Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Elbereth    24/04/2006    1 recensioni
Quell'amicizia era un porto sicuro: era l'approdo che tanto desidera il viaggiatore esausto, l'acqua che allieta una gola riarsa; era la sensazione di sentirsi a casa, il calore di una stretta di mano, la certezza che dopo ogni litigio sarebbe sempre tornato il sereno. Vivevano quella stagione della vita con gioia e gratitudine, lieti di ogni nuovo evento che trasformasse un giorno di scuola in un'avventura, forti del rapporto che avevano l'uno nei confronti dell'altro.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo III



" [...] Cosa fai senza me,
dimmi il peggio di te,
che così ti potrò cancellare.
Non ti posso pensare senza un'anima,
devi solo insegnarmi ad odiarti un po'."
I Pooh




La valigia era quasi pronta. Giaceva semiaperta sul letto, in una delle tante stanze che la III B aveva occupato in un ostello sulla via Tiburtina, durante la gita di fine triennio. Alcune magliette giacevano impilate sul cuscino, mentre un paio di pantaloni neri se ne stavano ancora appesi ad un'anta dell'unico armadio situato accanto alla porta-finestra che dava sul terrazzo.
La ragazza era seduta a gambe incrociate sul letto della sua compagna di stanza, probabilmente uscita per partecipare ad una delle frivole discussioni in corso nelle camere accanto. Anche lei era stata invitata, ma aveva cortesemente declinato l'offerta con la scusa dei bagagli non ancora pronti: almeno per mezz'ora, si sarebbe goduta una pace sconosciuta negli ultimi cinque giorni di visita alla Città Eterna.
Non poteva definirla una gita memorabile. Certo, dal punto di vista artistico non avrebbe saputo cos'altro chiedere: esisteva qualcosa al mondo in grado di superare in magnificenza i Fori Imperiali, il Colosseo o i giardini di Villa Borghese ? No, non era quello a gettare una piccola ombra su tanti e tali momenti indimenticabili: semplicemente si era trovata a desiderare ardentemente che lui non ci fosse stato.
E' superfluo descrivere quanto si fosse sentita male in quei giorni. Riuscire a tenere duro per cinque ore ogni mattina le pareva relativamente facile, ora che ci aveva fatto l'abitudine; ma in gita si era rivelata tutt'altra cosa, superiore alle sue capacità. Si trovava in continuo contatto con il ragazzo da colazione a sera inoltrata, ben oltre l'orario stabilito per la cena. Non erano mai soli, grazie al cielo: per la prima volta nella sua vita ringraziava di cuore l'indole ficcanaso di alcune compagne di classe particolarmente inclini al pettegolezzo. Già da mesi Francesca e Sarah sembravano aver fiutato una certa simpatia tra i due, e li pedinavano come meglio potevano, insinuando relazioni che, speravano, avrebbero potuto farli cadere nella trappola di uno sguardo distolto frettolosamente o di un rossore malamente camuffato.
In più di un'occasione la ragazza era stata sul punto di tradirsi e si era salvata per il rotto della cuffia: rispondeva a quanti la credevano innamorata ridendo, scuotendo la testa divertita e formulando un'esclamazione sul tema : "Se non sapessi che vi sbagliate, vedendovi così convinte ci crederei anch'io!"

Che bugiarda era.
Un'attrice nata, abile quanto poche altre. La rappresentazione che si era costruita attorno era talmente realistica da sembrarlo persino ai suoi stessi occhi. Lo sapeva, bastava una parola e tutto sarebbe finito, avrebbe smesso di tormentarsi e il cuore avrebbe finalmente riposato in pace, poco importava che la risposta fosse un sì o un no. Ma non poteva rovinare la gita così, non ne aveva il coraggio. Ancora poche ore e ci sarebbe stata la piena libertà di agire, e avrebbe fatto quello che era giusto fare, per il bene di entrambi.
Ma lo voleva davvero?
Suvvia, che sciocchezza. Certo che no. Sarebbe stata la fine di tutto. La sua decisione di aspettare e confidare nel futuro, in un'età in cui entrambi avrebbero potuto capire meglio se davvero quella loro lunga amicizia era destinata a ben altre rosee vie, si sarebbe rivelata inutile.

Era immersa da qualche minuto in tali tumultuosi pensieri quando qualcuno aveva bussato alla porta. Che fosse Silvia ? Ma no, impossibile. Aveva detto che non sarebbe tornata prima di venti minuti. E allora chi.. ?
La ragazza si era alzata, e infilandosi le scarpe aveva attraversato in pochi passi la stanza, girando la chiave nella toppa e aprendo l'uscio.
"Ciao."
No, no, oh no. Non era possibile.
"Ciao", si era costretta a rispondere.
Davanti a lei se ne stava, con le mani infilate nelle tasche pantaloni, l'unica persona delle venticinque venute in gita che avrebbe preferito non vedere. Gli scuri capelli ricci erano arruffati, e aveva gli occhi lucidi di chi ha passato una notte insonne; era pallido, e indossava la maglietta grigia, stropicciata, con cui era andato a dormire la sera prima.
Non credeva che sarebbe stato possibile sentirsi così imbarazzata, eppure era costretta dall'evidenza ad ammettere il contrario. Se lo mangiava con lo sguardo, ma allo stesso tempo voleva sprofondare nel punto esatto in cui, imbambolata, restava immobile sulla soglia con un'espressione in viso che ringraziava il cielo di non poter vedere.
Lui aveva gettato un'occhiata nella stanza, curioso.
"E Silvia ?"
"E' andata da Anastasia, Karen e Nicole."
"Tu no?"
La ragazza aveva scosso la testa. "Lo sai che non amo certe compagnie. E poi la valigia è ancora da fare per metà, tra un'ora dobbiamo portare i bagagli in stazione."
Si era voltata per indicare i pantaloni e le magliette in attesa di trovare sistemazione, in un modo che le era ancora oscuro, tra l'accappatoio e le tre felpe portate in caso di bruschi rovesci di temperatura. Sperava che la conversazione fosse finita lì, ma la smentita non aveva tardato ad arrivare.
"Puoi venire un momento in camera mia ?"
Si augurava di aver sentito male. Sicuramente si era sbagliata, poteva succedere. Era stato soltanto uno scherzo della sua immaginazione.
"Beh ? Si o no ?"
Non si era sbagliata. E ora che scusa avrebbe dovuto inventare per giustificare un no ? Sarebbe stato fin troppo evidente il perchè di un rifiuto, tantopiù che doveva solo attraversare il corridoio ed entrare nella porta di fronte.
"Ma certo", aveva risposto chiudendo la porta e mettendosi in tasca la chiave.

Neanche i suoi compagni di stanza c'erano. Nicola e Matteo erano da Lorenzo, e di Emiliano non si avevano tracce. Ciò rendeva i nervi della ragazza ancora più tesi, e le faceva rimpiangere di non essersene rimasta in camera, sola con le sue paranoie, ma pur sempre in una situazione che sapeva controllare.
"Non fare caso al disordine", aveva detto lui notando lo sguardo divertito della ragazza che osservava come il caos regni assoluto se due o più maschi convivono in angusti spazi per almeno una notte.
"Dovevi dirmi qualcosa ?"
"Si, vorrei un parere", aveva riposto aprendo la valigia e tirando fuori un paio di pantaloni beige e due magliette, una verde oliva e una arancione. "Quale delle due ?"
Il battito frenetico del cuore era drasticamente diminuito. Quindi era un consiglio così futile che voleva. Per fortuna non era nulla di serio.
"Quella verde, ovviamente. Ti sta meglio."
L'amico aveva sorriso, annuendo. "Si, era quello che pensavo anch'io." E, senza pensarci due volte, si era tolto la maglietta grigia che indossava per infilare l'altra.
Lei avrebbe voluto morire.
Sicuramente aveva le guance di una intensa sfumatura color bordeaux, perciò le era sembrato appropriato tentare di salvare il salvabile girandosi di scatto verso la finestra. Chi glielo aveva fatto fare di andare a cacciarsi in guai simili ?
"Ehi, non dirmi che ti vergogni."
Faceva anche lo spiritoso, eh ?
"Vedi un po' tu.."
"Ormai ci conosciamo più di dieci anni, credevo che.."
Si, credeva. Era proprio quello il punto. Sarebbe stato perfettamente normale sino a pochi mesi prima, ma in quel momento.. Dio, no ! Non doveva pensarci.
"A proposito, hai visto Eugenia ?" aveva chiesto il ragazzo.
"Certo che si, è in camera di Anna. Perchè ?"
Non c'era stata risposta.
Si era voltata di scatto per guardarlo negli occhi, e vi aveva letto tutto ciò che c'era da leggere.
Era costretta a piegarsi di nuovo alla sconfitta, ma, stranamente, le faceva meno male. Forse ci stava facendo l'abitudine, chissà; o forse si rendeva conto, pur con una fitta insopportabile alla bocca dello stomaco, che lui così era felice. E chi non lo sarebbe stato con Eugenia ? Era davvero bella. Aveva un sorriso bianchissimo, lunghi capelli castani, occhi scuri e un talento naturale per il ballo. Che armi poteva opporre la ragazza contro tanto splendore ?
La risposta era ovvia: nessuna.
Si, era brava a scuola e le piaceva lo sport, e poi ? Si illudeva forse che sarebbe bastato ? Aveva già sperimentato che tutto ciò è ben poca cosa quando l'alternativa si presenta in un fisico praticamente perfetto.
Prima c'era stata Elisabetta, ora c'era Eugenia. Quante altre ne sarebbero ancora venute, senza che alcuna di esse lo degnasse d'uno sguardo ? Da un lato avrebbe dovuto essere giubilante, covare segretamente una gioia senza pari; ma subito si vergognava di questo sentimento che la rendeva meschina ed egoista. Che razza di persona era diventata se provava sollievo nel vederlo soffrire e arrancare sulla scia di ragazze che non avrebbe mai avuto ?
"Ti piace così tanto, eh ?"
Era una domanda, ma in cuor suo assumeva il tono piatto e incolore di una constatazione. Che stupida era a chiedere quello che già sapeva.
Lui aveva sorriso di un riso talmente dolce e tenero come mai le era capitato di vedere fino ad allora. "Si", aveva annuito con gli occhi lucidi.
Lei stessa sentiva la vista offuscarsi, ma non poteva permettere che la vedesse così. Era la sua migliore amica, doveva essere felice; doveva dargli un lieve colpetto sul braccio e partecipare alla festa con un sonoro "Sono davvero contenta per te.", promettendo di fare tutto il possibile per aiutarlo a realizzare il suo sogno.
E a lei ? Importava a qualcuno del sogno che mai si sarebbe avverato ?
"Beh", aveva tentato di dire guardando disperatamente in qualunque angolo della camera che non la obbligasse a posare gli occhi su di lui, "ora.. io.. io devo.."
Le parole le morivano in gola.
"Devi andare a finire di fare i bagagli ?"
No, devo imparare ad odiarti. Insegnami ad odiarti, insegnami ad escluderti, voglio che questo dolore lancinante la smetta. Ti voglio fuori dalla mia vita, se non posso averti dentro. Ma questo non glie l'aveva detto.
"Si, credo proprio di sì" aveva invece risposto deglutendo a fatica, "sarebbe umiliante perdere il treno per colpa mia."
Il ragazzo aveva aperto la porta. "Allora a dopo ?"
Lei era uscita, recuperando la chiave dalla tasca.
"A dopo", aveva sospirato.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Elbereth