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Autore: Kitsune Blake    22/08/2011    3 recensioni
Questo è l'inizio della storia che tutti noi conosciamo.
E' il racconto dell'amore fra un'umana e un demone, un amore proibito e segreto.
***
Dal capitolo 17:
Varcò la soglia in totale silenzio, e subito il suo fiuto venne invaso da quello che era un inconfondibile puzzo di morte. Era ovunque, era persino impregnato nelle pareti, dove macchie di sangue più o meno vaste si susseguivano lungo i corridoi lunghi e deserti.
Il giovane daiyokai dovette rinunciare a percepire qualsiasi altro odore, visto che l’acre puzza di cadavere aveva ormai preso completamente il sopravvento sulle sue percezioni. Perciò Sesshomaru tese le orecchie, pronte a captare qualunque rumore fuori dall’ordinario, e assottigliò gli occhi ambrati, cercando di intuire movimenti sospetti nel buio della dimora.
[ Storia temporaneamente sospesa per revisione e riscrittura dei capitoli ]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti dalle terre dell'Ovest'
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Dopo la battaglia

 

Il padre della nostra principessa non aveva torto. A nord si era appena conclusa una lunga battaglia.

Proprio in quelle lande gelide, un uomo correva in mezzo a una foresta. Era talmente veloce che difficilmente lo si sarebbe distinto in mezzo alla coltre bianca, poteva essere anche un animale. Benché avesse il fiato corto l’uomo corse senza sosta, finché non arrivò sul ciglio di un ripido pendio, per guardare il paesaggio sottostante.

Era uno sfacelo. Molti alberi erano crollati, gli animali e i demoni minori erano tutti fuggiti verso sud, lasciando la terra vuota e senza vita. I villaggi nella valle erano in fiamme.

Ma al nostro uomo non importava di quegli stupidi umani. Abitavano nel suo territorio e in un certo modo ne era infastidito, ma non aveva mai perso tempo a perseguitarli, e loro avevano timore di lui. Comunque erano tutti morti. Erano rimasti coinvolti nella battaglia, insomma si erano trovati semplicemente nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Un peso in meno, pensò il demone (perché di un demone si trattava), mentre con un sospiro di dolore si sedeva a terra a riprendere fiato.

Era stato uno scontro molto lungo più che duro, quello. Ma il demone aveva vinto e aveva conquistato il suo premio. La spada si era battuta fino all’ultimo per avere il dominio del suo nuovo padrone, il quale ad un certo punto la estrasse dal fodero e si mise a contemplarla.

Sounga. Una spada dritta, lunga e sottile, dall’impugnatura lucente, semplice ed elegante. Splendida quanto letale.

Ma ora non avrebbe più distrutto nulla, perché era sotto il suo controllo. Mentre il demone la riponeva nel suo fodero l’arma ebbe un fremito: era ancora molto ribelle, ma non avrebbe più osato mettersi contro il suo padrone.

Inu No Taisho aveva ripreso abbastanza fiato. Era tempo di andare ormai. Si alzò da terra, e ora che l’effetto della stanchezza era svanito si poteva facilmente notare perché gli uomini e gli altri demoni lo temessero. Egli era un daiyokai, un demone superiore. La sua figura si presentava alta e imponente. Qualunque sovrano della specie umana sarebbe stato nulla in confronto a lui.

Portava un kimono bianco, raccolto alle caviglie da stivali leggeri e scuri. Tale kimono era quasi totalmente ricoperto da un’armatura nera, fatta eccezione per le gambe e parte del petto. Anche le braccia erano coperte da protezioni: i sode* erano molto ampi, di un colore grigio lucente; essi conferivano al demone, già di per sé estremamente potente, un’ulteriore aura di regalità. I kote* erano aderenti all’avambraccio, leggeri e decorati con semplicità. Una soffice pelliccia candida ricadeva morbidamente dalle spalle del daiyokai, coprendolo fino ai piedi. Sulla schiena portava la spada chiamata Sounga, mentre sul fianco sinistro portava altre due spade, chiamate Tessaiga e Tenseiga.

Ma ciò che più incuteva timore e riverenza non erano le armi che portava con sé, almeno non solo.

Il suo sguardo. Il viso di Inu No Taisho poteva essere quello di un ragazzo: essendo un demone infatti non subiva i segni dell’età come gli uomini comuni. I suoi lineamenti erano perfetti, ma i suoi occhi erano ciò che colpiva di più: si potrebbe dire che fossero del colore del topazio o dell’ambra, o ancora del colore del miele. Uno sguardo profondo e tagliente che rispecchiava gli anni che il Grande Demone Cane aveva vissuto ma che nel fisico non mostrava. Aveva inoltre degli splendidi e lunghi capelli d’argento, raccolti in una coda. Tutto l’insieme gli conferiva un portamento fiero e regale, degno del rispetto di chiunque, umano o demone che fosse.

Inu no Taisho si stava appunto alzando per andarsene, quando qualcosa di minuscolo arrivò saltellando e gli atterrò sulla spalla, in mezzo alla folta pelliccia.

“Mio signore, sono così contento nel vedervi sano e salvo!” Il piccolo demone pulce si aggrappò al collo del daiyokai e prese a succhiare il suo sangue.

“Myoga…” disse Inu no Taisho con tono paziente, “non dovresti preoccuparti tanto…è stata una battaglia lunga, ma non difficile”. Tolse la pulce dal collo e la mise sul palmo della mano.

“Ma mi sembravate in difficoltà…” Myoga aveva assunto un tono preoccupato.

Il demone sospirò. “Non hai visto bene. Vuol dire ti trovavi ad una buona distanza di sicurezza dal luogo dello scontro.” Aveva una nota divertita nella voce.

La pulce parve in evidente imbarazzo. “Ma guardate chi sta arrivando padrone!”

Una sagoma indefinita si avvicinava in volo. Inu No Taisho guardava la figura con uno sguardo indecifrabile, gli occhi color topazio scurivano mentre il giorno volgeva al termine. Totosai…, pensò, non so perché, ma non prevedo nulla di buono…

Non distolse lo sguardo finché il vecchio demone fabbro Totosai, sul dorso del suo bue volante, non atterrò con un tonfo al limitare della foresta. Il daiyokai lo raggiunse, il passo leggero e silenzioso.

“Cosa ti porta qui Totosai? Ho come l’impressione che tu sia arrivato con cattive notizie.”

Il fabbro si schiarì la gola. “Eh, purtroppo sì. Ho saputo che avete sconfitto e conquistato Sounga infine. Potrei darle un’occhiata?”

Inu No Taisho non se lo fece ripetere, e consegnò la spada al vecchio demone. Sapeva che nessuno meglio di lui avrebbe saputo analizzare quell’arma. D’altronde Totosai era il miglior costruttore di spade in circolazione: era infatti l’autore delle due katana che il daiyokai aveva con sé, Tessaiga e Tenseiga.

Mentre il fabbro analizzava Sounga, il silenzio era assoluto. Nessun rumore proveniva dalla valle, se non si teneva conto del crepitare delle fiamme nei villaggi, e nemmeno dalla foresta, che sembrava disabitata. Inu No Taisho era immobile e teso nell’attendere il verdetto.

“Sì,” disse infine Totosai, “Sounga è completamente vostra ora. Ma resta comunque un grosso problema.” Il Grande Demone lo guardò senza dire nulla, in attesa che continuasse.

Lo spadaio riprese a parlare. Sapeva che il suo signore aveva il suo palazzo fra quelle montagne, perciò cercò di essere il più delicato possibile. “Il combattimento che si è svolto in questi giorni ha fatto sì che l’aria e la terra di questa zona si impregnassero dell’aura demoniaca di Sounga. Ne ho la certezza, perché ho fatto un giro di perlustrazione molto ampio”. Sospirò. “Ampio abbastanza da comprendere tutto il vostro territorio.”

Il daiyokai non si scompose. “Cosa intendi dire con questo?”

“Voglio dire che…che sarete costretto ad allontanarvi da qui. L’aura demoniaca di Sounga è estremamente potente, e la spada si nutre di essa. Se resterete in questa zona abbastanza a lungo Sounga potrebbe riprendere il controllo…sarebbe più potente che mai e potrebbe uccidervi!” Totosai fece una pausa. “Ma potete stare tranquillo, nel giro di mezzo secolo l’aura maligna si esaurirà da sola.”

Ecco spiegato perché Sounga continuava ad agitarsi. Inu No Taisho rimase un attimo in silenzio. Infine sorrise. “Se servirà ad evitare altri scontri inutili, allora me ne andrò. Tanto non ho mai amato stare fermo in un unico luogo.”

Myoga intervenne. “Ma signore…vostro figlio…”

“Sesshomaru è un demone forte, ed è più che in grado di cavarsela da solo ormai. Potrà sempre trovarmi quando ne avrà voglia. Dovrò andare a sud.” Sia Totosai che Myoga non ebbero nulla da ribattere: era chiaro che quella era la sua ultima risposta.

Il daiyokai andava verso la foresta, ma si fermò poco prima di entrarvi. “Devo fare in fretta. Myoga, resta con Totosai. Ci vedremo presto”. La pulce saltellò verso il grosso bue volante, mentre Inu no Taisho si trasformava in un enorme cane bianco, dagli occhi rossi e scintillanti.

Il cane demoniaco partì di corsa, mentre Myoga e Totosai rimasero a guardarlo per un po’. “Chissà quando lo rivedremo”, disse la pulce, “il suo sangue è sempre così gustoso!”

Inu no Taisho correva nella foresta, muovendosi leggero e senza difficoltà, nonostante la sua grossa stazza. Alla sua destra, fra le nubi scure, si intravedeva un pallido sole morente. In quello stesso momento, una principessa si addormentava serena dopo un lungo viaggio.

 

Note: i *sode sono le protezioni per le spalle, mentre  i *kote sono le protezioni per le braccia, tipici elementi delle armature dei samurai.

L’angolo dell’autrice: ecco il mio secondo capitolo! Ho ritenuto opportuno introdurre anche il secondo protagonista, oltre che iniziare la storia. Spero che abbiate gradito! ^^

   
 
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