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Autore: Haruakira    22/08/2011    3 recensioni
Yamamoto Takeshi non era lo stupido idiota del baseball. Questo Hayato lo aveva capito bene. Non era uno stupido, Yamamoto, anche se rideva tanto e forse troppo. Chi del resto poteva dire di averlo visto arrabbiato? Chi poteva dire sinceramente di avere visto uno Yamamoto diverso senza dovere per forza associare il suo nome a una faccia allegra e a una risata spensierata, a un paio di occhi che sorridevano essi stessi di serenità e di gioia? Nessuno.
Tranne me.- mormorò una voce stanca ma decisa.
Il confronto di due ragazzi con i propri errori, i rimpianti e le amarezze. Il tentativo di capire il perchè dei loro fallimenti e quello più arduo di tantare di rialzarsi, magari insieme.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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c. boo
Capitolo 10
Fango, il dolore della pioggia.

-Ma tu non sei più tuo.


"Sì, è vero. Io sono suo. Credo sia bello appartenergli.
 E credo che faccia anche un po' di male."

Yamamoto Takeshi dell' America sapeva poco quando era arrivato lì un' po' di mesi addietro -e che a lui erano sembrati anni o secoli- e ora che se ne stava andando lo faceva convinto di saperne ancora meno. In realtà aveva imparato che gli occidentali preferivano i nomi ai cognomi, che le forchette potevano essere usate come fionde per fare la guerra col cibo, ma questo a lui, figlio di un ristoratore non piaceva. Non era certo bello sprecare la roba da mangiare. Aveva imparato poi che gli hamburger e le patatine erano simbolo nazionale, che New York, quella donna romantica e sensuale, piena di luci e di palazzi che sembravano voler toccare il cielo, gli sarebbe mancata in fondo. Ad Hayato sarebbe piaciuta, Gli sarebbe piaciuta tutta l' America forse, perchè un po' sapeva d' Europa e di Asia e di Africa...
Yamamoto aveva conosciuto New York, la Grande Mela e la sua cultura che sembrava un puzzle fatto con le tessere di paesi diversi e di tessere nuove, sue  e solo sue. Era bella, bella davvero. Ma non così per dire, era di un bello che a pronunciarlo ti ci riempivi la bocca.
Yamamoto Takeshi aveva la faccia spiaccicata contro il finestrino dell' aereo, l' anello della famiglia Vongola sembrava vibrare intorno al suo collo invece che bruciare facendolo sentire a disagio come era accaduto per diversi mesi, come se quell' oggettino volesse continuamente ammonirlo dicendogli "ehi bello, sei scappato. Codardo! Non si fa così". Ora invece era felice e quel ragazzone così alto sembrava un bambino. Accanto a lui Alex sorrideva mentre Sandra grugniva.
Quando aveva detto all' amico che no, a Rio, gli dispiaceva tanto, ma non ci veniva, l' altro era stato lì lì per dargli un pugno.
E in effetti avevano litigato.
Yamamoto si era messo addosso quello sguardo nocciola serio e deciso mentre gli occhi di Alex ricambiavano scrutandolo attenti e sottili, i due ragazzi,  silenziosi, eano schierati per la prima volta uno contro l' altro. Alex sospirò:- Stai mandando a puttane il tuo futuro.
-Non è vero. In Giappone il baseball è sport nazionale, è tenuto in gran considerazione.
-La gente conosce il baseball americano, non quello giapponese... e poi... se è come dici perchè sei venuto qua e non sei rimasto a fare il campione in quel buco che è Namiqualcosa, uhm?
-Namimori. Io voglio solo giocare e sono stato stupido se pensavo di farlo lontano da casa. Voglio giocare... e basta... senza rinunciare alle cose a cui tengo.
-Sei patetico, non hai un briciolo di ambizione, Yamamoto- Alex si era allontanato un poco da lui fino ad appoggiarsi contro il vetro della finestra della loro stanza, era la prima volta che lo chiamava per cognome e questo provocò un brivido che attraversò il corpo del giapponese come una scossa indesiderata, Alex ora sembrava guardarlo tutto, dall' alto in basso, aveva infilato le mani nelle tasche e sorrideva in quella sua maniera che ogni tanto era inquietante, strana e quasi superba. Non era il sorriso trasparente che gli regalava praticamente ogni giorno- le stelle nascono qui ma tu non lo capisci. Forse lo capiresti se non avessi la testa fottuta da quel coso incazzato- rise forte- non ho mai visto uno incazzato in una foto... oh sì! Ci stà proprio bene con te! Non si vede?
Yamamoto spalancò gli occhi incredulo. Come poteva quello che ormai riteneva un carissimo amico dire quelle cattiverie?
Erano parole sì, ma erano veleno concentrato. Un veleno che gli entrava in circolo nel sangue, sotto la pelle come i rifiuti che si riversano nei mari o nei fiumi  e li sporcano e li maltrattano scorrendo in essi e uccidendo la vita al loro passaggio.
Takeshi si portò istintivamente una mano sul cuore. Dio, quanto faceva male! Si sentiva come se lo avessero preso a calci, come se gli avessero inferto una ferita doppia. Una ferita che aveva due nomi.
Alex, una persona adorabile, un amico gentile, una sorta di fratello, proprio lui lo aveva deluso profondamente. Yamamoto non lo capiva perchè. Non capiva cosa gli era preso. E non poteva capirlo perchè lui, guardiano della pioggia della famiglia Vongola, era una persona limpida, trasparente. Era pioggia, Takeshi, era pioggia pura e quieta che lava via tutto.

Ma la pioggia può lavare via anche le sue ferite? E se si mescola con il fango? E se viene inquinata? Non è più pura. Non è in grado di lavare via niente.

In quel momento si era sentito pieno di dolore, pensava ad Alex e alle sue parole "Oh sì! Stà proprio bene con te!"

Che vuol dire?

Strinse forte i palmi delle mani chiudendole a pugno e chiuse gli occhi.
-Dannazione!- urlò inchiodando Alex contro il muro e sbattendo forte le mani ai lati della sua testa. Alex sorrideva ancora e lo fissava con le palpebre semiabbassate, senza pietà:- Che c'è... Take, la verità fa male?
Sì fa male.
Yamamoto non lo guardava, teneva la testa bassa e gli occhi ostinatamente chiusi, ma quelle mani da lì non si muovevano, era bloccato, paralizzato: -Che ne sai tu?
-Si capisce
-No, non si capisce un bel niente. Gokudera non si capisce così. Non è un libro facile, lui... lui è scritto al contrario, sì.
-Balle- sbuffò Alex- te le ha dette lui queste puttanate?
-No. Le so e basta. Lo vedo. Lo so leggere... ho imparato.
-Take- la voce di Alex si era intenerita, il ragazzo gli aveva afferrato le braccia costringendolo ad abbassarle e non le aveva più lasciate- Take... guardami. Ho paura che questo ragazzo ti rigiri come vuole, ho paura che ti faccia male. Lo ha fatto, lo so questo. Io ti capisco, vedevo che il tuo sorriso non era più tuo. Ti ha rubato tutto e ho paura... tu non te ne rendi conto, non puoi. Non è una cazzata che l' amore rende ciechi. E' vero. Tu non sei  più  tuo, Take.-

Sì, è vero, è vero. Non sono mio. Io non lo sono più. Sono suo, sono suo.
Credo sia bello essere suo, appartenergli.
E credo che faccia anche un po' di male.
Essere di Hayato Gokudera.

-
E ho paura, Takeshi. Te l' ho detto, ho paura perchè tu mi hai raccontato delle cose, lui non mi sembra innamorato o felice. Uno che è felice non ti tratta così. Tsuna... si chiama Tsuna l' altro vero? Magari...-
-Basta... ti prego basta- la voce di Yamamoto tremava, si coprì la faccia con le mani, quelle grandi mani che cercavano di coprire il viso ma anche le orecchie e che però, quelle grandi mani, sì, non ci riuscivano.
Yamamoto era fragile, quelle mani grandi che ostinate proteggevano tutto non riuscivano più a proteggere niente.
Era crollato.
 Quella pioggia che bagna tutto, che tutto purifica ora non riesce più a farlo. Si è macchiata quella pioggia, si è mischiata col fango e con la terra e con le ferite e il sangue delle battaglie e ora non può più avvolgere i fiori, gli alberi, la gente col suo tocco leggero, con quello strato leggero e delicato fatto di migliaia di piccole goccioline che leniscono le pene dell' anima.
Si è sporcata la pioggia e non riesce a ripulirsi.
-Ho paura, ho paura... Dio... che dolore- singhiozzò trascinandosi a terra.
-Ta- Takeshi- Alex impallidì, tese le mani verso di lui e si abbassò veloce ad abbracciarlo. E desiderava solo cullarlo e proteggerlo per sempre. Prima di tutto dalla sua cattiveria:- Scusa, scusa, scusa... non volevo, non volevo te lo giuro. E' come vuoi tu, no, anzi è la verità... che lui ti ama intendo.
-Poco fa hai detto un' altra cosa- disse Yamamoto con gli occhi ancora umidi cercando una conferma qualsiasi, magari quella che lo avrebbe fatto stare bene, da parte di Alex.
-Io sono stupido- gli sorrise il ragazzo asciugandogli gli occhi- non conosco questo tizio, lasciami parlare a vanvera.
Takeshi sorrise con un sorriso triste, di un dolore che partiva dall' anima e si irradiava fino alla bocca, agli occhi, al cuore, a tutte le cellule del suo corpo e da lì si trasmetteva, proprio allo stesso maniera dei suoi sorrisi più belli, fino agli altri, alla gente che lo circondava e adesso fino ad Alex.

Fa male però.

Alex sapeva che forse avrebbe dovuto insistere, che se avesse continuato magari Takeshi sarebbe rimasto con lui. O forse no, forse gli avrebbe dato un pugno in faccia. Però avrebbe dovuto lottare e magari il suo giapponese si sarebbe scordato di quella mozzarella. Si trovavano così vicini... così vicini che avrebbe potuto baciarlo. E allora perchè non lo faceva? Perchè quella tristezza trasparente gli faceva così male? Si chiese cosa avesse quel ragazzo per colpirlo così, lo stava affondando con quella purezza introvabile e fuori dagli schemi. Forse era una cosa rara, Takeshi, e si sa che le cose rare sono anche preziose.

E alla fine si erano ritrovati insieme su un volo per il Giappone. Dopo quello che era successo Yamamoto non si sarebbe certo aspettato che Alex si offrisse di accompagnarlo. Non credeva che gli fosse così amico da arrivare a tanto e allora iniziò a sorgergli spontaneo il dubbio che forse Alex non era così trasparente come voleva fargli credere, che in genere -ma questo lo aveva sempre saputo- la gente non è limpida come pare. E Alex allora non gli somiglia così tanto. Però l' inglese gli voleva bene e anche Yamamoto gliene voleva e una possibilità non si nega mai a nessuno.
Prima di quella brutta litigata aveva pensato che sarebbe salito sull' aereo, sarebbe sceso, avrebbe visto Hayato lì all' aeroporto, magari con le mani in tasca e lo sguardo puntato sui piedi, e allora lo avrebbe abbracciato e magari baciato. Sì, sarebbe stato bello. E tutto si sarebbe risolto.
Takeshi però sapeva che le cose non funzionavano esattamente così, che se lo avesse fatto, se avesse baciato Hayato davanti a mezzo aerporto, probabilmente l' altro non lo avrebbe mai più guardato in faccia e cosa più importante, ai ragazzi sarebbe venuto un colpo. Soprattutto a suo padre.
Si era detto che allora avrebbe aspettato di essere solo con lui per dirgli magari "Yamamoto Takeshi, piacere. Ricominciamo da qui.", prendersi uno scalpelloto, un idiota gridato ai quattro venti, ridere e alla fine prendersi anche un bacio un po' rude, un po' selvaggio.
E gli andava bene così, e di questo era stato felice. Aveva avuto la certezza, per un attimo, solo uno, che tutto si sarebbe risolto naturalmente, che ogni cosa doveva per forza tornare al suo posto perchè non poteva essere diversamente. Non sembrava volerci tanto. Ci aveva creduto davvero ma ora sentiva che qualcosa dentro di lui si era rotto, Alex aveva riportato a galla i motivi per cui se ne era andato da Namimori.

Sono senza certezze.
Quel giorno lontano sul terrazzo della scuola ce lo aveva nitido tra i ricordi e le immagini gli passavano davanti agli occhi scuri come in un film dal sonoro eccellente. Troppo eccellente.

Il suo sorriso, quello che lo aveva tenuto incollato al finestrino per quasi tutta la durata del volo -perchè nonostante tutto ritornava a casa, da suo padre, dai suoi amici, e sì anche da Gokudera- si era spento non appena era sceso dall' aereo. Prese i bagagli aiutato da Alex e prima di varcere la porta che lo separava da quel suo vecchio mondo dovette fare un respiro profondo, imporre al suo cuore di battere più piano e assumere un atteggiamento il più naturale possibile. Sentì solo la mano di Alex sulla spalla, vide il suo sorriso incoraggiante che sembrava volergli dire "sono qui e se vuoi scappare, scappo con te, se vuoi lottare, lotto con te, Take", sì perchè Alex capiva in fondo e il suo tocco non era un semplice sono qui, no, era un sono qui e agisco con te. Finalmente la porta si aprì e non seppe dire se il cuore avesse perso un battito o gli stesse scoppiando nel petto.




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ANGOLO AUTRICE:
Eccomi^^, mi auguro di essere tornata con un capitolo almeno decente perchè in effetti ci sono dei passaggi che non mi convincono (ci fosse mai una volta -.-), mi auguro di non aver OOCizzato troppo Yamamoto. Per quanto riguarda Alex mi auguro che come personaggio non sia piatto, non sono brava con i nuovi pg o.O, non so che ve ne pare ma stò cercando di dargli delle sfumature appositamente in contrasto tra loro. Mi rovino da sola, lo so.
E ora... piccolo annuncio... cof, cof... ho iniziato una nuova long 8059, il titolo è "Break.", ancora una volta una storia introspettiva, in cui però ho deciso di aggiungere del sano erotismo o///o e un poco di azione (e anche lì ce ne saranno delle belle perchè sono contorta). Break si caratterizza per uno stile più mosso e per un' introspezione, anche essa, mi auguro, più attiva, in un crescendo di tensioni e sentimenti. Ci ho messo davvero il cuore e mi piacerebbe che voi le deste una possibilità, solo una, perchè ci tengo, perchè ho bisogno del vostro appoggio visto che per la testa mi mulina l' idea malsana di prendermi una pausa stratosferica dalla scrittura. Ovviamente terminerò certe ff, sopratto "La pioggia sulla pelle". "Break" è il mio ultimo esperimento nel fandom anime e manga per come sono messe ora le cose e per il momento è una storia pilota.
Per quanto riguarda "La pioggia sulla pelle", gli aggiornamenti zoppicheranno ancora per un pochino mi dispiace tantissimo. Grazie per l' attenzione,
Haru.


   
 
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