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Autore: Mery92    22/08/2011    3 recensioni
A volte l'amore di uan madre per la propria può dare la forza di ribellarsi...
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’amore di una madre

 

Sentii l’ennesimo piatto cadere sul pavimento, era il sesto quella sera.

Kate piangeva disperata tra le mie braccia; aveva paura, tremava e io più di lei.

Le urla di Carlo riempivano la casa e sovrastavano il pianto della bambina, che non riuscivo in alcun modo a calmare.

L’occhio destro mi doleva in maniera impressionante, riuscivo a stento a tenerlo aperto.

Percepivo il calore del sangue caldo che scorreva lungo il mio braccio sinistro e  con la coda dell’occhio potevo vedere la mia camicia bianca tingersi velocemente di un rosso acceso, un rosso che mi fece pentire di aver detto si quel giorno.

Carlo bussava rabbiosamente alla porta, voleva che gli aprissi, mi inveiva contro.

Strinsi più forte a me mia figlia, le accarezzavo i capelli con dolcezza e cercavo dentro me la forza per rassicurarla, per calmarla. Cercavo una forza che, forse, neanche avevo.

 

Stai tranquilla piccola,tra poco sarà tutto finito, vedrai che andrà tutto bene. Abbi fiducia nella tua mamma.”

 

L’ennesimo urlo.

 

Una bottiglia sul pavimento. La porta si chiuse brutalmente e improvvisamente la casa sprofondò in un doloroso silenzio che tanto avevamo aspettato e che ora non ci pareva vero.

Il pendolo suonò: erano le due del mattino.

Kate piano piano si calmò, smise di piangere e si addormentò sfinita e tremante tra le mie braccia; la misi al sicuro sotto le coperte del mio letto e uscii dalla stanza dove ci eravamo rinchiuse.

Con orrore vidi le condizioni in cui era ridotto il mio bell’appartamento: distrutto.

Piatti rotti, vasi e quadri infranti, bottiglie di alcolici spaccate, tutto ribaltato.

Caddi in ginocchio, disperata e non potei far altro che piangere, tutto ciò era accaduto per colpa mia: la casa che con tanti anni di sacrifici avevo adornato ora era un cumulo di cocci e,soprattutto, avevo messo a rischio l’incolumità di mia figlia.

Era solo colpa mia,ma potevo ancora rimediare.

Cercai in quell’enorme caos delle bende e feci una medicazione di fortuna, indossai il cappotto, vestii la piccola e uscimmo.

Fuori aveva iniziato a nevicare…era il 23 dicembre.

Guidai fino al pronto soccorso, feci pochi passi con mia figlia tra le braccia, ma lo sforzo fu  troppo, avevo raggiunto il mio limite e svenni di fronte all’entrata.

L’unica cosa che ricordo erano le voci concitate che mi erano attorno e la voce della mia piccola che mi chiamava, poi più nulla, solo buio.

Mi svegliai di colpo: ero distesa su un letto in una camera d’ospedale.

Cercai febbrilmente la mia piccola e mi accorsi che dormiva nel letto accanto al mio, sul suo piccolo braccio destro si vedeva chiaramente il livido che quel bastardo le aveva lasciato; aveva osato alzare le mani su mia figlia, il dono più prezioso che questa vita mi avesse mai donato e io non potevo perdonarlo.

Carlo. Quell’essere spregevole mi venne presentato come un brav’uomo, perbene, gran lavoratore e di buona famiglia.

 

L’ideale per una povera vedova come me, giovane e con una figlia di appena due anni  mi disse mia madre quando me lo presentò.

 

Aveva sei anni più di me.

 

Un buon carattere e tanta furbizia.

 

Ci frequentammo per mesi e il suo comportamento fu sempre impeccabile: fiori, cene, regali per me e Kate. Aveva conquistato prima mia figlia e poi me.

Tutto sembrava perfetto, fin troppo.

Dopo sei mesi mi chiese di sposarlo e io non me la sentii di rifiutare, da sola era difficile vivere e in quel momento così tetro lui mi sembrò quello giusto.

Ma mi sbagliavo.

Dopo una cerimonia da favola e un viaggio di nozze divino cominciarono i problemi: voleva che abbandonassi il lavoro, secondo lui una donna non doveva lavorare ma stare a casa a badare ai figli.

Mi vietò di uscire con le mie amiche, diceva che avevano una brutta influenza su di me e che non era giusto che io uscissi e avessi tante libertà.

Inoltre voleva che smettessi di prendere la pillola e cominciassi a seguirlo in Chiesa tutte le Domeniche.

Non credevo a ciò che sentivo, ogni giorno tirava fuori qualche nuovo divieto, qualche nuova proibizione che lui reputava giusta se volevo essere la moglie perfetta per lui.

Voleva privarmi di tutto, recludermi in quattro mura e trasformarmi nella moglie obbediente che non dice mai di no e obbedisce cecamente ad ogni folle ordine.

Non potevo accettarlo, non potevo sopportare un tale insulto alla mia persona.

Non obbedii…a nessuna delle sue costrizioni.

Continuai a fare di testa mia, a vivere secondo le mie regole.

Ero totalmente indifferente ai suoi rimproveri.

Tutte le sere tornava a casa tardi, puzzava sempre terribilmente di alcool.

Urlava. Mi inveiva contro. Mi insultava. Ma io tacevo e non gli prestavo attenzione.

Più volte lo minacciai di ricorrere a degli avvocati…ma lui mi scoppiava a ridere in faccia…diceva che ero solo una donna e che nessuno mi avrebbe mai creduto…e che non avevo i soldi per permettermi un avvocato.

Quando si trovava in questo stato pietoso mi prendeva con la forza e pretendeva che facessi l’amore con lui…si può chiamare amore un gesto obbligato e privo di ogni sentimento?

Non riuscivo ad oppormi,fisicamente mi era superiore…lo lasciavo fare…voltavo la testa dall’altra parte e trattenevo le lacrime...

Si muoveva pesantemente e con forza su di me, mi faceva male…mi lasciava appositamente segni sul corpo…mi derideva…

Per fortuna non resisteva più di dieci minuti,una volta raggiunto il suo scopo mi lasciava in pace e crollava addormentato…io mi voltavo dalla parte opposta e mi coprivo con il lenzuolo.

Mi vergognavo. Mi sentivo terribilmente ferita. Non erano i lividi del corpo a farmi male, ma quelli inflitti al mio orgoglio. Eppure non riuscivo a reagire, non riuscivo ad uscire da questa situazione.

Un giorno, verso la fine di novembre, andai a trovare mia madre; vide che sul polso avevo un grosso livido, allora tra le lacrime le confessai tutto.

A testa china le raccontai cosa vivevo ogni giorno, per la prima volta mi sfogai, mi confidai, cercai finalmente aiuto…ma quando alzai lo sguardo e la guardai negli occhi, vidi solo ribrezzo e rimprovero.

Se si comporta così è perché non sei una brava moglie  mi disse sorseggiando il suo thè verde.

Rimasi sconvolta da quelle parole.

Lei, Mia Madre.

Mia madre lo stava difendendo.

Fuggii da quella casa per tornare in quella prigione dorata, dovevo trovare il modo di sciogliere questo legame, dovevo trovare la forza di reagire….non per me, ma per la mia piccola.

E poi quella notte, tornò più ubriaco del solito, e scoppiò quel litigio.

Aveva visto i documenti dell’avvocato per il divorzio.

Era andato su tutte le furie.

E per colpa sua io e mia figlia finimmo in quel luogo dalle pareti bianche.

Per colpa sua…o forse di più mia, che da ingenua donnicciola quale ero avevo ceduto alle sue false lusinghe e mi ero gettata con noncuranza tra le sue braccia.

Ma il futuro non si può prevedere perché se così fosse la vita sarebbe troppo semplice, troppo lineare,troppo perfetta.

Non mi sono mai perdonata per aver rischiato che a mia figlia fosse fatto del male e probabilmente mai mi perdonerò.

Mentre ero distesa su quel letto stordita dagli anti dolorifici giunse una dottoressa a farmi visita.

Si sedette sul mio letto e mi sorrise:

“E’ arrivata qui appena in tempo Lisa, aveva perso molto sangue. Per fortuna ora le abbiamo fatto una trasfusione e le abbiamo messo i punti. Ma incidenti come questo non capitano certo per caso, mi può raccontare cos’è successo? Bhe…sempre…”

 

“Non si preoccupi…le racconterò tutto. Ma prima voglio sapere come sta la bambina…”

 

“Sua figlia sta bene è solo un po’ sotto shock, ma nulla di grave, un po’ di riposo e tanti dolci.” Sorrise, aveva un sorriso molto dolce,rassicurante.

 

Ed io iniziai il mio racconto

 

“Era tornato ubriaco come sempre, anzi più del solito. Aveva subito cominciato ad urlare. Come sempre…

Io stavo preparando una valigia per me e la piccola, avevo deciso di andarmene a stare da un’amica. Gli avevo lasciato sul tavolo i fogli che l’avvocato mi aveva dato da fargli firmare…” mi fermai per prendere fiato “Appena li vide andò su tutte le furie, cominciò a gettare a terra tutto ciò che gli capitava a tiro ma io continuavo ad ignorarlo. Improvvisamente sentii la piccola piangere disperata, pensai si fosse svegliata per le sue urla…invece entrata nella stanza…vidi con orrore che lui la stava tenendo per il braccio e sbatteva con forza urlandole contro…Lo vidi alzare una mano contro di lei ed agii d’impulso. Corsi e mi misi in mezzo prendendola tra le mie braccia, mi colpì al volto e sbattei con forza contro il bordo del lettino…ma almeno la piccola era salva. Corsi con la bambina tra le braccia nella mia camera e la chiusi li dentro al sicuro, le chiesi di fare silenzio…” sorrisi amaramente “…la piccola sembrò capire,e si mise un ditino davanti alle labbra imitando il mio gesto e trattenendo i singhiozzi. Uscii e iniziammo a discutere, mi voleva impedire di partire, affermava che avevo obblighi morali verso di lui e non potevo andarmene. Mi bloccò al muro tentando di trattenermi ma riuscii a liberarmi…però…dalla tasca della giacca estratte un coltellino svizzero…me ne accorsi appena in tempo e riuscì a ferirmi solo alla spalla. Rise di gusto nel vedere la scena. Sembrava impazzito,non era certo l’uomo che io avevo sposato sei mesi prima.”

 

“Eravate spostati da solo sei mesi?” mi chiese stupita.

 

Annuii.

 

“Non si preoccupi, vedrà che risolveremo tutto. Impediremo a quell’uomo di avvicinarsi ancora a lei e alla sua bambina e faremo si che paghi per tutto il male che vi ha fatto.” Quella donna voleva sinceramente aiutarmi e io non sapevo in che modo dirle grazie.

 

Nella tarda mattinata giunse la polizia a prendere la mia deposizione e a chiedermi se volevo sporgere denuncia verso mio marito. Ma che domanda era?

 

“Glielo chiedo signora perché purtroppo mi sono successi casi in cui le donne non volevano sporgere denuncia, anzi, spesso si inventavano di essere cadute o di essersi fatte male accidentalmente pur di non far andare nei casini il marito. Erano donne o troppo innamorate o troppo spaventate o totalmente abbandonate a se stesse…che avevano troppa paura per ribellarsi.” Mi spiegò quindi l’agente.

 

Queste sue parole mi scatenarono una lunga riflessione:

 

Com’era possibile che ci fossero donne che non osavano denunciare i soprusi che subivano giornalmente dal marito? Perché? Forse per paura che gli venissero tolti i loro amati figli? Per paura di rimanere sole a badare alla famiglia? Per paura di venire rinnegate dai genitori se fossero tornate a casa? O forse perché avevano sempre acconsentito a tutto ciò che il marito aveva detto e fatto loro? Probabilmente ormai per loro era un’abitudine…una situazione da cui era impossibile scappare.

Non riuscivo a capacitarmene.

Se avessi acconsentito ad abbassare il capo e avessi accettato tutte le proibizioni che mi voleva imporre…sarei forse diventata come loro? Pensai dolorosamente  e voltai il viso verso la mia piccola che giocava con il suo panda E cosa ne sarebbe ora di mia figlia?

 

Nel pomeriggio attraversai la mezz’ora più brutta della mia vita,mia madre mi venne a trovare all’ospedale; pensavo di poter trovare conforto tra le braccia della donna che mi aveva cresciuta…pensavo mi avrebbe rivolto parole gentili…però mi sbagliavo: mi accusò di essere la causa di tutto, di aver rovinato un matrimonio perfetto e di essere una buona a nulla.

 

“Cosa devo fare con te,Lisa?! Sei un disastro di figlia! Ti rendi conto di cos’hai combinato? Fossi in te mi vergognerei! Ora alzati da quel letto e torn….”

 

“No!” urlai “Io da quell’uomo non ci torno! Non voglio più neanche sentirlo nominare! Non devo avvicinarsi mai più ne a me ne a mia figlia! Meglio sola che sposata con un uomo simile!” urlai con quanto fiato avevo in gola e finalmente mi sentii libera,felice.

 

Ricevetti solo uno sguardo disguato “Tu non sai neanche in che guaio ti stai cacciando, non capisci che finirai sull’astrico? Vuoi vestire tua figlia con degli stracci e andare a vivere sotto un ponte forse? Quell’uomo è la tua unica speranza di avere una vita dignitosa….dovresti solo essergli riconoscente.”

 

“Non posso essere riconoscente ad un uomo che ha osato alzare le mani sulla mia bambina e che mi tratta come fossi una bambola di pezza. La casa appartiene a me,ho un lavoro e,anche a costo di digiunare e fare i doppi turni, farò vivere mia figlia in maniera dignitosa. Dopo la morte di Thomas ho tirato avanti da sola senza nessun aiuto e adesso  non sarà diverso.”

 

“Stupida…” si voltò muovendo al sua chioma cotonata “Bene, se è questa la tua decisione, Addio. Dimenticati di essere mia figlia, scorda il mio indirizzo e vivi da sola, ti auguro di non farcela, così capirai il tuo errore.” Stava per andarsene ma torno indietro con sguardo beffardo “Se in futuro tua figlia vorrà fare un salto di qualità e vivere come conviene ad una ragazza che porta il cognome della nostra famiglia…bhe…la porta per lei è sempre aperta…per lei…”

 

 

Ed ora ad un anno e mezzo da qul brutto episodio siedo tranquilla e rilassata al parco pubblico, guardando mia figlia giocare felice, ho ottenuto una promozione e vivo una vita serena e perfettamente dignitosa; a me e a mia figlia non manca niente.

Il mio avvocato riuscì a farmi avere soldi in abbondanza e Carlo fu condannato.

E finalmente posso dire di essere felice, indipendente e senza padroni.

Ogni tanto ripenso a ciò che mi disse quel poliziotto quella notte….ora capisco, trovare la forza di reagire non è facile, ma bisogna farlo altrimenti…che futuro avranno i nostri figli?

Io ho trovato la forza di dire no solo grazie alla mia piccola Kate, altrimenti ora….starei ancora vivendo quell’inferno…se ero ancora viva.

 

 

 

 

 

 

   
 
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