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Autore: Scarlett Rose    23/08/2011    1 recensioni
Restauro completato. Grazie per la pazienza!
Sequel di "Aspettami, non scappare!", anche se non è necessario averla letta per seguire questa fanfiction.
Siete convinti che il difficile sia dichiararsi a chi ci piace, ma che poi la strada sia tutta in discesa?
Ebbene, forse Marin ed Aiolia potrebbero non essere d'accordo! Una fanfiction dove l'Aquila ed il Leone dovranno affrontare i grattacapi di una relazione fra Saint e non solo. Ci saranno sorrisi, lacrime, combattimenti e ricongiungimenti. Se sei un Saint, puoi permetteri di amare?
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eagle Marin, Leo Aiolia, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qui, con un capitolo nuovo di zecca!
Come sempre, aspetto le vostre recensioni, opinioni ecc. ecc.!
Buona lettura!
 
 
 
Marin si rialzò, come se non sentisse il minimo dolore provenire dai tagli e dalle botte che le costellavano il corpo.
Nonostante la protezione della propria Armatura, il nemico…anzi, la nemica, era riuscita ad infliggerle non pochi danni.
“Accidenti!”imprecò la Silver Saint, guardando la propria avversaria.
La donna, trent’anni o poco più, la fissò quasi con indulgenza “Sei molto coraggiosa, lo ammetto, sacerdotessa guerriera. Athena dovrebbe essere fiera di avere simili paladini.”
“Ti ringrazio.”ringhiò Marin, pronta ad attaccare nuovamente. Dal terreno spuntò un fiotto verde; l’Aquila a prima vista non capì di cosa si trattasse, ma una cosa le fu subito chiara: faceva male!
“Rovi!”pensò, evitando di dibattersi per non peggiorare la situazione, mentre grossi rami le si avviticchiavano tutto attorno al corpo e al capo. Il sangue iniziò a colare fra le spire scure e la sua avversaria scosse la testa, facendo dondolare i lunghi capelli bianchi “Le mie piante bloccano il tuo Cosmo, sacerdotessa, perciò non sforzarti ad usarlo. Che peccato, un tale spreco. Purtroppo mi hai sfidata e l’unica cosa che posso fare è ucciderti. A meno che tu non decida di passare tra le nostre fila, dove ti assicuro che saresti la benvenuta.”.
“Mai!”
“Lo immaginavo.”.
A quelle parole, i rami carichi di spine dure come l’acciaio si strinsero ancora, penetrando più a fondo nella carne. Marin non urlò, non le avrebbe dato quella soddisfazione.
“Ma dove sono finiti tutti?!”pensò, ignorando il liquido caldo che sentiva gocciolare ovunque, cercando un via d’uscita. Non era per sé che era preoccupata, ma per Athena.
Quando aveva sentito l’esplosione si era precipitata alla Tredicesima casa passando per una delle tante strade riservate ai Saint, arrivando per prima tra l'altro, e si era trovata a dover sbarrare il passo alla nemica che lì era giunta.
La cosa strana è che c’era solo lei, come Saint di Athena. Nessun Gold, nessun Silver, nessun Bronze Saint, nemmeno le guardie che di solito pattugliavano la zona.
Non aveva perso tempo a ragionare su quel dettaglio e si era scagliata contro l’intrusa, sfiorando la velocità della luce. L’avversaria l’aveva schivata muovendosi appena, ma l’onda di energia che le aveva spedito addosso aveva fatto rimbalzare Marin per qualche metro.
Più che un combattimento era stato un perverso gioco del gatto col topo; naturalmente, il topo era l’Aquila.
Se adesso fosse morta, la sua avversaria avrebbe raggiunto facilmente le stanze della dea.
A quell’idea Marin si sentì ribollire, tuttavia il potere malefico di quei rovi le impedì di bruciare il proprio Cosmo.
“Prima che tu muoia dissanguata o stritolata”cantilenò la donna, avanzando nella sua frusciante tunica bianca “voglio dirti il mio nome. Ti sei battuta bene, meriti questo onore. Io sono Selene della Luna.”
“Spiacente” sibilò Marin, fulminandola da dietro la maschera “il tuo nome non mi dice nulla.”.
“Sappi solo che sono al servizio nella nobile Ippolita.”
“Ippolita? La regina delle Amazzoni? Vuoi dire che si è reincarnata?”.
Era dai tempi del Mito che la feroce regina delle Amazzoni non metteva piede sulla Terra, considerò Marin. L’ultima volta era risorta al seguito di Hades, secoli fa ed aveva avuto una breve nuova vita. I Silver Saint avevano falcidiato lei e le sue Amazzoni senza troppi problemi.
Qualcuno doveva averla aiutata a risorgere,rifletté Marin cercando di mantenere regolare il respiro, Ippolita non era un divinità…
Le sue elucubrazione furono interrotte dall’arrivo di un Cosmo portentoso.
Marin lo riconobbe e riuscì a sorridere per il sollievo.
“Lascia andare l’Aquila, donna, e ti concederò di raggiungere l’Aldilà senza soffrire.”.
Shaka della Vergine era giunto sul luogo dello scontro.
*
“Lighthing bolt!”ruggii, scagliando il mio colpo contro la schiera di sfortunati nemici che avevano deciso di invadere la mia dimora.
Sulle prime, ero rimasto basito trovandomeli quasi in cucina: Mu ed Aldebaran, per non parlare di Kanon, si erano fatti sconfiggere da quelle mezze cartucce?!
Espandendo il mio Cosmo avevo capito: con chissà quali mezzi, il nuovo nemico aveva fatto “spuntare” i suoi seguaci in ogni Casa dello Zodiaco.
“Quindi”riflettei ad alta voce “io mi dovrei confrontare anche quelli della Quarta casa. Che fortuna, era da un po’ che non mi allenavo per bene. Fatevi sotto.”.
Ovviamente avevano accolto l’invito, ed ora giacevano più o meno scomposti sul pavimento, morti stecchiti. Mi avvicinai ad uno di loro e gli afferrai il cappuccio della tunica nera che l'avvolgeva. Inorridii: fra le braccia giaceva il corpo di una fanciulla, di forse nemmeno sedici anni. Sbirciando sotto gli altri cappucci, lo spettacolo non variò di molto.
Le chiusi gli occhi e la poggiai a terra, tremante di sdegno e collera. Quale infido verme sguinzagliava delle ragazzine contro dei Gold Saint?
Come avevo potuto non accorgermene?
Le avrei fermate in ogni modo, ma forse…non sapevo, forse avrei trovato il modo di bloccarle senza ucciderle.
Non avevo tempo da perdere in inutili rimpianti, mi ricordai, guardando attraverso le colonne della Casa il fumo che  saliva dalla statua della dea.
“Aiolia.”.
Il Cosmo di Milo ardeva “Ho appena sistemato una trentina di nemici o giù di lì, ed indovina un po’?”
“Era un branco di ragazzine?”indagai, cupo.
Mi parve di vederlo storcere amaramente la bocca “Diciamo che qualcuna sì. Altre avevano passato la ventina ed un paio sono decisamente stagionate.”
“Milo!”
“Scusami. Ma sono…frustrato. Erano nemiche, ma non è stata una lotta onorevole. Vorrei ammazzare il bastardo che le ha spedite qui.”
Scossi il capo “Anche io. Adesso,tuttavia, dobbiamo stare allerta, non capisco cosa stia succedendo. Avverto una calma innaturale dalla Tredicesima Casa. Penso che dovremmo…”
“No.”la voce di Shaka si inserì con grazia nella conversazione “Ci andrò io. Da solo.”sottolineò, prima che Milo ed io potessimo replicare “Sono già passato oltre la Dodicesima Casa. Vi farò avere notizie appena possibile.”.
E poi puf!, anche il Cosmo di Shaka sparì.
“Milo…”
“Lo so, ma a questo punto temo sia meglio fare come dice. Almeno per i prossimi dieci minuti. Poi saliamo anche noi.”.
*

Marin osservò il corpo di Selene della Luna, steso a terra, perfetto ed immacolato. La battaglia stavolta aveva visto invertirsi le parti e a Shaka erano bastati due colpi per stroncarla definitivamente.
I rovi si seccarono rapidamente, strisciando indietro e sparendo all’interno della crepa che si era formata nel lucido pavimento di marmo. La sacerdotessa si sentì venir meno, ma non atterrò sul freddo pavimento, bensì tra due braccia gentili “Ti sei battuta con valore, Marin dell’Aquila.”.
“Devo essere davvero messa male,”ragionò lei, con una smorfia sotto la maschera“se Shaka si abbassa a consolarmi per la batosta ricevuta.”.
“Dobbiamo andare da Athena, Saint della Vergine.”si limitò a biascicare. Avrebbe voluto chiedergli di voltarsi, per potersi sfilare la maschera e sputare via dalla bocca un po’ di sangue.
Non ne sopportava il sapore.
Capiva, però, che mancava il tempo.
Shaka l’aiutò a rimettersi in piedi “Te la senti di proseguire?”
“Ce la faccio.”annuì Marin, ed era vero. L’Armatura rendeva la guarigione più rapida e già sentiva chiudersi alcune delle ferite minori e rigenerarsi il sangue.
Avrebbe comunque avuto bisogno di una capatina all’infermeria, ma ci avrebbe pensato una volta tratta in salvo Athena.
Più che vederlo arrivare, lo sentì.
Lei e Shaka scartarono di lato, evitando per un soffio di venire centrati da un lama di energia.
“Non così in fretta.”
La voce li fece voltare e Selene della Luna, Amazzone agli ordini della regina Ippolita, sorrise con dolcezza “Sono offesa che mi riteniate spacciata per due colpi come quelli.”.
Shaka si preparò al combattimento senza dire una parola, espandendo il proprio Cosmo, prima che Marin si frapponesse fra loro “No, Gold Saint della Vergine. Lei è la mia avversaria. Laverò l’onta della sconfitta di poc’anzi facendole raggiungere l’Aldilà. Questa volta” annunciò, fissando la donna negli occhi argentei “in maniera permanente.”.
“Molto bene.”.
Shaka non si scompose e con un fluttuare del bianco mantello e delle chiome color oro si allontanò, verso le stanze di Athena “Ti affido la faccenda, Marin dell’Aquila. Io intanto vedrò di fare qualcosa per questa barriera che ci sta tagliando fuori dal resto del Santuario.”.
Shaka della Vergine ebbe un guizzo sul viso troppo bello per essere vero, come se avesse voluto sorridere “Perché quella faccia, Amazzone? Davvero credevi che non mi fossi accorto dell’energia qui intorno che impedisce di comunicare con l’esterno?A quanto pare, hai scioccamente sottovalutato la mia persona.”.
Riprese il cammino “Ti darò un consiglio saggio. Non commettere questo stesso errore con l’avversaria che ti si para davanti.”.
Marin sorrise: Shaka era decisamente in vena di complimenti.
 
 
  
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