla torre.

«No!» Si mosse verso il fuoco e la bocca gli si riempì di cenere, ma non indietreggiò. «Axelcoff – non ascoltarlo! Qualunque cosa ti stia dicendo – coff – noi siamo venuti qui per combatterlo, Axel! Ricordati cos’ha fatto agli altri... Ricordati Naminè

Al nome della ragazzina che era per lui quanto di più simile a una sorella potesse esistere, Axel parve scuotersi. Tuttavia non distolse lo sguardo dalla figura nel fuoco, e nel silenzio che seguì, ora che era più vicino, anche Sora poté sentire le parole che avevano immobilizzato Axel sul posto.

«Aspettavo da così tanto tempo, così tanto, così tanto, che tu venissi a giocare con me.»

Sora gemette. Era come aveva temuto: lo straniero del cimitero aveva deciso di prendersi tutti loro. «No, Axel, no...»

Ma Axel sembrava essere piombato in un mondo etereo ed eterno, in cui esisteva soltanto il volto del ragazzino che gli fluttuava davanti agli occhi tra le lingue di fuoco. I riflessi incendiavano le forme spigolose dei suoi zigomi, disegnavano ombre nere sotto gli occhi sgranati. Sora sentì che rispondeva, ma era come se mettere insieme le parole gli costasse un’immensa fatica.

«Ho come l’impressione... di conoscerti da molto tempo...»

«Axel, no

Sora avrebbe voluto lanciarsi su di lui, scaraventarlo via di lì, ma il fuoco glielo impediva. Dal canto suo, Axel non parve accorgersi del suo nuovo richiamo. Alzò una mano verso le fiamme, le sfiorò. Sora urlò. Il fuoco accarezzò la pelle dell’adolescente come un vecchio amico, senza scottarlo né lasciar segni del suo passaggio.

E poi, inaspettatamente, Axel sorrise. Subito dopo il fuoco lo avvolse. Lui sparì alla vista, e Sora rimase immobile a gridare il suo nome con voce sempre più forte, sempre più forte, finché le fiamme non morirono risucchiate dalla stessa aria che le aveva generate. Axel era scomparso.

La stanza tornò scura e fredda, il silenzio rotto solo dalle frustate del vento e dal respiro affannoso di Sora.

Crollò in ginocchio. Anche Axel... Anche il duro, il fiero, il sarcastico Axel, quello che aveva sempre faticato ad accettare di prendere ordini da un ragazzino come lui... Lo straniero aveva preso anche Axel. Era stato tutto inutile. Tutto inutile.

Sora non si accorse di aver seppellito il viso tra le mani finché una mano diversa, fredda e inconsistente come la neve, gli sfiorò le dita come per studiarne i contorni.

«Hai paura, adesso.»

Non era più una domanda.

Non ebbe la forza di ritrarsi. Alzò semplicemente il capo e aprì gli occhi, lasciando cadere lacrime rinnovate, fissando quelli dello straniero che gli somigliavano così tanto.

«Perché fai tutto questo? Perché li hai fatti sparire?» Gli tremava la voce, ma non si sforzava più di nasconderlo. Era vero: aveva paura. «Chi sei tu?»

Il ragazzo col mantello nero allontanò la mano dalla sua, ma continuò a guardarlo con aria improvvisamente stanca, e un sorriso storto più agghiacciante della sua dubbia natura.

«Sono un fantasma, Sora. Sono il fantasma di ciò che sarebbe potuto essere e di ciò che non sarà mai. Sono il fantasma del Te che non ha mai avuto il diritto di esistere. Ti ho aspettato a lungo, sai... Sapevo che saresti venuto. Sapevo che saresti venuto a ridarmi quello che mi hai tolto. E allora io avrei tolto qualcosa a te... Qualcosa che tu non avevi il diritto di avere...»

Sora non reagì. Avrebbe voluto chiedergli di cosa diavolo stesse parlando, ma persino quella semplice domanda lo atterriva. Immobile, rimase a guardare lo straniero che finiva di slacciarsi il mantello aperto per metà.

«E adesso, non mi resta che una sola cosa da riprendermi.»

Lo sguardo di Sora scivolò sui lembi di stoffa nera ora discosti e sul buco che si apriva nel petto del suo fantasma, un miscuglio di nero e rosso grondante dolore, lo stesso dolore che aveva fatto piangere Naminè, lo stesso dolore che Sora provò negli ultimi istanti della sua vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice

 

O_O -> Questa è stata la mia espressione nello scrivere la parte finale di questo capitolo.

Brr. Mi faccio paura da sola. Ma come mi è venuta una cosa simile?!

A presto con l’epilogo!

Aya ~

   
 
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